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Posts Tagged ‘amore musica’

I LOVE JANINE 17

Dieter Haller“Bene.”, disse Marcus. “Come vedi, tutto si è risolto per il meglio: il mio piano ha funzionato alla perfezione.”
In realtà, non era vero. Lo scopo di Marcus non era stato certo quello di far tornare assieme le due donne. Tuttavia, per il momento aveva fallito. Probabilmente la strategia che aveva messo in atto si era dimostrata eccessivamente complessa, e lui non aveva tenuto conto di alcuni fattori, non ultimo che le donne, anche se lesbiche, erano diverse dagli uomini. Proprio il giorno prima aveva letto su una rivista la ricostruzione della battaglia di Midway. Malgrado avessero un numero maggiore di navi, i giapponesi erano stati sconfitti perché avevano ideato un piano complicatissimo. La fortuna poi non li aveva aiutati, ma Marcus non credeva molto al concetto di fortuna: è l’uomo che diventa artefice dei suoi successi. Comunque fosse, non aveva alcuna intenzione di demordere.
Janine lo osservò, dubbiosa. In effetti era tornata con Sarah, però non credeva che il merito fosse di Marcus. Era ancora attratta da lui, sebbene quegli occhi gialli e freddi la inquietassero. in ogni caso, aveva deciso e la sua scelta era ricaduta su Sarah. Era stata una scelta ponderata, più razionale che emotiva. Marcus era pur sempre uno spacciatore; era difficile immaginare un futuro con lui. Sarah rappresentava la sicurezza. La cantante aveva ragione. Avevano sbagliato entrambe. Janine si era comportata in modo troppo impulsivo; Sarah aveva ecceduto in intransigenza. Però era giusto perdonarsi a vicenda.
Avrebbe preferito non incontrare Marcus, ma lui si era appostato sotto casa e l’aveva fermata quando lei era uscita.
Per il momento Sarah e Janine non erano tornate ad abitare assieme.
Pioveva. Il cielo era grigio e cupo, ma non faceva freddo. Marcus la invitò a bere una cioccolata.
“Mi devi un favore.”, disse quando si furono seduti.
“Perché?”, gli domandò lei, benché sapesse esattamente ciò che lui intendeva.
“Grazie a me, hai riconquistato Sarah Taverner.”
Janine gli rivolse uno sguardo ironico. “Vorresti farmi credere che sei venuto a letto con me solo perché questo accadesse? Ti sei sacrificato? Non è molto lusinghiero.” Non sapeva se essere indignata o divertita; alla fine, Sarah l’aveva convinta che si era trattata di una messinscena preparata da Marcus.
“No!”, ribatté lui. “Io ti desidero, però desidero anche la tua felicità e ho capito che soltanto Sarah può dartela. Per quello mi devi un favore.”
Janine lo scrutò, scettica. “Che genere di favore?”
“Ho bisogno di parlare con Sarah Taverner, in tua presenza. Le ho telefonato, ma lei si rifiuta di vedermi.”
“Vuoi venderle altra droga? Sarah ha smesso.”
Marcus scosse il capo. “Ti sbagli.”, affermò. “Io desidero parlare del disco… I love Janine.”
“Avresti potuto averlo già fatto.”
“Forse. Non ho saputo cogliere l’occasione. Vedi”, si protese verso di lei, “quando uscì Sgt. Pepper dei Beatles successe un fatto senza precedenti nella storia della musica.”
Janine lo fissò incuriosita. Cosa c’entravano i Beatles? Per quanto ne sapeva, erano un gruppo degli anni sessanta, che aveva goduto di vasta fama, ma che successivamente era stato superato da complessi più energici ed attuali. I Metallica, ad esempio, almeno fino al black album.
Janine era alquanto critica nei confronti della musica del passato; lo stesso discorso si applicava ai vecchi film e alle serie tv che venivano riproposte di continuo. Lei amava le novità. E a ben vedere anche i Metallica ormai erano sorpassati.
Marcus le sfiorò una mano.
“Stammi a sentire.”, disse.

Dieter consumò un’abbondante colazione, a base di salsicce, uova strapazzate, patatine e pomodori fritti. Bevve due tazze di caffè e un bicchiere di latte, quindi uscì dall’albergo.
Mentre camminava, diretto a Trafalgar Square, ripensò a Elke.
Si era stabilita nella casa nuova e aveva cominciato a lavorare come commessa.
Dolf l’aveva cercata, minacciandola. Esigeva che riprendesse immediatamente a battere. In caso contrario, avrebbe passato dei brutti guai. Benché fosse spaventata Elke aveva reagito con prontezza di spirito, fingendo di obbedirgli e promettendogli che quella sera avrebbe ricominciato.
Verso mezzanotte, Dolf era venuto a controllare che lei fosse lì.
Dieter lo stava aspettando.
In linea di principio, non avrebbe dovuto occuparsi di Dolf: esulava dai suoi compiti. Dieter era nella polizia criminale, perciò avrebbe dovuto mandare un collega della Sittenpolizei. Ma, quando era il caso, Dieter ignorava le regole.
“Cercavi Elke?”, chiese, sbucando dall’ombra.
“E tu chi saresti?”, lo apostrofò sgarbatamente Dolf. Era un uomo di media statura, con il torace carenato e spalle possenti. Corrispondeva perfettamente alla descrizione che gli aveva fatto Elke.
“Un suo amico.”, Dieter preferiva evitare di ricorrere al suo grado: quella era una questione personale.
“Perché non è venuta a lavorare?”, gli domandò Dolf.
“Perché ha smesso.”, rispose Dieter con calma.
“Oh, ma non può smettere!”
“Certo che può.”
Dolf scrutò Dieter, ma non c’era luce a sufficienza per vederlo bene in faccia; notò che era alto e che aveva un aspetto atletico: probabilmente era forte. Però Dolf aveva con sé la frusta e la sapeva usare con grande abilità.
“Farò conto di non aver sentito.”, disse. “Ma domani sera Elke dovrà essere qui, e così le sere successive.”
“Altrimenti?”, gli chiese in tono freddo Dieter.
Dolf fletté lo scudiscio. “Altrimenti la farò strillare. E’ già successo una volta, e devo dire che la ragazza ha una soglia del dolore piuttosto bassa. Ho mandato in ospedale Ingrid, ma con Elke non sarà necessario: basteranno quattro frustate per rimetterla in riga.”
“Davvero?” Dieter abbozzò un sorriso, che tuttavia non si estese agli occhi. “Ascoltami attentamente.”, disse. “Non sono un uomo molto paziente, perciò non mi ripeterò. Elke non tornerà mai più. Mai più, capisci? D’ora in avanti la lascerai in pace.”
“E chi sei tu per dirmi quello che devo fare?”
“Mi chiamo Dieter.”
“Bene, Dieter: adesso fila! Anch’io non sono un tipo paziente.”
Dieter mosse un passo avanti.
Dolf fece schioccare la frusta, quindi mirò al viso del poliziotto.
Dieter avrebbe potuto sparargli, ma questo avrebbe causato una quantità di problemi. Si spostò agilmente di lato ed evitò la scudisciata, poi afferrò Dolf per il polso torcendolo con violenza. L’uomo urlò e lasciò cadere a terra la frusta. Dieter lo colpì allo stomaco con un pugno, e quando lui si chinò lo colse alla mascella. Dolf finì a gambe levate.
“Se oserai torcere anche un solo capello alla mia amica, io verrò a cercarti e ti stanerò, ovunque tu ti nasconda. Sappi, però, che non mi limiterò a darti due pugni. Così scopriremo quanto è alta la tua soglia del dolore.”
Dolf cercò di rialzarsi, ma Dieter gli sferrò un calcio nei testicoli. “Penso di essere stato chiaro.” disse, e si voltò per andarsene.
Si trovò davanti a tre uomini.
Uno cingeva un coltello fra le mani, gli altri due erano muniti di spranghe di ferro.
Lo circondarono.
“Fate fuori quella carogna!”, biascicò Dolf da terra. Aveva la voce impastata, come quella di un ubriaco.
L’uomo armato di coltello si scagliò su Dieter. Il più grosso degli altri due gli piombò alle spalle calando con forza la spranga sulla schiena. Il terzo, per il momento, si limitava ad assistere.
Dieter agì senza riflettere, come una macchina: si chinò e centrò con una testata Coltello, quindi si girò di scatto e colpì di taglio Spranga. Gli prese il braccio e lo piegò fino a spezzarlo. Spiccò un balzo, raggiunse il terzo e con una presa di judo lo fece volare in aria. Quello atterrò pesantemente. Dieter gli affibbiò un calcio alla testa. Tutto si era svolto in meno di un minuto.
Il poliziotto lanciò un’occhiata a Spranga: rantolava, gemendo.
Dolf era ancora fuori combattimento.
Dieter si rilassò e si allontanò.
Fu un errore.
Coltello gli arrivò alle spalle e vibrò una pugnalata. Lo prese alla schiena.
Dieter barcollò.
Con un ghigno soddisfatto, Coltello si apprestò a finirlo; ma le poderose fasce muscolari di cui il poliziotto era provvisto avevano attutito l’entità del colpo, impedendo alla lama di penetrare a fondo. Dieter reagì con prontezza, sottraendosi a un nuovo assalto e subito dopo sferrando un micidiale diretto destro, che immediatamente doppiò con un sinistro.
Contemplò freddamente i quattro delinquenti, poi tornò alla Bmw.
Con un sorriso pensò che Elke avrebbe dovuto medicarlo per la seconda volta e che la prospettiva non gli dispiaceva affatto.
Risalì in macchina e partì.
Elke adesso poteva stare tranquilla. Dolf non l’avrebbe più molestata.
Dieter ignorava che il pericolo maggiore sarebbe giunto da un’altra direzione.

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