Martin Yarbes scese dalla BMW e strinse la mano di Paul Bradley. Si accorse subito che l’uomo aveva bevuto.
“Dov’è il cadavere?”
Bradley lo guidò fino al corpo di Miller. Yarbes fissò la salma pensoso.
Mentre tornavano sui loro passi, sopraggiunse una seconda macchina, una Honda. Richard Thompson si unì ai due. Bradley notò che Yarbes e Thompson erano vestiti allo stesso modo: entrambi indossavano completi grigi, camicie bianche e cravatte blu. Non portavano il cappotto. Yarbes era più alto, Thompson aveva le spalle un po’ più larghe. Sguardo freddo il primo, occhiali scuri il secondo.
“Chi è al corrente di questa faccenda?”, domandò Yarbes.
“Nessuno.”, rispose Bradley. “Miller ne parlò solo con me. Aveva riconosciuto un agente sovietico e sapeva che avrebbe cercato Monica Squire. Decise di agire personalmente. Fu un errore.”
Thompson annuì, Yarbes si allontanò di qualche passo.
“Qual è il nome di questo russo?”, volle sapere Thompson.
Bradley scosse la testa. “Nessun nome. Uno strano soprannome, qualcosa che ha a che fare con le bambole… non ricordo.”
“Matrioska?”
“Forse.”
Thompson puntò un dito verso l’abitazione di Monica. “Lei è entrato?”
“Certo. L’ho già detto al telefono: è stata rapita.”
“Ha disseminato la casa di impronte?”
“Beh, sì.”
“Ed è proprio sicuro che Miller non si confidò con nessun altro?”
“Sicurissimo. Era un uomo fatto a modo suo, il padre di Monica Squire era un suo vecchio amico. Si sentì in dovere di proteggerla. Il classico agente vecchio stampo.”
Bradley si irritò con se stesso: non era tenuto a dare spiegazioni. All’improvviso sentì il bisogno di bere.
“Lei conosce Monica Squire?”
Bradley scosse la testa.
“E un certo John Lodge?”
“Nemmeno lui.”
A Bradley Thompson non piaceva, né gli piaceva essere interrogato. Non si era fatto ancora un’opinione su Yarbes, dato che questi se ne stava in disparte.
“Mi può mostrare il suo cellulare, per cortesia?”, disse Thompson.
Che richiesta assurda!, pensò Bradley.
Il desiderio di bere si accrebbe.
Lo tirò fuori dalla tasca. “Bene. Devo avvertire l’FBI.”, annunciò. “In effetti, non so perché ho chiamato voi.”
“No.”, ribatté Thompson in modo asciutto.
“No?” Bradley lo scrutò perplesso.
“No. Questo è un segreto di Stato.”
Bradley si spazientì. “Non prendo ordini dalla CIA.”, affermò risentito. “Non avete alcuna autorità sul suolo americano.”
“E’ vero.”, ammise Thompson. Guardò Yarbes che annuì.
Thompson estrasse una pistola.
Bradley lo fissò sbalordito.
Yarbes risalì in macchina e avviò il motore.
“Questa cagna porterà solamente guai!”, dichiarò Aglaja indicando Monica con il pollice. L’americana era stesa sul sedile posteriore, ancora priva di sensi. “Non avresti dovuto impedirmi di ucciderla.”
Prima di rispondere, Aleksandr rifletté. Aveva sempre lavorato da solo, e non amava che le sue decisioni fossero messe in discussione. Considerò la donna che gli sedeva accanto. Doveva ammettere che era un elemento di prim’ordine. Era riuscita a scoprire dove abitava John Lodge, seducendo un funzionario dell’Office of Security e poi costringendo Squire a parlare. L’aveva vista battersi: era forte, veloce, con riflessi prontissimi. Era spietata e crudele, e ciò nel loro ambito andava bene. Era attraente, benché Aleksandr preferisse Monica.
E aveva ragione.
Se fossero incappati in un posto di blocco, Squire avrebbe causato problemi.
“Le rivolgerò qualche domanda.”, rispose infine. “Poi sarà tua.”
Aglaja sorrise. “Le piace l’acqua.”, osservò malignamente. “Le farò fare un bel bagno. Ho un mio metodo. Funziona così: le tieni la testa sotto per un minuto, la fai respirare, e passi a due minuti, un altro breve respiro e i minuti diventano tre. In genere, non occorre una quarta immersione.”
“Ognuno ha i suoi metodi.”, commentò Aleksandr. “I miei sono più semplici.”
Quello che li differenziava, pensò, era il fatto che per lui uccidere rappresentava soltanto una delle tante opzioni del suo lavoro: non gli procurava alcuna emozione; per lei, invece, sembrava essere una fonte di piacere. Poi dedicò la sua attenzione a un problema più importante. L’FBI lo stava cercando? Probabilmente no. L’agente che aveva soffocato con la neve si era presentato da solo, e per quanto ne sapeva questo non succedeva quasi mai. Era stata un’iniziativa personale. Ma come aveva fatto a immaginare che lui sarebbe andato da Squire? E che conosceva il suo recapito? Era un mistero. Comunque fosse, dovevano lasciare gli Stati Uniti al più presto. Sebbene lui e Aglaja disponessero di documenti perfetti, non avrebbero preso un aereo. Sarebbe stato troppo rischioso.
Avrebbero passato il confine con il Canada.
“Dove mi state portando?” Monica si era ripresa.
Aleksandr accostò e spense la macchina. “Aglaja, toglile il giubbotto e legale i polsi dietro alla schiena, poi rimettile il giubbotto.” Si rivolse a Monica. “Se ci fermasse la polizia, tu te ne starai buona e tranquilla. Altrimenti sarai la prima.”
“So già che mi ammazzerete.”, replicò Monica in tono cupo. “Sei un uomo privo di sentimenti. Non conosci la pietà.”
Aglaja la schiaffeggiò. Monica si morse le labbra.
Aleksandr si voltò a guardarla. “Credi che Lodge fosse diverso da me? Dimentichi quello che è accaduto in Afghanistan? E tu, signorina Squire, avresti forse pietà di me, se ti trovassi in un’altra situazione e avessi l’opportunità di uccidermi?”
“No!”, esclamò Monica con rabbia.
Yarbes non era un amico di Lodge, ma non fu per questo che trasse un sospiro di sollievo quando vide il suo corpo davanti all’ingresso della casa e notò l’assenza del pick-up.
Ciò significava che la moglie e la figlia non erano state presenti al momento dell’omicidio. Naturalmente avrebbe preferito trovare Lodge vivo, e il russo morto; ma l’istinto lo aveva portato a escludere tale eventualità. Esisteva anche una terza possibilità: che Monica Squire si fosse rifiutata di svelare dove viveva John; tuttavia, conoscendo i metodi del KGB, era un’ipotesi alquanto improbabile.
Sherilyn Lodge si era recata in un centro commerciale o da qualche altra parte, ma sarebbe potuta tornare da un istante all’altro. Doveva sbrigarsi.
Infilò un paio di guanti e trascinò Lodge all’interno dell’edificio. Prese una borsa sportiva e attraversò tutta la casa, esplorando ogni stanza, finché non entrò nella camera matrimoniale. C’era una piccola cassaforte, ma gli mancava il tempo per forzarla. Aprì tutti i cassetti, rovesciandone a terra il contenuto; alla fine trovò i gioielli della signora Lodge. Li ficcò nella sacca, poi sparse altro disordine. Mise a soqquadro il soggiorno e prese il pc, augurandosi che appartenesse a John e non alla figlia. Uscì, lasciando la porta aperta, sistemò computer e borsa sportiva nel bagagliaio della BMW, e partì rombando.
Aveva svolto l’operazione in meno di dieci minuti.
Ci sarebbe stata l’autopsia, ma il referto sarebbe misteriosamente scomparso. I cadaveri di Miller e Bradley erano già svaniti nel nulla.
Non era stato Yarbes a prendere queste decisioni, bensì il direttore della CIA nel tempo intercorso fra la telefonata di Bradley e il suo incontro con Thompson e Yarbes. Era tipico dell’uomo prendere provvedimenti drastici nel giro di pochi minuti. Nemmeno il presidente degli Stati Uniti era al corrente di tutte le sue iniziative, e certamente non lo sarebbe stato di questa.
Yarbes non approvava, né disapprovava.
Il suo compito era quello di eseguire gli ordini.
Prima di tornare a Langley, passò da casa sua per cambiarsi. Scelse indumenti casual. Ora era atteso da un nuovo incarico, e riteneva che fossero maggiormenti adatti.
Abbigliamento a parte, non gli era stato mai chiesto niente di più difficile.