Era una tiepida giornata di maggio e il sole illuminava piacevolmente il piccolo giardino. La finestra aperta accoglieva l’aria profumata di quella splendida primavera. Nudi sul letto, Simone e Nicoletta si accarezzavano dopo aver fatto l’amore.
Quei mesi erano letteralmente volati. Si trovavano tutti i pomeriggi a casa sua. Facevano all’amore, e poi chiacchieravano, ascoltavano musica; Nicoletta leggeva un libro rannicchiata fra le sue braccia.
Caltabella non aveva dimenticato Sara, però si rendeva conto ogni giorno di più che Nicoletta era la donna della sua vita. Ciò non dipendeva unicamente dal fatto che fosse giovane, bella e insaziabile. Quando toccava il suo seno piccolo e sodo, i capezzoli si indurivano immediatamente; quando sfiorava le sue gambe morbide come il velluto, lei gemeva e si bagnava; quando la penetrava, raggiungevano uno stato di simbiosi talmente elevato da condurli rapidamente all’estasi.
Ma c’era dell’altro. Nicoletta era intelligente e arguta; ansiosa di apprendere tutto quello che lui poteva insegnarle. Ascoltava le sue parole con estrema attenzione, poi esprimeva il suo pensiero che si dimostrava sempre lucido e profondo. Imparava in fretta, e conversare con lei rappresentava un autentico piacere per l’intelletto.
Inoltre, le vie misteriose dell’amore non sono mai una somma matematica, bensì una formula chimica: e l’alchimia che li univa sarebbe durata per sempre perché era magia allo stato puro, paragonabile all’incanto della primavera, all’energia dell’estate, alla trattenuta malinconia dell’autunno, al bianco abbraccio dell’inverno. Era l’amore, quello vero, assoluto, capace di trascendere ogni altra cosa e di legare indissolubilmente due persone.
Caltabella si alzò dal letto, infilandosi i boxer per un senso di pudore che gli apparteneva da sempre. Attraversò la stanza, aprì l’armadio e prese un piccolo pacchetto confezionato con ogni cura. Nicoletta seguiva i suoi movimenti con lo sguardo ancora languido di chi ha appena goduto delle meraviglie del sesso condiviso, quello che non infiamma solo i sensi ma anche l’anima.
“Non potrò più insegnare al liceo.”, disse Simone porgendole il dono. “Però non è un problema, ho già parlato con la direttrice di una scuola privata. Lo stipendio sarà inferiore, ma mi arrangerò con qualche lezione privata.”
Mentre lui tratteneva il fiato, Nicoletta prese il pacchetto e lo scartò stando attenta a non sciupare la carta pregiata che era servita per confezionarlo. Quindi aprì anche l’elegante scatola che non lasciava adito a dubbi sul contenuto. Un raggio di sole penetrò nella camera, riflettendosi sull’anello d’oro e facendolo scintillare. L’insegnante era teso: avrebbe apprezzato il regalo o non lo avrebbe considerato alla sua altezza? Gli era successo di pensare negli stessi termini alla sua casa. Non era una reggia, lo sapeva, comunque era calda e confortevole.
“E’ magnifico!”, esclamò la ragazza.
“A luglio sarai maggiorenne.”, disse il professore. Aveva ripassato varie volte quella dichiarazione: era un momento solenne, e desiderava che le sue parole risultassero adeguate alla circostanza. “Poi ci sposeremo.” Non seppe aggiungere altro e fissò ansiosamente la giovane.
Nicoletta sorrise. Per quel sorriso Simone Caltabella sarebbe andato all’inferno. “Sei tanto caro.”, sussurrò lei con la voce lievemente arrocchita. “Io adoro fare l’amore con te… parlare… sognare, ma mio padre ha finito il suo compito, e presto torneremo nella nostra città.”
“Non se mi sposerai.”, ribatté lui. “Vuoi sposarmi, vero?”
Nicoletta si accese una sigaretta; fumava da poco, più per vezzo che per una reale necessità. Aspirò una boccata di fumo, si stirò pigramente. “Vieni qui.”, gli disse. “Facciamo ancora l’amore.”
Simone stava per raggiungerla sul letto, ma a un tratto fu colto da un terribile presentimento. “Vuoi sposarmi, vero?”, ripeté, questa volta in modo incerto.
La ragazza scosse lentamente il capo. “E’ stato bello con te.”, rispose. “Ma io sono già fidanzata, e l’anno prossimo mi sposerò con Luca.”
Caltabella la guardò in silenzio, mentre il mondo si sgretolava intorno a lui.
“Ma… ma…”, balbettò dopo qualche istante. “Tu hai detto che mi amavi!”
“Ed era vero.”, replicò lei. “Io non ti ho mai mentito. Però amo Luca. E’ lui l’uomo della mia vita. Inoltre, ci dividono troppi anni. Luca sta per laurearsi in economia e commercio, poi dirigerà la ditta di suo padre. Che futuro potresti offrirmi tu? E non mi riferisco solamente ai soldi. Morirai molto prima di me. Vuoi che rimanga vedova a trent’anni?”
Spense la sigaretta nel posacenere. “Sognare è bello. Ma la vita non è un sogno.” Si era espressa con un cinismo che lui non avrebbe mai pensato potesse appartenerle. Simone chinò il capo. “Già.”, mormorò. “La vita non è un sogno.”
Il mattino dopo Nicoletta preferì non andare a scuola.
Alla prima ora c’era italiano. Il professor Caltabella tardava più del solito.
I ragazzi scherzavano fra loro, oppure parlavano di musica. Stava per uscire il nuovo album dei Metallica, e sebbene da tempo non fossero più all’altezza della loro fama era in ogni caso un evento importante.
Fu Carlo a notare la strana scritta sulla lavagna. Poi la videro anche gli altri.
Ma è già ora di andare: io, a morire; voi, a vivere. Chi di noi però vada verso il meglio, è cosa oscura a tutti, meno che a Dio.
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