Patricia corrugò la fronte. Qual era lo scopo di Sparrows? Perché costringere la donna che sosteneva di amare a rinunciare alla parte più importante di sé? Per piegarla alla propria volontà? Per umiliarla? Per un malinteso senso di onnipotenza? Qualunque fosse la ragione, solo una persona egoista e meschina avrebbe avanzato una simile pretesa. Oppure un folle.
Alexandra era a pezzi: Patricia non se la sentiva di lasciarla sola. La invitò a cena. Malgrado fosse riluttante, la scrittrice finì per accettare, dopo che l’amica ebbe insistito a lungo. Era una calda serata estiva. Durante il giorno l’afa era stata opprimente; ora spirava una lieve brezza che rinfrescava l’aria. Le due donne si incamminarono dirette al loro ristorantino preferito, dove si recavano spesso a pranzo: era un locale tranquillo e intimo, l’ideale per conversare con calma. Da lontano si udì il suono di una campana. Sull’altro lato della strada due innamorati si stavano baciando. Patricia sospirò: quella sarebbe stata una notte perfetta, se solo lei avesse avuto qualcuno con cui condividerla e se la sua amica non fosse stata stregata da un farabutto. Erano entrambe sfortunate, pensò, anche se in modo diverso. Quando entrarono nel ristorante il proprietario le accolse calorosamente; era uno scozzese gioviale che sembrava sempre di buon umore, forse a causa dell’enorme quantità di birra che riusciva a ingurgitare nei momenti di pausa. Il locale era ancora deserto. Patricia e Alexandra presero posto al loro solito tavolo, accanto a una grande finestra. Una cameriera raccolse le ordinazioni e le servì.
Davanti a un piatto di roast beef e a un boccale di Guinness, Patricia sferrò il suo attacco. Era fermamente decisa a persuadere Alexandra che liquidare Sparrows fosse la cosa migliore da fare. “Non puoi smettere di scrivere per tre motivi.”, affermò. “Il primo, perché non riusciresti a vivere senza il tuo mondo fatato, e questo lo sai bene; il secondo motivo, che sarebbe un’enorme delusione per tutti i tuoi lettori; il terzo, infine, che lui non ha il diritto di chiedertelo. In nome di quale amore, dovresti compiere questo sacrificio?”
Alexandra annuì. “Lo so.”, replicò. “Me lo sono ripetuta anch’io almeno mille volte, però…”
A costo di apparire brutale, Patricia le domandò: “Che cosa ti lega a quell’individuo? Il sesso?”
La scrittrice arrossì. Quello che le aveva chiesto Patricia era alquanto sconveniente. Se non si fosse sentita in colpa con lei, probabilmente si sarebbe risentita e avrebbe risposto con asprezza.
Prima di parlare, rifletté.
Era vero? Jack era arguto e intelligente, tuttavia non particolarmente affettuoso. Quando finivano di fare l’amore, lui si girava dall’altra parte. Era una cosa che la feriva. E aveva scritto un libro che White considerava disgustoso, sebbene non avesse mai trovato il coraggio per dirglielo. Era un libro perverso, con un fondo di malvagità che forse rispecchiava l’animo di Jack.
Ma a letto era fantastico. Aveva la capacità diabolica di capire al volo ciò che lei in quel momento desiderava, sembrava conoscere il suo corpo meglio di lei… ed era instancabile: poteva amarla per tutta una notte.
Alexandra distolse lo sguardo. “Sì.”, ammise a bassa voce.
“Lo immaginavo.” Patricia con un gesto delicato le sollevò il mento per poterla guardare negli occhi. “Benissimo. Allora devi scegliere fra sesso e vita, fra l’amore vero che un giorno sicuramente incontrerai e la lussuria. Se accetterai questo infame ricatto, se ti piegherai a lui, perderai il rispetto di te stessa. Ma non solo”, aggiunse severa, “sarai profondamente infelice.”
Jack Sparrows aveva un’espressione gelida. La ascoltò in silenzio senza mai interromperla. Il suo viso non tradiva la minima emozione. Questo era singolare, pensò Alexandra, visto che aveva sempre dichiarato di amarla. Alla scrittrice tremavano le mani e spesso la voce le si incrinava; gli occhi erano pieni di lacrime. Patricia era riuscita a convincerla; più esattamente le aveva dato la spinta risolutiva, dato che lei non avrebbe mai potuto rinunciare a scrivere. Però, aveva paura: per quello l’intervento dell’amica era stato determinante.
In cuor suo, tuttavia, White nutriva ancora una speranza.
“Se mi ami davvero”, disse in tono angosciato, “se non mi hai mentito quando sostenevi che ero la donna della tua vita, se…” Si interruppe, in parte per l’emozione e soprattutto perché temeva la sua risposta. “Cerca di comprendere quanto sia importante per me scrivere! Non potremmo rimanere insieme ugualmente, anche se ti ho delusa?” Lo guardò, ansiosa, torcendosi le mani. Se lui l’avesse lasciata, avrebbe provato un dolore immenso; non osava immaginare come avrebbe trascorso i prossimi giorni, le settimane, i mesi… gli anni, forse. Per un momento fu tentata di fare marcia indietro, di correre fra le sue braccia rimangiandosi ogni parola: gli avrebbe obbedito, non avrebbe più scritto. Fu frenata dal ricordo di ciò che le aveva detto Patricia, cose che ben conosceva ma che sentite da un altro acquistavano un peso maggiore.
Jack ricambiò il suo sguardo e scosse la testa. “Non hai voluto obbedirmi.”, replicò in modo freddo. “Ci sarà un prezzo da pagare per questo. Ti sei dimostrata ostinata e cocciuta. Sei solo una donna viziata, meschina ed egoista.” Si versò da bere, allontanandosi di qualche passo. “Amarti?”, le domandò sarcasticamente. “Ti sei illusa. Per me è un sollievo non dover più vedere quel tuo corpo insignificante. Quando andavamo a letto pensavo alla tua segretaria, altrimenti non mi sarei mai eccitato. Amarti?”, ripeté con la voce colma di disprezzo. “Una scrittrice che sa soltanto padroneggiare la lingua, i tempi dei verbi e gli aggettivi, ma che non è in grado di dar vita a una storia sensata? La tua stupida fata che vince sempre è irreale, e invece anche nel mondo della fantasia occorrerebbe restare aderenti a quello che ci circonda, alle pulsioni vere, autentiche. Amarti?”, ripeté per la terza volta. “Io non ti ho mai amata.”
Alexandra lo fissava disperata. Non era possibile. Non poteva credere che per fare l’amore con lei lui pensasse a Patricia. Fu ciò che la ferì maggiormente, più del disprezzo che manifestava per i suoi libri. Si era preso gioco di lei, ma perché?
Jack parve averle letto nel pensiero. “Ho un compito da svolgere.”, affermò solennemente. “Un compito molto importante: ripulire l’Inghilterra da tutti gli scrittori che vivono di buoni sentimenti, di personaggi insulsi e banali sempre pronti a combattere per il bene, di fanciulle ingenue che trepidano per stolti eroi dai nobili principi. Tu sei solo la prima. Altri ti seguiranno. E alla fine sarà il mio libro a trionfare, quando tutti avranno capito il vostro inganno, quando sarà stata fatta piena luce sulle vostre misere storie che non meritano di esistere. Quel giorno, “The Black Land” verrà pubblicato e diventerà l’unico esempio da seguire.”
Alexandra lo ascoltava incredula. Quel discorso delirante, sebbene le straziasse il cuore, le aveva anche aperto gli occhi. Aveva ragione Patricia! Com’era possibile che lei si fosse innamorato di un individuo simile? Jack le aveva reso le cose più facili.
Trasse un profondo respiro e, senza salutarlo, si diresse verso la porta. Non vedeva l’ora di uscire da quella casa e di dimenticarlo per sempre. Forse a volte lo avrebbe rimpianto, ma le sarebbe bastato ripensare alle sue ultime parole per superare ogni genere di nostalgia. Incominciava anche a pensare che fosse un malato di mente, anche se si era saputo camuffare molto bene. Adesso il futuro le faceva meno paura.
Aprì la porta. Sarebbe corsa subito da Patricia per confidarsi con lei e per ringraziarla.
Sparrows si mosse molto velocemente.
In un attimo fu alle sue spalle.