Se durante la notte Monica aveva patito il freddo, adesso sudava.
Il vento aveva sgombrato il cielo da ogni nube e il sole picchiava come un fabbro sull’incudine.
Inoltre, a causa dei suoi indumenti, Monica si sentiva a disagio. Non portava il reggiseno e attraverso il sottile tessuto della canotta si scorgevano i capezzoli. D’altro canto, l’uomo che l’aveva rapita non sembrava interessato a lei: continuava a guardare la valle sottostante. Monica pensò che, almeno per il momento, non l’avrebbe uccisa. Altrimenti non avrebbe avuto senso portarla fin lì. Assunse un tono di voce petulante, che non le apparteneva, nella speranza che in qualche maniera potesse esserle utile. “Mi fanno male i polsi! Se mi sleghi, ti giuro che non tenterò di scappare.”
Non ottenne risposta.
“Ho sete!”, annunciò. Non era nel suo carattere dimostrarsi lamentosa, ma voleva rompere il muro che li separava in modo da capire qualcosa di più sul suo conto. “Tu sei Matrioska, vero? Io mi chiamo Monica. Monica Squire.”
L’uomo si girò, sorpreso. Rimise il binocolo a tracolla, prese la borraccia e la fece bere. “Conosco il tuo compagno.”, affermò. “John Lodge. Ci siamo già incontrati, molti anni fa.” Si esprimeva in un buon inglese, però l’accento era inequivocabilmente russo. Gli occhi erano grigi, freddi, tuttavia era un bell’uomo, malgrado l’espressione dura.
“Ho i piedi gonfi.”, disse Monica. “Per favore, toglimi le scarpe.”
Aleksandr la fissò, poi sorrise. “Non ti slegherò i polsi e non ti toglierò le scarpe.”, dichiarò. “Tu sei un’agente della CIA, al servizio dell’imperialismo, e questo significa che hai dovuto affrontare un addestramento estremamente impegnativo. E se ti hanno mandata qui vuol dire che ti considerano un ottimo elemento; perciò sei in grado di sopportare qualche minimo disagio.” Sorrise ancora. “Abbiamo lottato e sai batterti, quindi è meglio che io sia cauto.”
Si allontanò e tornò a concentrarsi sulla valle.
Monica disse: “Cosa vuoi da me?”
Aleksandr non le rispose subito, e Monica pensò che non glielo avrebbe detto. Invece, lui si voltò di nuovo. “Voglio Massoud.”
Monica scosse la testa. “Hai scelto la persona sbagliata: so che ha lasciato il campo, ma ignoro dove sia diretto.”
“Tornerà.”, replicò Aleksandr. “Per via degli Stinger. Sono troppo preziosi per lasciarli nelle mani di due ribelli ignoranti.”
“Ma perché sequestrarmi?”
“Perché tramite te arriverò a Lodge. E ora taci! Voglio riflettere.”
Devo assolutamente liberarmi, si disse lei.
Ma sembrava impossibile.
I nodi erano fatti alla perfezione e non sarebbe mai riuscita a scioglierli, dato che aveva le mani legate. Avrebbe potuto offrirsi a Matrioska, ma dubitava fortemente che lui anteponesse il sesso alla sua missione, senza contare che non era affatto stupido e che avrebbe capito subito che lei stava cercando di ingannarlo. E comunque, in uno scontro fisico, non aveva una sola possibilità di vincere: era una donna forte, ma lui era un uomo estremamente forte.
Scartò quella soluzione.
Riconsiderò il problema dei nodi.
A qualche metro di distanza vide una pietra piuttosto appuntita: se avesse strisciato fino a lì, poi avrebbe potuto sfregare la corda contro il sasso. In tal modo avrebbe liberato le mani.
Ma per fare ciò occorreva che Matrioska non fosse presente. Se lui fosse sceso al villaggio, ci sarebbe riuscita. Però non conosceva i suoi piani e in che modo intendesse servirsi di lei per colpire Lodge. Era possibile che prima di muoversi aspettasse la notte.
John non si sarebbe lasciato sorprendere nel sonno, di questo era certa, anche se temeva che per qualche misteriosa ragione lui fosse come soggiogato psicologicamente dal russo. Forse a causa di quanto era successo a Roma. Lodge le aveva detto che quello era stato il suo unico fallimento e questo in effetti poteva incidere sulla sua psiche.
Tuttavia, se Matrioska era il miglior agente del KGB, lo stesso si poteva affermare di Lodge: per Monica lui era indiscutibilmente il numero uno della CIA, perciò sarebbe stato capace di reagire con prontezza. Si domandò se in quel momento la stava cercando e se aveva capito che era stata rapita da Matrioska.
Aleksandr interruppe le sue riflessioni.
“Mi dispiace essere scortese.”, disse. “Ma devo assentarmi per un po’, e sono pronto a scommettere che, una volta sola, saresti in grado di liberarti nel giro di cinque minuti. Stai rimuginando su come riuscirci e magari hai già trovato il sistema per farlo.” Lanciò un’occhiata al sasso che Monica aveva guardato. “Pertanto sono costretto a prendere le mie precauzioni.”
“Sarebbe?”, chiese lei, allarmata.
“Starai scomoda, ma non sarà per molto.” Con gesti rapidi ed efficienti la incaprettò, poi le ficcò un fazzoletto in bocca.
Monica si dibatté invano.
“Mi dispiace.”, ripeté Aleksandr. “Sei una donna coraggiosa, ma non avevo alternative.” Aveva un tono di voce stranamente gentile.
Lodge esaminò attentamente la camera di Monica.
Scorse vaghi segni di lotta, poi notò che tutti i suoi vestiti erano lì. Non era difficile appurarlo, visto che entrambi viaggiavano molto leggeri. Questo significava che era uscita con indosso i soli indumenti intimi.
Era impossibile, specie dopo la sgradevole esperienza del lago, quando l’avevano bastonata.
Perciò, era stata rapita.
Da chi?
Si guardò ancora attorno. Mancavano le scarpe e un rotolo di corda. “Le scarpe per camminare, la corda per legare.”, mormorò fra sé.
L’uomo che l’aveva sequestrata era intelligente, forte, determinato e silenzioso. Matrioska.
Lodge corrugò la fronte. Infine, era arrivato. Aveva sperato che, considerate le difficoltà legate al territorio ostile, avrebbe desistito e sarebbe andato a Kabul; ma in cuor suo sapeva invece che il russo non si sarebbe mai arreso. Avrebbe ucciso Massoud o sarebbe morto nel tentativo di farlo.
Perché aveva sequestrato Monica?
Per indurlo a uscire allo scoperto. Se Matrioska lo avesse eliminato, poi si sarebbe impadronito facilmente degli Stinger, avrebbe ammazzato i Mujaheddin e avrebbe atteso che Massoud tornasse al campo. Nel frattempo, avrebbe preparato una trappola.
Tornò con il pensiero a quel giorno di Roma.
Matrioska aveva scoperto dove si nascondeva Boris, aveva studiato il residence individuando chi serviva i pasti, aveva ucciso uno dei due camerieri e terrorizzato l’altro, era entrato nell’appartamento e, malgrado la presenza sua e di Crotalus, aveva giustiziato il traditore.
Poi era scomparso.
Era l’avversario più temibile che avesse mai incontrato.
Lodge uscì dalla casa e guardò verso la montagna. Matrioska e Monica si trovavano lì e probabilmente non erano molto lontani. C’era un unico sentiero che portava in alto. Il russo doveva averlo seguito per un tratto per poi scegliersi un nascondiglio. Pensò a Monica. Era ferita? Matrioska l’aveva seviziata? Tendeva a escluderlo. Matrioska agiva solamente in base alla logica. Ogni sua azione era dettata dalla razionalità: torturare Monica non gli sarebbe servito a niente e, se avesse voluto ucciderla, l’avrebbe strangolata nella stanza.
Si incamminò in direzione del sentiero.
Il caldo era intenso, il sole lo feriva agli occhi. Lodge cominciò a salire. Quasi certamente, in quel momento Matrioska lo stava osservando. Gli avrebbe sparato non appena fosse giunto a portata di tiro.
John abbandonò il sentiero e continuò a salire, inizialmente fiancheggiandolo, poi seguendo una linea che divergeva come la lama di una forbice aperta rispetto all’altra. Non c’era una vera e propria pista, e neppure una mulattiera; ma in quel punto il pendio era meno scosceso e arrampicarsi era relativamente agevole. Per di più, uno sperone di roccia lo copriva, celandolo alla vista del russo, a meno che non fosse proprio sopra di lui. Ma era improbabile.
Lodge contava di prenderlo alle spalle.