L’unico che aveva una visione completa di quanto stava accadendo era David Chazan. Questo grazie alla posizione che si era scelto, che gli permetteva di seguire i movimenti degli altri.
Qui, una vecchia costruzione rustica, situata in un avvallamento del terreno. Davanti c’era uno spiazzo delimitato da un muro alto circa un metro che correva tutto attorno, oltre al quale si stendeva, come una doppia protezione, un reticolato di filo spinato. Difese approssimative, valutò. A fianco della casa c’era una specie di stalla con la porta aperta. Grossi maiali si aggiravano indisturbati all’aperto. Chazan fece una smorfia, chiedendosi come Ibrahim al-Ja’bari potesse sopportarli. Ogni tanto qualcuno usciva dalla casa. Chazan riconobbe l’arabo, cinque o sei uomini dalla pelle piuttosto scura che però arabi non erano e un individuo di aspetto nordico che sembrava alquanto agitato e che a un tratto si allontanò scostando in malo modo due sentinelle.
Chazan spostò il binocolo in quella direzione. Vide un’automobile ferma e una donna in jeans che si era incamminata verso il Punto A.
Sull’altro lato, il Punto B. Un furgoncino e cinque uomini che si stavano preparando con gesti calmi ed esperti, da professionisti. Dal Punto A non era possibile scorgere il Punto B, e viceversa.
Chazan rifletté.
Aveva studiato un piano che però adesso presentava una quantità di incognite. Il suo obiettivo era uno solo. Uccidere il Nemico di Israele. Per riuscirci avrebbe atteso il tramonto, poi con il buio avrebbe trovato un modo per creare una diversione. Sarebbe scivolato alle spalle di Ibrahim al-Ja’bari e lo avrebbe colpito con il taglio della mano, quindi si sarebbe eclissato silenzioso e letale come un leopardo; non a caso i suoi colleghi del Mossad lo chiamavano “l’assassino”.
Ma ora… erano arrivati degli americani, di cui Aaron Ben-David non gli aveva detto nulla. Cinque e ben armati. Chiaramente il loro scopo era lo stesso: ammazzare l’arabo. Sebbene con scarso interesse si domandò chi fossero. Corpi speciali, fu la risposta. Gente attrezzata per eliminare i terroristi; poco importava, comunque, se appartenevano alla Delta Force o a un’altra organizzazione. Ciò che gli risultava chiaro era la loro provenienza: gli Stati Uniti. Forse avrebbero semplificato il suo compito, forse invece lo avrebbero intralciato.
Tornò a guardare con il binocolo.
Ed ecco la donna che, stupida o impavida che fosse, o entrambe le cose, era ormai vicina al Punto A.
David Chazan decise di aspettare.
Monica Squire probabilmente non avrebbe obiettato qualora l’agente israeliano le fosse comparso davanti, definendola ad alta voce “stupida o impavida”; in fondo non lo sapeva nemmeno lei. Aveva parlato alla televisione, magari abusando un po’ della retorica, ma credendo in ciò che diceva, trasportata da un vento forte, fortissimo, un vento che ribolliva di collera, pronto ad abbattere, scardinare, distruggere. Il vento poi era cessato, lasciandola sola e inerme; unico scudo il coraggio e l’orgoglio di essere una cittadina americana, di più: Il Presidente! Non possiamo perdere, aveva dichiarato. Adesso avrebbe visto se quelle parole avevano un senso. Adrenalina oppure accettazione passiva degli eventi? Non sapeva neppure se per bocca sua si erano espressi i vecchi e gloriosi Padri della Patria, se quelle frasi orgogliose e decise le appartenevano. Ricordava bene, però, il monito di William H. Webster, un tempo direttore dell’FBI, indirizzato ai terroristi. (…) Finché i predatori non saranno condotti a rispondere da criminali, in un pubblico processo, dei delitti che hanno commesso, e ricevano la punizione che hanno così pienamente meritato. (…) Non erano parole vuote, quelle che aveva pronunciato Webster e la Storia stava lì a insegnarlo. Quanti bastardi erano stati giustamente puniti dagli States, dal vigore morale, dalle capacità tecnologiche, dal desiderio di giustizia. Persone ignobilii che non meritavano alcuna pietà. In particolare, LUI, lui che aveva distrutto la sua vita e umiliato un’intera nazione.
Il momento della verità era arrivato.
Lanciò uno sguardo al cielo. Malgrado fosse al tramonto, il sole splendeva con più forza e il caldo l’avvolse all’improvviso, frammisto a una sensazione di gelo.
Distingueva ogni singolo sasso, ogni singolo ciuffo d’erba rinsecchito, come se in qualche maniera lì ci fosse una risposta, non importa quale. Quando sollevò lo sguardo, vide un uomo che procedeva nella sua direzione, farfugliando. Lui la ignorò. Si esprimeva in un inglese che a Monica parve strano. Perlopiù, ciò che diceva erano bestemmie. E volgarità assortite.
Poi, però, si fermò.
Il Mago squadrò la donna da capo a piedi.
Al momento non la riconobbe. Ma l’aveva già vista. Dove? Corrugò la fronte, cercando di ricordare, mentre lei lo fissava a sua volta. Certo! Era vestita diversamente, tailleur e roba del genere, attorniata da pezzi grossi che passavano il tempo ad adularla nella speranza di salire qualche altro gradino sulla scala del potere. Monica Squire! Era un motivo più che valido per tornare indietro. E, comunque, dove pensava di andare, a piedi, in un’isola sconosciuta. Non c’era nemmeno una macchina cui chiedere un passaggio, un dannato bus, una fottuta moto.
E non era tutto: Daigh sapeva quello che l’arabo pazzo voleva da lui. Immortalare l’umiliazione di Squire significava riprenderla in ginocchio, le mani legate dietro la schiena, lo sguardo inutilmente supplice, gli occhi colmi di terrore, mentre il boia si accingeva a decapitarla. Era americana, dunque amica di quei bastardi degli inglesi; quindi meritava quella sorte. Daigh si sentì soddisfatto ed eccitato. Il malumore era scomparso.
“Venga con me, signora.”, disse in tono gentile.
Chazan scosse la testa, vedendo che la donna seguiva il tipo nordico.
Puntò il binocolo su Yarbes. Spiccava fra gli altri quattro, e non perché era il più anziano. David Chazan sapeva riconoscere i suoi simili.
C’era campo. Yarbes spense il cellulare, dopo aver parlato con Brian Stevens. “A Londra, gli uomini del SAS hanno scovato il tizio con la bomba e… si sono occupati di lui. Mia moglie è stata informata, perciò non andrà al rendez-vous. Non c’è fretta. Agiremo stanotte.”
“Gli aspetta una bella sorpresa.”, sghigniazzò Scottfield.
“Con i fiocchi e i controfiocchi.”, fu la compiaciuta replica di Knowles.
“Maledetto assassino!”, commentò Wilkins, poi sputò per terra.
“Sono lieto di fare la sua conoscenza.”, dichiarò Ibrahim al-Ja’bari in un buon inglese.
“Non posso dire altrettanto.”, ribatté Monica.
Il fondamentalista sorrise. Un sorriso tetro, dato che non si estendeva agli occhi; un sorriso maligno, pensò Squire.
Lo fissò con aria di sfida. “L’ordigno non esploderà più.”
Ibrahim annuì. “Allah il Misericordioso mi ha già comunicato questo piccolo imprevisto. Non importa, ci saranno molte altre bombe. Prima in Inghilterra” – lanciò un’occhiata a Daigh – “in seguito a Washington. Ecco il volere di Allah e del suo Profeta, che riposi in pace. Però lei ora è qui, e Allah mi ha impartito un ordine preciso. Si inginocchi, chieda perdono per i suoi peccati e invochi clemenza.”
Monica gli rise in faccia.
Ma due braccia robuste la afferrarono, costringendola a obbedire. Quando sentì la stretta dei nodi ai polsi, non riuscì a trattenere un gemito.
“Sia fatta la volontà di Allah!”, esclamò Ibrahim al-Ja’bari.” Questa è la vendetta per Poitiers, per tutto il sangue innocente che avete versato. Questo è il giusto castigo che spetta alla Grande Meretrice. E questo è solo l’inizio!”
Si rivolse al capo dei sardi, l’unico che parlava inglese. “L’ascia.”
Morire così! Sono stata una pazza. Cosa credevo di ottenere?
Poi Monica pensò a Brian Stevens, alla Delta Force, ai Marines. Sarebbe stata vendicata.
Non provava paura, solamente un senso di vuoto, una profonda amarezza. Avrebbe tanto voluto lavorare ancora per rendere l’America un Paese migliore, avrebbe desiderato…
Ibrahim al-Ja’bari cominciò a declamare un passo del Corano. Giovanni Virdis aspettava il comando definitivo. La luce del sole al tramonto scintillava, creando barbagli dorati che si riflettevano sull’arma che avrebbe posto fine alla vita di Monica…
… E David Chazan estrasse da una tasca lo specchio che aveva acquistato all’aeroporto assieme a un rasoio usa e getta, in modo da potersi radere all’aperto, senza l’obbligo della schiuma da barba. Lo rivolse verso il Punto B, e il sole ne trasse un bagliore che nel crepuscolo fu simile a un lampo; spostò lo specchio due volte, ottenendo così tre vividi raggi che risultavano qualcosa di diverso rispetto alla luce naturale… se Yarbes avesse guardato.
E Yarbes li vide.
Per un istante non capì, poi fu come se la sua mente venisse abbagliata da quei segnali di fuoco. Non contava se era un’intuizione oppure un ragionamento cosciente: aveva compreso.
“Adesso!”, ruggì.
Il commando era pronto; si precipitarono in direzione del luogo dell’incontro, e dopo pochi momenti scorsero la vecchia casa.
David Chazan li precedette, scendendo di corsa dall’altura, si voltò e agitò una mano. “Stanno per decapitarla!”, urlò.
Soltanto Daigh udì quel grido e si girò di scatto per vedere cosa stava succedendo. Gli altri osservavano la donna in preda a sensazioni lascive; erano come ipnotizzati. In quanto a Ibrahim al-Ja’bari, era concentrato sul versetto del Corano.
Infine, diede l’ordine. “Procedi.”
Virdis sollevò l’ascia e si concentrò sul collo della donna, quindi sferrò il colpo.
Monica Squire avvertì lo spostamento d’aria e chiuse gli occhi. L’ultimo pensiero fu rivolto al suo amato John.
“Fermati.”, intervenne Ibrahim, un attimo prima della decapitazione. Daigh non stava riprendendo. “Cosa aspetti?” Lo sollecitò.
Poi fu l’inferno.
All’inizio non utilizzarono le flash-bang, riservandole per quando avrebbero fatto irruzione nella casa. Fecero fuoco con gli Ak-47, e ciò fu sufficiente. Era uno scontro fra comuni malfattori ed elementi dei Marines e dei corpi speciali degli Stati Uniti. Un confronto impari, tanto per usare un eufemismo.
“Non sparate all’arabo!”, sbraitò Yarbes.
I sardi, uno dopo l’altro, vennero falciati.
Knowles e De Beers penetrarono all’interno. Trovarono un solo uomo, che non ebbe neppure il tempo di respirare. “Libero!”, annunciò Knowles.
Wilkins prese per i capelli il Mago e lo trascinò a terra.
Ibrahim al-Ja’bari impugnò l’ascia sfuggita dalle mani di Virdis e la alzò su Monica. Lei si voltò e gli sferrò un calcio nei testicoli.
Knowles uscì dalla casa, prese il fondamentalista per il collo e lo costrinse a inginocchiarsi.
Quindi, guardò Yarbes.
Martin indicò l’ascia. “Eliminalo.” La voce era piatta, priva di emozioni.
Spostò lo sguardo su Daigh.
“E adesso alzati e riprendi.”, disse in tono gelido.
Quando la testa di Ibrahim al-Ja’bari rotolò grottescamente sul terreno, Martin Yarbes aggiunse: “E trasmetti questa immagine in tutto il mondo. Accompagnala con una sola parola: Rage.”
Grazie per aver letto questa storia.
(Domenica otto novembre, comunque, ci sarà un breve epilogo).
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