Se Monica Squire avesse assistito al colloquio fra Martin Yarbes e Miloslav Pomarev, non si sarebbe certamente entusiasmata.
Obbedire agli ordini, quali che fossero, calpestare le vite altrui, torturare, ammazzare, inquisire. Forse per Yarbes era normale, non per lei.
Monica era un’agente della CIA e, in quanto tale, non aveva mai disobbedito a un superiore, dimostrandosi sempre ligia al proprio dovere; ciò, tuttavia, non le impediva di mantenere una posizione etica e di essere scettica nei confronti di azioni che, dentro di sé, giudicava riprovevoli.
Per Yarbes provava sentimenti contrastanti. Un tempo lui l’aveva derisa, sostenendo che non era riuscita a resistere al solletico ai piedi che le aveva praticato la spia russa, Aglaja. Non era vero. Baba Yaga, il nome in codice di Aglaja, non era interessata a quelle sciocchezze, aveva una mentalità molto più pratica. Monica non aveva subito il solletico, bensì torture assai peggiori, ripetute scosse elettriche e il terribile waterboarning.
Yarbes si confondeva con Nicole Parker, una ex collega che in Cina aveva patito quel supplizio e che in seguito si era uccisa. (Ma i cinesi non si erano certo limitati al solletico. Le avevano impedito di dormire, le avevano lesinato il cibo, l’avevano percossa). Yarbes era intransigente con chi tradiva, e Monica, comunque la si volesse mettere, aveva tradito.
Poi, però, Martin l’aveva difesa davanti alla commissione disciplinare della CIA. Era un uomo enigmatico, apparentemente privo di emozioni. Imperscrutabile… come Matrioska.
Monica aveva visto morire John Lodge davanti alla sua casa, e dato che ciò era successo a causa della sua debolezza non si era mai veramente perdonata; aveva ucciso Aglaja e Matrioska: ma nessuno di questi fatti, per vari versi devastanti, era paragonabile alla morte di Nadiya.
John Lodge era stato un valido compagno d’azione e un amore mancato, Aglaja una spietata serpe, Matrioska un uomo insondabile che, in altre circostanze e se lui fosse stato diverso, avrebbe potuto amare.
Nadiya in teoria sarebbe dovuta essere la sua carnefice, in realtà era diventata la sua schiava, e poi, forse, il talismano che avrebbe saputo rendere i suoi giorni felici. Si era sacrificata per lei, e non esiste al mondo una prova più grande dell’amore vero.
Se Yarbes era freddo e cinico, Monica era diversa.
Forse debole, forse troppe volte insicura. Guardò a lungo la donna russa che le aveva donato tutto: il suo cuore, la lealtà per l’Unione Sovietica, i suoi sogni. Sadica? Masochista? Parole sciocche, vuote, prive di significato, a fronte del sentimento che era nato e si era sviluppato fra loro. Più sincera Nadiya, più calcolatrice Monica, e questa consapevolezza rendeva il suo strazio maggiore.
Si inginocchiò accanto alla salma e continuò a piangere.
Per qualche motivo, si soffermò ancora a riflettere su Martin. Forse perché dopo Lodge, dopo Nadiya, rappresentava il suo ultimo appiglio. Era più ciò che li divideva di ciò che li accomunava; però entrambi amavano la natura (Yarbes le aveva svelato il suo sogno giovanile di diventare guardiacaccia), servivano la loro patria e avevano sempre considerato il comunismo come il principale nemico da sconfiggere. E, forse, Martin Yarbes conservava un fondo di umanità, sconosciuto a Matrioska, del quale in ogni caso lei si era invaghita.
Di Yarbes ammirava la forza, la mancanza di paura, il senso di protezione che a volte le infondeva. Se esisteva dell’altro, non lo sapeva. Non ancora, almeno.
Quando si rialzò, raccolse la Tokarev di uno degli assassini e si avviò verso la Duma, camminando come una sonnambula, gli occhi rigati di lacrime e il cuore a pezzi.
A un tratto scorse il maggiore del Gruppo Alpha che puntava una pistola su Yarbes.
Si sentì cattiva, cattiva e spietata, oltre ogni limite.
Pomarev era il responsabile della morte di Nadiya.
Nella piazza la confusione era indescrivibile. Scorreva vodka a fiumi e gli sguardi di tutti erano rivolti allo starets Zosima, che inneggiava al trionfo del popolo e alla sconfitta dei malvagi. Nessuno badò a lei.
Un istante prima che Pomarev premesse il grilletto, Monica appoggiò la canna della Tokarev sulla sua nuca.
Pomarev lasciò cadere a terra l’arma.
“Brava, Squire!”, esclamò Yarbes. “Ora lascia fare a me.”
Tese una mano, ma Monica scosse la testa.
“No.”, disse. “Questa è una faccenda solo mia.”
Martin avrebbe voluto obiettare, ma qualcosa nell’espressione della donna lo dissuase dal farlo.
Monica si rivolse al russo. “Mi segua, maggiore.”
La mente di Yarbes corse a Cannes: anche in Francia Squire gli aveva soffiato il bersaglio, qui però gli aveva salvato la vita. In America era stato lui a salvarla, quando aveva fatto irruzione nel cottage vicino al lago; quindi, ora erano pari. Ma c’era dell’altro. Se sulla Costa Azzurra Monica aveva già ripagato ampiamente il suo debito nei confronti della CIA, a Mosca era andata oltre. Era come se, in una partita di basket, avesse segnato un canestro da tre punti tirando dalla propria area, o realizzato un fuoricampo, in un incontro di baseball. Era una vincente.
Benché fossero molto diversi fra loro, all’improvviso fu raggiunto da un pensiero a dir poco singolare. Si presentò del tutto inaspettato: da sempre, sapeva che un giorno avrebbe conosciuto una donna forte e coraggiosa, la compagna ideale per un uomo come lui. La compagna con cui dividere la vita. E adesso l’aveva trovata. Con un sorriso, si rese conto che quel pensiero non lo sorprendeva più di tanto.
Li guardò andar via, augurandosi di rivederla.
Monica e il suo prigioniero si allontanarono.
A circa dieci metri di distanza, due soldati li stavano osservando. Uno era alto e biondo, dai tratti nordici, l’altro, scuro di pelle, sembrava di origini tartare. Il biondo si mosse per tentare di seguirli, ma inciampò. Era completamente ubriaco. “Lascia perdere!”, bofonchiò l’orientale. Anche lui si reggeva a stento in piedi. Dalle mani gli cadde una bottiglia di pessima vodka. Fortunatamente era vuota.
Squire e Pomarev attraversarono la piazza e imboccarono una strada laterale.
“Fermiamoci qui.”, disse Monica.
Pomarev le rivolse uno sguardo beffardo.
“D’accordo. E adesso cosa pensa di fare?”
“Non lo indovina, maggiore?”
Lui rise. “Le manca il coraggio, americana! Mi consegni la pistola, e sarò clemente con lei.”
Monica ricordò il suo ultimo confronto con Matrioska. Pomarev gli assomigliava: non manifestava il minimo timore, era arrogante e sicuro di sé.
Ma con lui non c’era stata alcuna relazione sessuale.
Poi accadde.
Con un movimento fulmineo il maggiore del Gruppo Alpha le afferrò il polso, torcendolo. Era una stretta micidiale e Squire gemette per il dolore. Lentamente, lui la costrinse ad abbassare il braccio. Monica cercò di resistere ma era impossibile: era quattro volte più forte di lei. Questione di un attimo e la pistola le sarebbe sfuggita dalla mano. Mentre lottava disperatamente, Pomarev sibilò: “Non la ucciderò, non si preoccupi. La accompagnerò personalmente a Kolyma. Un lungo viaggio in treno, e lì… interminabili giornate di lavoro nel gelo, tanto pesanti che lei si augurerà di morire. Un cibo misero che comunque non potrà mangiare perché le altre detenute glielo impediranno per dividerselo. E se si ribellasse commetterebbe un grave errore. Un’americana per quelle prigioniere è il simbolo di una ricchezza mai avuta, soltanto sognata. Le ficcherebbero la testa nelle loro feci. Perderà i denti e i capelli. Alla fine, le verrà il tifo. Purtroppo non avrò il piacere di vederla dormire nei suoi escrementi, né di sentirla piangere. Se è vero che la nostra azione patriottica è fallita, andrò altrove. Ci sono guerre ovunque e uno come me sarà accolto a braccia aperte in qualsiasi luogo.”
Monica non poteva saperlo, ma era possibile che ciò che gli aveva detto Yarbes lo avesse convinto della sconfitta.
Pomarev diede un ultimo strattone.
Monica strinse i denti per resistere. E a un tratto si rivide a Langley: le parve di udire la voce di Susan Cooper mentre, durante l’addestramento, le insegnava alcune tecniche di combattimento. Si contorse per guadagnare un minimo spazio e gli sferrò una violenta ginocchiata all’inguine. Con un grugnito, lui lasciò la presa.
Monica indietreggiò di qualche metro e, ignorando il dolore al polso, sollevò nuovamente la Tokarev.
Mirò a una gamba e Pomarev si accasciò.
Dopo un momento, Monica sparò di nuovo, all’altra gamba.
Miloslav Pomarev non emise un gemito.
La guardò, con un’espressione di stupita e riluttante ammirazione.
Un elicottero passò, volando basso. Risuonarono alcuni colpi d’arma da fuoco, non si capiva da dove, né chi avesse sparato a chi.
Dalla piazza giungevano voci esultanti e cori non particolarmente intonati.
La notte si avviava a diventare mattino. Il cielo a est andava schiarendosi, preannunciando un’altra giornata torrida e afosa. Sarebbe stata la giornata della resa dei conti definitiva.
Pomarev cercò di rialzarsi, senza tuttavia riuscirci: anche per un uomo del Gruppo Alpha esisteva un limite.
Monica si mise a gambe larghe su di lui.
“E’ pronto per l’inferno, maggiore?”
IL CREPUSCOLO DELLA LUBJANKA
GRAZIE PER AVER LETTO QUESTA STORIA
Un ultimo capitolo che, però, non sembra l’ultimo (per fortuna).
Ci siamo, molte volte, ripromessi di scrivere proprio all’ultima suddivisione del Vostro pregevole romanzo.
Leggemmo tre momenti che “prendono”.
L’analisi emozionale, della prima parte, fa vedere e comprendere quanto di vero ci sia nel Vostro assunto: “di volta in volta diventate la protagonista dei Vostri personaggi”.
E qui, con onestà, è da rilevare la differenza, notevole, tra l’Alessandra Bianchi targata Splinder (notevolmente brava ed elastica nella scrittura, ma scrittrice per diletto che diletta) e soprattutto “blattizzata” e l'”Alessandra Bianchi“, targata WordPress non più dilettante, ma arguta scrittrice e modellista delle esistenze, nonché artefice di introspezioni diversissime.
Una analista e antropologa bravissima. (Soprattutto deblattizzata).
Azione.
Tra le varie supposizioni, la collocazione del personaggio “Pomarev“, credemmo, fu la più appropriata.
Nel bene o nel male, alcuni protagonisti sono veramente preziosi per l’Umanità.
Una porta, uno spiraglio, aperti verso futuri orizzonti politici?
Molte SS si recarono (o vennero deportate) nei democraticissimi States per continuare il loro lavoro o specializzazione (non certo con tendenze umanitarie).
Basti pensare al barone Werner von Braun, divenuto amico, personale del presidente Kennedy (Riflessioni sul Vietnam: uso di razzi teleguidati e nascita dei razzi filoguidati a carica cava al fosforo, da usare sui vietcong).
Ecco, dunque, presentarsi una “valvola” per il maggiore Pomarev. Molte realtà potrebbero farlo proprio e la frase, da lui riportata, ne è la prova.
Giusto un esempio che è sotto gli occhi di tutta la realtà europea:
La Freie Deutsche Jugend, potentissima organizzazione di partito della DDR, ebbe tra le proprie fila una attentissima Angela Merkel che rivestiva un incarico dirigenziale “repressivo/propagandistico” all’interno del Partito Comunista, in qualità di IM, Informelle Mitarabeiter=Collaboratore non ufficializzato = Agente segreto.
(Sembra, quasi, che il compagno Pomarev sia stato ispirato da …)
Una storia che ci piacque.
Una storia non ancora terminata!
Abbiate, mia Signora, una serena domenica e le nostre radiose cordialità
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Bé, se l’è meritato il russo, credo che non mancherà a nessuno 🙂 E anche per Monica il futuro sembra segnato, in modo diverso però 🙂 Anche se… non so, come potrebbe funzionare tra due figure forti come lei e Yarbes? 😐
Molto bello, nel complesso, il romanzo 🙂 Un perfetto equilibrio tra romanzo e storia. Spero che, quando lo pubblicherai, perché lo pubblicherai, abbia il successo che merita.
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Quoto, Lord Ninni, perchè esauriente. Saluti da Salvatore.
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@ LORD NINNI sapevo di Werner von Braun, del capo di Stato Maggiore Halder che tenne conferenze negli Stati Uniti davanti a generali assai interessati, delle SS, ma ignoravo assolutamente quello che apprendo ora su Angela Merkel… che già prima non sopportavo.
Io penso che con ogni probabilità Yarbes avrebbe reclutato Pomarev. Uno come lui avrebbe fatto comodo alle forze speciali, alla CIA, all’FBI. Ma Monica Squire no. Proprio per le sue convinzioni morali (e per Nadiya) lei premerà il grilletto.
Vi ringrazio infinitamente per la Vostra splendida recensione e per il parallelo Splinder-Word Press. Ciò mi ripaga dei mei sforzi.
Le mie più sentite radiosità.
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@ WOLFGHOST credo che sarà una relazione molto difficile, però intensa.
Sì: Pomarev finalmente è morto. Credo per la gioia di molti.
Grazie mille, caro lupo, anche per gli auspici 😛
Però, non penso che scriverò più. Soprattutto storie così complesse e impegnative.
Non sono ottimista: né per “Matrioska”, né per “Il Crepuscolo della Lubjanka”.
Felice domenica!
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Bé… sono rimasto un po’ stupito da questa dichiarazione. Forse è vero che “un sogno americano” è meno impegnativo (non lo so… mi fido) perché non c’è la ricostruzione storica, ma non credo sia da meno. Almeno per me.
E poi tu “l’hai nel sangue”, non credo riuscirai a non scrivere più questi romanzi, al di là del successo che possono avere su “carta stampata” 🙂
http://www.wolfghost.com
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@ WOLFGHOST beh sai, la ricostruzione storica talvolta me la sognavo anche di notte 😛
Il problema era reperire fonti attendibili e per quanto riguarda la Russia ciò non è affatto semplice.
Per il resto… grazie, lupissimo!
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@ SALVATORE RIZZI molto esauriente, amico Sar.
Un salutone a te ^^
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Una storia come questa non può avere una fine. Questa si, perché le porte dell’inferno si sono spalancate per tutti quanti i personaggi. Ciascuno avrà la propria personale pena eterna. Ci sarà chi brucerà per sempre, chi invece avrà ancora tempo per curarsi delle ustioni. Non guarirà mai, probabilmente; saranno fonte per rimpianti e rimorsi, ma saranno la prova di una vita vissuta seguendo quei principi cui ci si é votati.
Un finale duro, tra l’indifferenza alcoolica di una piazza ormai votata alla novità e inconsciamente pronta al salto in buio, che solo la Storia riuscirà ad illuminare e sappiamo come.
I cattivi muoiono e non importa se all’alba o meno, però dopo la notte e che notte abbiamo vissuto insieme, l’alba é arrivata e con quella la luce.
A ben osservare é la luce dell’amore e della speranza.
E’ fioca, quasi balugina, ma c’é.
Speranza che non si riaprano le porte dei labirinti oscuri della Lubjanka, che non ci sia più una caccia all’uomo, che si materializzi un luogo dove finalmente costruire quella parte di vita, che scelte personali ed altrui, ne hanno negato la nascita e la crescita.
Anche perché non tutti sono pronti per l’inferno.
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@ CAPEHORN che bei commenti che ho ricevuto oggi!
Dubito che i miei romanzi vedranno mai la luce, nel senso di una pubblicazione; però posso affermare con legittimo orgoglio di avere dei magnifici lettori, attenti, generosi e intelligenti.
Un finale duro, è vero. E una speranza per il grande popolo russo che purtroppo non si è ancora verificata.
Grazie di cuore, Carlo!
PS e OT: avevo parlato di un nuovo articolo del Bastardo. Non l’ho postato perché secondo me era troppo lungo e soprattutto toglieva climax alla storia.
In ogni caso, lo ciuffo qui 😛
Dal Daily Telegraph, 14th July 2013
Dopo aver esaminato gli ultimi sviluppi politici, desidero chiudere il mio consueto appuntamento domenicale parlandovi di un libro uscito in questi giorni. Il libro si intitola “Il Crepuscolo della Lubjanka”. L’autrice, una ragazza italiana che si chiama Alessandra Bianchi, si è avvalsa della mia collaborazione (gratuita e generosa), dato che io ero presente quando nell’agosto del 1991 il KGB e altre forze reazionarie tentarono il famoso golpe, poi fallito (di questo tratta il romanzo).
Ho conosciuto Bianchi quando qualche anno fa venne a Londra per svolgere delle ricerche. Mi interpellò per avere alcune delucidazioni storiche che riguardavano un certo investigatore privato, Carrick, in particolare chiedendomi informazioni sulla sua feroce lotta con Jack the Ripper, una delle figure più abominevoli degli ultimi secoli. Si era rivolta a me – così mi disse – perché aveva letto un mio breve saggio che riguardava quel brillante investigatore. Da questo e da altro, nacque in seguito il romanzo “Alex Alliston”, incentrato sulla figura del celebre editore, uno dei più grandi in assoluto nella recente storia della letteratura e dell’editoria britanniche.
All’inizio l’italiana non mi fece una grande impressione: una biondina pallida e smunta. Quando accavallò le gambe e mi fissò con i suoi vivaci occhi azzurri cambiai parzialmente opinione.
Bianchi si “dimenticò” di citarmi, ma io la perdonai; di conseguenza, l’ho aiutata a scrivere questo nuovo libro. Sebbene sia provvista di un talento che onestamente non potrei definire eccezionale, almeno per gli standard inglesi, Alessandra Bianchi è riuscita a realizzare una storia discreta, soprattutto grazie al mio contributo.
Tutto quello che è riportato sul libro è accaduto realmente, senza voli di fantasia. Io raccontavo e lei prendeva diligentemente (e avidamente) nota.
Ciò in cui ha mancato è stata la scarsa comprensione dell’unica vera storia d’amore della mia vita. Sono fatti personali – lo so – ma è giusto che un giornalista conosciuto e apprezzato in tutto il mondo talvolta conceda alcuni sprazzi della propria vita anche affettiva agli amici lettori.
Bianchi non ha capito la profondità dei sentimenti che nutrivo per una fantastica ragazza irlandese, Susan Cooper. D’altro canto, l’idea che gli italiani siano un popolo romantico è assai diffusa ma infondata.
All’amore platonico, essi preferiscono di gran lunga il bunga bunga. Ed è possibile che anche Bianchi sia attratta da tale genere di svago.
A parte questo, è un romanzo che vi consiglio.
Naturalmente, è possibile trovare di meglio: ad esempio, “La vera storia del sommergibile Kursk”, che pubblicherò nel prossimo mese di agosto.
John Wyman
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Lusingatissimo di essere stato scelto come depositario dell’articolo del sig.Wyman.
Chiedo a tutti i tuoi affezionati lettori di fermarsi a leggerlo.
Potevi benissimo aggiungerlo come nota d’autore in settimana. Una sorta di ciliegina sulla torta, ma va bene così.
Anche perché senza averti mai visto accavallare le gambe, abbiamo subito capito dalle prime righe dei tuoi racconti, che di stoffa ce ne tanta.
Il piacere e la compagnia della lettura delle avventure targate AB rimane e rimarrà, al di la delle gambe.
Per ultimo suggerisco al sig. Wyman di essere più preciso, quando parla dei propri sentimenti. L’animo romantico gli italiani lo possiedono e mai come in questo caso, inventarci le cose non ci viene bene.
Se lo facciamo rischiamo di essere tacciati di essere sdolcinati, altrimenti siamo i soliti “bungabungari”?
Mi dispiace, ma non é così che funziona.
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@ CAPEHORN forse hai ragione, comunque tu, NEWWHITEBEAR, MARI, KRIS e magari anche altri lo hanno letto.
Devi pensare a chi è John Wyman. Un cittadino britannico, conservatore – visto il giornale per cui scrive – e naturalmente sciovinista. Della serie: l’Europa è isolata a causa di una burrasca scatenatasi sulla Manica.
E poi, diciamocela tutta: sebbene gli inglesi abbiano molti scheletri nei loro armadi, il bunga bunga ultimamente è patrimonio italiano 😛
Gambe a parte, ti ringrazio molto.
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Che ci abbiano rifilato quella fama … facciamocene una ragione.
Non ci piace, non ci é piaciuta nè ci piacerà, ma é così.
In quanto agli scheletri, ciascuno ha i propri é indiscutibile, ma non riesco proprio a digerire quella puzzetta sotto il naso, che hanno dall’altra parte della manica.
ps: meno male che non siamo francesi … 😛
Eh no … le gambe sono incluse 😛 😀
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@ CAPEHORN in effetti, spocchiosi sono spocchiosi!
Grazie per le gambe ^^
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E sulla fiducia
😛
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@ CAPEHORN off course 🙂
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Di corsa ?
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@ CAPEHORN beh, da ragazzina correvo molto forte 😛
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Figlia del vento, allora
🙂
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@ CAPEHORN beauty 😛
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🙂
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Ancora un finale spiazzante in senso positivo, che potrebbe non essere un finale ma un arrivederci a un sequel, come l’articolo del bastardo, che contrariamente alle mie abitudini ho letto pur essendo sotto forma di risposta al commento di Cape.
Che aggiungere al coro di voci entusiaste? Nulla o poco più. Semplicemente ci ha tenuto in compagnia e in ansia per molte settimane come piacevole e gradevole lettura.
Aspettiamo il prossimo.
Un grande abbraccio
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Ricambio……………!
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@ NEWWHITEBEAR non so se ci sarà un prossimo.
Questa storia mi ha estenuata. Non per scriverla, bensì per le ricerche, difficilissime dato che non esistono siti web italiani attendibili.
E forse sono stanca di vedere i libri di Licia Troisi pubblicati.
Ciò detto, ti ringrazio molto, anche per aver letto l’appendice, chiamiamola così, del Bastardo.
Un caro abbraccio.
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@ SALVATORE RIZZI sei sempre molto gentile!
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Alessandra Bianchi ha scritto ancora una volta un bellissimo romanzo degno di questo nome,
Alessandra Bianchi io non la conosco, ma so che il suo talento è molto più di quello che vuol far credere John Wyman…. 🙂
Alessandra Bianchi ha scritto di Monica, di Susan, di Alex, e di tanti altri, con uno stile unico, con una bravura indiscutibile….tanto da farci credere che i suoi personaggi si possono incontrare, si possono vedere….
Alessandra Bianchi è la MIA strega! …e non vedo l’ora di leggere altre sue storie!!!
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@ MARI mi hai commossa!
Alessandra Bianchi è molto stanca, ma quello che scrivi tu le infonde nuove energie.
John Wyman… sai che tipo è 😛
Grazie dal profondo del cuore, MIA guerriera!
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❤
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@ MARI * __________________ *
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Uh… così? Di colpo? Ora che cominciavo a convincermi che la fine non fosse poi tanto vicina?
Un bel racconto anche questo. Molto tecnico… “colto”, direi. Ma con della “passione” dentro. Un ottimo mix.
Scriverai, scriverai ancora. Non puoi farne a meno…è la tua passione.
E per quanto riguarda la pubblicazione dei tuoi racconti, mi sono scagliato più volte contro l’incompetenza degli editori. Ed in parte, marginalmente, dei lettori… ok. Non voglio ripetermi. Ma per quanto mi riguarda, la pubblicazione dei tuoi racconti sarebbe solo un atto di “giustizia”. Il fatto che non vengano pubblicati non cambia la loro bellezza ed il piacere che mi danno.
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Grazie per aver SCRITTO questa storia.
Ho dovuto recuperare, macché dovuto, è stato un piacere.
Il nuovo articolo del Bastardo secondo me ci stava benissimo. E quella biondina pallida e smunta con gli occhi azzurri (piuttosto sexy quando accavalla le gambe…) ha molto più talento di quanto lui creda.
Non so dirti molto altro, perdonami se non trovo parole importanti, profonde in questo momento. Anzi una cosa voglio dirtela, una sola, virtuale, forse ingenua, non direi effimera: ti voglio bene!
A prestissimo!
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@ BRUM credo di non aver mai ricevuto commenti così belli, profondi e partecipi.
Né di aver riscosso una simile serie di elogi. Non so se li merito. Di certo, scaldano il cuore.
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Quando gli elogi son tanti…di certo sono meritati. Non possono fingere tutti. Quindi… goditeli, e zitta. ahahaha
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@ BRUM ok 😛
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@ KRIS sei arrivata! Come sono felice!! Speravo proprio di vederti qui per l’ultima puntata.
Per quanto riguarda il Bastardo, inizialmente pensavo di inserire il suo articolo nel capitolo – e infatti l’ho scritto – poi ho cambiato idea. Forse ho sbagliato.
Che bella la tua ultima frase*
Anch’io ti voglio bene!
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” … di aver riscosso una simile serie di elogi … ”
Non so se li merito …
Tsé!
Cento volte meglio la brava (e molto invidiata) Licia Troisi.
😎
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@ THE BLACK BLATTA io probabilmente valgo poco, no problem.
Certo è che Licia Troisi è una capra 😀
E pure brutta 😛
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Tento, spero di riuscirci, ciao.
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Che finale!!! Credo di averlo letto senza staccare di una virgola….
Magistrale grandioso magnifico Alessandra….
Tutto e per Tutto, nei vari passaggi di storia reale, nella fantasia
brava, bravissima, unica, se Ti venisse in mente da farne un libro
lo sai che lo acquisterei…..
Anche solo per averlo come un Tuo ricordo, per il grande impegno
e dedizione, che ogni volta che ci metti, quando scrivi qualcosa….
Complimenti cara amica e un immenso e grande abbraccio
Michelle
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@ SALVATORE RIZZI ci riesci sempre!
Ciao.
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@ VENTIDIPRIMAVERA ti ringrazio davvero moltissimo per le tue care parole!
Un grande bacione, Michelle * ______________ *
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…e così l’opera è completa!
Non mi accadeva da tempo, ma mi dispiace dover chiudere con un capitolo così bello questo affascinante e coinvolgente romanzo!
Anche a me è sembrato che mancasse quello che ci avevi anticipato, lo hai messo nei commenti, ma non è lo stesso, l’effetto è diverso!
Incastonato nell’ultimo capitolo avrebbe maggiormente impreziosito il “gioiello”.
Tutta l’opera è veramente preziosa per la continuità di stile, i registri linguistici che sono sempre rispettati, per le preziose informazioni storiche e per le accuratissime descrizioni dei luoghi dei personaggi che hanno sempre un’anima e una propria ed esclusiva personalità, oltre alla tua indiscutibile competenza che regna in assoluto. .
Alla prossima, l’aspetto,
Grazie!
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@ CLE REVERIES non sei la prima che lo dice. Vorrà dire che se… ma non accadrà mai… inserirò anche quella parte nel testo.
Grazie a te, mia cara amica. Grazie di cuore! Il tuo commento mi ha commossa.
Kisses*
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Beh, un lungo e complesso valoroso racconto a puntate che terminerebbe con una domanda aperta, lascia presagire ben liete prosecuzioni e non può definirsi la fine. Scherzi a parte (mica tanto però) il pezzo conclusivo risulta in linea con valori, schemi narrativi, idee e ritmo e verve che finora ci hai messo tra gli ingredienti per farci apprezzare una storia davvero coinvolgente. Credevo nelle gesta di Monica, un po’ Pomarev mi ha ‘deluso’ ma non sempre tutto soddisfa le proprie aspettative, no? Un caro abbraccio.
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@ UNIVERS il tuo commento mi lusinga molto!
Beh, Pomarev , prima o poi, doveva morire…
E comunque è vero ciò che sostieni.
Un caro abbraccio a te ^^
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