PARTE PRIMA: ROMA (ANTEFATTO)
John Lodge è un agente della CIA che si trova a Roma con il compito di proteggere e interrogare Boris Ivanovic, un funzionario di alto grado del KGB sovietico, che ha deciso di cambiare campo. Lodge non ha mai fallito una missione, ma in questo caso deve affrontare il miglior agente del KGB, Aleksandr, nome in codice Matrioska: un uomo freddo e spietato, specializzato in omicidi. Grazie a un piano ingegnoso e ardito, e avvalendosi di complici italiani, Aleksandr ha la meglio. Malgrado la presenza della polizia italiana e di un secondo agente della CIA, tramortisce Lodge e uccide Boris.
PARTE SECONDA: AFGHANISTAN
Dieci anni dopo, Il destino vuole che le strade dei due si incrocino nuovamente. La CIA ha ricevuto una “soffiata” da Mosca: in vista della grande offensiva estiva, i russi intendono eliminare Massoud, il più abile fra i comandanti dei Mujaheddin, che sono in guerra contro l’Unione Sovietica.
A questo scopo, Aleksandr valica il passo Khyber, accompagnato dal taciturno Farrin, un tagiko “condizionato” dal KGB: egli in pratica è un automa, privo di ogni cognizione del dolore o della paura; uno strumento di morte che risponde solamente a Matrioska. Per costringere un ostinato guerrigliero a rivelargli dov’è il rifugio del suo capo, Aleksandr cattura e scuoia un cinghiale e minaccia l’afghano di avvolgerlo nella pelle dell’animale: malgrado il suo coraggio, l’uomo terrorizzato cede.
I due raggiungono Massoud, senza però riuscire a ucciderlo.
Lodge è accompagnato da Monica Squire, una donna determinata e affascinante. Fra loro nasce una profonda attrazione, sebbene Monica sia fortemente contraria all’appoggio che l’America sta dando ai guerriglieri, dato che i sovietici hanno invaso l’Afghanistan dietro a una precisa richiesta del legittimo governo di Kabul che vorrebbe modernizzare il Paese, elevando la condizione femminile e dando vita a un vasto programma di riforme sociali e democratiche; Lodge non approva il punto di vista della collega, ritenendo che il suo compito sia solo quello di salvare la vita a Massoud, senza speculazioni inutili. Questo comunque non impedisce che l’attrazione sfoci in una prorompente passione. Lodge, però, ama sua moglie, Sherilyn, e, benché desideri ardentemente Monica, resiste alla tentazione dopo essere arrivato a un passo dal tradimento. A frenarlo è anche il pensiero della figlia, Susan.
Monica Squire vive un’esperienza drammatica: viene bastonata da un gruppo di afghani per essere andata a nuotare in un piccolo lago in slip e reggiseno. A salvarla, paradossalmente, è l’arrivo dei terribili Hind, gli elicotteri corazzati dell’Armata Rossa.
A questo proposito, John e Monica istruiscono due guerriglieri sull’uso degli Stinger, l’unica arma in grado di abbattere i micidiali Hind. La stessa Monica ne abbatte uno, salvando la vita a Lodge.
Una parentesi è dedicata alla sorella di Aleksandr, Sonja, ingiustamente incarcerata e in seguito condannata all’ergastolo per aver ucciso un’altra detenuta che voleva violentarla. Grazie al prestigio del fratello, Sonja ottiene la grazia da Vladimir Putin, all’epoca ai massimi vertici del KGB, il quale stravede per Matrioska. Diventata amica di Tamara, l’amante di Aleksandr, le incomincia a raccontare di quando lui cambiò, trasformandosi da ragazzo sensibile e affettuoso in un uomo gelido e privo di sentimenti.
Nel frattempo, dopo alterne vicende e vari capovolgimenti di fronte, Aleksandr rapisce Monica per indurre Lodge a confidargli dove si trovi ora Massoud. I due uomini si affrontano su una montagna che sovrasta la valle del Panjshir e fanno fuoco nello stesso momento.
Matrioska, apparentemente colpito a morte, precipita in un burrone.
PARTE TERZA: STATI UNITI
Vladimir Putin considera John Lodge estremamente pericoloso: per eliminarlo (e per vendicarsi di ciò che è successo in Afghanistan), invia negli Stati Uniti due agenti, l’avvenente Aglaja e, sotto le false spoglie del norvegese Larsen, Matrioska, miracolosamente scampato alla morte grazie anche al soccorso di due soldati russi.
Compito di Aglaja è quello di scoprire dove abita Monica Squire per poi risalire a Lodge. Grazie all’informazione di una talpa, la donna rende sessualmente succube un funzionario dell’OS, l’organo di controllo della CIA, che le fornisce l’indirizzo di Monica.
Dopo averlo ucciso Aglaja si reca da Monica; grazie alla maggior prestanza fisica la sequestra e la tortura finché l’americana non si arrende, svelandole l’ubicazione della casa di John.
Matrioska giunge in Virginia dal Messico. Ma alla frontiera, a causa di una vecchia foto, viene riconosciuto da Steve Miller, un agente dell’FBI, vecchio amico del padre di Monica. Dopo aver avvisato soltanto un collega, l’alcolizzato Paul Bradley, Miller precede Aleksandr che tuttavia lo ammazza soffocandolo con la neve.
Matrioska uccide a sangue freddo John Lodge, avvalendosi di un’arma che in realtà è un frutto della tecnologia americana (IM, Improvised Munitions), capace di trasformare sabbia o neve in micidiali proiettili. L’arma era celata nel baule della macchina, nascosta nell’attrezzatura per la pesca.
Mentre Aleksandr, Aglaja e Monica si trasferiscono in un cottage in riva a un lago – è la base americana di Aglaja -, in attesa di attraversare la frontiera canadese e di sopprimere Monica, Paul Bradley, l’agente federale alcolizzato, scoperto il cadavere di Steve Miller, anziché avvisare tempestivamente l’FBI, chiama invece la CIA. Come ricompensa, dopo un breve interrogatorio, viene brutalmente assassinato da Yarbes e Thompson, i due agenti inviati da Langley. Yarbes corre a casa di Lodge, si rallegra per la mancanza della moglie e della figlia, trascina il cadavere all’interno dell’abitazione – Lodge era stato ucciso sulla soglia – e inquina tutte le prove, in modo che si pensi a un omicidio avvenuto nel corso di una rapina, sempre per ordine del capo di Langley.
In una riunione a tre, fra il presidente degli Stati Uniti e i direttori di FBI e CIA, quest’ultimo nega con fermezza il coinvolgimento dell’Agenzia.
Più tardi si scoprirà il motivo di tale comportamento, e di altre “singolari” decisioni da lui prese.
Intanto, nel cottage, esplode la passione fra Aleksandr e Monica. (Già in Afghanistan, il russo era sembrato attratto da lei).
Se le avessero detto che un giorno Matrioska l’avrebbe baciata, domandandole poi cosa avrebbe provato, Monica avrebbe risposto senza esitare.
Disgusto. Rabbia. Desiderio di cavargli gli occhi. Odio. Repulsione.
Perciò il suo stupore fu grande quando, quasi a sua insaputa, ricambiò il bacio con trasporto.
C’era molto in quel bacio.
La disperazione per la morte di Lodge, la paura di essere uccisa, il ricordo delle torture subite. Era come se le venisse offerta un’ultima possibilità, un ultimo squarcio di vita. La mente rimase fredda ma il corpo la tradì. Con sconcerto si rese conto di essere bagnata. Con crescente incredulità scoprì che una parte di lei desiderava essere posseduta. Matrioska era un uomo gelido, cupo, completamente privo di compassione, di umanità; aveva ammazzato a sangue freddo John e, sebbene esitasse, alla fine avrebbe lasciato Aglaja libera di eliminarla, magari dopo infiniti tormenti.
Matrioska era “il” nemico.
Era anche bello, però, e la baciò con dolcezza. Monica si sentiva come scissa in due: a livello razionale, escludeva nel modo più assoluto di spingersi oltre a quel bacio assurdo; ma mentre pensava a ciò, non oppose resistenza quando lui la svestì, non si divincolò, non lottò. Questo è uno stupro, si ripeteva: non posso oppormi perché lui è molto più forte di me. Infatti, mi sta costringendo.
Ma non era vero.
E lei lo sapeva.
Quando si sentì penetrare e incominciò a urlare, era consapevole che le sue grida non esprimevano rifiuto o angoscia, bensì passione.
Fu travolta dall’orgasmo.
E fu solo il primo di quella notte.
Questo scatena l’ira della gelosa Aglaja, per fortuna senza gravi conseguenze per Monica, a parte un violento pugno al plesso solare.
Ciò nonostante sia il sovietico, sia l’americana, sono pienamente consapevoli che il destino di Monica comunque non cambierà: Matrioska da sempre è abituato a eseguire gli ordini, e – oltre a Lodge – Putin lo ha incaricato di uccidere anche Squire.
Yarbes, probabilmente il nuovo numero uno della CIA, individua la talpa, un uomo di nome Dan Capshaw, e torturandolo orribilmente, lo costringe a rivelargli ciò che è accaduto, nonché il vero nome di Aglaja (in America si faceva passare per Janice) e la presenza di Matrioska. Scoperto dove si trova il cottage, Yarbes e Thompson lo prendono d’assalto, ma con esito deludente: Aleksandr uccide Thompson e riesce a fuggire; dal canto suo Monica spara ad Aglaja.
Braccato e senza più documenti validi, Matrioska dapprima stermina una banda di delinquenti che volevano derubarlo, quindi uccide un rappresentante di oggetti religiosi per impossessarsi della sua macchina.
Dalla Francia arriva in soccorso un simpatizzante del KGB, Julien Delpech, inviato da Elke Shurer, una tedesca che lavora per la Stasi, il servizio segreto della Germania dell’Est, il più fido alleato dell’intelligence sovietica. Egli porta con sé un passaporto “quasi perfetto”. Per Matrioska quindi non va bene. Sebbene più anziano, Delpech è alto e con le spalle larghe: Aleksandr prenderà il suo posto e il francese scomparirà, salvo poi “riapparire” sul volo che porterà Aleksandr a Parigi (e in seguito a Cannes).
Nel frattempo, Monica rischia la condanna a morte per alto tradimento (non essendo riuscita a resistere alle torture di Aglaja). Lodge, infatti, è morto a causa sua.
Ma il direttore della CIA insabbia il caso e durante un colloquio con il presidente della commissione disciplinare, spiega infine le ragioni del suo comportamento.
Quando il direttore della CIA entrò nel suo ufficio, il dossier di Monica Squire era sulla scrivania.
Lo lesse attentamente, quindi trasse un sospiro e scarabocchiò qualcosa sul primo foglio. Poi telefonò personalmente a Stephen Ford. Mezz’ora più tardi, l’anziano presidente della commissione disciplinare si presentò a rapporto.
Il direttore gli mostrò quello che aveva scritto.
Ford non nascose lo stupore.
N.P. Non procedere, seguito dalla firma del capo.
“Perché?”, domandò Ford, sorpreso e sconcertato.
“Da quanti anni ci conosciamo, Stephen?”
Ford sorrise un po’ mestamente. “Da molti, troppi forse, signor direttore.”
L’altro annuì. “E in tutti questi anni ho sempre potuto constatare – e ammirare – la sua riservatezza. Non vorrà deludermi certo ora?”
“No, signor direttore.”
“Bene. Proprio a causa del suo passato e dei suoi meriti, le devo una spiegazione.”
Ford si protese verso di lui, le braccia incrociate sul petto.
“Vede, Stephen”, disse il direttore, “sappiamo entrambi che la ragione di Stato deve prevalere sempre e comunque su tutto.”
“Naturalmente, signore.”
“Mi ascolti con attenzione. Monica Squire è una donna graziosa e affascinante, oltre che un valido agente, e, benché si sia dimostrata vile, non nego che mi dispiacerebbe qualora venisse condannata a morte o all’ergastolo; ma non è questo il punto. Se Monica Squire dovesse comparire in un tribunale, le verrebbero poste determinate domande alle quali lei risponderebbe sinceramente. Ciò che è stato fatto in questi ultimi giorni”, proseguì il direttore della CIA come parlando a se stesso, “non la deve riguardare, Stephen. Sono state prese decisioni drastiche, in base alle necessità. Ma Monica Squire non deve parlare, in nessun caso!”
“Non capisco, signore.”, replicò Stephen Ford.
“Adesso capirà.”
Il direttore si alzò e si affacciò alla finestra. Poi si girò verso Ford.
“La donna… non era una terrorista. Apparteneva al KGB, Stephen.”
Ford sbatté le palpebre.
“E con lei c’era un uomo, un’icona. Il suo nome in codice è Matrioska. Eravamo convinti di averlo eliminato in Afghanistan. Purtroppo ci sbagliavamo. Ora, quante volte abbiamo biasimato gli inglesi per il loro errato concetto di libertà individuale che li porta a trascurare le misure di sicurezza? Si immagina le loro risate nell’apprendere che un uomo del KGB è entrato indisturbato negli Stati Uniti e ha ucciso con tutto comodo due nostri agenti? E la stampa mondiale? Ci andrebbe a nozze. Immagina le critiche, gli editoriali pieni di compiacimento? No, Stephen, sarebbe un colpo terribile per la nostra immagine; e le conseguenze sarebbero molto gravi. Per questo Squire non deve parlare. Potremmo sopprimerla, certo, ma ritengo che sia più semplice e conveniente scagionarla, e chiudere qui l’intera faccenda.”
Ford lo fissò. “D’accordo, signore. E questo Matrioska?”
“Lo prenderemo.”
Il direttore della CIA sorrise cupamente.
“Yarbes lo prenderà.”
E Yarbes scopre che il fantomatico Julien Delpech in realtà è Matrioska. Si mette in contatto con lo SDECE, l’Agenzia di controspionaggio francese. Hanault, il capo, gli comunica che Julien Delpech si trova ora in vacanza all’hotel Martinez di Cannes, però lo ammonisce.
Hanault fu esplicito. Delpech era un cittadino francese e, sebbene fosse sospettato di avere dei legami con il KGB, risultava incensurato e alle spalle aveva un passato degno di rispetto: aveva combattuto per il generale de Gaulle! In ogni caso, qualsiasi fosse il motivo della richiesta di Yarbes, la CIA era pregata di non interferire. Gli aveva trasmesso quell’informazione soltanto per un gesto di cortesia.
Yarbes ribatté che con ogni probabilità Delpech era morto. L’uomo che ora si spacciava per lui era quasi certamente un agente sovietico.
Hanault accolse quelle parole con scetticismo. Prima di riattaccare, ribadì che non avrebbe tollerato intromissioni. “Maledetti cow-boy!”, esclamò quando depose il ricevitore sulla forcella.
Poi Hanault convoca due uomini del famigerato Servizio d’azione francese. Se Yarbes andrà a Cannes, loro dovranno sorvegliarlo.
PARTE QUARTA: CANNES
L’attraente e statuaria Elke Shurer informa Matrioska che egli è stato promosso tenente generale. Davanti al suo stupore, gli dice: “Mi avevano avvisata che questa sarebbe stata una sorpresa per lei. Un cadeau da Mosca. E non ci sarà nessuna nuova missione, Aleksandr Sergeivic. Dopo un meritato periodo di riposo, prenderà il posto di Dmitriy.”
Già in passato, Matrioska aveva evitato di entrare a far parte dei quadri dirigenziali, ma questa volta Putin non avrebbe accettato rifiuti.
Mentre i due iniziano a flirtare, Yarbes (che è stato accompagnato in segreto da Monica), si reca da un armaiolo di Cannes. Gli serve un’arma perfetta. I suoi ordini sono chiari: deve uccidere il killer sovietico.
Il francese fissò Yarbes. “Quattro giorni?” Scosse vigorosamente la testa. “Ce n’est pas possible!”
“E’ il limite massimo.”, dichiarò con calma l’americano. “E sono disposto a pagare il doppio del prezzo di mercato.”
Una luce avida comparve per un attimo negli occhi dell’altro. “Beh, questo cambia le cose. Mi segua.”
Lo guidò in un’altra stanza, una specie di laboratorio. Si trovavano in una vecchia casa dall’aspetto rispettabile, nei pressi di una serie di campi di bocce, frequentati soprattutto da anziani. L’unica finestra del locale dava su un piccolo giardino interno, che nei mesi più caldi sarebbe stato sicuramente rigoglioso.
Il francese versò due Pastis e porse un bicchiere a Yarbes.
“I requisiti?”, domandò.
Yarbes fu conciso. “Estrema precisione. Cento metri, come minimo, di portata di tiro. Mirino laser. Munizioni del tipo a punta cava. Dev’essere un’arma leggera, assolutamente maneggevole. E non ingombrante, dato che la userò in pieno giorno e dovrò sistemarla da qualche parte.”
“E’ sempre possibile assemblarla sul luogo.”, osservò il francese. “Lei è pratico?”
Yarbes annuì.
“Bersaglio fisso o in movimento?”
Yarbes rifletté per qualche secondo, ponderando la questione. “Fisso”.
“Bien. Il cinquanta per cento come anticipo, il saldo alla consegna.”
“Naturalmente.”, disse Yarbes.
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L’inizio di “Matrioska” è stato pubblicato sul Corriere della Sera come miglior incipit di un romanzo inedito.
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