Quando arrivò la visione, Aidan, seduto su una panchina, stava contemplando il lago. Mangiucchiava un cheesburger acquistato nel malconcio McDonalds di Lecco, posto alle sue spalle, sull’altro lato della strada diretta a Colico.
La visione giunse all’improvviso, come un lampo in una notte estiva.
Arrivò, subentrando all’immagine dell’acqua increspata dalla breva.
Era come se un film dell’orrore avesse sostituito su uno schermo una bella pellicola dedicata alla natura. Il sole era tramontato, ma c’era ancora abbastanza luce per distinguere la riva opposta, dove cadeva una lieve pioggerella che diventava più intensa lontano dal molo, al largo. Dal suo punto di osservazione Aidan poteva scorgere una barca a vela, una “stella”, che bordeggiando si dirigeva da Malgrate – il paese situato di fronte a lui – verso Mandello; sullo scafo c’erano due giovani, protetti da tele cerate di un giallo acceso.
La visione cancellò tutto, ogni cosa, lasciando l’immagine di una donna.
Aidan trasalì.
Ciò che vide era chiaro.
Era il viso di Giulia.
Giaceva supina con gli occhi spalancati, però privi di qualsiasi espressione. Questo ci poteva anche stare, pensò Aidan; tuttavia molti altri particolari indicavano senza possibilità di errore che era morta. Non ultimo fra questi, l’uomo che usciva in modo furtivo dalla stanza, tenendo una siringa in mano.
Con un disperato sforzo di volontà scacciò da sé quella tremenda immagine. Rimase immobile sulla panchina, mentre la sua mente correva. I pensieri si trasformarono in un turbine di emozioni. Dapprima venne il dolore: forte, brutale, devastante. La logica diceva che Giulia era ormai un’anima persa; in ogni caso era comunque un’anima, e lui l’aveva amata, e l’amava, sebbene non ci fossero speranze di guarigione. Poi, la consapevolezza che questa era opera di Flagg. Esattamente come la visione, e ciò significava che mentre l’Uomo Nero aveva accresciuto i propri poteri, Aidan li aveva mantenuti al livello di prima, senza un’evoluzione. I loro piani erano avvolti in una coltre di mistero e non sempre riusciva a capirli. Lo avevano punito a causa di Giulia? Ma allora perché quel giorno lo avevano mandato a salvarla o quantomeno a tentare di farlo?
Una riflessione ne portava a un’altra, alcune vaghe e confuse, altre nitide come una giornata di sole. La sua mente spaziò, tornando indietro nel tempo, fino a un lontano passato.
Il guardiano del cielo…
IL GUARDIANO DEL CIELO 1
Il ragazzo concluse la discesa con una derapata, quindi lanciò un’occhiata al tabellone. Primo! “Bravo, Flavio.”, si congratulò con lui Paolo Rotondo. Paolo era il miglior amico di Flavio Toffol. Tutto intorno, la neve scintillava al sole. Si sentirono degli applausi, una ragazza stava strillando entusiasta, le guance rosse per l’eccitazione. Toffol si tolse i vecchi Spalding – erano appartenuti a suo padre – e sorrise all’amico. “Bravo anche tu.”, disse. “Ti sei piazzato terzo.” L’altro scosse il capo. “A parità di sci, nessuno potrebbe competere con te.”
“Beviamo una cioccolata.”
I due si diressero verso il bar. Presero posto a un tavolino d’angolo e ordinarono cioccolata con panna e pasticcini. Mentre la cameriera li serviva, nel locale entrò un uomo. Era alto, con folti capelli ricci striati di bianco; si sedette vicino a una finestra e sembrò ignorare i due giovani. Chiese una birra e la bevve a piccoli sorsi. Dopo qualche minuto ci fu la premiazione, poi Flavio salutò Paolo dandogli appuntamento per l’indomani presso la pista di pattinaggio. Mezz’ora più tardi raggiungeva la pensione dei genitori. Era situata alla periferia di Cortina: una costruzione del tipo austriaco, piccola e graziosa; vantava un’ottima cucina. Le camere, disposte su due piani, erano poche, non particolarmente spaziose ma linde e provviste di una bella vista sulle montagne. La mamma cucinava, il padre teneva i conti e si occupava degli acquisti. Inoltre, controllava che le cameriere non trascurassero i clienti.
Flavio si cambiò e andò ad aiutare in sala. Era quasi ora di cena. Il tempo stava cambiando. Grossi nuvoloni scuri anticipavano il tramonto, un vento freddo calava dai monti. Flavio uscì per dare da mangiare al cane, un vecchio lupo spelacchiato che lui, quando era ancora bambino, aveva trovato in un campo, solo e affamato. Si accertò che le finestre fossero ben chiuse – il vento aumentava sempre più – e fece per rientrare. Dalla cucina proveniva un buon profumo di cibo: aveva l’acquolina in bocca, anche se avrebbe dovuto aspettare che l’ultimo dei clienti finisse di mangiare prima di potersi accomodare in cucina per cenare a sua volta. Sapeva che la mamma aveva preparato una delle sue specialità, la gulasch süppe, e questo gli bastava. Era a un passo dalla porta che dava sul retro, la mano già sulla maniglia, quando si sentì toccare una spalla. Una cosa che non sopportava.
Si voltò.
Era un fisionomista nato, riconobbe il tipo che aveva preso una birra al bar. Nonostante il fastidio dovuto al contatto fisico, lo salutò educatamente. “Buona sera.”
“Buona sera.”, replicò lo sconosciuto. Due sole parole, sufficienti però per rivelare una voce dura, autoritaria, abituata, pensò Flavio, a comandare.
“Anche a obbedire, se è del caso.” Era come se gli avesse letto dentro. Flavio era sbigottito. Lo fissò, incapace di parlare. Se l’uomo aveva notato il suo stupore, non lo diede comunque a vedere. Alzò gli occhi al cielo scuro. “Non è bene affrontare determinati argomenti con il buio.”
“Quali argomenti, signore?”
La risposta pervenne mediante un gesto vago. “Avete una camera libera?”, chiese invece.
“Credo di sì.”
“Mi hanno detto che qui si mangia bene.”
Flavio annuì.
“Allora mi concederò una buona cena. Fammi strada, per favore.”
In attesa di gustare l’appetitosa gulasch süppe, il giovane sbarazzò i tavoli, sbirciando di tanto in tanto lo strano individuo. Si domandava continuamente come avesse fatto a leggere i suoi pensieri. Poiché quella sera non si parlarono più, dovette rimandare la curiosità all’indomani.
Il sole sorse illuminando la ridente conca. Era piena stagione, Cortina era invasa dai turisti, italiani, francesi, austriaci, tedeschi. Flavio stava spalando la neve davanti all’ingresso della pensione, quando l’uomo si fece vivo, scivolandogli alle spalle senza fare il minimo rumore. Durante la notte si era formato del ghiaccio, perciò in teoria si sarebbero dovuti udire i suoi passi, ma si muoveva silenzioso come un gatto. Indossava dei pantaloni di velluto a coste, un pesante maglione di lana e in testa portava un cappello simile a quello che metteva il papà di Flavio. “Mi chiamo 3C”, dichiarò.
Flavio lo osservò, sconcertato. Che fosse un pazzo? Eppure non dava l’aria di esserlo.
“Per l’esattezza CCC, ma 3C è più pratico. “Vieni che ti offro un caffè.”
Dieci minuti dopo erano seduti all’unico tavolo libero del bar dell’hotel Posta, uno degli alberghi più rinomati di Cortina d’Ampezzo. C’erano molte belle donne vestite elegantemente, le pellicce si sprecavano. 3C le ignorò. Flavio prese una cioccolata. Una ragazza sui diciotto anni gli rivolse un sorriso civettuolo. Era un giovane attraente e suscitava l’interesse di villeggianti e valligiane; qualcuna si spingeva oltre, immaginando le sue mani sui propri seni.
3C si protese verso di lui. “Ieri sera (a proposito: si mangia veramente bene da voi) ho accennato ad argomenti che è preferibile evitare nelle ore di oscurità; adesso c’è il sole, dunque possiamo parlarne.”
Flavio fece un cenno di assenso, intrigato e perplesso allo stesso tempo.
Quali argomenti?
3C sorseggiò il caffè. “Hai letto Il Signore degli Anelli?”
“Sì. L’ho letto. Molto bello.”
“Benissimo. Naturalmente è un’opera di fantasia, ciò nonostante riflette una certa realtà. Come uno specchio. Vedi, non tutti gli specchi sono uguali: la maggior parte di essi si limita a mostrare quello che tutti riuscirebbero a vedere, semplicemente girandosi. Alcuni, però, una esigua minoranza, vanno oltre… indicano fatti e circostanze che sono al di fuori della comprensione umana, dato che l’uomo di oggi è privo di una visione spirituale del mondo.”
Era un discorso complicato. Flavio era tutto fuorché uno stupido, aveva completato gli studi al liceo scientifico ottenendo voti brillanti, addirittura eccellenti in fisica e filosofia, e si era preso un anno libero in attesa di iscriversi all’università, anno che trascorreva aiutando i suoi (non un vero e proprio anno sabbatico, quindi); leggeva e si interessava di politica, non era superficiale come molti suoi coetanei: ma gli sfuggiva il senso delle parole di 3C. Rimase in silenzio.
“La gente”, riprese questi, “si è scordata della magia. Peggio ancora: la considera uno sciocco passatempo per bambini, però le cose non stanno così. Sai perché mi chiamo CCC?”
Ovviamente la risposta era negativa.
“E’ un acronimo.
C Colui
C Che
C Cerca.”
“E lei cosa o chi sta cercando?”
L’uomo sorrise.
“Forse:
A Ascoltare
I Intervenire
D Difendere
A Aiutare
N Notare.”
“E?” Flavio non capiva.
“Potresti essere tu.”
“Io?” Flavio sgranò gli occhi.
“Sei stato notato dai miei superiori, ciò che rientrerà nei tuoi compiti se accetterai di unirti a noi. Solo che tu dovrai notare persone bisognose d’aiuto. Prima ho citato il libro di Tolkien. Come nel Signore degli Anelli, pure qui, nel mondo reale, il Male risorge sempre dopo una sconfitta; possono passare dieci, venti o cinquant’anni – un’inezia nel disegno dell’universo – comunque, alla fine, Esso si trasforma, assume nuove vesti e torna. E ora è tornato.”
“Una replica di Sauron?”
3C fece “no” con il dito.
“Tanti Sauron. E noi cerchiamo un Gandalf. Se questo non fosse possibile, almeno un Sam.”
Erano personaggi del Signore degli Anelli.
Flavio Toffol meditò su tali parole.
Pura follia!, dedusse.
Berisha si scostò di qualche passo. In apparenza il discorso della vecchia era ridicolo, ma non ignorava che contenesse anche del vero. L’Uomo Nero non era ridicolo! Non comprendeva il motivo per cui la megera svizzera era venuta a cercarlo, né perché si fosse confidata con lui, quasi si trovasse davanti a un prete. Forse era un trucco. Le rivolse uno sguardo sospettoso. La tentazione di scacciarla era forte. Controvoglia, le domandò: “Lei è qui di sua iniziativa o a causa di un altro ordine del suo padrone?”
La donna scosse la testa, portando alla luce un sorriso triste. “Basta ordini!”, esclamò. “Basta con il maestro dei burattini.”
A Berisha venne in mente Master of Puppets, una canzone dei Metallica. Basato principalmente sugli assoli di Kirk Hammett, il gruppo aveva riscosso un enorme successo con un trash-metal veloce e aggressivo, poi era passato al rock e alle ballate. A Berisha non dispiacevano, benché il loro non fosse il suo genere preferito. Comunque, sempre meglio della musica di oggi. Il rap italiano!
Accantonò le considerazioni sui Metallica, tornando alle questioni concrete. Doveva credere alla vecchia? Ammesso e non concesso che fosse sincera, cosa l’aveva spinta a cercarlo? Cosa voleva da lui?
“Se sono qui”, proseguì la donna, “è per una ragione precisa. Un conto sono i peccatucci, altro assecondare quel demonio. Se sono stata costretta a farlo, ciò non significa che questo mi sia piaciuto.”
Berisha si sentiva indeciso. Prestarle fede? Forse, si disse, però era necessario qualcosa di più convincente. A parole sono tutti bravi, ma poi devono seguire i fatti. E questi “peccatucci”, di cui aveva già accennato, sostenendo che aveva ottenuto il perdono di Dio, di che genere erano? Aveva rubato, accusato qualcuno ingiustamente, praticato il male sotto diverse forme? Non gli importava granché, in effetti; le domande più importanti riguardavano lui e la presenza inattesa della vecchia. Cercò di cogliere qualche segno di falsità dall’espressione del suo viso, ma non c’era luce a sufficienza per un esame attento.
Il tempo era cambiato, stava arrivando un temporale estivo, nel cielo balenavano i primi lampi, la pioggia era imminente. “Senta, adesso devo andare.”, disse Berisha, corrugando la fronte.
“Soltanto un attimo! Io vorrei aiutarla.”
Ci fu un silenzio. Berisha cambiò piede d’appoggio. Alla fine stabilì che non mentiva. Più che alla razionalità, si affidò all’istinto; in genere non lo tradiva. Aveva già degli alleati – il misterioso Aidan, Paola, il piccolo Vale – aggiungere alla lista la “strega” tutto sommato sarebbe potuto essere d’aiuto. D’altro canto, non vedeva rischi eccessivi in questo. Nondimeno, conservava ancora qualche dubbio.
“Perché si è rivolta a me? E come fa a conoscermi?”, chiese in tono brusco.
“Ho sentito parlare di lei in occasione del mio incontro con Lui.”
“Ah. E cosa ha sentito?” Berisha era incuriosito.
La donna distolse lo sguardo.
“Che la distruggerà.”
Un altro bel cliffhanger, non deve far piacere sentirsi dire per certo che qualcuno di molto potente voglia distruggerti! 🙂
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@ JULIAN VLAD non fa per niente piacere, amico mio!
Grazie mille 🙂
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Che fantasia hai piazzato in questo pezzo? Bello in contenuto e anche nella struttura, mi ha divertita! Ciao, buona domenica. E’ emersa la tua passione per Tolkien eh… vedremo cosa ti inventi per la prossima!😉⚘
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@ LADY NADIA sono proprio felice che tu ti sia divertita 🙂
Già… la mia passione per Tolkien!
Cosa mi inventerò? Spero qualcosa di buono 😀
Buona domenica a te, chou, e baci ❤
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Hai fatto bene a mettere il riepilogo prima di riprendere il romanzo, dopo una pausa è facile perdere il filo delle diverse “tracce”.
Ma quindi Flavio è Aidan, o meglio lo diventerà? 🙂
Sono giusto nelle vicinanze Cortina in questo momento (insomma… non proprio vicino, ma la zona è quella), se ti serve qualche informazione ci faccio un salto eh! 😀
http://www.wolfghost.com
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@ WOLFGHOST lo ritenevo doveroso: pausa di agosto, molti capitoli e personaggi, etc.
Sì: Flavio diventerà Aidan, questo è sicuro.
Quindi sei ancora in vacanza? Bei luoghi, vero?
Allora divertiti, lupo 🙂
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Ho fatto avanti e indietro tra Alto Adige e Liguria in realtà: a casa ho i cinque ragatti =^.^= e, anche se ci va una persona per pappe e lettiera, non mi andava di lasciarli da soli troppo a lungo. Cani e Lady Wolf invece sono rimasti qua (im kompakten und sauberen Südtirol 😀 ). Ma lunedì rientriamo tutti alla base. Il mio povero collo sta inizando a risentire di tutti ‘sti chilometri in auto 😉
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@ WOLFGHOST allora a breve ti riposerai 🙂
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Sempre più intrigante e non si sa come andrà a finire. Ma Flavio sarà una new entry oppure una meteora.
Asepttando domenica, un grande abbraccio
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@ NEWWHITEBEAR Flavio è Aidan, o meglio: lo diventerà.
Ti ringrazio e ti auguro una serena prosecuzione di domenica.
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Una succosa anticipazione. Ma Aidan è il reverse di Nadia 😀
Un caro abbraccio
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@ NEWWHITEBEAR sì, ma è anche:
A Ascoltare
I Intervenire
D Difendere
A Aiutare
N Notare
Un caro abbraccio.
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Dialoghi e tensione al punto giusto, una puntata di fascino letterario. Univers
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@ UNIVERS81 grazie di cuore!
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Bello da leggere di inizio mattina. Si profilano le strade dei Buoni, utili a fermare i cattivi. Bianco e Nero…eterna lotta.
felice giornata 🙂
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@ ILI6 esatto: bianco e nero. E la lotta sarà dura, durissima.
Lots of love, darling 🙂
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Sei davvero bravissima😍😱
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@ JACKCRITIC ti ringrazio moltissimo!
Benvenuto nel mio blog 🙂
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