Per i londinesi la loro città è la più bella del mondo in qualsiasi stagione dell’anno. Kris Howe non condivideva tale opinione, soprattutto in un freddo giorno di gennaio, e riteneva che Washington fosse decisamente migliore sotto ogni aspetto.
Ma il suo malumore non nasceva dalla pioggia monotona che fin dalla sera precedente non aveva smesso di cadere incessante, né dalla missione che le era stata assegnata e che avrebbe potuto farle guadagnare una promozione. D’altro canto, a Langley Kris era considerata una stella in ascesa e lei ambiva a riconoscimenti e “medaglie”.
Snella, di una bellezza che non emergeva di primo acchito, intelligente, colta, raffinata e affascinante, aveva due soli difetti: era un’inguaribile individualista – il che non piaceva ai suoi capi, che amavano il lavoro d’equipe – ed era lunatica, con un fondo di pigrizia che irritava i colleghi.
Per il resto, era perfetta: sapeva sparare meglio di un uomo, possedeva un grande intuito, era psicologa e razionale. Benché fosse di corporatura esile, e non particolarmente alta, negli ultimi dodici mesi aveva perso un solo incontro di lotta, e non perché la sua avversaria fosse più forte – come in effetti era – ma per il semplice motivo che quel giorno non aveva alcuna voglia di battersi.
Per le colleghe più giovani costituiva comunque un importante punto di riferimento – un modello da seguire -, e per i grandi capi un talento, cui perdonare quasi tutto malgrado i mal di testa che causava. La sua seguace più promettente si chiamava Monica Squire; Kris l’aveva portata con sé a Londra in qualità di assistente e Monica ora la stava aspettando al May Far Hotel, non avendo titoli per partecipare a quella riunione riservata. Più tardi, Howe si sarebbe confrontata con lei. Le intuizioni di Squire erano spesso rivelatrici.
Prima, però, si sarebbe concessa un lunghissimo bagno, magari mentre Monica le serviva un drink.
Ma era il momento di concentrarsi.
Kris trasse un profondo respiro.
Seduta in una stanza insonorizzata al terzo piano della Century House, la donna osservava indignata il tedesco che negli ultimi minuti aveva esposto le sue idee con arrogante sicurezza ai due funzionari inglesi, rispettivamente John Baker del MI5 (sicurezza interna e controspionaggio) e Martin Forbes del SIS, che molti chiamano anche MI6 (operazioni all’estero). Il suo malumore derivava dal fatto che detestava il tedesco e quello che egli rappresentava.
Nikolaus Barbie, ex Hauptsturmführer della Gestapo, noto come il boia di Lione, era riuscito a far perdere le sue traccia dopo la caduta di Berlino. Un anno dopo fu però riconosciuto e arrestato. Anziché essere impiccato, come sarebbe stato giusto e doveroso (era responsabile di 1.424 omicidi, in massima parte di ebrei ma anche di bambini), la CIA decise di arruolarlo.
In seguito, ci furono forti pressioni perché fosse processato e condannato, ma dai piani alti giunse un “no” secco. A Langley ritenevano che potesse rendersi estremamente utile… e poi i morti, ormai, erano morti.
La cosa non deve suscitare eccessivo stupore, se si considerano molti casi analoghi e se si tiene presente che le bombe che gli americani scaricarono sul Vietnam erano state realizzate con il contributo di scienziati tedeschi, fra i quali gli ideatori dello Zyklon B, utilizzato ad Auschwitz con particolare entusiasmo.
Adesso Barbie si faceva chiamare Klaus Altmann, disponeva di documenti perfetti e operava a Berlino, lautamente ricompensato dagli anglo-americani.
Il solo guardarlo dava a Kris un forte senso di nausea.
Se Altmann aveva notato quell’ostilità, gli risultava del tutto indifferente.
“Il problema”, concluse “nasce dall’arrivo di un tenente del KGB. In base alla mia esperienza, posso affermare che è l’agente più pericoloso con cui abbiamo avuto a che fare fino a oggi. Diventerà capitano, maggiore, colonnello… tutto quello che vorrà, perché è un fuoriclasse. Io conosco gli uomini.”
E anche i bambini, pensò acidamente Kris.
“Cosa propone?”, domandò Forbes.
“Semplice. Va eliminato. E al più presto: ha già fatto mettere sotto controllo tutti i conducenti della linea della metropolitana che passa a ovest e, a meno di un miracolo, il nostro uomo è spacciato. E farà di più. Va ucciso. Senza indugio. Naturalmente, c’è un prezzo da pagare.”
“Naturalmente.”, disse Baker con voce piatta. Anche lui disprezzava Altmann ma, come tutti, doveva obbedire agli ordini.” Raccolse le sue carte e si alzò. “Le faremo sapere. Ci servirebbe un curriculum di questo tenente.”
Klaus fece un sorriso gelido. “Ecco. Tre copie.” Le porse ai due inglesi e all’americana che la prese con la punta delle dita.
Altmann puntò l’indice sul fascicolo che Baker stava infilando nella borsa. “Lì c’è tutta la sua storia. Studiatelo.”
Nessuno degli altri tre gli rispose.
“Buona giornata, signori.” Altmann batté i tacchi e uscì dall’ufficio.
“Nazista di merda!”, esclamò Baker, quando la porta si chiuse alle sue spalle.
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