L’uomo obeso e tatuato scrutò la giovane bionda che si trovava di fronte. Era bella, esile, con gli occhi azzurri: il genere di donna che piaceva a lui. Con un sospiro le fece strada lungo un corridoio stretto e buio. Al di là di una massiccia porta, c’era il magazzino, fatiscente e ingombro di casse.
Catherine varcò la soglia del ristorante, pensando divertita a quanto stavano combinando nel frattempo le sue amiche. Avevano deciso di partecipare a un rodeo party. L’idea era stata di Meg – l’unica, a suo avviso, che forse sarebbe tornata a casa incolume. Vedeva già Heather e Patricia con le ossa rotte.
Naturalmente anche Catherine era stata invitata ma, benché fosse quella con le maggiori probabilità di successo, aveva giudicato la cosa poco dignitosa. Prese posto a un tavolo d’angolo, accanto a un’ampia vetrata che dava su un giardino interno, illuminato da una serie di faretti che gli conferivano un aspetto vagamente fiabesco. Studiò la lista e scelse costata, patatine fritte, gelato alla vaniglia e Diet Coke.
Il cibo era squisito e mangiò con appetito. Era stanca dopo una giornata di lavoro intenso, non aveva voglia di cucinare e, finito di cenare, sarebbe andata subito a dormire. Si augurava di non sognare Heather in lacrime.
Pagò il conto con la carta di credito. La cameriera che l’aveva servita, un’affascinante biondina, si allontanò di qualche passo, poi fece un gesto furtivo che a Catherine non sfuggì. Però, non le era chiaro il senso di quel movimento; nutriva un vago sospetto, ma non la certezza assoluta.
Incuriosita, la sera dopo tornò nello stesso locale. Aveva trascorso metà pomeriggio ad ascoltare rassegnata le vanterie di Meg e a guardarla cambiare continuamente posizione alla enorme coppa che aveva vinto. Quando, finalmente, si dichiarò soddisfatta, il sole era già tramontato da un’ora.
Il ristorante era pieno, all’infuori di un tavolino situato all’altra estremità della sala rispetto a dove aveva mangiato ventiquattro ore prima. E la cameriera era un’altra. Catherine sostenne di non avere fretta e di preferire il posto della sera precedente. “Per via del giardino.”, disse. Il maitre fece spallucce e le indicò il bar, suggerendole un aperitivo offerto dalla casa.
Infine, Catherine poté sedersi. Consumò ancora una cena eccellente e, al momento del conto, studiò con attenzione l’attraente cameriera bionda. Questa volta vide chiaramente ciò che faceva.
Tre giorni più tardi, sul tardo pomeriggio, si collegò con il pc al sito della banca e digitò il codice d’accesso. Fra gli ultimi movimenti registrati, figuravano regolarmente le spese relative alle due cene; meno regolari erano due prelievi di entità modesta, che in un estratto conto mensile o trimestrale sarebbero sfuggiti ai più, a causa di tutti i numeri complicati che sono prerogativa di tali rendiconti.
Un’ora dopo entrava di nuovo nel ristorante. Il “suo” tavolo era libero. Si affrettò a occuparlo e ancora una volta mangiò con grande gusto. Saldò il conto, sempre con la carta di credito, ed ebbe la prova inequivocabile di quello che faceva la truffatrice bionda. Aveva con sé una sofisticata macchinetta, dalle dimensioni molto ridotte che nascondeva in una tasca del grembiule, e mentre si dirigeva alla cassa clonava la sua American Express. Pochi dollari, della cui mancanza nessuno si sarebbe accorto. Ma, moltiplicati per dieci, per cento, per mille, quanto diventavano in un anno?
Catherine uscì e attese l’orario di chiusura nascosta in un portone.
Verso l’una di notte, la bionda, in minigonna e scarpe con i tacchi, salutò le colleghe e si incamminò in direzione opposta. Catherine la seguì lungo due isolati, poi la affiancò e la afferrò per un polso. L’altra, spaventata, cercò di liberarsi, ma la differenza di forza glielo impedì. “Cosa vuoi farmi?”, domandò alla donna che l’aveva aggredita e che, a causa del buio, non era ancora riuscita a riconoscere.
“Questa andrà benissimo per lei. E’ leggera, maneggevole e assai precisa.”, disse l’uomo obeso. “Ovviamente, il numero di serie è cancellato; ciò nonostante sarebbe bene che, portato a termine il lavoretto, lei se ne liberi nel più breve tempo possibile. In quanto al resto, io non l’ho mai vista e lei non ha mai visto me. E voglio soltanto contanti. Prima di concludere, controllerò i numeri di serie, lei mi capisce.”
La bionda annuì. “Quanto?”, chiese.
“Come ti chiami?”, le domandò Catherine. “Jill. Jill Appleton. Cosa vuoi farmi?”, ripeté. “Non ho danaro con me, soltanto pochi spiccioli.” Catherine la trascinò fino a un lampione. “Adesso mi riconosci? Non voglio derubarti, stai tranquilla. Più semplicemente, andremo insieme alla polizia.”
Jill la fissò impietrita. Poi scoppiò in lacrime. “Non sono una ladra!”, esclamò fra i singhiozzi.
“Io direi di sì, invece.”, obiettò in tono gelido Catherine. “E non sei una truffatrice occasionale… continuazione di reato… da quanti mesi ti appropri indebitamente dei soldi dei clienti? Coraggio, ti porto alla centrale.”
“Non voglio andare in prigione, ti prego!”
“Però, lo meriti.”
“Sì.”, ammise Jill. “Ma… ma… posso spiegarti.”
Alla luce del lampione Catherine notò che era mortalmente pallida. Provò un senso di pena. Sto invecchiando, si disse. “Sentiamo.”
“Non sono l’unica.”, affermò la bionda. “Non conosco le altre, però so che siamo almeno in venti; ciascuna opera in una zona diversa e lontana. Chi comanda l’organizzazione è una donna avida e spietata. Nicole Greene. Eravamo compagne al college, lei era di tre anni maggiore ma finse di desiderare la mia amicizia; poi io fui espulsa perché mi trovarono a letto con un’altra ragazza.
In seguito, Nicole mi rintracciò. Conosceva questa mia debolezza. Organizzò una specie di festa… ehm… molto intima. Mi fece bere, mi spinse a provare la coca. C’erano queste due cubane, una più bella dell’altra. Mi sedussero, passammo la notte a fare sesso e a tirare coca. Al mattino dopo, ero pentita. Ma Nicole aveva fotografato tutto. E da allora mi ricatta. Se i miei genitori vedessero quelle foto… mio padre è debole di cuore…non voglio pensarci!”
Catherine annuì. “Inoltre, se la denunciassi, finiresti in carcere anche tu. E, dolore dei genitori a parte, per una delatrice la prigione è l’inferno in Terra.”
“Non mi porterai dagli sbirri?”, le domandò ansiosamente Jill.
Catherine rifletté. Che Jill Appleton avesse sbagliato era fuori questione, ma quali alternative aveva? Se suo padre avesse visto le foto, avrebbe rischiato un infarto; e in seguito era entrata in un meccanismo perverso dal quale non era possibile uscire.
“No.”, disse infine. “Ho deciso di aiutarti.”
D’impulso, Jill la abbracciò, tuttavia poi si scostò. “Non puoi.”, ribatté con voce lugubre. “Nicole ti ha notata. A lei non sfugge nulla. Ti ha visto questa sera – di tanto in tanto viene a controllare – e non le sei piaciuta. Ha voluto sapere se era la prima volta che venivi a mangiare da noi. E, quando le ho risposto che ti avevo già servita due o tre volte, ha assunto un’aria pensierosa. Il maitre, per qualche ragione, le ha raccontato che avevi rifiutato un altro tavolo: lui fa parte della banda. Nicole è diventata fredda come un serpente. Grazie alla carta di credito, ti troverà. Rischieresti la vita, amica mia.”
“Amica? Mi chiamo Catherine. Credo che sia un po’ presto per considerarci amiche.”
Jill scosse la testa. “Per te, forse. Non per me. Tu sei la prima persona che mi ha teso una mano, sei la mia unica amica. Non voglio che ti succeda qualcosa di brutto.”
“Sono un’investigatrice privata e conosco il mio mestiere. Rilassati, Jill. Organizzerò una trappola perfetta. Fra un mese a partire da oggi, tutto sarà sistemato.”
Jill esitò, poi la baciò su una guancia. Catherine accolse quel bacio senza sottrarsi, sebbene provasse un lieve imbarazzo. Ma dentro di sé avvertì una profonda emozione. Avrebbe salvato quella sfortunata ragazza.
Mmmm, sto invecchiando, sussurrò alla notte, prima di spegnere la luce e di addormentarsi.
Nicole Greene l’avrebbe uccisa. Senza pietà. Nicole era più forte di Catherine, era più forte di tutti. Jill non poteva permetterlo. Aspettò che l’armaiolo controllasse il numero di serie dei dollari con cui lo aveva pagato, prese la pistola, fermò un taxi e indicò l’indirizzo di una casa lussuosa. All’ultimo piano, era ubicato lo sfarzoso attico di Nicole. Mentre suonava al citofono, si sentiva forte, di una forza che non credeva di possedere. Ti voglio bene, Catherine, pensò entrando nell’ascensore.
Fu un presentimento che indusse Catherine a recarsi nuovamente al ristorante. Sedette al consueto tavolo e aspettò che Jill venisse a raccogliere l’ordinazione. Si presentò una cameriera che non aveva mai visto. Catherine si alzò di scatto e uscì dal locale. Sapeva dove abitava Nicole Greene. Patricia aveva rintracciato il suo domicilio senza il minimo problema. Balzò in macchina e pigiò il piede sull’acceleratore, sfrecciando per le strade di Los Angeles. Aveva capito quello che la biondina aveva in animo di fare. Affrontò le curve ad andatura folle, effettuò un sorpasso sconsiderato che le valse una quantità di insulti, e infine arrestò l’automobile con un grande stridore di freni.
Jill entrò nell’abitazione. Le aveva aperto Roger, uno degli amanti occasionali di Nicole: una nullità.
“Cosa vuoi, Appleton? Perché non sei al lavoro?” La voce di Nicole Greene era fredda e imperiosa. Indossava un giubbotto di pelle. Evidentemente stava per uscire. Non nascose il fastidio che quella visita inaspettata le procurava. Era magra ma dall’aspetto atletico e muscoloso di chi dedica molte ore all’esercizio fisico.
“Sono venuta a regolare i nostri conti.” Jill si espresse in modo fermo; la voce non le tremava e neppure la mano, quando tirò fuori la pistola.
“Sei impazzita?”
“Oh, no. Non mi sono mai sentita meglio di adesso.”
Prese la mira e sparò.
Catherine suonò a vari citofoni, finché qualcuno, irritato, le sbraitò di non disturbare la gente a quell’ora. Pizza a domicilio? E che gli importava? Non era per lui. Un attimo dopo, tuttavia, l’investigatrice udì il clic e si catapultò verso l’ascensore. Era all’ultimo piano. Premette il pulsante e attese impaziente che scendesse.
Udì il suono dello sparo, che echeggiò nel silenzio della sera.
La pallottola sfiorò una spalla di Nicole, senza però colpirla.
Jill impugnò l’arma a due mani, come aveva visto fare in mille telefilm polizieschi, ma non riuscì a premere per la seconda volta il grilletto. Mentre Roger si ritraeva, terrorizzato, Nicole Greene le fu addosso. Le due donne lottarono per il possesso della pistola; poi, quando l’arma finì a terra, sfuggendo ad entrambe, continuarono a lottare, dapprima in piedi, quindi, in seguito a uno sgambetto di Nicole, sul morbido tappeto persiano che copriva il pavimento.
Jill si batteva con ferocia, allo spasimo, ma Nicole era più robusta. La immobilizzò, sedendosi a cavalcioni su di lei. La guardò trionfante e con calma disse: “Roger, vuoi essere così cortese da passarmi quello stupido arnese?”
Lui parve non comprendere. Nicole indicò con un dito la pistola.
Jill si dimenava disperatamente, ma il peso dell’altra la inchiodava al suolo.
Roger obbedì.
“Bene, piccola stupida. Credevi di vincere?”
Jill tentò ancora, invano, di liberarsi.
Fissandola negli occhi con una luce di eccitazione nello sguardo, Nicole cominciò a premere il grilletto.
Catherine scardinò la serratura facendo fuoco quattro volte. Irruppe nell’attico.
Osservò, sgomenta, la scena. Jill sotto, l’altra donna sopra. E la morte in agguato.
“Ferma!”, urlò.
Nicole sparò in bocca a Jill.
Un istante dopo, si alzò agilmente e prese di mira Catherine.
Si esercitava spesso al poligono ed era un’ottima tiratrice.
Risuonarono due spari.
Al funerale parteciparono pochissime persone. Alcuni anziani, che non avevano niente di meglio da fare, il pastore e quattro giovani donne.
Deposero una grande corona di fiori sulla tomba, sormontata da una semplice lapide che recava scritto: qui giace una splendida ragazza, strappata troppo presto dalla vita e da ciò che avrebbe meritato. Riposa in pace, amica Jill.
Mmmm, sto invecchiando, pensò Catherine, mentre frugava nella borsa per trovare un fazzolettino. Era la terza volta che formulava quel pensiero, e ne era consapevole.
In ogni caso, non avrebbe dimenticato facilmente Jill Appleton.
proseguono le storie della Ale’s Angels. Sempre intriganti, sempre ben costruite.
Anche questa volta non hai deluso i tuoi affezionati lettori.
Un caro abbraccio
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@ NEWWHITEBEAR le Ale’s Angels mi piacciono e mi appassiono scrivendo di loro. Grazie, amico mio!
Un grande abbraccio.
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Sempre avvincente come sai fare tu. Ma la frode di pochi spiccioli su carta di credito non convince molto come il salto dal college al ricatto. Lo so sto diventando un tuo lettore esigente. Con affetto. 🙂
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@ RODIXIDOR come è mia consuetudine, accetto sempre di buon grado le critiche costruttive. Vorrei solo aggiungere che, nella fattispecie, mi sono affidata a un caso simile che aveva fruttato dieci milioni di dollari.
Questo non toglie che prenderò atto di quello che hai scritto.
Mi piacciono i lettori esigenti 🙂
Con pari affetto*
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Ancora grazie. Buona giornata 🙂
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Che peccato 😦 Ma almeno Catherine ha avuto la meglio 😉
Avvincente, hai proprio azzeccato la formula vincente per questa serie che intermezza il romanzo 😉
http://www.wolfghost.com
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sempre trovo interesso profondo qui assieme con tantissima intriga e ansia
sei meravigliosa alessandra
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Altra parte del racconto, molto avvincente e molto particolareggiata, in modo da capire bene cosa sta succedendo!!
Ciao, serena notte, Pat
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@ WOLFGHOST un vero peccato, concordo.
Riguardo a questa serie, il lato positivo (e non oscuro) è che non necessita di essere seguita puntualmente, dato che ogni racconto è a sé stante. Perciò la si può leggere quando si vuole. E, comunque, devo dire che la scrivo con grande piacere.
Buona notte, lupissimo, e grazie!
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Infatti, è perfetta come idea. Chi capita qua di rado potrebbe scoraggiarsi nel trovare solo romanzi già con tante puntate alle spalle 😉
http://www.wolfghost.com
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@ WOLFGHOST è esattamente quello che penso anch’io, caro lupo.
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@ MAIRITOMBAKO mi fai arrossire, amica mia!
Ti abbraccio * ______________ *
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@ PATRIZIA MEZZOGORI ai fini di una buona storia, ritengo che i dettagli siano fondamentali. E non parlo di ciò che scrivo io, sia ben chiaro. Grazie, cara Pat, e sogni d’oro.
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Un racconto nel racconto. Trama appassionante e bella
“L’ unico neo”: la morte di Jill, che non meritava
Ancora complimenti, carissima
Abbraccione
Mistral
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Oh… cosa dirti? A me stà serie piace in modo particolare.
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P.s.: La butto li: e se provassi (tu, ovviamente) a scriverne uno in più puntate, in cui sfruttare al meglio la tua grande ed indiscutibile capacità di descrizione e di saper creare suspance?
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Concordo, con…New….! Un saluto dal vecchio Salvatore.
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Leggendo gli altri commenti mi sono trovato d’accordo con quanto sostiene “rodixidor”. Lo spunto mi sembrava un po’ debole, però se hai romanzato una notizia vera, allora non ho che da piegarmi al fatto che la realtà può superare la fantasia e che ha volte non é la banalità della storia, ma la debolezza dei personaggi ha renderla tale. Una volta di più ha dimostrato che la debolezza umana e ciò che le sta attorno può piegare e spingere ogni essere umano a compiere fatti che l’intelligenza rifugge.
Ottimo racconto.
ps: mi raccomando … tienli tutti raccolti e pensa a come trovare il mezzo di cucirli insieme. Ne verrà fuori un’altro bijou. Ne sono sicuro.
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Le Ale’s Angels.
Un nuovo episodio d’azione e riflessione.
Voi sapete come, mai, ci piegammo ai facili commenti e alle facili frasette.
Non crediamo proprio che voi, mia signora, abbiate bisogno di incenso.
Questo episodio sempre ottimamente strutturato come i precedenti, a nostro umilissimo parere, non mostrò lo smalto dei precedenti.
Lo trovammo un po’ monotono; un po’ sotto tono e un po’ già visto.
Sapete perché stiamo scrivendo tali, sofferte, considerazioni?
Semplicemente perché, e questo è tutta colpa vostra, ci avete abituati a ben altro.
Diciamo che (accettate il realistico confronto) se Alessandro Manzoni avesse scritto una soap opera in stile argentino avremmo scritto, al suo proprio indirizzo, le medesime parole.
Abbiate le nostre migliori cordialità.
(PS: se Voi foste stata Licia Troisi, non avremmo scritto in tal modo. Anzi, non avremmo scritto!)
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@ OMBREFLESSUOSE questa serie si intitola “Il Lato Oscuro”. Di conseguenza, non sempre ci sono i lieti fini.
Grazie, Mistral, e molti baci ^^
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@ BRUM anche a me piace… cinque ore per scrivere questo episodio…
Ragionerò sicuramente sulla tua idea. Ho sempre considerato un blog come un work in progress, aperto a ogni suggerimento (sensato).
Un sorriso*
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Ah… beh, se parliamo di suggerimenti “sensati”, mi ritiro in buon ordine. 🙂
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@ BRUM ma non sai quanto ti considero?!
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@ SALVATORE RIZZI prendo nota.
Ciao, “vecchio” Sar!
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@ CAPEHORN il “trucco” è semplice e astuto: io non me ne accorgerei mai, e come me credo moltissime altre persone. Il segreto sta proprio nelle cifre minime che vengono sottratte.
P.S. li cucirò, caro Cape, ok. Certo che se penso al “travolgente” successo riportato dal “Crepuscolo della Lubjanka” mi viene da pensare che ne trarrò un abito singolo 🙂
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@ LORD NINNI l’unico giudice – inappellabile – è sempre il lettore. Perciò, accetto senza riserve il vostro parere.
A dimostrazione di come il mondo sia vario (avariato, sosteneva il mio povero nonno), io considero il presente episodio come il migliore della serie (o il meno peggiore, a seconda dei giudizi).
Ma, ripeto, questa è “solo” la mia personalissima impressione. Quella che conta è la vostra.
Radiosità dall’Argentina * _______________ *
(Assai gradito fu il post scriptum).
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Mi hai commosso…Mmmm, sto invecchiando….. 😀
Bello! Più bello di tutti!
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@ MARI tu non invecchierai mai, MIA guerriera, perché supererò le correnti gravitazionali, lo spazio e la luce per non farti invecchiare 🙂
Grazie, carissima!
(Apprezzai molto la fantastica battuta di spirito).
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😉 il potere della MIA strega! Bacioni
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@ MARI una strega sui generis, dato che non è cattiva.
Ma certi poteri li ha!
Bacionissimi 🙂
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Anche questa storia è avvincente, dimostra la tua capacità creativa e la tua inconfutabile competenza linguistica…. e da quando ti conosco sei ancora più “bravissima”!
Hai vinto la tentazione di inserire scorci e descrizioni esplicitamente riguardanti attività sessuali, sostituendoli con apposizioni e aggettivi adeguati e molto eloquenti.
Brava, ti si legge benissimo, a tutte le età! 🙂
Abbraccio e …… *_________*
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sei senza dubbio una brava scrittrice ma nei blog non ho mai avuto la pazienza di leggere fino in fondo quei racconti piuttosto lunghi…(scusa la mia insofferenza)
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@ CLE REVERIES mi fa un grande piacere sapere che per te sono migliorata! Di sicuro, il mio impegno è sempre assoluto. Al di là dei risultati, buoni o cattivi che siano, cerco ogni volta di dare il meglio. Inoltre, sto diventando sempre più pudica 🙂
E tu l’hai notato!
Lots of love, Lady*
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🙂 …non mi sembra sia pudore. Direi piuttosto maturità linguistica. Equilibrio nell’uso di espedienti accessori che potrebbero distogliere l’attenzione di chi legge dal plot, e nei tuoi racconti è sempre eccezionale. Per lettori che hanno buona immaginazione e allenamento alla lettura, bastano poche parole e brevi frasi per coinvolgerli nelle passioni più disparate. Non mi sembra che tu abbia bisogno di approfondimenti osé per farti leggere.
Ripeto, per me è solo maturità!
Sleep tight my dear!
*______*
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@ CLE REVERIES e pensare che su Splinder venni contattata da un editore per scrivere un libro erotico, poi regolarmente pubblicato e direi anche ben venduto: più di cinquecento copie.
Ma in realtà io non amo l’erotismo e men che mai la pornografia.
Thank you ^^
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@ ANTONIO benvenuto nel mio blog. Ti capisco. Oltretutto questo post è particolarmente lungo – quasi duemila parole.
Però, ne ho scritti anche di più brevi ^^
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Eccome …
” nui chiniam la fronte al massimo fattor”…
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Bel racconto è scritto con dovizia di particolari, tanti granelli di sabbia fanno un deserto,ma questa volta non ho sentito vibrazioni…ma succede! Comunque il tuo impegno e la tua bravura si manifestano sempre! Buona giornata.
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Oddio, che peccato! Avrei voluto che l’altruista ragazza non morisse, ma chi decide le sorti sei tu carissima Ale. Comunque va benissimo, perché credo che se l’avessi salvata, sarebbe risultata una storia a lieto fine di quelle scontate per il lettore.
Bravissima come sempre.
un grande abbraccio
annamaria
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@ TIMONE ho sempre condiviso il vostro pensiero.
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@ LOREDANA non c’è due senza tre…
Un grande abbraccio e l’augurio di una buona serata!
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@ ANNAMARIA49 è stato proprio il ragionamento che ho fatto io, cara Isabel. Inoltre, non per nulla questa serie si chiama “Il Lato Oscuro”.
Grazie e bacioni*
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Un vero saluto d’amicizia!….Sar….!
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Prendere spunti dalla vita reale e’ una tua capacità , anche a me hanno prelevato per due volte una piccola somma, che sia stata Jill? Bella storia scritta molto bene in cui si sente tutto l’impegno che ci metti…e io mi sono emozionata, anche qui esce la solidarietà femminile , l’aiuto che si può dare ad altre donne guadagnando solo autostima. Grazie….ora aspetto il buio per vedere le stelle cadenti!!! Un abbraccio.
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@ SALVATORE RIZZI ricambio di cuore, “vecchio” Sar.
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@ TOSCA forse sì, era Jill 🙂
Scherzi a parte, la vita reale offre mille spunti. Non a caso esiste una famosa frase di Shakespeare.
Sono davvero lieta che tu ti sia emozionata e concordo sull’importanza della solidarietà femminile. Grazie a te, my friend ^^
Spero che le stelle ci regalino qualcosa di bello * ______________ *
Abbraccio!
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No, dico, qua manca una puntata.
E’ domenica e stiamo aspettando tutti!
Bah!
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@ SOLLECITAZIONAMENTO eccomi 🙂
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Gli intrighi narrativi che più mi piacciono… brava, hai confermato le tue grandi doti. Un saluto e a presto. Univers
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@ UNIVERS81 grazie, carissimo amico!
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