Questo racconto non è nuovo e non gli ho apportato alcuna modifica. Così fu scritto e postato cinque anni fa, ma cinque anni su WP sono un periodo di tempo paragonabile alla distanza tra la Terra e la Luna, quindi per molti sarà una novità. L’ho ritrovato casualmente nella “classifica articoli e pagine” e dopo averlo riletto ho deciso di riproporlo. Il perché è presto detto: al di là del fatto che mi sia piaciuto – tanto o poco non fa differenza – ricordo ancora benissimo che quando lo scrissi avevo chiara in mente una persona. Adesso quella persona ne è uscita alla grande e con gioia glielo dedico.
Vai che il mondo è tuo!
La neve scendeva, ammantando il grande parco di bianco. Era una notte fredda. Spirava il vento di settentrione, che trascinava i fiocchi ricoprendo gli alberi dai grandi fusti, le panchine consumate dal tempo, il prato che, con il suo verde brillante, d’estate rappresentava la meraviglia di quel luogo. A tratti la luna faceva capolino; ma le stelle brillavano lontane, di una luce spettrale, simili a gioielli gelidi e irraggiungibili. Un cane si aggirava infreddolito, in cerca di un riparo che peraltro non esisteva.
Era la notte di Natale, ma questo non importava assolutamente a Katia. La giovane si era addentrata nel bosco, situato oltre al parco, protetta dai vestiti pesanti e dagli stivali felpati. Non aveva freddo, né fame, sebbene avesse saltato la cena. Non era la prima volta che succedeva; negli ultimi mesi non aveva mai voglia di mangiare, e neppure di scrivere. C’era stato un tempo in cui il suo vasto talento era emerso prepotentemente: aveva incominciato a pubblicare un romanzo fantasy su WordPress, riscuotendo un immediato successo. Fin da bambina possedeva il dono della scrittura. Quando pigiava i tasti del pc non aveva bisogno di pensare: le parole uscivano da sole, trasformandosi in frasi, e le frasi diventavano un racconto. Lo stile era superbo, e la storia da lei narrata avvincente. Fu fatale che un editore la contattasse. Il libro sarebbe diventato un best seller, l’aveva incoraggiata, e la sua originalità, quella di unire una vicenda magica all’introspezione dei personaggi, avrebbe rappresentato la chiave della sua affermazione letteraria.
Katia firmò il contratto.
Ma poi… smise di scrivere.
Era un’ottima giocatrice di tennis, ma rinunciò al campionato societario che avrebbe agevolmente vinto. Aveva la media del ventisette, tuttavia non si presentò più agli esami universitari. Frequentava senza particolare entusiasmo un giovane che si chiamava Dario; però lo lasciò comunicandogli freddamente la sua decisione in un grigio pomeriggio di ottobre.
Dato che non riceveva nuovo materiale, l’editore la sollecitò. Katia ignorò le sue missive.
Ma tutto questo era successo prima, in un tempo che ormai le sembrava remoto, benché fosse trascorso soltanto un mese da quando il contratto di edizione era stato rescisso.
Katia si addentrò nel folto del bosco. Era agile e procedeva spedita, malgrado lo spesso strato di neve che si accumulava con il passare dei minuti.
Non si era interrogata sui motivi del suo comportamento, poiché non era necessario. Conosceva già la risposta, e le andava bene così.
Raggiunse uno spiazzo circolare e si sedette per terra. Fu raggiunta da un senso di pace. Tutto era silenzioso; il vento era cessato, ma la neve continuava a scendere. I fiocchi si depositavano uno sull’altro, creando uno scenario di incomparabile suggestione. Era bello il bosco di notte; era bella la neve che, quasi danzando, la accarezzava.
Da bambina aveva costruito uno splendido pupazzo, e per qualche ragione pensava che quello fosse stato l’atto più importante della sua vita. Un culmine mai più raggiunto, né tanto meno superato. Distolse lo sguardo dal passato per rivolgerlo al presente.
Il futuro non esisteva.
Quel senso di tranquillità interiore, di serena accettazione di se stessa, riusciva perfino a non farla pensare a lei. L’aveva conosciuta in un bar. Non era stato Dario a parlargliene, ma un certo Francesco, un giovane spavaldo e attraente che la sapeva lunga. All’inizio non le piacque. Tuttavia, dopo la seconda volta, capì che lei era più importante del libro, degli studi, del tennis. Non avrebbe mai conosciuto un ragazzo così affascinante; nessuno sarebbe riuscito a coinvolgerla in un modo tanto intenso. Lei era decisamente al di sopra di tutte le persone che aveva frequentato, uomini o donne che fossero. Certo, costava molto. Non si concedeva gratuitamente. Ma Katia sarebbe stata disposta a pagare qualsiasi cifra pur di averla sempre con sé. Era una nuova vita, estremamente eccitante. Niente a che vedere con la sua passata esistenza. Era il coinvolgimento totale, assoluto. L’amore?
Sì, era l’amore. Katia viveva per lei, malgrado a volte l’attesa fosse insopportabile. Ma quando, finalmente, poteva entrare nella calda e accogliente stanza da bagno della sua casa e, dopo essersi chiusa dentro a chiave, osservare quella meravigliosa striscia bianca, raggiungeva l’unica estasi che avesse mai sperimentato.
Seduta nella neve, alzò gli occhi al cielo. Le parve di sentire il rumore di un aereo che volava molto in alto. Forse ne scorse anche le luci, sebbene non ne fosse certa.
Portami lontano, pensò.
Portami in un nuovo mondo.
Fu colta da una profonda irritazione: quei pensieri non le appartenevano; si erano presentati all’improvviso, contro il suo volere.
A lei andava bene così.
Ma essi tornarono, avvolgendola in una spirale.
Portami al mare. Voglio camminare scalza sulla sabbia, entrare nell’acqua limpida, avvertire il calore del sole sulla pelle. Voglio addentrarmi fra le onde, nuotare, spingermi al largo fino alla barriera corallina. Giocare con i delfini. Guardare un cielo diverso, e provare emozioni più sincere.
Portami lontano, in terre calde e sconosciute.
Ora nevicava più forte. Katia rinunciò a lottare. Lasciò che il nuovo flusso di pensieri entrasse in lei.
Portami lontano.
Regalami solo un minuto di serenità.
Si accoccolò per terra e chiuse gli occhi. Non aveva freddo; piuttosto avvertiva come una sensazione di torpore. La sua mente vagava, e lei ignorava se ciò che vedeva esisteva veramente, oppure se si trattava soltanto di un sogno.
Portami lontano.
Tanto lontano.
Poi, con gli occhi delle fate, rivide se stessa bambina.
Stava costruendo un magnifico pupazzo di neve.
Per la prima volta dopo molto tempo Katia sorrise.
Al resto avrebbe provveduto il freddo, trasformando le sue lacrime in cristalli.
Bellissimo Alessandra, un abbraccio cara, mi sei mancata, bacioni ❤
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@ LAURA che bello rivederti, tesoro!
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Grazie dolce amica, ❤
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Un racconto dolce e intriso di malinconia come la fine triste, anche se per lei è stata inebriante.
Un caro abbraccio
O.T. parli di lei al corsivo e poi scrivi “Non avrebbe mai conosciuto un ragazzo così affascinante” un refuso oppure il lei si riferisce al ragazzo?
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@ NEWWHITEBEAR a me sembra semplice: non essendo lesbica, a Katia ovviamente piacciono i ragazzi, ma tra i ragazzi e la cocaina sceglie quest’ultima.
Un grande abbraccio.
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ho capito a chi si riferiva quel lei anomalo
Un grande abbraccio
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@ NEWWHITEBEAR bene. Un grande abbraccio a te.
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💔
sherabbraccicari
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@ SHERAZADE bisous 🙂
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Katia è bella e delicata come la neve. Il pupazzo è un simbolo dell’impegnarsi nel costruire qualcosa che sappiamo non durerà nel tempo. Anche la vita di Katia è un pupazzo di neve.
Un racconto delicato che hai scritto tempo fa, che io ho letto adesso, e che trovo magico e nel quale rivedo qualche mio atteggiamento, come per esempio l’incostanza che mi caratterizzava da giovane, ma che ora è solo un ricordo. Sempre bello leggere i tuoi pezzi xhe toccano le corde dell’anima e che le fanno vibrare restituendoci mille sensazioni e ricordi. Sono racconti che hanno il potere di evocare in ciascuno di noi qualcosa, una lieve magia li rende universali. Non esagero. Adoro come scrivi questi pezzi.
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@ LADY NADIA be’, un conto è l’incostanza, altro la droga. Peraltro, so che tu vai a birre 🙂
Ti lovvo!
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No, no. Sono le 13 e ho bevuto solo acqua fresca. Ciaoooo
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@ LADY NADIA 🙂 😀 😛
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Sono le 13.42. Un grappino.
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E tanta acqua fresca.
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@ LADY NADIA vieni a trovarmi: ostriche e champagne 🙂
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Domenica?
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@ LADY NADIA domenica va benissimo 🙂
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Infatti non mi ricordavo di questo scritto, ciò è molto strano, anche se sono passati 5 anni 🙂 … ma sono già 5 anni che sei su wordpress?? 😮
Ad ogni modo è molto bello, anche se inevitabilmente triste. Ci sono calamità silenti, delle quali ci accorgiamo quando ormai è troppo tardi, dopo averne sottovalutato gli effetti 😦
http://www.wolfghost.com
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@ WOLFGHOST sono approdata qui nel mese di novembre del 2.011 🙂
E’ giustissimo ciò che scrivi. Thank you.
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Malinconico ma bello. Un caro saluto. Univers
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@ UNIVERS81 i miei sentiti ringraziamenti e un caro saluto a te.
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Un racconto di pregevole delicatezza e fattura. Triste, ma bello. Colpisce anche l’antefatto e la dedica con quel “Vai (ora) che il mondo è tuo”. Da dedicare a tutti quelli che ce la fanno a uscire dal tremendo tunnel e a chi riesce a non cadere nell’antro nero. Solo così si può andare lontano.
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@ ILI6 dimostri ancora una volta la tua grande sensibilità. La dedica andava proprio nella direzione da te indicata.
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Davvero commovente. E nonostante il finale lasci intuire una conclusione inevitabile, è bello sapere che la persona ispiratrice di questo racconto non sia diventata un pupazzo di “neve”.
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@ JULIAN VLAD non lo è diventata, infatti, grazie alla sua forza di volontà.
Da parte mia, mi sono commossa a scrivere questo brano.
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