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SINDROME DI QUOU E ALESSANDRA »

UNCLE JOHN’S BAND

28 febbraio 2017 di Alessandra Bianchi

grateful-deadNon siamo mai stati primi in classifica, ma per i nostri fans eravamo la più grande band del mondo.
In giro c’erano complessi che si esibivano dal vivo per un’ora scarsa. L’immancabile bis, e poi buona notte a tutti. Noi eravamo diversi: a seconda delle serate, potevamo andare avanti per quattro ore o magari addirittura per sei. Suonavamo di tutto: country-rock, blues, psichedelia; brani tratti dai nostri dischi, pezzi nuovi, materiale di altri artisti. E non eravamo mai uguali. Quante volte abbiamo eseguito “Dark Star”? Mille? Beh, vi posso assicurare che non l’abbiamo mai riproposta nello stesso modo. Potevamo farla durare venti minuti o quaranta, e gli assoli di Jerry Garcia erano sempre differenti. Note fluide che sapevano creare suggestioni infinite; noi lo seguivamo improvvisando a nostra volta: e la musica scorreva limpida, simile a un quadro che raffiguri un’isola circondata dall’acqua più verde e trasparente.
Quello che suonavamo era portato dalla brezza del mattino quando i delfini giocano oltre la barriera corallina e gli uccelli volano alto nel cielo. Perché per noi la musica era un sogno, e quel sogno lo abbiamo condiviso con milioni di ragazzi, che da noi non volevano lustrini o atteggiamenti da rock-star, ma condividere lo stesso sogno: attraversare le praterie sconfinate del West, sorvolare gli oceani più bui e profondi, raggiungere le stelle più fulgide, rincasare al tramonto, mentre sulla collina il sole tramonta in un prodigio di bellezza che da solo vale il senso dell’esistenza.
Nicole era una bella ragazza: alta, bionda, gambe lunghissime che gli shorts mettevano generosamente in evidenza. Stava con Paul. Entrambi erano tossici. Venivano sempre ai nostri concerti. Lei chiudeva gli occhi, dondolando leggermente la testa. Lui accendeva uno spinello e glielo passava. Noi in quel momento suonavamo solo per loro due. Nicole odiava la guerra, detestava Nixon e partecipava a tutte le manifestazioni di protesta. Paul non sopportava la ricca borghesia, gli affaristi privi di scrupoli, le banche avide di denaro.
Ma non era per questo che ci seguivano. A differenza dei nostri amici Jefferson Airplane, non abbiamo mai scritto canzoni di protesta, né lottato contro il sistema. In realtà, non abbiamo mai lottato contro nessuno. Volevamo solo regalare un sogno, e adesso, dopo tanti anni, posso dire che ci siamo riusciti. Perché “viaggiare” con noi era magico. Se non fosse per la morte di Jerry, staremmo ancora girando l’America; e i ragazzi di allora continuerebbero a seguirci.
Nicole attraversò l’Atlantico per raggiungerci in Europa. Era il 1972. Ottenemmo un successo clamoroso e del tutto inaspettato, perché quello era il periodo del “progressive” e non pensavamo certo di attirare un pubblico così numeroso ed entusiasta. Va detto che suonammo al massimo delle nostre possibilità; inoltre, da quelle parti, solo i Led Zeppelin erano in grado di improvvisare e di prodursi in assoli travolgenti. La conobbi a Londra. Mi parlò di Paul. Disse che era morto a causa dell’ eroina. “Era roba cattiva.”, aggiunse. Le chiesi come si era procurata i soldi per il biglietto dell’aereo. Non era una groupie, perciò aveva pagato di tasca sua. “Me li diede Paul, prima di morire.”, rispose. “Aveva risparmiato per farmi questo regalo, anche se nelle sue intenzioni saremmo dovuti venire assieme. Vedili anche per me! E portami con te. Se sarò nel tuo cuore, riuscirò a sentirli anch’io. Spero tanto che facciano “Uncle John’s Band”: lo sai che è la mia canzone preferita.” Non mi riferì altro, e io non la sollecitai a parlarmi di lui. Ci sono degli amori che sono esclusivi; rimangono per sempre nell’anima, e talvolta è meglio custodirli con cura perché il mondo potrebbe sporcarli.
Il mondo non è un “viaggio” magico. In prevalenza è composto da gente egoista, da persone curiose e malevole. Le domandai soltanto da quanto tempo si bucava. Lei scrollò le spalle. “Ho incominciato a quindici anni.”, disse. Esibì un sorriso amaro, ma poi la sua voce risuonò fredda. “Fui violentata da un poliziotto. Sono cose che capitano.” Giocò per qualche istante con una ciocca di capelli. “Paul aveva solo due anni più di me. Una sera lo seguì, e gli infilò un coltello nella pancia.” Assunse un’espressione pensierosa; credo che stesse rivivendo quei giorni. “Non so se Paul ha fatto bene. Ma penso di sì. Quello era un porco. Ricattava le prostitute, arrestava i piccoli spacciatori e lasciava in pace i pesci grossi. In cambio, si faceva pagare. Paul non ha mai fatto a botte in vita sua, non era un ragazzo violento, tutt’altro. Comunque, la roba me l’aveva data quel maledetto sbirro per incastrarmi.”
Quella sera, prima del concerto, la invitai a cena. Era malinconica, ma anche forte. Mentre finiva il suo hamburger mi spiegò il motivo per cui Paul amava tanto quel brano. Una notte avevano fatto l’amore in macchina. Disse che, malgrado non fosse la cosa più romantica del mondo, era stata un’esperienza meravigliosa. Poi lui le aveva chiesto di sposarlo. Proprio in quel momento, Jerry cantava: Well the first days are the hardest days, Don’t you worry any more, ‘Cause when life looks like easy. Street, there is danger at your door.Think this through with me, let me know your mind.
“Ci disintossicheremo, amore mio. Sarà dura, ma ce la faremo!”
“Ti amo!”, aveva detto Nicole. Era una notte calma e silenziosa; sebbene fosse inverno, il clima era mite. Erano vicini alla costa e dai finestrini aperti arrivava il profumo dell’oceano. Paul l’aveva stretta forte a sé. Nicole gli aveva accarezzato il viso. Avevano fatto ancora l’amore, mentre la cassetta ripartiva dall’inizio. Quella era la prima canzone dell’album.
Si alzò dal tavolo e mi sorrise. “Così va la vita.”, disse. Si avviò verso l’uscita, poi si voltò. “Questa sera noi saremo lì. Con voi.”
Quando entrai nel camerino, dissi ai ragazzi: “Facciamo “Uncle John’s Band” per ultima.”
“Va bene.”, rispose Phil Lesh. Lui era il nostro formidabile bassista. Jerry Garcia annuì. Stava accordando la chitarra.
“E… diamoci dentro! Suoniamola all’infinito!”
Mi chiamo Bob Weir.
E facevo parte del più grande gruppo del mondo. Chi ci ha ascoltati dal vivo, chi ci ha sentiti anche per una sola volta, lo sa.
Eravamo i Grateful Dead.

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Pubblicato su raccolti dal sentiero, racconti | Contrassegnato da tag storie di vita | 20 commenti

20 Risposte

  1. su 28 febbraio 2017 a 16:07 rodixidor

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    • su 28 febbraio 2017 a 20:21 Alessandra Bianchi

      @ RODIXIDOR very nice, my friend!

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  2. su 28 febbraio 2017 a 16:15 Lady Nadia

    Wow. Figli dei fiori. ( Bè, adoro il periodo ma senza “robaccia”).
    Wow, un pochino di Christiana F. ( letto da ragazza) e poi… e poi questa frase:

    Ci sono degli amori che sono esclusivi; rimangono per sempre nell’anima, e talvolta è meglio custodirli con cura perché il mondo potrebbe sporcarli.

    Molto intenso e bello. 😉
    Interessanti citazioni musicali, e i delfini… wow. Come sarebbe comporre potendo osservare i delfini? Ma c’era il Mistral?😂😂😂 Racconta!

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    • su 28 febbraio 2017 a 20:25 Alessandra Bianchi

      @ LADY NADIA purtroppo la “robaccia” era parte integrante di quel sogno, di quegli anni comunque magici.
      La frase piace pure a me. Posso dirlo? 🙂
      Il Mistral? Non so che nome abbia in America; in quanto ai delfini, io li adoro!
      Grazie, amica.

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  3. su 28 febbraio 2017 a 16:28 ili6

    Che bella dedica a una band che ha fatto storia! Mentre leggo sto ascoltando un loro pezzo, Ripple.
    A te vanno i complimenti per la storia che hai intessuto in perfetta aderenza con la fine dei mitici anni sessanta.

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    • su 28 febbraio 2017 a 20:27 Alessandra Bianchi

      @ ILI6 “Ripple”! Da “American Beauty”, l’album successivo a quello del brano del post.
      Mi prendo gioiosamente i complimenti e ti abbraccio.

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  4. su 28 febbraio 2017 a 17:50 Laura

    Che brava Alessandra, complimenti, bellissima dedica, adesso ascolto la musica, 🙂 sei unica, ❤

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    • su 28 febbraio 2017 a 20:30 Alessandra Bianchi

      @ LAURA musica veramente da sballo come oggi non si sente più.
      Unica? Tanti, tantissimi baci 🙂

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      • su 28 febbraio 2017 a 22:54 Laura

        E’ vero, bacissimi, unico: eccezionale, esclusivo, impareggiabile, incomparabile, irripetibile, prezioso…. ❤ ❤ ❤

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      • su 1 marzo 2017 a 21:11 Alessandra Bianchi

        @ LAURA 🙂 🙂 🙂

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  5. su 28 febbraio 2017 a 18:46 wolfghost

    Oh, ma che bell’intermezzo “musicale” 😀 Mi è piaciuto molto, le due storie della band e della ragazza che si incrociano indissolubilmente. Potrebbe essere un’ottima trama per un film 😉
    http://www.wolfghost.com

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    • su 28 febbraio 2017 a 20:32 Alessandra Bianchi

      @ WOLFGHOST facciamo il film, dai lupissimo! Soldi a palate 😀
      Sono felice che questo racconto ti sia piaciuto.
      Buona serata.

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  6. su 28 febbraio 2017 a 21:27 newwhitebear

    gran bel pezzo. Dolce e forte allo stesso tempo.
    Un caro abbraccio

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    • su 1 marzo 2017 a 21:12 Alessandra Bianchi

      @ NEWWHITEBEAR “dolce e forte”: me gusta!
      Un grande abbraccio.

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      • su 1 marzo 2017 a 21:13 newwhitebear

        Un sorriso

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      • su 2 marzo 2017 a 21:18 Alessandra Bianchi

        @ NEWWHITEBEAR anche da parte mia 🙂

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  7. su 1 marzo 2017 a 09:22 Aliosa

    Buon MARZO, Alessandra ! 🙂

    Aliosa 🙂

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    • su 1 marzo 2017 a 21:15 Alessandra Bianchi

      @ ALIOSA e a te! Oggi per la sottoscritta (che viaggia con un calendario proprio) era il primo giorno di primavera. Che questa magnifica stagione ti sia propizia 🙂

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  8. su 7 marzo 2017 a 16:03 univers81

    I racconti a tema musicale sono sempre la mia passione. Un saluto. Univers

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    • su 8 marzo 2017 a 20:53 Alessandra Bianchi

      @ UNIVERS81 musica e prosa sono le mie passioni. Vedi come siamo vicini?
      Un salutone a te.

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I commenti sono chiusi.

  • CHI SONO

    Mi chiamo Alessandra Bianchi.
    Amo ballare, nuotare, il sole, il mare e il vento.

    Ho scritto un romanzo,"Lesbo è un'isola del Mar Egeo" (Borelli Editore, collana Pizzo Nero), che era reperibile nelle migliori librerie (Mondadori, Feltrinelli, etc.) e su vari portali (IBS, ad esempio); ma che adesso è esaurito.
    Il libro costava 12 euro.

    Il mio secondo libro si intitola "Sognate con me" ed è una raccolta di racconti, tratti dal mio blog. Costa 10 euro.

    "Alex Alliston" è il mio nuovo romanzo, pubblicato nel mese di febbraio del 2012.

    Il mio precedente blog su Splinder ha superato le 420.000 visite. Desidero ringraziare i molti amici che mi hanno seguita.

    SUL CORRIERE DELLA SERA DEL 25 MARZO 2012, NEL SUPPLEMENTO CULTURALE “LETTURA”, IL MIGLIOR INCIPIT DI UN ROMANZO INEDITO (PAGINA 20):
    La barca – un vecchio dragone praticamente inaffondabile – virò di prua e fendendo i marosi imboccò lo stretto passaggio che conduceva alla piccola baia. Aleksandr ormeggiò lo scafo, lo disarmò e scese a terra. Lì il vento era meno intenso: l’insenatura era protetta dai numerosi scogli che affioravano dal mare, simili a denti aguzzi. Le onde si infrangevano su quella barriera e andavano a sfogare la loro collera altrove.
    ALESSANDRA BIANCHI “MATRIOSKA”

  • Dieci anni di blog: da Splinder a WordPress

    Più di duecento racconti Dodici "serie" (o romanzi) Oltre cinquecento post
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  • Odio e Amo

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