Succede che due amiche decidano di scrivere insieme e quindi di suonare per voi la stessa melodia, a 4 mani.
Oppure capita che questa musica accompagni un “passo a due” dove ciascuna lascia fluire il suo corpo e la sua mente in una personale danza disegnata dalle parole.
Ecco che lo stesso titolo e la stessa storia possono rappresentare due personalità differenti legate da una bellissima affinità.
Troverete perciò un racconto omonimo anche sul blog di Lady Nadia.
Beve un sorso di birra ghiacciata direttamente dal barattolo, poi torna al bourbon.
E’ seduta davanti alla grande finestra panoramica e osserva, forse senza vederlo, l’oceano solcato da barche con le vele sgargianti. E’ una giornata limpida, il sole nel cielo terso, un leggero vento che soffia regolare.
Jane Hathaway. Un tempo, signora Mills, e prima ancora signora Cross. Quarantacinque anni portati in modo superbo, un fisico perfetto, malgrado l’alcool e le troppe sigarette. Genetica. Da ragazza praticava diversi sport e anche questo può aver influito. Occhi azzurri (solo un po’ freddi), poche rughe nascoste dal trucco, capelli biondi raccolti a coda di cavallo. E’ scalza. Indossa pantaloncini jeans celesti che si fermano ben sopra al ginocchio, rivelando le gambe snelle ma atletiche, e una maglietta blu.
Il signor Mills ha avuto la brillante idea di andare a sbattere con la Mercedes contro un camion. Guidava completamente ubriaco. Jane ha ereditato la villa e cinque milioni di dollari. Il dottor Cross si è risposato con un’attricetta e vive a New York, dall’altra parte dell’America. E poi… c’è Susan Cross, Suzie, ventiquattro anni.
Suzie.
Suzie!
Jane si contorce sulla chaise longue, quindi si versa nuovamente da bere. Fruga nel pacchetto, appurando che le sigarette sono finite. Si alza e va a toglierne un altro dalla stecca.
Quando era bambina le tirava le trecce. Non era una bimba capricciosa o dispettosa, però a volte rompeva qualche oggetto. Jane le tirava le trecce. Con forza, perché le piaceva farlo.
“Non mi vuoi bene, mamma!” Susan ha le lacrime agli occhi, in parte per il dolore, in parte per la consapevolezza (è matura per la sua età, e in più è intelligente) che quel gesto è esagerato, troppo violento.
“Certo che te ne voglio.”, mente Jane e intanto pensa: volevo un maschio, piccola strega!
“Mi hai fatto maleee!”
“Lo meritavi e adesso zitta.”
“Lo dico a papà.”
Lo schiaffo parte improvviso. Farebbe maleee a una donna adulta, Suzie finisce per terra.
Fine della discussione, almeno di quella discussione, simile a molte altre.
Mia madre mi picchiava?, si domanda oziosamente Jane mentre traffica con l’accendino che sta cominciando a perdere colpi. Certo che sì, me le suonava di santa ragione, anche a sedici anni. Ladra di felicità, mi alitava addosso, convinta com’era che le avessi rubato l’amore del marito. Quando ci provò qualche mese più tardi, comunque la stesi; da allora non ha più alzato le mani.
L’accendino è andato, risentita Jane va in cucina dove trova dei fiammiferi. Al ritorno nel soggiorno – ampio, spazioso, galattico, sosteneva Mills – la accoglie la visione del sole al tramonto: giallo, rosso, arancione; l’oceano sembra un mare di fiamme, roba da poeti del cazzo, pensa distrattamente lei. Sigaretta e nuovo giro di bourbon. Rimorsi? Se ci sono, sono vaghi, come vago è il tiepido affetto che nutre per Susan. E’ superato dall’irritazione provocata dalla restituzione del bonifico: la sciocca Suzie ha rifiutato un milione di dollari! Ovviamente, non si è degnata di rispondere alla sua lettera, sebbene fosse una lettera perfetta, studiata fin nei minimi particolari.
Ladra di felicità? rimugina aspirando una boccata di fumo. Un’idiozia, nata dalla mente contorta della madre; in quanto a Susan?
Be’ lei si era invaghita di John. Bella è bella, fuori questione, c’era la fila davanti alla porta, doveva soltanto scegliere nel mazzo; ma sposare un tossicodipendente, ubriacone, sarebbe stata una follia, escludendo la questione dei soldi. Money! Spesso tutto si riduce a questo. Obladì-obladà eccomi qua, canticchia ripensando al vero motivo per cui decise di intervenire, alla sua maniera, si intende. La ragione principale non aveva nulla a che vedere con l’amore che una mamma prova per la figlia. Il tossico era ricco, e pure attraente: dato che non lavorava (a che serve lavorare, se hai già una montagna di dollari, e sei privo di ambizioni?) aveva il tempo per portarti ovunque, nei luoghi più esclusivi del mondo, magari anche su Marte. Navicella spaziale Susan. No: navicella spaziale Jane. Lo stabilì nel momento stesso in cui lui fece cilecca a letto. Dopo, le confessò che era la prima volta; ergo con la dolce Suzie aveva funzionato, magari alla grande (questo non poteva saperlo). Inaccettabile. Ci avrebbe pensato lei a dargli la scossa giusta.
“Ce l’hai piccolo baby! Inoltre, non funziona bene. Facciamo un gioco?”
Copiava spudoratamente un vecchio film con Jon Voight, il padre di Angelina Jolie: si rivelò una mossa astuta. “F” come finocchio?”
In risposta, un ringhio.
Dopodiché l’erezione.
Al diavolo la piccola Suzie, aveva pensato soddisfatta.
Adesso l’oceano è una grande macchia di inchiostro nero. Altra roba per poeti cerebrolesi. E’ ora di cena; giusto per abitudine Jane prepara un sandwich a base di burro d’arachidi che lascia a metà.
Poi bourbon.
“Voulez-vous coucher avec moi ce soir?”, aveva canticchiato lui, stonando orribilmente.
“Oui. Je suis Lady Marmalade.”
Il resto? Una naturale conseguenza.
Accende il lettore. Nous sommes du soleil, un vecchio disco degli Yes, scovato per caso in rete. Da ragazza ascoltava molta musica inglese. Mentre le stelle spuntano sull’oceano, accompagnate da una pallida luna, inizia a danzare, sinuosa, felina. Un uomo impazzirebbe a vederla. I ricordi emergono non invitati, e non le piacciono. Ladra di felicità. Chi? Lei o Susan-Suzie? Susan-Suzie venuta al mondo con il preciso scopo di diventare più bella di lei, in maniera da rubarle la scena. Una invecchia, l’altra cresce; una perde colpi, l’altra si trasforma in una regina. E la regina buona sostituisce la regina cattiva.
Si ferma. Bourbon. Birra. Sigaretta.
“Non mi vuoi bene, mamma!”
Oh, sì, forse avrei dovuto amarti, proteggerti, raccontarti una fiaba per farti addormentare, per farti sognare le fate. Invece, credo che tu sognassi solamente streghe, magari con la mia fisionomia. Rubarti John Mills è stato facile, ma sarebbe morto comunque, anche se avesse sposato te: non è questo il punto.
Il punto è “prima”. Il punto è che i rimorsi in realtà ci sono, affiorano lentamente, vengono su dalle profondità del mare, dagli abissi popolati da spettri ghignanti, e da orribili mostri. Lava e gelo. Lava e gelo. Vulcani sotterranei che vomitano fiumi di sangue, pronti a inghiottirti. Lava e gelo. Il freddo nelle ossa, il sapore dell’alcool, la testa che ondeggia.
“Non mi vuoi bene, mamma!”
“Oh, sì, piccina!” Come vorrebbe dirlo, adesso! Ma dirlo sul serio. Dirlo col cuore.
Purtroppo, il passato non ritorna, non è possibile cambiarlo. Ciò che è stato è stato, e via con le banalità. Intanto, la testa continua a ondeggiare. I ricordi picchiano duro, squali spietati che divorano brandelli di cuore. E immagini, flash, come in una giostra infernale, dove i diavoli ti aspettano e i dannati urlano veramente di paura; nessun angelo potrà salvarti. Infine, giungono i topi, fanno a pezzi il corpo di una bimba.
“Non mi vuoi bene, mamma!”
La ladra di felicità barcolla, vomita sul pavimento; a quattro zampe raggiunge il mobile, si rialza a fatica, apre il cassetto.
E’ freddo il contatto della pistola in una notte di ghiaccio.
Sembra un racconto americano, duro, rabbioso. Ferisce.
Scritto crudo crudo e servito con polvere da sparo. Il tuo stile incazzato e masculino che mi è sempre piaciuto. Il tuo stile metropolitano altro che peace and love, questo è il rovescio della medaglia.
Di qua c’è Nadia, di là c’è Ale.
Due interpretazioni assolutamente opposte allo stesso tema. Da rifare assolutamente.
Hai scritto un pezzo degno di autori americani, mannaggia te e il tuo bourbon.
Chapeau.
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@ LADY NADIA tesora ❤ ❤ ❤ ❤
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Amo leggerti quando scrivi cinica, vivisezioni con la precisione di un chirurgo, incidendo col bisturi senza sbavature, quel tanto che basta a scorgere nella ferita il cuore pulsante nel costato.
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@ RODIXIDOR che bel commento, caro! Grazieeee!
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Ho preso a seguirti…è vertiginoso lo scarto che tu e Nadia producete con l’andamento dei due racconti sul rapporto Madre/figlia…l’effetto e deflagrante! Idea sontuosa!
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@ FRANZ innanzi tutto, un caloroso benvenuto nel mio blog 🙂
Nadia ha scritto dei post molto crudeli (e molto belli); questa volta, forse si sono invertite le parti.
L’idea a noi piace e fra un mesetto ci riproveremo.
Ciao!
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Grande e io ci sarò a leggervi! (non è che non avesse una componente cinica il racconto di Nadia e non è che non avesse una componente di tenerezza il tuo)…ripeto: idea sontuosa.
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@ FRANZ poi ovviamente ciascuna delle due segue la sua strada. Nadia sta postando un magnifico racconto (romanzo) ambientato nel futuro, io altre cose.
Ancora grazie!
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Ovvio (avevo “annusato” la fantascienza di Nadia e guarderò le altre tue cose. Spero che una qualche visita la facciate pure ai miei “giochi”…ciao!
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@ FRANZ questo è sicuro 🙂
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🙂
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Il punto è che i rimorsi in realtà ci sono, affiorano lentamente, vengono su dalle profondità del mare, dagli abissi popolati da spettri ghignanti, e da orribili mostri.
fantastico. da incorniciare d’oro.
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@ LADY NADIA sono commossa! Ma davvero, sai?
Bisous, madame ^^
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scritta diciamo cruda ma profonda..sei tremenda
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Quanto è vero… hai proprio azzeccato oggi!😊
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@ LADY NADIA merci, madame 🙂
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:-0
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@ MAIRITOMBAKO un po’ tremenda lo sono, lo ammetto.
Ti abbraccio, mia amica lontana!
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due impostazioni diverse. La tua senza troppe leziosità, duro e freddo come ila pistola del finale. Una madre che farebbe piangere di rabbia la figlia Suzie.
Ma intenso, gradevole e semplicemente Alessandra.
Un caro abbraccio
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@ NEWWHITEBEAR il bello (si fa per dire) è che nessuna delle due conosceva in anticipo il testo dell’altra.
Grazie e un grande abbraccio.
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entrambi sono belli.
Un grande abbraccio
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Anche il tuo mi e’ piaciuto tantissimo, sei fantastica Alessandra, baci tesoro, e’ un vero piacere leggerti, ❤
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@ LAURA ho visto una nuova ricetta!!!!
Poi passo 🙂
Grazie di cuore, donna splendida ❤
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Tu sei stupenda, tanti baci e grazie per le ottime letture, 🙂 ❤
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Avevate già fatto questo esperimento, e il risultato era stato grande. Ora mi si chiudono gli occhi ma… certamente tornerò per leggere il tuo e il suo 😉
http://www.wolfghost.com
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@ WOLFGHOST mi auguro che tu abbia dormito bene, lupissimo 🙂
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0-0 riletto con gli occhiali. Ciao!
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@ LADY NADIA occhiali magici, spero.
Ciaoooo ^^
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Lo stile di questo racconto vede, oltre a quello dell’impersonalità, un altro requisito fondamentale: una mimesi il più possibile fedele alla lingua della scrittura fine a se stessa.
Da qui il rifiuto degli abbellimenti retorici, a vantaggio di uno stile asciutto, secco, diretto, il più possibile essenziale.
Un microcosmo al quale viene restituita la ‘coralità’.
Un’analisi impietosa dell’ambiete circostante.
Stupito è dir poco, nel merito che ci produsse la vostra lettura.
Riprendemmo, comunque, una frase di Lady Nadia (al suo primo commento) e che meglio rappresenta il nostro pensiero attuale, la nostra impressione:
“Di qua c’è Nadia, di là c’è Ale“.
Sembra, quasi, che vi siate scambiate i racconti.
Bello, ma non sembrate voi, milady.
Cordialità
Passiamo di là
Cordialità
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@ LORD NINNI sono io, esimio Milord.
E credo di aver già scritto dei racconti con questo stile. Ad esempio, mi viene in mente “Aqualung”. Ma ce ne sono altri.
Poi sì: esiste una sorta di simbiosi, di strana alchimia fra me e lei. Nadia sa essere dolce e feroce nelle sue storie.
Ringraziandovi moltissimo, vi auguro una radiosa serata.
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Perfettamente daccordo milordissimo
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E’ bello ritornare a percorrere i tuoi sentieri, m bello scoprire che non ti smentisci mai… E dopotutto è così che mi piaci
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@ SUZIEQ11 vederti qui mi rende felice, cara Ciop.
Grazieeee.
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Secco, diretto, senza orpelli, senza sconti: spiazzante. Perchè risulta faticoso credere a un tale rapporto tra madre e figlia, ma è così ed è anche cruda realtà in tante case.
Lettura che provoca un turbinio di emozioni. Complimenti sinceri, Alessandra.
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@ ILI6 sì, è così in molte case; in altre, i mariti picchiano le mogli; e in altre ancora ci sono abusi ben più gravi!
Grazie di cuore, Marirò ❤
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“Oh, sì, piccina!” Come vorrebbe dirlo, adesso! Ma dirlo sul serio. Dirlo col cuore.
Purtroppo, il passato non ritorna, non è possibile cambiarlo. Ciò che è stato è stato, e via con le banalità. Intanto, la testa continua a ondeggiare. I ricordi picchiano duro, squali spietati che divorano brandelli di cuore. E immagini, flash, come in una giostra infernale, dove i diavoli ti aspettano e i dannati urlano veramente di paura; nessun angelo potrà salvarti. Infine, giungono i topi, fanno a pezzi il corpo di una bimba.
“Non mi vuoi bene, mamma!”
La ladra di felicità barcolla, vomita sul pavimento; a quattro zampe raggiunge il mobile, si rialza a fatica, apre il cassetto.
E’ freddo il contatto della pistola in una notte di ghiaccio.
Quanta bellezza e com’é forte il senso drammatico di queste parole. Una sofferta ‘sofferenza’ che uccide con il sacrificio più alto: l’amore.
Il silenzio che consuma; il bene più alto che uccide.
Un pezzo, mia signora, che da ieri non ci stancammo mai di rileggere. E ci sarebbe ancora tanto da scrivere, da scoprire, da inebriarsi.
Sottolineammo e ribadimmo il concetto espresso precedentemente: leggemmo un lavoro, lady Alessandra, che annuncia sofferenza e analisi interiore.
Molto bello e molto profondo.
Come quando si prende un bastoncino di liquirizia: sulle prime è amaro, ma dopo averlo masticato e gustato non viene superato, neanche dallo zucchero più puro, per dolcezza e profondità.
Questa è lirica letteraria.
Forte, potente e vera.
Cordialità milady
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@ LORD NINNI sebbene, in tutta onestà, io ne abbia le scatole piene di questa insulsa piattaforma, che ogni giorno mi fa rimpiangere Splinder, quando scrivo cerco di dare il massimo di me stessa. A volte ciò è sufficiente, in altri casi no. Però, l’impegno non manca mai.
Radiose radiosità.
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Perché insulsa mia signora?
E’ semplicemente in manutenzione, esattamente come Splinder, vi ricordate o lo dimenticaste?
WP si sta splinderizzando. Se togliesse like, colegamenti e affini, lasciando agli autori di fare gli autori e non gli esperti informatici, vedreste che diverrebbe un nuovo Speldor.
L’impegno vostro fu sempre estremamente tangibile (certo mai paragonabile a querllo di Licia Troisi), in questo pezzo, però, fu più tangibile delle altre.
A voi le nostre tangibilità più sentite
😉
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E i refusi più presenti.
😉
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Un racconto tosto, impegnato, duro, eppure con una cadenza quasi musicale. Il peso dei ricordi, soprattutto di quelli che si percepiscono come errori, può essere difficile da sostenere. Non sono mai stato uno legato al passato, non mi soffermo spesso sui ricordi, ma col tempo, e con gli anni, mi succede sempre un po’ di più. E a volte questa dei ricordi è una cosa che mi preoccupa un po’. Giunti ad un certo punto, ognuno di noi ne ha così tanti da rischiare di annegarci dentro. Errori o meno.
Tornando al racconto tuo e della tua amica, sono molto diversi, come trama e come stile, pur partendo dalla medesima idea. E sono entrambi riusciti benissimo. Il rischio di queste iniziative è che gli stili si… mescolino, ma voi avete mantenuto entrambe il vostro. E questo era importante 😉 Forse preferisco questa modalità a quella “a quattro mani”, anche se pure quella ha dato ottimi risultati 🙂
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@ WOLFGHOST parto dalla fine del tuo commento (davvero degno di un lupo!), dicendo: concordo.
In quanto ai ricordi, giustamente forse sarebbe meglio scordarli. Anche perché tutti noi, chi più, chi meno, abbiamo sbagliato, e non una volta soltanto.
Magari non come Jane… ma il peso è sempre forte!
Baci lupeschi.
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Vero, sui ricordi, ma… ad un certo punto è quasi inevitabile guardarsi indietro: più vai avanti e più ti rendi conto che la vita è quella che hai vissuto, anche se davanti ce n’è ancora un po’…
Il trucco è riuscire a ricordare con un sorriso, sempre. Ma a volte è difficile.
http://www.wolfghost.com
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@ WOLFGHOST non dirlo a me! Se potessi…
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@ LORD NINNI vorrei leggere il vostro post…
Naaaa, quale manutenzione! WP è un cimitero! Tutti dormono. Ai tempi di Splinder avevo cento commenti a post, e io rispondevo a cinque-sei lettori alla volta; ma non è questo il punto. Quando vado in un blog, troppo spesso trovo… il nulla. Mancano passione, entusiasmo, energia. E’ un mondo di sonnambuli. Un mondo nel quale non mi ritrovo, Milord. E se Nadia non mi avesse ferocemente sgridata, avrei già chiuso.
Oppure scriverei post tipo: vi voglio bene a tutti 😀
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meglio i morti fidati.
vabbé vai al Bar Milord che ci sediamo a un tavolino e chiacchierando un po’ con il mondi, li mandiamo affanculo di gusto.
ahahahahahahahaha
Ciao
🙂
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Un racconto duro che mette in luce un aspetto crudele di alcuni genitori e nello specifico di una madre che non avrebbe dovuto divenire madre: non meritava d’esserlo. Tali mancanze affettive hanno ripercussioni nel tempo e quei figli che non sono amati da piccoli, ne portano la lacerazione per sempre. Complimenti, bellissima scrittura!
Buona domenica
un abbraccio
annamaria
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@ ANNAMARIA49 credo infatti che sia un tema attuale, insieme ad altri abusi che purtroppo si verificano troppo spesso.
Buona serata, cara Isabel, e un sentito grazie!
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Il racconto è duro, anzi durissimo è quello che ci vuole almeno per me.
Non so fare molti commenti, ma questo te lo lascio volentieri (ti leggo eccome se ti leggo e in passato, abbastanza recente, mi hai fatto incazzare come una bestia)
Acqua passata.
Ciao biondina buona domenica
😀
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@ MANUELA ROVATI ogni tanto, vado giù dura 🙂
Sono felice che tu mi legga!
Baci dalla biondina ^^
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Lo stile è tagliente e diretto, proporzionale all’attenzione che suscita. Davvero complimenti anche da parte mia. Univers
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@ UNIVERS81 grazie, mio “vecchio” amico!
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