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Il CREPUSCOLO DELLA LUBJANKA

30 marzo 2016 di Alessandra Bianchi

Tanto per ricordare che il libro è uscito ed è disponibile da Giunti, e da altre parti (non so esattamente quali). A presto con qualcosa di nuovo 🙂

Se Monica Squire avesse assistito al colloquio fra Martin Yarbes e Miloslav Pomarev, non ne sarebbe rimasta certamente entusiasta. Obbedire agli ordini, quali che fossero, calpestare le vite altrui, torturare, ammazzare, inquisire. Forse per Yarbes era normale, non per lei.
Monica era un’agente della CIA e, in quanto tale, non aveva mai disobbedito a un superiore, dimostrandosi sempre ligia al proprio dovere; ciò, tuttavia, non le impediva di mantenere una posizione etica e di essere scettica nei confronti di azioni che, dentro di sé, giudicava riprovevoli.
Per Yarbes provava sentimenti contrastanti. Un tempo lui l’aveva derisa, sostenendo che non era riuscita a resistere al solletico ai piedi che le aveva praticato la spia russa, Aglaja. Non era vero. Baba Yaga, il nome in codice di Aglaja, non era interessata a quelle sciocchezze, aveva una mentalità molto più pratica. Monica non aveva subito il solletico, bensì torture assai peggiori, ripetute scosse elettriche e il terribile waterboarning.
Yarbes si confondeva con Nicole Parker, una ex collega che in Cina aveva patito quel supplizio e che in seguito si era uccisa. (Ma i cinesi non si erano certo limitati al solletico. Le avevano impedito di dormire, le avevano lesinato il cibo, l’avevano percossa). Yarbes era intransigente con chi tradiva, e Monica, comunque la si volesse mettere, aveva tradito.
Poi, però, Martin l’aveva difesa davanti alla commissione disciplinare della CIA. Era un uomo enigmatico, apparentemente privo di emozioni. Imperscrutabile… come Matrioska.
Monica aveva visto morire John Lodge davanti alla sua casa, e dato che ciò era successo a causa della sua debolezza non si era mai veramente perdonata; aveva ucciso Aglaja e Matrioska: ma nessuno di questi fatti, per vari versi devastanti, era paragonabile alla morte di Nadiya.
John Lodge era stato un valido compagno d’azione e un amore mancato, Aglaja una spietata serpe, Matrioska un uomo insondabile che, in altre circostanze e se lui fosse stato diverso, avrebbe potuto amare.
Nadiya in teoria sarebbe dovuta essere la sua carnefice, in realtà era diventata la sua schiava, e poi, forse, il talismano che avrebbe saputo rendere i suoi giorni felici. Si era sacrificata per lei, e non esiste al mondo una prova più grande dell’amore vero.
Se Yarbes era freddo e cinico, Monica era diversa.
Forse debole, forse troppe volte insicura. Guardò a lungo la donna russa che le aveva donato tutto: il suo cuore, la lealtà per l’Unione Sovietica, i suoi sogni. Sadica? Masochista? Parole sciocche, vuote, prive di significato, a fronte del sentimento che era nato e si era sviluppato fra loro. Più sincera Nadiya, più calcolatrice Monica, e questa consapevolezza rendeva il suo strazio maggiore.
Si inginocchiò accanto alla salma e continuò a piangere.
Per qualche motivo, si soffermò ancora a riflettere su Martin. Forse perché dopo Lodge, dopo Nadiya, rappresentava il suo ultimo appiglio. Era più ciò che li divideva di ciò che li accomunava; però entrambi amavano la natura (Yarbes le aveva svelato il suo sogno giovanile di diventare guardiacaccia), servivano la loro patria e avevano sempre considerato il comunismo come il principale nemico da sconfiggere. E, forse, Martin Yarbes conservava un fondo di umanità, sconosciuto a Matrioska, del quale in ogni caso lei si era invaghita.
Di Yarbes ammirava la forza, la mancanza di paura, il senso di protezione che a volte le infondeva. Se esisteva dell’altro, non lo sapeva. Non ancora, almeno.
Quando si rialzò, raccolse la Tokarev di uno degli assassini e si avviò verso la Duma, camminando come una sonnambula, gli occhi rigati di lacrime e il cuore a pezzi.
A un tratto scorse il maggiore del Gruppo Alpha che puntava una pistola su Yarbes.
Si sentì cattiva, cattiva e spietata, oltre ogni limite.
Pomarev era il responsabile della morte di Nadiya.
Nella piazza la confusione era indescrivibile. Scorreva vodka a fiumi e gli sguardi di tutti erano rivolti allo starets Zosima, che inneggiava al trionfo del popolo e alla sconfitta dei malvagi. Nessuno badò a lei.
Un istante prima che Pomarev premesse il grilletto, Monica appoggiò la canna della Tokarev sulla sua nuca.
Pomarev lasciò cadere a terra l’arma.
“Brava, Squire!”, esclamò Yarbes. “Ora lascia fare a me.”
Tese una mano, ma Monica scosse la testa.
“No.”, disse. “Questa è una faccenda solo mia.”
Martin avrebbe voluto obiettare, ma qualcosa nell’espressione della donna lo dissuase dal farlo.
Monica si rivolse al russo. “Mi segua, maggiore.”
La mente di Yarbes corse a Cannes: anche in Francia Squire gli aveva soffiato il bersaglio, qui però gli aveva salvato la vita. In America era stato lui a salvarla, quando aveva fatto irruzione nel cottage vicino al lago; quindi, ora erano pari. Ma c’era dell’altro. Se sulla Costa Azzurra Monica aveva già ripagato ampiamente il suo debito nei confronti della CIA, a Mosca era andata oltre. Era come se, in una partita di basket, avesse segnato un canestro da tre punti tirando dalla propria area, o realizzato un fuoricampo, in un incontro di baseball. Era una vincente.
Benché fossero molto diversi fra loro, all’improvviso fu raggiunto da un pensiero a dir poco singolare. Si presentò del tutto inaspettato: da sempre, sapeva che un giorno avrebbe conosciuto una donna forte e coraggiosa, la compagna ideale per un uomo come lui. La compagna con cui dividere la vita. E adesso l’aveva trovata. Con un sorriso, si rese conto che quel pensiero non lo sorprendeva più di tanto.
Li guardò andar via, augurandosi di rivederla.
Monica e il suo prigioniero si allontanarono.
A circa dieci metri di distanza, due soldati li stavano osservando. Uno era alto e biondo, dai tratti nordici, l’altro, scuro di pelle, sembrava di origini tartare. Il biondo si mosse per tentare di seguirli, ma inciampò. Era completamente ubriaco. “Lascia perdere!”, bofonchiò l’orientale. Anche lui si reggeva a stento in piedi. Dalle mani gli cadde una bottiglia di pessima vodka. Fortunatamente era vuota.
Squire e Pomarev attraversarono la piazza e imboccarono una strada laterale.
“Fermiamoci qui.”, disse Monica.
Pomarev le rivolse uno sguardo beffardo.
“D’accordo. E adesso cosa pensa di fare?”
“Non lo indovina, maggiore?”
Lui rise. “Le manca il coraggio, americana! Mi consegni la pistola, e sarò clemente con lei.”
Monica ricordò il suo ultimo confronto con Matrioska. Pomarev gli assomigliava: non manifestava il minimo timore, era arrogante e sicuro di sé.
Ma con lui non c’era stata alcuna relazione sessuale.
Poi accadde.
Con un movimento fulmineo il maggiore del Gruppo Alpha le afferrò il polso, torcendolo. Era una stretta micidiale e Squire gemette per il dolore. Lentamente, lui la costrinse ad abbassare il braccio. Monica cercò di resistere ma era impossibile: era quattro volte più forte di lei. Questione di un attimo e la pistola le sarebbe sfuggita dalla mano. Mentre lottava disperatamente, Pomarev sibilò: “Non la ucciderò, non si preoccupi. La accompagnerò personalmente a  Kolyma. Un lungo viaggio in treno, e lì… interminabili giornate di lavoro nel gelo, tanto pesanti che lei si augurerà di morire. Un cibo misero che comunque non potrà mangiare perché le altre detenute glielo impediranno per dividerselo. E se si ribellasse commetterebbe un grave errore. Un’americana per quelle prigioniere è il simbolo di una ricchezza mai avuta, soltanto sognata. Le ficcherebbero la testa nelle loro feci. Perderà i denti e i capelli. Alla fine, le verrà il tifo. Purtroppo non avrò il piacere di vederla dormire nei suoi escrementi, né di sentirla piangere. Se è vero che la nostra azione patriottica è fallita, andrò altrove. Ci sono guerre ovunque e uno come me sarà accolto a braccia aperte in qualsiasi luogo.”
Monica non poteva saperlo, ma era possibile che ciò che gli aveva detto Yarbes lo avesse convinto della sconfitta.
Pomarev diede un ultimo strattone.
Monica strinse i denti per resistere. E a un tratto si rivide a Langley: le parve di udire la voce di Susan Cooper mentre, durante l’addestramento, le insegnava alcune tecniche di combattimento. Si contorse per guadagnare un minimo spazio e gli sferrò una violenta ginocchiata all’inguine. Con un grugnito, lui lasciò la presa.
Monica indietreggiò di qualche metro e, ignorando il dolore al polso, sollevò nuovamente la Tokarev.
Mirò a una gamba e Pomarev si accasciò.
Dopo un momento, Monica sparò di nuovo, all’altra gamba.
Miloslav Pomarev non emise un gemito.
La guardò, con un’espressione di stupita e riluttante ammirazione.
Un elicottero passò, volando basso. Risuonarono alcuni colpi d’arma da fuoco, non si capiva da dove, né chi avesse sparato a chi.
Dalla piazza giungevano voci esultanti e cori non particolarmente intonati.
La notte si avviava a diventare mattino. Il cielo a est andava schiarendosi, preannunciando un’altra giornata torrida e afosa. Sarebbe stata la giornata della resa dei conti definitiva.
Pomarev cercò di rialzarsi, senza tuttavia riuscirci: anche per un uomo del Gruppo Alpha esisteva un limite.
Monica si mise a gambe larghe su di lui.
“E’ pronto per l’inferno, maggiore?”

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Pubblicato su il crepuscolo della Lubjanka | Contrassegnato da tag Pomarev | 24 commenti

24 Risposte

  1. su 30 marzo 2016 a 21:00 Alessandra Bianchi

    WP mi sta ricordando i peggiori momenti di Splinder. E’ come se non riuscisse più a funzionare! Comunque, buona lettura 🙂

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  2. su 30 marzo 2016 a 21:17 newwhitebear

    Non è un fantasma questo post, che prima è apparso ma poi è scomparso.
    Revisionato oppure quello che hai postato è una specie di antipasto del libro?
    Un caro saluto

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    • su 30 marzo 2016 a 21:24 Alessandra Bianchi

      @ NEWWHITEBEAR non è un fantasma, amico mio. WP mi faceva impazzire!
      Antipasto, sì, e spero che risulti gradevole.
      Un caro saluto a te.

      "Mi piace"Piace a 1 persona


      • su 30 marzo 2016 a 22:22 newwhitebear

        Ho provato più volte a richiamare la pagine con il risultato che WP si diceva spiacente ma la pagina cercata non c’era 😀
        Come antipasto è veramente gustoso. 😀
        Un caro abbraccio

        "Mi piace"Piace a 1 persona


  3. su 30 marzo 2016 a 22:09 Lord Ninni

    E che antipasto!
    Ci state toccando le corde giuste.
    Sapete benissimo in che considerazione tenemmo questo vostro libro (Che noi abbiamo, vantandone la presenza in bella mostra nel nostro studio-libreria e corredato dalla vostra dedica, autografa )…
    Torna il magg. Pomarev!
    (Non immaginereste mai i motivi per cui lo sentimmo affine, molto affine … ).
    Se avete intenzione di ri-pubblicarlo per intero, presso queste spettabilissime pagine, ci metteremo comodi, attenti e vigili, con corredo di brustolini, pop-corn, una birra doppio malti nerissima, tanta carta da scrivere e la nostra fida penna stilografica.
    Tutto come allora.

    PS: Antipasto?
    Di cosa?
    O scrivete, o non scrivete, milady!
    Il Crepuscolo della Lubianka è il vostro secondo capolavoro.

    Abbiate le nostre cordialità più radiose e crepuscolari.

    The milorder

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    • su 30 marzo 2016 a 22:35 Alessandra Bianchi

      @ LORD NINNI in effetti sono passati alcuni anni: amici che vengono e amici che vanno. Come nella vita.
      Ri-pubblicarlo? E perché no, Milord 🙂
      Grande onore è per me sapere che il mio modesto libro figura nella vostra biblioteca!
      Radiosità!
      Ah… e per Lady Nadia? Ci vogliono patatine, dolci e wurstel, tutto in quantità! Bah… e poi pesa cinquanta chili 🙂

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  4. su 30 marzo 2016 a 22:13 Lord Ninni

    Che tristezza: non ci sono più i refusi di una volta.
    Tutto pulitino e corretto.
    Cercammo qualche errore di punteggiatura; chessò un congiuntivo fuggito per chissàddove.
    Nulla.

    😦

    Il Crepuscolo del Milord:
    Nulla fu più come prima.
    Addio mondo crudele: neanche il conforto di un refuso e neanche a pagamento.
    😦

    Basta!
    Che dolore ….

    Cordialità

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  5. su 30 marzo 2016 a 22:33 Lord Ninni

    Ne trovammo UNO:
    Birra doppio malti

    Meno male, la giornata prosegue con garbo, brio e soddisfazione!
    🙂

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  6. su 30 marzo 2016 a 22:39 ili6

    Una storia splendida, ricca, persino istruttiva, che ho letto d’un fiato con tanto piacere ed interesse. Un libro che ho atteso a lungo e che ha dovuto percorrere l’Italia intera per arrivare a me.
    Presto inizierò l’altro tuo libro che, invece, è arrivato in un soffio, via etere, e so già che sarà una buona lettura.
    Un saluto e un sorriso 🙂
    Marirò

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  7. su 30 marzo 2016 a 22:54 Alessandra Bianchi

    @ ILI6 rammento che recensisti un mio libro, e io ne fui tanto felice!
    L’altro non saprei qual’è… Perdonami ma sono giorni difficili, e la memoria va e viene. Un grande abbraccio, cara Marirò 🙂

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    • su 30 marzo 2016 a 23:11 ili6

      Alex Alliston.
      Ho forse dimenticato di dirti che l’ho acquistato ed è già nel mio Kindle.

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  8. su 30 marzo 2016 a 23:16 Alessandra Bianchi

    @ ILI6 uh… quasi tutto scritto a mano! In un parco, circondata dagli alberi che tanto amo!
    Bacioni, cara 🙂

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  9. su 30 marzo 2016 a 23:41 Laura

    Bravissima Alessandra, ti abbraccio tanto, bacioni, ❤

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    • su 31 marzo 2016 a 14:50 Alessandra Bianchi

      @ LAURA anche io ti abbraccio 🙂 🙂 🙂 🙂

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      • su 31 marzo 2016 a 14:52 Laura

        ❤

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  10. su 31 marzo 2016 a 10:04 mairitombako

    "Mi piace"Piace a 1 persona


    • su 31 marzo 2016 a 14:51 Alessandra Bianchi

      @ MAIRITOMBAKO * ____________ *

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  11. su 31 marzo 2016 a 11:04 Lady Nadia

    ce l’ho cartaceo!😊

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  12. su 31 marzo 2016 a 14:52 Alessandra Bianchi

    @ LADY NADIA ti lovvo ❤

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  13. su 2 aprile 2016 a 00:24 wolfghost

    Ehm… mi si chiudono gli occhi… facciamo che ripasso domani, promessooooo! 😀

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    • su 2 aprile 2016 a 14:35 Alessandra Bianchi

      @ WOLFGHOST io ero già a nanna! 🙂
      Ti aspettooooo!

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  14. su 5 aprile 2016 a 19:59 univers81

    Rileggere di personaggi notevoli come Yarbes e Pomarev fa molto piacere. Univers

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  15. su 5 aprile 2016 a 20:05 Alessandra Bianchi

    @ UNIVERS81 caro, grazie!

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  16. su 10 aprile 2016 a 18:09 capehorn

    E chi se lo scorda.
    Per chi lo fa, sia pianto e stridor di denti.

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I commenti sono chiusi.

  • CHI SONO

    Mi chiamo Alessandra Bianchi.
    Amo ballare, nuotare, il sole, il mare e il vento.

    Ho scritto un romanzo,"Lesbo è un'isola del Mar Egeo" (Borelli Editore, collana Pizzo Nero), che era reperibile nelle migliori librerie (Mondadori, Feltrinelli, etc.) e su vari portali (IBS, ad esempio); ma che adesso è esaurito.
    Il libro costava 12 euro.

    Il mio secondo libro si intitola "Sognate con me" ed è una raccolta di racconti, tratti dal mio blog. Costa 10 euro.

    "Alex Alliston" è il mio nuovo romanzo, pubblicato nel mese di febbraio del 2012.

    Il mio precedente blog su Splinder ha superato le 420.000 visite. Desidero ringraziare i molti amici che mi hanno seguita.

    SUL CORRIERE DELLA SERA DEL 25 MARZO 2012, NEL SUPPLEMENTO CULTURALE “LETTURA”, IL MIGLIOR INCIPIT DI UN ROMANZO INEDITO (PAGINA 20):
    La barca – un vecchio dragone praticamente inaffondabile – virò di prua e fendendo i marosi imboccò lo stretto passaggio che conduceva alla piccola baia. Aleksandr ormeggiò lo scafo, lo disarmò e scese a terra. Lì il vento era meno intenso: l’insenatura era protetta dai numerosi scogli che affioravano dal mare, simili a denti aguzzi. Le onde si infrangevano su quella barriera e andavano a sfogare la loro collera altrove.
    ALESSANDRA BIANCHI “MATRIOSKA”

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