Per vincere la noia, dato che a bordo non aveva nessuna funzione, Daigh lavorava al pc. Lo considerava il miglior computer del mondo, nonostante le dimensioni ridotte; era sicuro, inviolabile, poteva introdursi ovunque, anche nei sistemi più sofisticati e protetti.
A un tratto, assunse un’espressione perplessa. Qualcuno aveva forzato il sistema di sicurezza. Qualcuno aveva violato il suo gioiello. Ed era accaduto già da giorni: possibile che non se ne fosse accorto subito? Corrugò la fronte. Non se n’era era accorto perché il misterioso visitatore era un hacker di altissimo livello e non aveva lasciato tracce della sua intrusione. Tranne una che aveva individuato quasi per caso.
La faccenda in sé non era grave, i dati erano vecchi e anche il giorno fissato per l’esplosione della bomba a Londra – l’unico elemento pericoloso – era stato modificato dall’arabo, né lui lo aveva ancora trasmesso a Todorov. Il problema era un altro e riguardava lo smisurato ego di Daigh.
Chi era quel dannato bastardo? Da dove operava? Impiegò due ore per scoprirlo. A Boston il sole stava per sorgere, ma Stephen era già sveglio, chino sulla tastiera con una tazza di cioccolata in mano.
“Chi cazzo sei?”, gli domandò Daigh.
Stephen riconobbe la fonte da cui proveniva il messaggio. “Fottiti, terrorista di merda!”
Be’, di certo, non si trattava dell’NSA, ragionò Daigh, e neppure di un’altra agenzia governativa. Almeno questo andava bene, perché se il Mago sapeva che il tipo abitava a Boston, era più che probabile che la cosa fosse reciproca. Forse il tizio era un pazzo ed era molto probabile che non avesse trasmesso alcuna informazione; ciò era comunque auspicabile. Stephen, in realtà, non era un pazzo, ma semplicemente un ragazzino introverso, negato per gli sport, mediocre a scuola e senza l’ombra di una possibile fidanzatina; era, però, un genio dell’informatica. Su un punto, il Mago aveva visto giusto. Stephen se ne infischiava di tutto e di tutti e non aveva divulgato quello che aveva appreso.
Daigh operò in modo che un potentissimo virus partisse dall’Australia per distruggere l’apparecchio del maledetto ficcanaso, poi spense il pc. Come un proiettile che colpisce un muro, il malware rimbalzò contro il sistema operativo Red Hat Enterprise Linux 6 e lì finì la sua corsa.
Il volo che li portò da Londra a Nuoro durò poco più di due ore, che i cinque trascorsero in maniera diversa: tre di loro dormirono, Wilkins si immerse nella lettura di American Shooting Journal, Yarbes meditò su alcuni aspetti della sua vita, sviluppatasi in modo decisamente diverso da come l’aveva immaginata da ragazzo. Niente boschi, nessun animale da proteggere, molta violenza con un corredo poco lusinghiero di menzogne, tranelli, inganni, operazioni “in nero” delle quali era difficile vantarsi. Aveva servito gli Stati Uniti, certo, e di questo poteva essere orgoglioso, sebbene i metodi da lui impiegati avrebbero fatto inorridire la maggior parte delle persone. Si era sposato con una donna bella e forte che amava, avevano avuto un magnifico figlio… e adesso tutto era finito.
Uno strano parallelo si affacciò ancora una volta alla sua mente: era poi tanto diverso da Pomarev? E da Matrioska? No, davvero, decise. Anche quei due obbedivano agli ordini, quali che fossero, e portavano a termine i compiti che gli venivano affidati, senza indulgere a considerazioni filosofiche o di ordine umanitario, ciò che invece spesso Monica faceva. Era dunque questo il prezzo da pagare? No. Non esistono prezzi, esiste la realtà, esiste il “grande gioco” da vincere a ogni costo. E se lui in sostanza aveva perso, lo stesso si poteva affermare per Monica. John era figlio di entrambi. Quindi? Quindi, bisognava continuare. E c’era un’unica vittoria da conseguire: non gli avrebbe reso John, però sarebbe stato abbattuto un grande male. Altri ne sarebbero venuti, poiché il Male torna a incarnarsi sempre. Nuovi fanatici, nuovi spietati assassini, nuove vittime innocenti. Ma quelle battaglie sarebbero state combattute da altri.
E su questo pensiero si assopì.
La graziosa hostess considerò i cinque passeggeri, valutandoli; pervenne alla conclusione che quattro di essi erano giocatori di rugby, il quinto, il loro coach. E, a suo giudizio, il più affascinante del gruppo. Vide che, mentre dormiva, serrava la mascella. Brutti sogni.
Aveva osservato i suoi occhi, quando era sveglio, notando che erano freddi come il ghiaccio. Per assurdo che potesse sembrare, era il genere d’uomo che le piaceva.
Cosa diavolo ci facevano su quell’aereo? E poi a rugby non si gioca in quattro.
D’altronde, a pensarci bene, forse avevano passato l’età per scendere in campo.
Sebbene non sapesse che il funzionario corrotto dell’ambasciata italiana lo aveva tradito, Ivan Vladimirovic Todorov si sentiva inquieto. Sesto senso o forse la lunga consuetudine ad avvertire i pericoli. Inoltre, era irritato perché Ibrahim al-Ja’bari aveva posticipato l’ora X. Tempo perso, ma non solo: più restava a Londra, maggiore era la possibilità che qualcosa non funzionasse, nella fattispecie che a causa di un colpo di sfortuna l’MI5 riuscisse a scovare il magazzino.
Se ciò fosse successo, aveva comunque un piano di riserva: avrebbe regolato il timer per far deflagare l’odigno nucleare a tempo debito e si sarebbe eclissato. Dubitava che gli inglesi potessero interrompere il conto alla rovescia prima dell’esplosione; e se ci fossero riusciti, al diavolo, la colpa era dell’arabo.
Si avvicinò all’ingresso del magazzino e sbirciò fuori attraverso un pertugio. Non scorse nessuno. Bene, i suoi erano timori infondati.
Il capitano Keith Lively aveva appena finito di studiare la planimetria che gli aveva fornito la società proprietaria dei magazzini di Halley Street e dintorni. Erano tutti pressoché uguali, a parte le dimensioni. Un ingresso sul davanti e uno sul retro. All’interno uno spazio vuoto che veniva utilizzato in base alle necessità di chi li aveva presi in affitto. Riguardo a quello occupato da Todorov, presumeva che ci fosse un banco da officina. Magari una branda. Un frigorifero. E poi? E poi la dannata bomba.
Lively si consultò brevemente con il maggiore Reid, quindì lanciò un’occhiata a William Hunt.
Sapeva esattamente ciò che avrebbero fatto. Lo avevano provato e riprovato mille volte, e, fatto più importante, lo avevano eseguito sul campo, spesso contro forze soverchianti e sempre con successo. In genere, si trattava di liberare ostaggi; in ogni caso, la procedura era la stessa, salvo qualche variante dovuta alle circostanze, al terreno o all’ubicazione dell’edificio che dovevano prendere d’assalto.
Irruzione. Flash-bang. Esecuzione.
A causa della assoluta mancanza di commenti, questa storia finisce qui.
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Quattro pezzi diversi, quattro episodi intriganti, che aprono scenari nuovi. Di certo qualcosa andrà storto a qualcuno ma la storia rimane avvincente comunque.
Una caro abbraccio
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Come finisce qui? E il mio cos’è?
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@ NEWWHITEBEAR il tuo è un abbraccio nella notte. Poiché è l’unico è veramente bello!
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@ NEWWITEBEAR sai pensavo a post tipo: “Ti amo.”, disse Lucia.
“Anch’io.”, rispose Franco.
I bambini applaudirono felici.
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Ed ecco “un mi piace” 😀
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Come “A causa della assoluta mancanza di commenti, questa storia finisce qui.”?? 😮 Già molto tempo fa’ imparai che anche la blogsfera e il web in generale hanno una loro… bioritmo, spesso le fluttuazioni non hanno nulla a che fare con uno specifico blog o sito, si tratta di… fluttuazioni generali 🙂
Veniamo al post 🙂 Stephen romperà l’isolamento, almeno questa volta. Altrimenti perché tirarlo il causa? 😉 Anche se… bé, non è che tu sia una scrittrice prevedibile… quindi chissà…
Bé, come Matrioska sì, abbastanza. Ma Pomerev… no, Pomarev è uno che gode del male che fa’, gli altri due no. O almeno quasi mai.
… attendiamo con impazienza la… esecuzione! 😛
http://www.wolfghost.com
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Un capitolo tecnico e dritto.
Molto scorrevole, ma soprattutto molto atteso.
L’enfasi lirica la si sente proprio.
Vorremmo sottolineare le riflessioni, da voi poste in rima persona come è giusto, nell’ultima parte. Esse corrispondono a verità (probabilmente avete avuto una specifica consulenza).
Considerazioni che corrispondono al vero.
In ultima battuta: il sistema operativo, da voi indicato e che è di distribuzione gratuita (chiunque può scaricarlo ed installarlo, nella versione non Enterprise) viene usato come OS primario sia dai redattori di Wikileaks, sia sembrerebbe dagli appartenenti ad Anonymus.
Estremamente potente (ha una capacità di calcolo e semplificazione risorse fino a dieci volte un Mac e 7/8 volte un Windows.) e versatile e d’uso semplicissimo. Un unico scoglio, ma estremamente importante.
Va configurato.
Fidatevi, non è per niente facile.
Una bella lettura.
Buona serata
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Condividiamo le delucidazioni di Lord Lupo.
In più aggiungemmo una considerazione: Pubblicare il sabato sera, oppure invitare una signora, a cena, di Lunedì, non si fa.
La disfatta è cocente.
Cordialità
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Una piacevole lettura, scorrevole e intrigante. Bello il tuo racconto! Marisa
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@ WOLFGHOST mi soffermo sul tuo ultimo pensiero, Lord Lupo. Noi la vediamo così perché “sappiamo”, ma non credo che Yarbes abbia mai scambiato una parola con Matrioska. E non penso che Monica gli abbia raccontato tutto… tranne, sicuramente, la lotta nell’albergo di Cannes. E lì il russo voleva ucciderla.
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… e questo è vero! 🙂
Avrebbe dovuto leggersi i libri precedenti! 😛
http://www.wolfghost.com
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@ WOLFGHOST 🙂
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@ LORD NINNI ciò mi sfugge, esimio Milord: “Vorremmo sottolineare le riflessioni, da voi poste in rima persona come è giusto, nell’ultima parte. Esse corrispondono a verità (probabilmente avete avuto una specifica consulenza).
Considerazioni che corrispondono al vero.”
Quali, illustre amico?
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b>1° Sapeva esattamente ciò che avrebbero fatto. Lo avevano provato e riprovato mille volte, e, fatto più importante, lo avevano eseguito sul campo, spesso contro forze soverchianti e sempre con successo. In genere, si trattava di liberare ostaggi; in ogni caso, la procedura era la stessa, salvo qualche variante dovuta alle circostanze, al terreno o all’ubicazione dell’edificio che dovevano prendere d’assalto.
Irruzione. Flash-bang. Esecuzione.
Sembra tratto, di peso, dal Manuale base dell’incursore paracadutista.
Al 9° Col Moschin ne giravano, almeno, una ventina di versioni.
Iniziammo ad avere difficoltà comunicative? La vetustà, sicuramente.
2°/b> Anche con le “Panettiere o Parrucchiere il prodotto non cambia i ristoranti sempre chiusi rimangono.
Una disfatta!
Abbiate una domenica radiosa
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Evabbé, refusare adesso anche in una risposta, non era mai successo.
Al peggio non c’é mai fine.
Soluzione:
Seppuku? Vedremo entro il tramonto.
Salutazioni
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@ LORD NINNI grazie. No: nessuna specifica consulenza.
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@ LORD NINNI il refuso è libertà. Lo so, mi ripeto.
Buona domenica.
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Già, libertà di assillare gli occhi, la mente e la propria sanità mentale.
Riconoscenti radiosità
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@ LORD NINNI era primo pomeriggio e al lunedì si possono invitare parrucchiere e panettiere.
La verità vera è che avevo appena letto un’intervista a Mourinho e ciò mi ha fatto sicuramente male, portandomi a un vago senso di onnipotenza del genere “the Special Ale”. Uhm… meglio lasciar perdere.
Radiosità.
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@ MARISA COSSU grazie, cara! Felice domenica 🙂
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FORTISSIMO ABBRACCIO XTE
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@ LORD NINNI ma Nino (Ninni) non aver paura a sbagliare un calcio di rigore, non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore,
un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia.
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Leva calcistica della classe ’68.
Francesco De Gregori
“Sole sul tetto dei palazzi in costruzione
sole che batte sul campo di pallone
e terra e polvere che tira vento
e poi magari piove
Nino cammina che sembra un uomo
con le scarpette di gomma dura
dodici anni e il cuore pieno di paura.“.
Bellissima canzone.
Grazie
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@ LORD NINNI grazie a voi… no, a te Milord!
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😉
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@ MAIRITOMBAKO un grandissimo bacione, mia cara amica lontana.
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Ecco tornato il ragazzino musone ma genio in informatica. Non ha parlato con nessuno, OK, ma potrà’ ripensarci…
Yarbes ha un chiaro compito da svolgere,, idem Monica e lo porteranno a termine, caspiterina! 🙂
Sempre bravissima. Attendo il seguito.
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@ ILI6 il ragazzino musone? Vedremo. Ciò che conta è la tua fantastica memoria! Yarbes di sicuro è molto determinato. Il suo passato parla per lui.
Ti ringrazio di cuore, Marirò 🙂
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Come sarebbe a dire “la storia finisce qua”? Ho passato una settimana pesante, finalmente riesco a leggerti, conto di farmi una scorpacciata di colpi di scena e tu mi scrivi “la storia finisce qua”? Ti avverto, sono qua fuori con un gruppo di tiratori scelti pronti ad annientare casa tua al mio comando. Inoltre ti ho nascosto in cantina una bomba che al suo confronto quella del tuo arabo è un innocuo biscotto fatto da Antonio Banderas. Finisci il tuo capolavoro o saranno volatili per diabetici. Capito?
Naturalmente ti abbraccio, Cip
Firmato Ciop.
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@ SUZIEQ11 mi hai terrorizzata, Ciop!
Obbedisco e ti mando un bacione.
“Rage” tornerà domenica.
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Ci conto. Intanto ti tengo ben monitorata … seppialo!
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Ops! Ricambio i bacioni …
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… e meno male che non finisce qua… non prendere decisioni di impulso, cara, perchè sai benissimo meglio di chiunque che la storia non è ancora finita, anzi sviluppa e manifesta ulteriori vicissitudini. Yarbes poi si conferma il mio idolo. Un caro saluto e spero di rileggerti presto. Univers
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@ UNIVERS81 ormai mi conosci da dieci anni: ogni tanto sclero 🙂
Un caro saluto a te, amico mio, e grazie!
(Anche da parte di Yarbes).
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….
ogni tanto tutti sclerano cara Alessandra
lo faccio anch’io… sotto l’effetto dell’impulsività
o di momenti di rabbia….
Come non avevo dubbi che Tu avresti continuato
è una storia bella, piena di risvolti che merita essere seguita
anche se, ultimamente sono diventata una ritardataria…
Ma non posso entrare e leggere tanto per leggere
perchè mi piace seguirti con lo stesso entusiasmo e
consuetudine dei primi tempi…
Essendo poi in questa storia, una seguace di Monica, e di
tutti prezzi che deve pagare…
T’abbraccio forte!
Michelle
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@ VENTIDIPRIMAVERA le anime sensibili sicuramente, cara Michelle.
Ti sono estremante grata per le tue belle parole.
Bisous*
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