Ottobre arrivò cogliendoci di sorpresa.
Ci incontrammo nel parco. Ero stato io a pregarla di evitare i soliti bar: non era di un aperitivo che avevo bisogno; e mi infastidiva l’idea di trovarmi confinato in un piccolo tavolo, mentre attorno a noi gente sconosciuta vociava scompostamente, vuote risate echeggiavano volgari, camerieri frettolosi e poco educati sbagliavano le consumazioni.
Volevo parlarle, ma in un luogo silenzioso. Soprattutto desideravo immergermi nei colori dell’autunno, assaporare la presenza di alberi e piante, dei tappeti di foglie bruciate, del lieve sussurro del vento. In questo quadro, era contemplata solo la presenza di una ragazza che portasse a spasso il cane. Indossavo dei pantaloni grigi di lana e un maglione verde sotto la giacca spigata. Chiara si era presentata in modo più sportivo, jeans e un giubbino Geox. Si accese una sigaretta, porgendomi poi il pacchetto. Ma io avevo smesso di fumare. Il silenzio si protrasse fino a trasformarsi in una corda tesa, che lei provvide a spezzare.
“Cosa vuoi da me, Giorgio?”
Non risposi subito. La mia mente vagava lontano; ricordi belli e brutti si affastellavano senza un ordine preciso. Fissai lo sguardo su un punto imprecisato del parco, mentre il tramonto rinnovava il suo eterno prodigio. “Vedi”, avrei voluto dirle, “io ti amo ancora. Se ho sbagliato, ho capito anche il mio errore, e sono pronto a ripararlo. Concedimi una possibilità. Una soltanto.”
Invece, dissi: “Ti vedi con qualcuno?”
Chiara annuì. “E tu?”, chiese di rimando.
“Niente di speciale.”, mentii. “Si chiama Mariapia.”
“Non ti ho chiesto il nome.”, replicò quasi irritata.
Lasciai che il silenzio ci avvolgesse; intanto mi domandavo di quali parole avrei potuto avvalermi. Avrei voluto parlare di me. Raccontare tutto dal principio. E poi dirle che non esisteva nessuna Mariapia, all’infuori di una donna che mi vendeva la frutta.
Se siamo qui una ragione ci sarà.
“Vedi”, le avrei detto, “non mi hanno insegnato ad amare. Nessuno mi ha mai insegnato niente. Ho dovuto arrangiarmi da solo, e in certe cose ci sono riuscito, in altre no. Voglio dire che quel poco che so l’ho imparato sulla mia pelle: perciò è fatale che le mie conoscenze siano così limitate. Soprattutto per quanto riguarda l’amore. Ho vissuto un’infanzia grigia. Il mio cuore era sempre freddo. Mi sentivo inadeguato; a volte piangevo perché non provavo calore. Quel calore che ti entra nell’anima, come prodotto da una stufa magica; quel calore composto da torte di mele, senso di comunanza, un legame familiare così forte da farti sentire protetto, al sicuro. Percepivo il mondo esterno come un’entità ostile, tanti mostri pronti a divorarmi: e sicuramente non mi sbagliavo. L’ho imparato a mie spese, e allora mi sono chiuso in me stesso ignorando il pensiero degli altri. Non mi sono mai interessati i pettegolezzi maligni, la maldicenza, l’invidia. Davo per scontato che esistevano e la mia risposta era l’indifferenza.
Se i tuoi genitori non ti insegnano ad amare, come fai ad amarli? E se il mondo è crudele, come puoi provare empatia per la gente? Ho sempre pensato ai fatti miei, e se sono egoista lo devo a ciò: a queste basi di partenza, che, se ci ripenso, ancor oggi mi viene il magone. Ma non volevo neppure trasformarmi in un fuscello piagnucoloso, in balia delle correnti. Perciò ho chiuso a doppia mandata il mio animo, e ho lottato. Sono diventato pragmatico. Ho imparato a non esternare i miei sentimenti, posto che ci fossero.
A volte ci sono stati.
Per te c’erano, e ci sono. Tu non lo sai perché non te li ho mai mostrati. Non ne sono capace.
Ma, qualche piccolo gesto, di consuetudine o all’apparenza irrilevante, andava in quella direzione. Quantomeno, tentava di andarci. Era poco, lo so. Non posso darti torto. Non accampo scuse. Cerco di spiegare, il che è diverso.
Se ne fossi stato capace, ti avrei regalato il mondo; ma non era nelle mie corde. Ciascuno ha un suo destino, che è precostituito, un po’ come la storia della salvezza eterna di Lutero. Non credo a salvezze e condanne, ma l’esempio fila. La salvezza e la condanna sono su questa terra. Dopo morti, rimane solo polvere. Futili ricordi che il tempo spazzerà via. La salvezza è nei polmoni, nei vasi sanguigni, nel modo di affrontare la vita. In un gesto d’amore. Ma, se nessuno me lo ha mai insegnato, come è possibile pretendere che io sappia cogliere un fiore, e rivestirlo di mille significati?
Non ho raccolto fiori per te, non ti ho donato nulla.
Ma dentro di me l’ho fatto.
Non sai quante volte.”
Ma le parole non mi uscivano di bocca.
Capii che Chiara si stava alterando, che considerava il mio silenzio come una presa in giro.
I suoi occhi, color giada, mi fissavano freddamente.
Eppure a volte è tanto difficile parlare, spiegarsi, mostrare il proprio cuore nudo. La guardai per un breve istante, poi rivolsi la mia attenzione alle prime ombre della sera. Il silenzio mi sembrava di ghiaccio, e non riuscivo a romperlo. Ero come bloccato, e allora dissi tanto per dire: “A volte, è bello rivedersi. Come per una rimpatriata.”
Compresi di aver peggiorato la situazione, e non mi stupii vedendola alzarsi dalla panchina.
La osservai mentre si allontanava. Per un momento fui tentato di seguirla. Avevo dovuto insistere a lungo per ottenere quell’appuntamento, e così mi sembrava irrisolto. Ma cambiai subito idea. Non era irrisolto: benché non fossi riuscito a parlarle, avevo fatto comunque chiarezza in me stesso. Inoltre, l’avevo vista, un po’ sciupata forse, ma pur sempre attraente. E avevo ricordato i suoi difetti, che non erano né pochi né trascurabili.
Mi incamminai in direzione opposta, verso il posto delle fate. Sapevo che presto il custode avrebbe chiuso i cancelli del parco; tuttavia conoscevo una via di uscita che rimaneva sempre aperta.
Immaginai di avere con me una borsa, spaziosa ma leggera. Focalizzai la mia mente sui momenti più tristi della mia vita. Non mi sforzavo di cercarli; arrivavano da soli, e man mano li infilavo nella borsa. Raggiunsi il posto delle fate, che si trovava al confine settentrionale del parco. Oltre la rete di recinzione, c’era un vecchio museo, abbandonato da anni. L’edificio formava un angolo retto con un deposito di legnami. A seguito di uno scandalo, il museo era stato chiuso e le fate avevano abbandonato il parco. La leggenda narrava che fino a quel momento avevano protetto gli innamorati che si recavano fin lì.
Nel frattempo avevo già intrappolato cinque ricordi. Il più triste risaliva forse a dieci anni prima. Erano le sei di una gelida serata invernale. Mi trovavo in una paese che si chiama Canzo, rabbrividivo per il freddo; ciò nonostante continuavo a osservare le vetrine dei rari negozi. “Se non rincaso”, mi dicevo, “non sarò solo.” Detto così, non suona tanto terribile: ma, come per i sogni, il punto focale non era rappresentato da ciò che accadde, in fondo poca cosa, bensì da quello che provai. Da come vissi quella sensazione angosciosa.
Canzo nella borsa.
Poi, via via gli altri, li facevo entrare uno alla volta, e non prima di averli identificati. Non me ne sarebbe scappato nemmeno uno.
Alla fine la borsa fu piena, la chiusi bene e la gettai in un cespuglio. Sapevo con certezza che una fata sarebbe tornata, avrebbe preso la borsa e l’avrebbe portata lontano. Guadagnai l’uscita del parco, e forse per la prima volta da quando Chiara mi aveva lasciato, non mi sentii solo. Non del tutto, almeno.
Però, avevo paura che fosse un inganno.
“E adesso io?”, domandai alla notte che profumava d’autunno.
La risposta fugò molte incertezze, sebbene non tutte.
IL POSTO DELLE FATE 2 DI 4
15 luglio 2015 di Alessandra Bianchi
28 Risposte
Lo metto nei segnalibri e lo leggo stasera, baci tesoro, buona giornata, ❤
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Vedere il mondo in un grano di sabbia e un Universo in un fiore di campo, possedere l’ Infinito sul palmo della mano e l’Eternità in un’ ora…
(W. Blake)
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@ LAURA grazie, mia bella amica 🙂
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@ MAIRITOMBAKO very good!
Kalispera ^^
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E’ fuggito l’attimo propizio ? Non tornerà più? Confidiamo nelle fate … 🙂
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@ RODIXIDOR sono due storie diverse, quella tra Giorgio e Chiara e Letizia e Marco. Una delle due potrebbe andare ancora bene. E sicuramente le fate…
Grazie per l’attenzione!
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Nelle tue parole tutto il fascino dell’autunno che adoro, e tu sai quanto!
Sai raccontare d’autunno e di anime come foglie ingiallite, di anime con i colori caldi, di anime tenere e fragili….sei sempre la MIA strega!
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Prosegue la storia. Sempre avvincente e piacevole da leggere.
Un caro abbraccio
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Quale sarà la differenza tra l’uomo e l’uomo nuovo?.
Una domanda che, angosciosa ci perseguita segnando il cammino, costante, del quotidiano.
Poi arrivano giornate come queste dove, alla ricerca di quel momento sereno che dovrebbe potermi accompagnare durante il giorno, mi imbatto in uno scritto come questo.
I profumi autunnali color pastello, qua racchiusi in una sinestesia dovuta, concedono la prima carezza.
La bellezza, per volontà del Fato o delle Fate, prosegue il suo cammino sull’onda del Celeste Austro</i quotidiano.
Se i tuoi genitori non ti insegnano ad amare, come fai ad amarli?
Il primo flash che interrompe la lettura.
E’ un attimo.
Come se, in quel momento proiettato dentro una sonnolente mattina di Luglio, qualcuno o qualcosa mi porti a forza dentro un quadro che non è il mio.
Esco, incredulo, da quel torpore e continuo a leggere con un po’ più interesse.
Se ne fossi stato capace, ti avrei regalato il mondo; ma non era nelle mie corde.
Ciascuno ha un suo destino, che è precostituito, un po’ come la storia della salvezza eterna di Lutero.
Non credo a salvezze e condanne, ma l’esempio fila.
Ecco, di nuovo, che mi ritrovo a contatto con me stesso, i ricordi e le paure.
Una lama, affonda il ricordo assimilandono, dentro le aiuole di questo raconto e mi ritrovo in una teoria di pensieri che si rincorrono, come grani di un rosario, dietro alle parole.
Il cuore e la mente leggono; il ricordo e il desiderio soffrono.
Così, quasi senza accorgermene, arrivo alle battute finali. Sì, quelle battute dove il buono prevale sul cattivo oppure dove la cavalleria, urlando la propria potenza, salva il mondo.
Qua di mondo, però, c’é rimasto il mio.
Un mondo grigio e solitario che, all’alba di una anonima giornata di Luglio, ha aperto le sue finestre su una giornata d’autunno.
“E adesso io?”, domandai alla notte che profumava d’autunno.
La risposta fugò molte incertezze, sebbene non tutte.
E con un sorriso, sorseggiai il primo caffé.
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Avete scritto un racconto che consola: non tutto è brutto, dunque?
Esiste anche la parola che vince e convince!
Grazie Fata.
Cordialità
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Pe ‘mme, se la sono portata via.
Dentro a un pilone dell’autostrada.
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Sì, è vero.
E’ stata rapita e sembrerebbe che abbiano già fatto una richiesta.
Non c’é più mondo!
Non c’é più religione.
😦
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AGGIORNAMENTO ULTIM’ORA
E’ ufficiale: La nostra Alessandra Bianchi è stata arrestata questa mattina da nove pattuglie della Guardia Pontificia,.che hanno circondato la sua casa, prelevandola nel sonno perché non voleva svegliarsi, neanche con le botte.
Appena condotta/deportata presso la Casa Circondariale di Calcutta, dove è stata depositata ancora dormiente.
Le accuse sono: tentato omicidio a mezzo penna e circonvenzione di personaggi.
Al primo interrogatorio di garanzia, davanti il magistrato del Paese delle Meraviglie, la brava scrittrice si è avvalsa della facoltà di non rispondere, in quanto continuava a dormire. (Russava proprio).
Il ministro dell’Interno, Angioletto Alfanino, ha così commentato:
… è stata una brillante operazione delle nostre forze di polizia.
Ella non ha opposto resistenza, resistori o transistors vari.
Nelle prossime ore pubblicheremo un bollettino ufficiale direttamente dalla Cajenna, dove verrà deportata.
Infine, il Presidente della Repubblica Mattarella, ha così commentato:
“No comment“, stupendo tutti i presenti.
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@ MARI la tua è una poesia, MIA guerriera!
Lots of love*
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Baci tanti
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@ MARI ❤
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@ NEWWHITEBEAR ti ringrazio e ti abbraccio.
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@ LORD NINNI da panettiera a fata! Una bella promozione 🙂
Grazie per il bellissimo commento, quasi un post nel post, direi.
Mentre voi, illustre Milord, sorseggiavate il primo caffè, io ero già al terzo.
Radiosità.
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@ ULTIM’ORA FLASH in precedenza ero stata rapita da certa M.I.N. e seviziata. Fui costretta a imparare a memoria interi brani di Licia Troisi.
In quanto alle accuse, mi dichiaro innocente.
In particolare, i miei personaggi fanno ciò che vogliono.
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ESCLUSIVO: LE PRIME IMMAGINI DI ALESSANDRA BIANCHI
Esclusivo- La Cajenne, 18 Luglio 2015
Siamo in grado di fornirvi le prime immagini di Alessandra Bianchi nella sua nuova residenza alla Cajenne.
Come, agevolmente, si nota la brava scrittrice ha subito fraternizzato con gli ospiti locali.
Da subito, l’impareggiabile Licia Troisi si è fatta paladina della nostra.
Il Direttore del “Residence”, dott. Turi Sepol (per gli amici Sepoltury), in una nota, ha dichiarato di essere ottimista sul futuro “tranquillo” soggiorno della Bianchi.
Come si ricorderà, Alessandra Bianchi, è stata arrestata dalle Guardie Pontificie, a seguito mandato di scomparizione, emesso dal magistrato del Paese delle Meraviglie dott.ssa Ciata Lasco (per gli amici La Scocciata), in merito ad una precisa denuncia presentata dai vari personaggi dei racconti.
La vicenda viene attentamente seguita dagli osservatori internazionali. In particolar modo quelli americani per eventuali violazioni del CopyMaight e dalla Federazione Russa per abuso della professione di rianimatrice di defunti.
Intanto il Co.Pa.Si.R., nella persona del suo presidente Giacomo Stucchi, è rimasto di stucco per la totale assenza dal quadro politico/esecutivo di Rage.
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Omaggio alla detenuta Alessandra Bianchi, alla Cayenne…
Quando a Orly chiamano il volo, corro per evitare la coda, plotoni di ragazzi da ore in agguato.
Viaggeremo assieme e non capisco come sia venuto in mente al professore e alle tre signore che li accompagnano, di portarli in gita scolastica alla Caienna.
Sessant’anni fa chi partiva per la Caienna sapeva di non tornare.
La condanna era per la vita anche se gli anni non arrivavano a dieci: all’ex galeotto si proibiva di riprendere la nave.
Nessuno doveva raccontare.
Nascevano villaggi di capanne nella foresta.
Il sangue si mescolava e ai vecchi prigionieri restava la nostalgia: scappare, impossibile.
Per mare tifoni e pescecani; le paludi verso il confine erano e sono labirinti avvelenati.
E’ diventato un posto di vacanza: com’è possibile?
Difficile trattenere la curiosità se il viaggio dura dodici ore.
Il professore risponde che la Guayana francese (ma anche le due Guayane accanto: inglese e Suriname) affoga nella foresta di un’Amazzonia non sconvolta dalla speculazione brasiliana.
In fondo è territorio metropolitano, municipio di Parigi. Per chiamare Parigi basta un gettone. Le leggi sono francesi e i francesi amano la natura.
L’amore deve cominciare a scuola, ecco la gita. Insomma, discorsi così. Avevo preso l’aereo per raccontare di un’ Ariane che stava per depositare in orbita il satellite destinato ad allargare le bande delle comunicazioni d’Europa, videotelefoni, mille canali TV.
Avevo accettato il viaggio tecnico-noioso perché affascinato dai brividi che accompagnavano un nome maledetto nei romanzi delle giovinezze di una volta: Emile Zola e il suo Dreyfus, storia di un capitano accusato di tradimento quando non aveva tradito.
Nella Parigi fine Ottocento é condannato a scontare il bagno penale all’ Isola del Diavolo, mare della Caienna.
E poi i libri di chi muore lasciando pagine strappacuore; e chi scappa per inventare un romanzo di bugie, Henry Carriere, detto Papillon.
Imbottiglia racconti di altri galeotti, diventa un best seller e un film.
Montagna di soldi scialacquati in Venezuela.
Ormai il secolo è un altro e se un liceo di La Rochelle sceglie la Guayana per il viaggio culturale, e se i giornalisti volano in Guayana per testimoniare il futuro nello spazio, la foresta dalle nebbie bollenti strette all’equatore, sbiadirà i ricordi come fantasmi di una inciviltà svanita.
Pensieri di chi arriva nel posto sconosciuto, eppure la realtà è sempre diversa.
Su un tavolino annerito dal tempo rimane, però, una copia sbiadita de’ Il crepuscolo della Lubjianka e alcuni fogli scritti a mano con una matita improvvisata.
Vecchi ricordi di una detenuta che lascia antiche parole dentro una cella di un penitenziario abbandonato d’oltremare,
Nessuno seppe il destino di quella scrittrice che beveva l’acqua Evian …
…
Je laisse la dernière pensée de cette histoire qui m’a fait rêver …
Salutations
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@ ULTIIM’ ORA FLASH muoio 🙂 🙂 🙂
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@ LORD NINNI che splendido racconto, Milord!
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Da giovane succedeva anche a me di fare tanti bei discorsi nella mia testa per poi ritrovarli molto ridimensionati quando cercavo di esprimerli a parole 🙂 Però il silenzio del Nostro è davvero imbarazzante…
“Sapevo che presto il custode avrebbe chiuso i cancelli del parco; tuttavia conoscevo una via di uscita che rimaneva sempre aperta.”… mi ha riportato al mio vecchio parco, anche io conoscevo un’uscita che restava sempre aperta 😀 Anche se, a dire il vero, il sentiero che portava lì era strettino, non illuminato, e non consigliabile al calar delle tenebre… Non per i lupi, proprio perché rischiavi di cascare di sotto! 😛
http://www.wolfghost.com
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@ WOLFGHOST confermo: il silenzio del Nostro è davvero imbarazzante.
Ma anche a me è successo; mi sentivo come stordita. E anch’io ho un mio parco con l’uscita sempre aperta.
Di sicuro, i lupi ci vedono meglio della sottoscritta 🙂
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No, no, ti assicuro che un paio di volte ho rischiato di finire a fondo valle!! 😀
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@ WOLFGHOST 😛
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Molto interessante come capitolo di prosecuzione… se son rose… un saluto estivo, Univers.
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@ UNIVERS81 non credo che siano rose, caro amico.
Ma ormai sono in ballo.
Ciao 🙂
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