Quello che in seguito sarebbe stato ricordato come il Grande Discorso fu pronunciato, e trasmesso da tutte le reti televisive, a partire dalle venti, fuso orario di Washington.
Venne seguito da più di trenta milioni di americani, poiché era stato annunciato con largo anticipo. Le famiglie dell’est che avevano finito di cenare un’ora prima, raggruppate nel soggiorno oppure in cucina, aspettavano trepidanti, dato che si intuiva ciò di cui Monica Squire avrebbe parlato.
Nei bar, davanti a grossi boccali di birra, gli avventori scrutavano il teleschermo con aria cupa. Lo stesso valeva per i poliziotti, per i federali, per gli alti funzionari governativi, per i banchieri e gli agenti di borsa, e naturalmente per Langley.
Sulla costa occidentale il lavoro negli uffici era stato interrotto, in altre località non si badava all’ora.
Ma era soprattutto a Londra che l’interesse e l’apprensione risultavano massimi. Nel suo studio, Sir Edward fissava impassibile il televisore. L’espressione del volto era però tetra.
Pallida in viso – aveva rifiutato il trucco – ma con una luce determinata negli occhi, Monica esordì salutando il grande popolo americano.
Indossava un tailleur blu e calzava scarpe con il tacco basso. Indicò un fascio di fogli posati sulla scrivania e disse: “Questo è il lavoro di persone competenti, che stimo e apprezzo. Hanno dedicato molto tempo per preparare quanto, secondo loro, avrei dovuto dire.”
Scosse il capo, sorridendo. “Ma io preferisco fare a modo mio. Chiedo scusa per l’impegno profuso, che avrebbe meritato sorte migliore, e chiedo scusa a voi, amiche e amici che mi state ascoltando, democratici o repubblicani, se parlerò a braccio. D’altro canto, non sono qui per fare sfoggio di oratoria, e nemmeno per bilanciarmi tra mezze verità e allusioni poco chiare.”
Margaret Collins scrollò le spalle. Se lo aspettava.
Monica bevve un sorso d’acqua, prima di continuare.
“Oggi tutto quello che avviene nel mondo, in ogni parte del mondo, diventa subito di dominio pubblico… tv, giornali, internet, diffondono in tempo reale ogni notizia, talvolta in modo errato ma questo esula da quanto desidero comunicarvi. Sapete tutti che mio figlio e i coraggiosi uomini che lo scortavano sono stati barbaramente uccisi. Non nego di aver pensato di dimettermi, in quanto straziata dal dolore, ma… avevo e ho un dovere: quello di servire la mia nazione, di lottare per l’America, per chi mi ha votato e per chi non mi ha votato. Ora, l’assassino – non pronuncerò mai il suo nome – vuole incontrarmi. Lo avrete sicuramente già appreso. A causa di errori, dei quali mi assumo la piena responsabilità, come è giusto che sia, non siamo riusciti a trovarlo e a portarlo negli States per sottoporlo a un processo. L’assassino ha esplicitamente dichiarato che, se io non obbedissi al suo ordine, egli raderebbe al suolo Londra. Non si tratta di vane minacce: è in grado di farlo. E io non posso permettere un simile orrore. Ritengo che, dai tempi di Hitler e di Stalin, l’assassino sia il peggior nemico con cui gli Stati Uniti d’America abbiamo dovuto confrontarsi. Sono qui per dirvi, e per dirgli, che obbedirò. Mi recherò nel luogo che lui indicherà, da sola, senza scorta. E… mi inginocchierò.”
Milton Brubeck si alzò bruscamente dalla sedia e picchiò un pugno sul muro, paonazzo in faccia per la collera. Lontano da lì, Sir Edward si versò uno sherry, mentre rifletteva sul senso di quelle parole. Donna coraggiosa, pensò. Molto più lontano, Vladimir Putin aggrottò la fronte: non per il riferimento a Stalin, ma per la pessima traduzione che scorreva in basso sullo schermo.
“Qualora venissi decapitata”, riprese Squire con un tono di voce sereno, “sono certa che Margaret saprebbe sostituirmi più che degnamente.”
Collins incrociò le dita.
“Sto pregando come credo tutti voi per la sorte di quelle due povere donne e mi auguro che il mio incontro con l’assassino valga a salvarle.”
Poi la voce divenne dura.
“Però, se ciò non avvenisse, e se nel contempo io non morissi, dichiaro con la massima fermezza che la nostra bandiera non subirà alcun tipo di umiliazione. Perché…”
Alzò un dito, fissando la telecamera.
“Perché, anche se colpita al cuore, l’America non può perdere. L’America è destinata a trionfare, a distruggere il Male, e l’assassino è l’essenza stessa del Male. Non ha una causa per cui lottare, non gli interessano i palestinesi, vuole unicamente portare morte e distruzione. Io lo sfido. Lo sfido a presentarsi da solo, così come farò io, non mi importa se armato. Io avrò una corazza più dura dell’acciaio. Perché sono americana!”
La jeep procedeva sobbalzando sull’arido terreno brullo. Davanti, nella fatomorgana, si scorgeva il deserto, reso infuocato dal sole. A ovest, in direzione del mare, si innalzavano le montagne; a est c’erano acacie, mangrovie e ciuffi di erba rinsecchita. Il cielo era di un azzurro opaco, solcato da nuvole immobili per la mancanza di vento.
Danil Volkov possedeva una solida preparazione che si estendeva in vari campi: sapeva uccidere un uomo a mani nude, era un tiratore infallibile, conosceva i mezzi migliori per costringere un prigioniero a parlare, decifrava i codici con la stessa facilità con cui un bambino poteva colorare un album di disegni.
Ma non era preparato a ciò che accadde.
La jeep sembrò levarsi in volo, simile a un mostruoso uccello deforme, poi ricadde squarciata a pochi metri dalla mina. Volkov era già morto. Miloslav Pomarev si trascinò fuori dalla carcassa del veicolo; strisciando per terra si avvicinò al Saiga-12 che come per miracolo era ancora intatto. L’intenzione iniziale era quella di usarlo contro di sé. Non si faceva illusioni. Gli restavano pochi secondi di vita e preferiva provvedere personalmente. Ripensò con orgoglio alla sua esistenza: un luminoso cammino, costellato di vittorie. Aveva servito bene il suo Paese, non aveva mai mancato… tranne una volta. Socchiuse gli occhi che improvvisamente erano diventati gelidi, freddi come un’alba siberiana, con una luce di odio devastante che superava l’intensità del dolore.
Molti anni prima, nell’estate del 1991, aveva conosciuto l’unico fallimento, il solo, e nella mente resa più lucida che mai dalla consapevolezza della fine, non ne attribuiva la causa a Boris Eltsin, né ai pavidi ideatori del golpe, e neppure al tradimento di quanti si erano rifiutati di sparare sulla folla.
Cercò con lo sguardo Yarbes e con gioia vide che era ferito, però vivo. Lui era il responsabile di quell’unica sconfitta, lui e la moglie, la baldracca che adesso era seduta sul trono degli Stati Uniti.
Pomarev sussultò per la sofferenza indicibile. Aveva perso una gamba e l’altra era troncata all’altezza del ginocchio. Serrò i denti e continuò a strisciare a forza di braccia. Un centimetro alla volta, cancellando il dolore dal cervello, escludendo dall’animo tutto quello che non aveva a che fare con il suo compito.
Infine, afferrò l’arma e la puntò contro l’americano.
“Muori, cekista!”, sibilò.
Premette il grilletto.
Ma consegnarsi come può salvare Londra ?
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Un capitolo dettato dalla forte, anzi fortissima, emotività.
Uno spirito di sacrificio non comune per un Capo di Stato. Soprattutto l’intenzione di inginocchiarsi. Avete dipinto abbastanza bene lo spirito del popolo americano.
Uno spirito estremamente libero e … complesso!
Per molto meno, nel merito presidenziale, in altri casi il sacrificio è stato sovrumano: nessuna trattativa e il martirio assicurato.
Gli States dalle due facce, infatti: o il sacrificio, … o il sacrificio riflesso.
Come non evidenziare quello che la vostra penna ha creato, con una bellezza e pulizia letteraria sopraffina: Pomarev.
Un vero eroe!
In ultimo, vorremmo sottolineare una frase che cogliemmo, lungo queste splendide righe e che ci attenzionò più di tutte:
Perché, anche se colpita al cuore, l’America non può perdere. L’America è destinata a trionfare …
Un tipico caso di fanatismo mirikano.
Beh, ce lo siamo meritato!
Posso, però, se consentito e in tutta umiltà, rispetto alle preziose pagine di questa storia, rispondere a questa frase con …
Slava Rossija!
(Слава Россия).
Buona e radiosa notte. Che possiate far riposare la vostra pregiata, apprezzata e impagabile verve, in attesa del clic-bùm dalla pistola del bravissimo Miloslav,
(N.B.:Se al prossimo capitolo farete inceppare quell’arma e non farete preparare degli arti ipertecnologici dall’Istituto di medicina e ricerca di stato a Mosca, con conseguente decorazione quale Eroe della Federazione Russa, vi toglieremo il saluto per 31 ore 26 minuti, 18 secondi e 9 decimi netti).
Cordialitazioni
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Torna la sagta di Monoca. Le persone continuano a cadere morte come mosche nel moschicida.
Altri due o tre, se anche Yarbes morirà. Stai uccidendo a uno a uno tutti it uoi personaggi vecchie nuovi.
Un caro abbraccio
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@ RODIXIDOR così era stato infidamente promesso.
Buona serata.
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@ LORD NINNI ho cercato di mettermi nei panni di una “mirikana”, anche se i miei amici lettori di più antica data sanno che io sto da un’altra parte.
31 ore 26 minuti, 18 secondi e 9 decimi netti sono molti! Però, per adesso, non posso promettere nulla.
Grazie, Milord.
Radiosità.
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@ NEWWHITEBEAR alcuni sono morti, molti sono vivi, altri periranno.
Un caro abbraccio.
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Accidenti! Non mi aspettavo questo da Pomerev! 😮 Un soldato come lui, certo di pochi scrupoli ma pur sempre un soldato, dedicare gli ultimi istanti di vita alla vendetta! 😦
In quanto a Monica, non credo che nessun presidente americano si consegnerebbe mai, non credo che gli americani, il governo, lo permetterebbero: il presidente per loro è come la bandiera, non può cadere.
So che Monica partirà ma… nella realtà non glielo permetterebbero.
E nelle stesse condizioni… nessun presidente europeo si sognerebbe mai di farlo, autonomamente, senza bisogno di alcuna spinta a recedere! I nostri sono certamente superiori! 😀 😀
http://www.wolfghost.com
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Insomma ci aspettano ancora puntate di sangue (quello delle varie vittime predestinate), sudore (col caldo che fa in questi giorni), e lacrime (di sollievo) quando finalmente ci renderai partecipi della sorte di Monica. Mi amerò di birra Corona e di santa pazienza …
p.s. ma perché l’America deve sempre trionfare per forza?
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@ WOLFGHOST per ricordarti chi è Pomarev 😀
Dal “Crepuscolo della Lubjanka”:
Con un movimento fulmineo il maggiore del Gruppo Alpha le afferrò il polso, torcendolo. Era una stretta micidiale e Squire gemette per il dolore. Lentamente, lui la costrinse ad abbassare il braccio. Monica cercò di resistere ma era impossibile: era quattro volte più forte di lei. Questione di un attimo e la pistola le sarebbe sfuggita dalla mano. Mentre lottava disperatamente, Pomarev sibilò: “Non la ucciderò, non si preoccupi. La accompagnerò personalmente a Kolyma. Un lungo viaggio in treno, e lì… interminabili giornate di lavoro nel gelo, tanto pesanti che lei si augurerà di morire. Un cibo misero che comunque non potrà mangiare perché le altre detenute glielo impediranno per dividerselo. E se si ribellasse commetterebbe un grave errore. Un’americana per quelle prigioniere è il simbolo di una ricchezza mai avuta, soltanto sognata. Le ficcherebbero la testa nelle loro feci. Perderà i denti e i capelli. Alla fine, le verrà il tifo. Purtroppo non avrò il piacere di vederla dormire nei suoi escrementi, né di sentirla piangere. Se è vero che la nostra azione patriottica è fallita, andrò altrove. Ci sono guerre ovunque e uno come me sarà accolto a braccia aperte in qualsiasi luogo.”
Questo è l’uomo, caro lupo…
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Ah, sì… in effetti… 😛
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@ WOLFGHOST lui è fatto così.
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@ SUZIEQ11 se fosse per me, trionferebbe sempre la Russia 🙂
Offri anche a me una birra, Ciop?
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Grande capitolo per le emozioni che offre, brillantemente tradotte in Lingua in un mix di descrizioni ed eventi che non lasciano indifferenti.
Questa è una storia americana, è anche una storia di odio contro tutto ciò che rappresenta l’America ed essa non può non trionfare verso il Male. E’ anche una storia di alleanze con la Russia, alleanze velate e sfumate, tipiche dei sovietici, vendette e rancori. Nulla di nuovo sotto questo cielo. No, Yarbes ha già pagato duramente, idem Monica e il Male è ora che venga sconfitto.
Grande il discorso di Monica agli americani! Pensa se un premier italiano qualsiasi potesse minimamente pronunciarlo al suo popolo…una barzelletta!!!
Complimenti sempre a te, cara Ale!
O.T. Per quei dubbi sulla cookie law ti ho risposto da me. Chiedi pure per qualsiasi difficoltà.
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L’unità di misura della vita
non è l’anno,
ma l’attimo
“Marco Oliverio Maria”
♡✿
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Puntata entusiasmante che mi condotto fino alla fine in un crescendo di tensioni e condivisioni iniziali per l’iniziativa di Monica donna di grande coraggio. Una madre che soffre e che al contempo intende offrirsi per la salvezza di una città e per eliminare, se ci riuscirà, il pericolo costante che non si è fatto scrupolo di aver ucciso un ragazzo innocente, un tiranno senza cuore, come sono tutti coloro che lottano per una causa, a parer loro, giustificabile.
Davvero una bellissima puntata, alla prossima.
Ti auguro una buona giornata.
un abbraccio
annamaria
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@ ILI6 se è grande il discorso di Monica, grande è il tuo commento! Si sente vera partecipazione e ciò mi rende felice.
Un abbraccio, cara Marirò.
O.T. Ho letto e ti ringrazio. Il problema è che sono un po’ lenta di comprendonio. E poi esiste l’aspetto estetico…
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eh, lo so, ho appena cambiato il banner in bianco, meglio però non rischiare le salatissime multe…
bacheca-aspetto-widget-troverai EU COOKIE LAW BANNER, clicca e trascinalo nella barra laterale a piè pagina-poi inizia a spuntare le varie opzioni
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@ ILI6 ho seguito fedelmente le tue istruzioni… ma niente!
Chiuderò il blog.
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E perchè??? Il banner c’è, bianco, elegante e funzionale!!
Forse tu non lo hai notato, ma c’è, te lo assicuro, lo vedo. CI SEI RIUSCITAAAAAA !
E’ collegato con la pagina di wp in inglese, è questa la versione semplice, ma legale. Sei IN REGOLA! 🙂
E poi non puoi chiudere il blog: 347 puntate di Rage che noi lettori fedeli vogliamo leggere!
Dai, che ce l’abbiamo fatta 🙂 comunque se sei curiosa e vuoi vedere il tuo banner, entra nel tuo blog da google senza digitare password, oppure credi a me che c’è e non pensarci più.
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@ ILI6 ❤
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@ MAIRITOMBAKO ❤
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@ ANNAMARIA49 grazie di cuore, Isabel!
Anche tu hai letto con autentico interesse e le tue parole lo dimostrano.
Una buona giornata a te, amica mia.
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Puntatona emozionalmente molto forte e marcata, molti personaggi sono giunti al culmine, alcuni di essi anche dal punto di vista… vitale. Non c’è che aggiungere se non che si vorrebbe non finisse mai questa storia molto avvincente e di alto valore. Un caro saluto. Univers
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@ UNIVERS81 un caro saluto a te, e un sincero ringraziamento.
Quando ti “vedo” sono sempre contenta.
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…
Spendido episodio
con una grande Monica…
Un intreccio molto pericoloso letto tutto d’un fiato…
Buon proseguo di giornata Alessandra
Michelle
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@ VENTIDIPRIMAVERA eh si, Monica è forte 🙂
Bisous, Michelle*
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