Curvo sotto l’ombrello, camminava sballottato dal vento e investito da continui scrosci d’acqua.
Il cielo era una massa grigia e informe, percorsa a tratti da lampi. Con le scarpe ormai del tutto fradicie, Guglielmo raggiunse il portone. Frugò nelle tasche dell’impermeabile, prima di ricordarsi che le chiavi di casa erano nei pantaloni. Le aveva già perse due volte, giungendo infine alla ragionevole conclusione che quello era il posto più sicuro dove tenerle.
Con un mazzo di chiavi non è un problema, si disse mentre faceva scattare la serratura. Si perdono e si ritrovano, e male che vada ci si reca da un fabbro. Salì lentamente le scale fino al secondo piano, entrò nell’appartamento e si cambiò gli indumenti bagnati. Il tempo di preparare un caffè, e il suono del citofono lo sottrasse dal clima calmo e ovattato di quelle mura che da anni costituivano il suo rifugio. Era un rumore che non aveva mai sopportato. Decise di non rispondere: a quell’ora poteva essere solo il postino, e se si era preso la briga di attaccarsi al citofono significava che doveva consegnargli una raccomandata. Raccomandata uguale soldi da pagare, pensò versando la bevanda bollente nella sua tazza preferita.
Il suono si ripeté, acuto e fastidioso. Guglielmo lo ignorò, sorseggiando il caffè. Al terzo trillo, pensò che avrebbe potuto aprirgli, farlo salire e poi ucciderlo. Per certi versi, era un’idea irresistibile. Quando il citofono suonò per la quarta volta, i suoi occhi corsero ai coltelli da cucina. Valutò quale fosse il più adatto per tagliare la gola allo sconosciuto, e una volta individuatolo lo prese soppesandolo fra le mani.
Rispose, ma il rombo di un tuono non gli permise di capire chi gli stava parlando, cosa voleva da lui, e per quale sordida ragione si permetteva di disturbarlo. Comunque, aprì.
Lo ucciderò, decise. Se non fosse il postino, potrebbe essere un venditore ambulante, oppure un predicatore pazzo. In qualsiasi caso, la sua corsa sarebbe terminata quel giorno. Non avrebbe nascosto il cadavere, avrebbe atteso qualche ora, poi avrebbe chiamato la polizia. Anche la prigione poteva essere un luogo calmo e ovattato, qualsiasi posto andava bene, tranne l’ufficio dove lavorava e lo squallido bar che si ostinava a frequentare, malgrado il caffè fosse pessimo e la clientela chiassosa e volgare.
C’era un unico luogo dove avrebbe voluto veramente andare: ma esisteva solo nei suoi sogni. Una casa in riva al mare con le finestre che si affacciavano direttamente sul litorale; un comodo sentiero che conduceva in pochi minuti a una piccola spiaggia; e l’orizzonte sconfinato che alla sera si tingeva di colori prodigiosi. Era un sogno ricorrente, talmente vivido da fargli vivere ogni singola sensazione. Certe volte mangiava una grigliata di pesce sul terrazzo; poi, centellinando il vino bianco, osservava il tramonto, la discesa del sole nel mare; mentre una brezza tiepida gli scompaginava i capelli. Sebbene avesse già compiuto cinquant’anni, erano ancora biondi e folti.
Bussarono alla porta.
Con il coltello nascosto dietro la schiena, Guglielmo aprì.
All’inizio non la riconobbe. Erano trascorsi troppi anni, aveva attraversato troppi deserti, aveva solcato troppi oceani. Si era battuto con la vita, uscendone infine sconfitto. La fissò con aria interrogativa, ignorando la sua espressione perplessa.
“Non mi fai entrare?”, gli disse.
Lui si spostò meccanicamente per permetterle di varcare la soglia. “Chi sei?”, le chiese corrugando la fronte. Non era una brutta donna: benché avesse all’incirca la sua età, conservava lineamenti aggraziati e attraenti. “Mi hai telefonato tu.”, rispose lei in tono rassegnato.
Guglielmo si lasciò sfuggire una risata rauca, completamente priva di allegria. “Io non telefono mai a nessuno.”, proferì a bassa voce. Esitò per un istante, prima di aggiungere: “Solo in ufficio per dire che sto male.” Questo accadeva praticamente tutti i giorni e infatti era stato appena licenziato. Corrugò nuovamente la fronte, cercando una concentrazione che gli riusciva difficile trovare. In effetti non era stato appena licenziato: era successo tre anni prima. Guardò il divano, accanto alla finestra che dava su un cortile interno. “Adesso devo dormire.”, disse. “Non potremmo vederci un’altra volta?”
La donna scosse la testa. “Non ci sarà una prossima volta, Guglielmo.”
Lui la fissò intensamente, chiedendosi il motivo di quella risposta. Era tutto così confuso! “Perché?”, le domandò, senza invitarla a sedersi.
Lei ricambiò lo sguardo, una profonda luce di tristezza negli occhi. “Mi hai telefonato quattro volte, Guglielmo, dicendomi che volevi parlarmi . Ma sono trascorsi trent’anni… sono venuta soltanto per vedere come stavi.”
“Bene.”, replicò lui in tono svagato. “Ultimamente dormo molto.” Non ricordava di averle telefonato, e non sapeva se era più irritante il fatto di averla chiamata oppure che se ne fosse scordato. Dal velo del passato, per alcuni istanti, vide una bella ragazza che scendeva una scala.
“Lui è il mio amico Guglielmo.”, disse il fratello di lei.
“Io mi chiamo Ida.”, disse la ragazza con un sorriso quasi sfrontato, che celava ironia e interesse. Si erano rivisti la sera dopo.
Poi i ricordi si persero, come spesso gli accadeva, e Gugliemo si chiese ancora una volta per quale motivo le avesse telefonato, e soprattutto la ragione per cui se n’era dimenticato. Ida si sedette sul divano. Lui nascose il coltello con un gesto furtivo che passò inosservato, perché nel frattempo la donna si stava guardando attorno. “Da quanto tempo non pulisci questa casa?”, gli chiese notando le ragnatele, le macchie di unto sul pavimento, la polvere. Guglielmo considerò la domanda, sforzandosi di trovare una risposta sensata. Il problema era che non lo sapeva. Era sul punto di dirle che gli impegni di lavoro gli sottraevano troppo tempo; poi si sovvenne di nuovo che era stato licenziato. In realtà, passava gran parte delle giornate a dormire.
“Ma come vivi, Guglielmo?” Ida sembrava preoccupata, e ciò lo stupì, dato che nessuno si era mai preoccupato per lui.
Non rispose. Si avvicinò alla finestra e guardò fuori dei vetri. Stava smettendo di piovere; forse sarebbe tornato il sole. Sarebbe andato ai giardini pubblici. Prima, però, doveva dormire. Sono stanco. Voglio sognare.
Le indicò il frigorifero. “Ho dell’aranciata.”, disse.
“No, grazie.”, rispose lei, accavallando le gambe e scrutando il suo viso con un’espressione che denotava pena, compassione, e chissà cos’altro, si domandò lui che aveva notato la portata di quello sguardo.
Ida portava la fede. Se ne accorse guardandole le mani, appoggiate sulle ginocchia. “Sei sposata?”
“Sì. E tu invece?”
Guglielmo scrollò le spalle. “Un tempo lo sono stato.”
Ci fu un lungo silenzio. Ida si alzò dal divano. “Non abbiamo molto da dirci. Mi sembri confuso…” Gli tese la mano. “Magari ti telefonerò io una volta.”
“Non rispondo al telefono.”, replicò lui accompagnandola alla porta. Si salutarono con qualche impaccio.
Quando Ida fu uscita, Gugliemo andò in bagno. Devo dormire. Voglio sognare. Prima, però…
Aprì il rubinetto, facendo scorrere l’acqua calda. Si spogliò ed entrò nella vasca.
Fu in quel momento che si affacciò alla sua mente un ricordo di tale intensità da fargli dubitare di se stesso e di come potesse averlo smarrito nei meandri del cuore. Quando era morto suo padre aveva incominciato a bere alle sette del mattino di una gelida giornata spazzata dalla tramontana. A mezzanotte, ubriaco fradicio, era riuscito in qualche modo a ritrovare la via di casa. Il funerale si svolse qualche giorno dopo. Terminata la funzione, andò da Ida. Si sentiva depresso e infelice; si svestì e si infilò sotto le lenzuola del suo letto.
“Stammi vicino.”, le disse. “Ho bisogno di calore umano.”
Lei esitò.
Forse lo riteneva sconveniente o forse presagiva quello che sarebbe successo. Alla fine, lo raggiunse nel letto. Fecero l’amore nel modo più dolce e appassionato di sempre; un atto che esulava dal sesso per diventare l’incontro di due anime innamorate, nella simbiosi più assoluta e totale. Come il vento d’estate, quando con dolcezza accarezza un fiore.
Rimasero abbracciati a lungo. Lei gli asciugò le lacrime dal viso. “Non devi vergognarti.”, gli disse, intuendo il nuovo corso che i suoi pensieri avevano preso. “E’ l’amore che trionfa sulla morte. E’ la vita che continua. Tuo padre sarà felice, ne sono certa.”
Il ricordo svanì, ma ne comparvero altri: rammentò che l’aveva lasciata per egoismo. Lei aveva dei problemi e lui non intendeva farsene carico. Ricordò sere umide di pioggia, e trionfi professionali che erano svaniti come neve al sole. La sua vita gli era sfuggita dalle mani insieme all’antica arroganza, come un pugno di sabbia. Non volle ricordare oltre.
Guardò il coltello che si era portato nella vasca.
Devo dormire. Voglio sognare. Ma questa volta voglio sognare il passato. Quel giorno di tanti, tanti anni fa.
Poi si tagliò le vene.
LA PIOGGIA DELLA VITA
13 Maggio 2015 di Alessandra Bianchi
40 Risposte
un bacio x te amica lontana.sempre brava .. sempre
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@ MAIRITOMBAKO grazie, mia cara amica lontana 🙂
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Un bel racconto con una fine triste. Tra flashback e presernte Guglielmo scopre di essere un naufrago della vita alla deriva.
Un caro abbraccio
O.T. Nel mese di giugno ho diverse defezioni, esami o altro, e non riesco a completare il calendario. Una data, quella del 7 la prendo io, tu potresti occupare la casella del 21?
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@ NEWWHITEBEAR analisi precisa: ti ringrazio molto.
Un caro abbraccio.
O.T. Zierto! E’ il mio giorno preferito in assoluto!
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Grazie! Terrò presente, visto che di 21 sono nato 😀
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@ NEWWHITEBEAR però, dipende dal mese 🙂
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Luglio,
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@ NEWWHITEBEAR un cancerino. Bel segno. Giugno e luglio: due mesi splendidi.
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Sicuramente!
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Quanta tristezza in questo racconto, c’è tutto il decadimento di una persona che si lascia andare fino all’inverosimile, fino a trovare come ultima soluzione il suicidio per sentirsi libera. Come sempre riesci ad attanagliare l’attenzione del lettore, anche quando si tratta di un racconto breve. Complimenti cara Alessandra.
Serena notte, Pat
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@ PATRIZIA M. non so il perché ma, romanzi a parte, nei racconti viene sempre fuori una mia vena triste…
Grazie e buona giornata, cara Pat.
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Più che una pioggia per la vita, è una black rain.
Un silence, dans les émotions, qui est acceptable. Peut-être que le sentiment de solitude peut vous répéter? Il possible que une goutte de pluie, peut répéter sa chute? L’égalité?
Précise de l’heure et dans le passé?
El último pensamiento es que el infierno que hemos creado.
¿Qué clase de infierno que hemos creado?
¿Qué tipo de iferno es que ahora nos persigue?
El último beso, mientras el mundo se derrumba sobre nosotros, sin nuestros ojos, inocente, nunca puede robar una respuesta a éstos por qué!
Entonces no es nada.
Il passato che torna piangendo.
Basta con il passato!
Fumo e acqua per i nostri occhi e per il nostro, inutile, destino.
Luego de despedida.
Amabilidad
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Molto bello.
Coinvolgente e diretto: davvero creativo.
Salutalidad
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Perfetta la tua scrittura a catapultarci in una storia per farci sprofondare nelle emozioni che sono in principio dei personaggi ma poi indistinguibili dalle nostre che il racconto sa evocare.
Unico appunto ma nel merito: Un incontro di anime innamorate non può esulare dal sesso, specie quando serve ad esorcizzare la morte, ma è un mio punto di vista. 🙂
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@ LORD NINNI un commento in due lingue, scritte in modo impeccabile!
Non so se merito tutto ciò.
Spasibo.
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@ NINNI RAIMONDI ringrazio fervidamente.
Radiosity.
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@ RODIXIDOR il tuo punto di vista è anche il mio.
Grazie di cuore!
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Sei molto brava in ogni genere letterario e io che ti leggo da tanto conosco il tuo genere erotico, narrativo a carattere generale e poi in questi ultimi periodi quello spy story. Ho notato, però, che quando narri una storia di carattere generale l’epilogo è quasi sempre triste, ma è pur vero che la situazione attuale ispira a una conclusione drammatica.
Buon fine settimana
un abbraccio
annamaria
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@ ANNAMARIA49 siamo amiche da tanto tempo e tu sei sempre molto cara con me. La tua osservazione è vera: i miei racconti sono sovente tristi, forse perché – a differenza delle spy stories – rispecchiano la mia anima.
Un super abbraccio, Isabel.
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….
Scorrevole, bellissimo, ma triste…
come tanti finali dei Tuoi racconti rimani sempre bravissima!!
Un abbraccio Alessandra
Michelle
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@ VENTIDIPRIMAVERA ormai mi conosci bene e conosci la tristezza di molti miei racconti…
Merci, chérie * ____________ *
Bisous.
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Te lo dico in un orecchio, cronaca di una morte annunciata … Tu sai che non amo i finali tristi ma questa volta sono d’accordo con te, non poteva finire che così … triste però.
Adoro i commenti di Lord Ninni!
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… e voi, milady mia signora, site sempre gentile e oltremodo generosa verso i nostri umilissimi apporti.
Abbiate le nostre più sentite cordialità
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PS: Il refuso rende liberi..
😦
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Grazie, voi mi confondere …
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Una storia drammatica, un personaggio che appare strano… ma non così tanto da non poter esistere. Spesso sono le nostre scelte passate a determinare il nostro presente, ma, un po’ perchè non ne siamo davvero coscienti, un po’ perché preferiamo non assumerci la responsabilità dei nostri errori e della nostra vita… lo dimentichiamo. E forse è meglio 😉
http://www.wolfghost.com
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@ SUZIEQ11 ai bei tempi andati, quando postavo soprattutto racconti di questo genere, una nostra comune amica ebbe a dire: “Ma che ci faccio qui, io ?” 🙂
Lord Ninni? Se non ci fosse, bisognerebbe inventarlo.
Baci, Ciop.
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@ WOLFGHOST il personaggio è – volutamente – strano. E proprio per le ragioni da te indicate. Un po’ fuori dalle righe, ma non per questo – lo credo anch’io – inverosimile.
E forse è meglio? Certamente, sì.
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COMUNICAZIONE DI SERVIZIO
Annuncio epocale
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Questa sera, solo per pochi intimi, su Rai Movie (C.24), alle ore 21.15, verrà trasmesso il film:
“Il giorno dello sciacallo” di Alfred Zinnemann (con Edward Fox, Terence Alexander, Michael Lonsdale, Alan Badel) ed. 1973, tratto dall’omonimo romanzo di Frederick Forsyth.
Un film “miliare“, pur con molte lacune e qualche imprecisione.
Un’OLAF (Opera Letteraria d’Arte Figurativa) imperdibile.
Grazie e Radiositazioni cordializzanti.
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@ LORD NINNI nemmeno Daigh lo sapeva!
Grazie a voi per la preziosissima informazione 🙂
Cordialità radiosizzanti.
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Bella nella sua crudeltà.
La vita è dura anche nei romanzi che tu, Alessandra, scrivi superbamente
Complimenti
Abbracci
Mistral
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@ OMBREFLESSUOSE grazie mille, carissima Mistral.
Sui romanzi hai ragione: forse mentivo un po’ 😀
Anch’essi, in effetti, sono spesso crudi.
Baci.
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Scrittura fortemente cruda, triste e di un valore inequivocabile. Un caro saluto. Univers
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@ UNIVERS81 credo che a te piaccia questo genere.
Un caro saluto a te e grazie.
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Che tristezza! Buttare via la vita in questo modo! Come se ne avessimo tante di vite da vivere…
Ci sono dei passaggi molto teneri nel tuo racconto, che fanno affezionare a Guglielmo. Forse Ida avrebbe dovuto prenderlo a schiaffoni per svegliarlo, ma non è facile svegliare un depresso profondo.
Complimenti sempre per il tuo modo di raccontare. baci,
Marirò
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@ ILI6 condivido: forse qualche schiaffone…
Ti ringrazio, cara Marirò.
Bacissimi.
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Bellissimo questo racconto
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@ NIPHUS benvenuto nel mio blog! E grazie 🙂
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Errata corrige: “un atto CHE che esulava”.
Ed ora una considerazione: quando si ama, l’egoismo non esiste. Dunque se egoismo c’è… non c’è amore. Non l’ha lasciata per egoismo, ma perchè non l’amava.
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@ BRUM ora cerco…
Come sempre, sei molto profondo.
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