Ho una foto che conservo, anche se non ne capisco il motivo.
Sono molto fiera dei miei capelli che ricordano il colore delle foglie autunnali, ma per il resto non mi piaccio. Alcuni mi considerano attraente, altri graziosa, altri ancora addirittura bella: tuttavia, se avessi una bacchetta magica, quella delle fate per intenderci, mi trasformerei immediatamente in un clone di Naomi Watts. Le donne non mi interessano sotto il profilo sessuale; con questo non trovo affatto scandalosa l’omosessualità. Ciò nonostante confesso che per lei sarei disposta a fare un’eccezione. L’ho vista per la prima volta in Mulholland Drive, un film alquanto complicato di cui ho compreso ben poco, però sono rimasta letteralmente stregata da lei: bella, sensuale e magnetica.
Ma non è di Naomi Watts che vi voglio parlare, né del mio aspetto fisico. Non credo che siano argomenti interessanti, o meglio: la Watts è certamente interessante, ma io non sono una critica cinematografica e neppure una grande esperta di bellezza femminile, anche perché, come ho già detto, non sono attratta dalle donne. Mi piacciono gli uomini. Non tutti, naturalmente. Anzi, pochi, pochissimi, dato che ho gusti molto personali e difficili. Non guardo mai all’aspetto fisico, a parte gli occhi; sono altre le cose che cerco in un uomo: intelligenza, sensibilità, bontà d’animo. Poi, che sia atletico o meno, biondo o moro, alto o basso, mi è indifferente. L’importante è che sia provvisto delle tre qualità di cui sopra. E, credetemi, non è facile incontrare un ragazzo così. La maggior parte dei giovani che ho conosciuto aveva come tratto distintivo la banalità. Aggiungerei la mancanza di cultura. Per non parlare degli interessi: calcio, moto, donne.
Stefano, però, era diverso.
Nella foto, lui è in mezzo, capovolto: quando fu scattata lo trovai un fatto divertente, adesso invece mi deprime.
Mi innamorai di lui. Fra l’altro era anche bello, il che comunque non guasta. Lo conobbi a una festa, mi piacque subito e capii che la cosa era reciproca. Perciò non provai il minimo stupore quando mi invitò a cena e ovviamente accettai. A conti fatti sarebbe stato molto meglio se avessi declinato quell’invito: avrei evitato tutta la sofferenza che mi piombò addosso come un macigno quando mi lasciò per Laura, ma allora non potevo saperlo. Per inciso, Laura era la mia migliore amica e questo è un fatto sconfortante, visto che persi in un colpo solo amore e amicizia. Se Stefano mi avesse lasciato per una sconosciuta sarei corsa a piangere tra le braccia di Laura; in questo modo, invece, cercai di consolarmi da sola. Ma era difficile. Molto difficile!
Nella foto, lei è a destra. Io sono a sinistra. Lei ha uno sguardo indecifrabile, io una specie di mezzo sorriso compiaciuto. A posteriori, quel sorriso appare del tutto incongruo; e, sempre a posteriori, immagino che il suo sguardo celasse le trame perverse che stava ideando. E una mano di Stefano è posata sulla sua spalla.
Sono una persona orgogliosa e mi comportai di conseguenza. Non implorai Stefano, non mi abbassai a supplicare Laura: troncai i rapporti con entrambi. Li detestavo. Odiavo soprattutto lei, perché mentre fingeva di volermi bene stava tramando per rubarmi Stefano. “Tramando” è il termine giusto, dato che fin dall’inizio sviluppò la sua perfida strategia, circuendolo a furia di moine, di atteggiamenti svenevoli, che ingenuamente io non colsi.
Laura è più bella di me. Ha un fisico più snello e armonioso, gambe più slanciate; e in più è bionda: Stefano ha sempre avuto un debole per le bionde. Stefano è sì intelligente, sensibile e buono, ma purtroppo anche superficiale e cadde nella trappola preparata da quell’arpia. Non trascorse molto tempo prima che se ne pentisse e scoprisse il vero carattere di Laura, ma ormai era troppo tardi. E, comunque, sebbene lo rendesse infelice, lei lo teneva in pugno grazie alle prodezze sessuali di cui era capace. Fu Marco, un amico comune, a raccontarmi queste cose, benché io non gli avessi chiesto niente. Stefano si era confidato con lui. Laura era dispotica, capricciosa, spesso intrattabile. Avrebbe voluto lasciarla ma sapeva che non ci sarebbe mai riuscito perché quando andavano a letto insieme gli sembrava di toccare il cielo con un dito, di essere in paradiso, e allora sopportava le angherie, i soprusi, forse anche i tradimenti.
Però rimpiangeva me. “Silvia mi amava veramente.”, aveva detto a Marco. “Laura, invece, si prende gioco di me, mi tratta come un burattino, e io non ho il coraggio di reagire.”
Accadde qualcosa di strano. Le parole di Marco sedimentarono nel mio animo. All’inizio non fui consapevole di ciò che avevo deciso di fare, provavo solo una gran rabbia: avevo dato tutta me stessa a Stefano, lo avevo colmato di attenzioni, gli ero stata vicina nei momenti difficili, lo avevo coccolato, mi ero adoperata in tutti i modi perché si sentisse amato, perché fosse felice. E con me lo era stato. Laura me lo aveva rubato per pura malvagità. Era una donna falsa e meschina, e ora lo stava facendo soffrire. Come avevo fatto a non accorgermi della sua vera natura e considerarla l’amica del cuore? Semplice. Perché era abile, scaltra, priva di scrupoli, bravissima nel sapersi mascherare dietro a quel viso d’angelo.
Ma un bel giorno compresi finalmente che dovevo punirla.
E sarebbe stata una punizione severa.
Laura era estremamente vanitosa, compiaciuta della propria bellezza come può esserlo un musicista a riguardo della propria bravura. Bene. Non sarebbe più stata bella.
Abitava in una casa isolata, avuta in eredità dai suoi genitori. Era un posto incantevole a ridosso del mare: davanti c’era una spiaggia privata, dietro un piccolo bosco attraversato da un viale che si collegava alla strada statale.
Sono molto più vigorosa di Laura ed ero pressoché certa che non avrei avuto problemi a sopraffarla; tuttavia decisi di essere prudente: avevo il sospetto che si sarebbe difesa come una gatta selvatica, scalciando, graffiando e mordendo e non intendevo correre rischi inutili, perciò portai con me un grosso coltello da cucina.
Lasciai l’auto in uno spiazzo a circa un chilometro di distanza dalla casa, che raggiunsi camminando sulla sabbia. Era una giornata calda e afosa, senza un filo di vento; presto fui madida di sudore. Mi appostai dietro a una siepe che fiancheggiava il viale d’ingresso. Aspettai con pazienza. Avevo letto in un romanzo che per un cacciatore il momento dell’attesa è forse quello più emozionante; mi resi conto che era vero: mentre scrutavo il bosco tendendo le orecchie per sentire il rumore della macchina che si avvicinava, avevo tutti i sensi vigili, pregustavo il castigo che le avrei inflitto, la immaginavo in ginocchio stravolta dalla paura mentre mi chiedeva pietà.
Arrivò alle sei del pomeriggio. Sapevo già che si sarebbe presentata da sola: Stefano era partito per un viaggio di lavoro. Non a caso avevo scelto proprio quel giorno. Laura parcheggiò l’auto, scese e si guardò intorno, come se avesse avvertito la mia presenza. Poi si diresse verso la porta. Infilò la chiave nella serratura… e io le balzai addosso. Non ebbi bisogno del coltello. Le afferrai un braccio torcendolo con forza dietro la schiena. Lei urlò per il dolore. La sospinsi in casa, trascinandola in camera da letto. Devo dire che restai quasi delusa dalla mancanza di una sua reazione. Sebbene fosse più debole di me, pensavo che avrebbe lottato, che si sarebbe dibattuta; invece si lasciò legare senza ribellarsi: probabilmente era paralizzata dalla paura o forse dalla cattiva coscienza. Quando fu completamente immobilizzata, la guardai negli occhi e le annunciai che avevo con me una certa quantità di acido muriatico, aggiungendo che era destinato al suo viso.
Laura divenne mortalmente pallida. Come avevo previsto, mi implorò di perdonarla, giurò che avrebbe lasciato Stefano, disperata si spinse fino ad offrirmi dei soldi. Io la osservavo soddisfatta. Uscii per recuperare la borsa e quando tornai nella stanza vidi che se l’era fatta addosso. Non credo che esista un’umiliazione più grande, anche se quella strega aveva già perso tutta la sua dignità supplicandomi.
In un primo tempo mi ero gingillata con l’idea di portarmi dietro anche un imbuto e una bottiglia di whisky. Le avrei tappato il naso e l’avrei costretta a ingurgitare l’intero contenuto della bottiglia. Ma sarebbe stata un’enorme sciocchezza: Laura avrebbe perso i sensi o, nella migliore delle ipotesi, si sarebbe ubriacata. In tal modo l’avrei come anestitizzata, rendendo vaghe le sue emozioni; viceversa, doveva essere lucida e presente.
Mi avvicinai al letto.
Laura tremava.
Incominciò a piangere.
Naturalmente la capivo. Per una donna giovane, bella e vanitosa non può esistere castigo peggiore. Mi divertii a tormentarla. Le dissi che nessuno l’avrebbe più guardata, che lei stessa avrebbe provato orrore se mai avesse avuto il coraggio di avvicinarsi a uno specchio. Ancora una volta assaporavo il sottile piacere dell’attesa. In una circostanza analoga un uomo probabilmente avrebbe agito subito, spinto dall’impazienza; ma era più solleticante prolungare l’agonia di Laura, figurarsi il suo panico soffocante, non staccare lo sguardo da lei, soggiogandola e dominandola. Era una sensazione squisita.
“Ti prego, perdonami!”, ripeté con voce stridula, simile allo squittio di un topo.
“Temo che non sia possibile, cara.”, risposi in tono falsamente mieloso.
Malgrado fosse sconvolta, era veramente leggiadra. Indossava dei pantaloncini corti, sicuramente scelti per mettere in risalto le lunghe gambe abbronzate e le caviglie sottili. Durante la breve colluttazione aveva perso le scarpe: i piedi erano aggraziati con la pianta rosea. Sotto la camicetta estiva si intravedeva il seno. Laura non metteva il reggipetto. L’avevo vista nuda, dopo una doccia: forse era un po’ piccolo, ma sodo e privo di smagliature con capezzoli rosa da ragazzina. Ciò che colpiva di più era comunque il viso. Il pallore faceva risaltare il colore degli occhi, un castano scuro della tonalità di un bosco al tramonto ; i lineamenti erano regolari e fini, la fronte ampia, il naso perfettamente proporzionato. La bocca sensuale avrebbe indotto qualsiasi uomo a desiderare di baciarla, e anche qualche donna.
Pensai a Stefano. Li immaginai mentre facevano l’amore, magari lì, sul letto dove ora lei giaceva. Laura mi aveva sottratto la felicità. Le lanciai un’occhiata malevola. Lei distolse lo sguardo. A causa della sua cattiveria, avrebbe rimpianto per sempre quella bellezza.
Ritenni che fosse giunto il momento del castigo.
Mi protesi su di lei. Laura si dimenò sul letto, tentando di liberarsi; ma i nodi erano perfetti e non ci sarebbe mai riuscita, nemmeno in un mese.
Mentre la fissavo, colsi la spaventosa angoscia che la attanagliava, il terrore che la stava dilaniando… e a un tratto provai compassione per lei. Scossi la testa incredula, come risvegliandomi da un sogno: l’atto che stavo per compiere era mostruoso. Come avevo potuto concepire una vendetta così crudele? Grazie al cielo ero tornata in me prima che fosse troppo tardi. Mi ritrassi e dissi a Laura che avevo solo voluto spaventarla, non l’avrei mai sfigurata. Adesso piangeva per il sollievo.
Tornai alla macchina, camminando come una sonnambula, in preda ai sensi di colpa e ancora confusa e disorientata. Mi sentivo strana, scissa in due. Era come se vaste zone d’ombra si fossero impossessate di una parte della mia testa, simili a nuvole che oscurassero il sole.
Nei giorni che seguirono cercai di cancellare per sempre dalla memoria quell’episodio tremendo. All’inizio non fu semplice. Ero tormentata dal ricordo dei suoi occhi colmi di angoscia, mi sembrava di risentire le sue implorazioni, e mi domandavo quale diabolico influsso mi avesse portata a concepire una vendetta così atroce. Poi, per fortuna, riuscii a dimenticare. Tutto si trasformò in un sogno. Mi convinsi che non era successo niente: l’appostamentro dietro la siepe, l’aggressione, la minaccia di sfregiarla, erano solo parti di tale sogno. Ritrovai la serenità.
C’era tuttavia un particolare che mi inquietava: non un pensiero cosciente, ma come un’ombra sfuggevole però presente, benché celata in qualche oscuro anfratto del mio cervello. Avevo scordato qualcosa e sentivo che era una cosa importante, però per quanto mi sforzassi rimaneva lontana dalla mia comprensione.
Passarono due settimane. E, come spesso accade, si materializzò quando smisi di pensarci, lasciandomi sgomenta.
Laura era ancora legata al letto.
Uscii dall’ufficio senza salutare nessuno, saltai sulla macchina e guidando come una pazza raggiunsi la casa sul mare. Vidi un’auto della polizia… e Stefano… e un’ambulanza.
A parte le strisce rosse, era bianca.
Come questa stanza e come i camici degli infermieri.
CASTIGO
29 aprile 2015 di Alessandra Bianchi
34 Risposte
Però.
Forte nel tratto e nella struttura.
Uno schiaffo.
…..
“Ti prego, perdonami!”.
“Temo che non sia possibile, cara.”,
……
Vi siete ripresa, milady? Avete mangiato pesante?
Spietata proprio!
Bentornata nel mondo dei vivi.
Salùt.
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C’era tuttavia un particolare che mi inquietava:
Come tornare alle vecchie e buone usanze.
Ah, la tradizione!
🙂
Cordialons
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Un racconto forte con un finale atroce. Non sfigurata ma per fame e sete.
Complimenti per il crescendo della narrazione.
Un caro abbraccio
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@ LORD NINNI però speravo in un riscontro riguardo all’ultimo capitolo di “Rage”.
Comunque, radiosità.
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Un riscontro? Ma è scritto in crittografia.
Vabbè, lo inserisco!
Non ci provate nemmeno a decrittografarlo? Non è importante: lo inserisco chiaro.
Cordialità
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@ LORD NINNI grazie, Milord!
(Io sono negata in queste cose).
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@ NEWWHITEBEAR “atroce”: mi piace!
Un grande abbraccio.
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dolce notte cara mia
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@ MAIRITOMBAKO bacioni 🙂
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Che bella, baci tesoro, ❤ 💙 ❤
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Che bella, baci tesoro, ❤ 💙 ❤
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Micidiale, una vendetta non portata a termine, ma una dimenticanza che ha portato ad un vero castigo!! E per lei, se ho ben interpretato il finale, una stanza bianca, quella di un ospedale psichiatrico!!
Molto apprezzato, bravissima Alessandra.
Serena notte, Pat
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Terribile, ti colpisce al cuore quando ormai sei inerme, rilassato nel finale “buono”
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Bello e terribile come dovrebbe essere ogni buon thriller! Il finale è costruto benissimo e davvero sorprendente. E mi intriga l’aspetto “multimediale”, con i riferimenti alla foto
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@ LAURA baci doppi * _______________ *
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@ PATRIZIA M. hai interpretato benissimo il finale, cara Pat.
Buon pomeriggio e grazie!
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Buona serata Alessandra e grazie a te 🙂
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@ PATRIZIA M. 🙂
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@ RODIXIDOR era ciò che volevo ottenere e sono davvero lieta che tu abbia apprezzato 🙂
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@ GIOVANNI COMPARONE sono lusingata!
(Ho scelto la foto dopo molti ragionamenti).
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Cara Alessandra, la scelta della foto mi piace davvero, in particolare l’ attrice
Mary Stuart Masterson che mi colpì ( per la sua bravura ) nel film : “Pomodori verdi fritti alla fermata del treno.
Comprendo la rabbia, la delusione, le aspettative della protagonista ma in questo caso, la Ladra non ha tutte le colpe.
Uomini come Stefano oltre alle virtù da te descritto: hanno cervelli limitati e fragili. Sono come piccole mosche che per Golosità cadono nel caffè- latte amaro, ma pensavano dolce.
Punizione malvagia…da Ricovero
Applausone
Baci baci
Mistral
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Invoco quel Castigo per questo soggetto, oggi, a Milano!
😦
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Ciao! Ti ho nominata al Liebster Awards 2015 book tag spero ti faccia piacere, questo è il link: https://crisnelpaesedeilibri.wordpress.com/2015/05/01/liebster-awards-2015/
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@ OMBREFLESSUOSE anche secondo me Mary Stuart Masterson è un’attrice bravissima e quel film è stupendo!
Concordo con il tuo giudizio riguardo a uomini come Stefano.
Grazie per l’applausone, Mistral, e bacissimi*
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@ LORD NINNI senza ombra di dubbio!!!!
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@ CRISNELPAESEDEILIBRI mi fa molto piacere 🙂
Ti ringrazio e più tardi passerò da te.
Un caro saluto.
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Bellissimo! 😀 Bé… insomma, non so se è il termine più giusto 😛 Però la sorpresa finale merita l’esclamazione! 😉
Tra l’altro un po’ me lo ricordavo, ma non riuscivo a rammentare il finale! 😉
Amo la mia memoria scadente: ogni volta è come leggere dall’inizio! 😀
http://www.wolfghost.com
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@ WOLFGHOST e ciò è cosa buona e giusta 🙂
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Storia scritta in maniera impeccabile ma il finale gestito ad alta tensione la rende davvero ottima. Brava. Univers
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@ UNIVERS81 grazie!
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…
Bellissima l’immagine
ancora più bella la lettura
coinvolgi sempre molto anche se….
non ricordo di averlo letto.
Un abbraccio Alessandra, buon proseguyo di serata!
Michelle
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@ VENTIDIPRIMAVERA merci bien, chou*
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Devo dare una delusione alla protagonista del racconto: il suo Stefano non era poi questo grand’uomo. Un uomo che si lasci tenere in pugno da delle “prodezze sessuali” non lo è.
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@ BRUM sono pienamente d’accordo con te.
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