Attraverso la porta divelta i raggi del sole filtravano obliqui, rischiarando ampie parti del locale, e incontrandosi con la luce dell’unica finestra, rivolta a est, in un gioco di ombre e di chiarore.
Senza tradire la minima emozione il boia spiccò la testa dal corpo della sesta vittima. In disparte, Ibrahim al-Ja’bari scrutava Martin Yarbes. Della donna gli importava poco o nulla, ma sapeva bene chi era quell’americano: il padre di John, il marito di Monica Squire. Un dono inaspettato e per questo ancora più gradito. Due su tre, pensò, per poi concentrarsi sul modo con cui avrebbe eliminato anche la meretrice di Washington.
Adesso faceva decisamente caldo nella stanza impregnata di sangue e di sudore; i cadaveri giacevano scomposti simili a patetiche marionette, le teste erano un osceno richiamo che agli occhi dell’uomo del deserto apparivano come il simbolo del suo trionfo.
Il carnefice mosse un passo e si trovò sopra alla figura femminile inginocchiata, con le mani legate dietro la schiena e il viso nascosto dal cappuccio. Se Sarah aveva paura, non è dato saperlo, così come è impossibile stabilire l’entità del dolore che provava per l’esecuzione di Zeev e degli altri compagni. Quello che è sicuro è che non tremava.
A volto scoperto, Yarbes era una maschera di ghiaccio. Accentuò la stretta della mano. Al pari suo, la mano di Sarah era asciutta, priva di sudore.
L’assassino alzò l’ascia con un gesto quasi maestoso.
Un bagliore dorato saettò improvviso sull’arma, facendola scintillare.
Allah manifesta il suo volere, si disse Ibrahim al-Ja’bari. “Uscite.”, ordinò ai guerriglieri. “Non siete ancora degni del Misericordioso.”
Qualche secondo più tardi, guardò il boia. “Procedi.”
L’assassino annuì, consapevole della sacralità di quell’azione.
Aaron Ben-David era un uomo della vecchia scuola. Da anni combatteva con ogni mezzo e con grande successo i numerosi nemici di Israele: era intelligente, astuto e aveva straordinarie capacità organizzative; ma detestava tutto ciò che vi era di moderno. In particolare i computer, benché razionalmente si rendesse conto che ormai erano diventati degli strumenti indispensabili. Comunque fosse, se ne stava alla larga.
In compenso conosceva bene gli esseri umani.
Fu una reazione dovuta alla frase che pronunciò a bassa voce che destò la sua attenzione. Aveva mormorato: “Presto avremo notizie”. Nella sala operativa in quel momento c’erano quattro uomini, due dei quali chini sui rispettivi pc. Tre paia di occhi si sollevarono per guardarlo, colmi di aspettativa e di fiducia. La mia gente!, pensò Aaron con un senso di orgoglio. Ma, un istante dopo aver formulato quel pensiero, aggrottò la fronte. Ephraim, il più giovane dei quattro, gli aveva lanciato un’occhiata sfuggente per poi riabbassare immediatamente la testa in un modo che a Ben-David parve strano. Scrollò le spalle e si girò verso la vetrata a prova di proiettili che dava su un gruppo di palazzi adibiti ad uffici. Osservò, senza vederlo, il panorama che gli stava di fronte, mentre un’impressione vaga allertava la sua mente. Vaga, però sinistra, che presto si trasformò in sospetto. Non era incline ai facili allarmismi, era solido come una roccia, ma fu raggiunto da un brivido di apprensione, forse immotivato, tuttavia sempre più forte. Quante volte aveva sventato attentati ed evitato minacce grazie all’istinto? Se non ne fosse stato provvisto, non sarebbe salito così in alto. E adesso era come un campanello d’allarme che risuonava con insistenza.
Lentamente tornò a voltarsi e fissò Ephraim, il quale se possibile si chinò ancor più sul computer.
Aaron Ben-David agì d’impulso. “Ho dimenticato un fascicolo nel mio ufficio.”, disse con calma. “Ha la copertina marrone ed è l’unico che sta sulla scrivania. Deve essere consegnato prima di mezzogiorno al ministero degli Interni. Puoi provvedere tu, caro Ephraim?”
L’altro scattò in piedi. “Certamente!”.
Spense il pc e uscì dalla sala per espletare il suo compito.
Aaron Ben-David fissò pensieroso la porta, quindi spostò lo sguardo sulla scrivania perfettamente ordinata del sottoposto. “Matityahou.”, disse gentilmente, rivolto all’altro esperto informatico. “Esiste un sistema per controllare cosa c’è lì dentro?” E indicò il computer spento.
Malgrado fosse perplesso, Matityahou annuì.
“Ci provo.”, dichiarò.
Esistono vari modi per entrare in Siria e raggiungere Al Bukamal, non tutti difficili come quello scelto dal kidom di Zeev.
Ad esempio, si può prendere un aereo e atterrare tranquillamente a Damasco, in qualità di nuovi funzionari dell’ambasciata russa. E’ un metodo più pratico.
Successivamente, a bordo di una jeep, premurosamente fornita dal rezident del SVR, dopo aver seminato gli scagnozzi del servizio segreto siriano, si può intraprendere un viaggio di circa otto ore, due delle quali destinate a confondere ulteriormente gli agenti siriani.
Si passa attraverso Palmyra, si evita Deir ez-Zur, si svolta in direzione di Al Mayadin e, proseguendo verso sud, si giunge infine nel luogo prescelto.
Fu ciò che fecero il maggiore Volkov e il capitano Pomarev: due attaché singolari, agli occhi di un osservatore attento; non che lì abbondassero. D’altro canto, l’interesse del controspionaggio siriano era minimo; se fossero appartenuti a certe altre nazioni, il discorso sarebbe stato molto diverso. Ma Putin era troppo importante.
Volkov disponeva di dati precisi: per una volta, i satelliti russi avevano battuto quelli americani.
Si alternarono alla guida, fermandosi soltanto per riempire il serbatoio di benzina e gustare i deliziosi Fatayer bi Jibn preparati dalle abili mani del cuoco dell’ambasciata. Sopra di loro le stelle brillavano.
Mentre a oriente l’oscurità si andava diradando, Miloslav Pomarev contemplò disgustato il panorama. “Una terra adatta a questi porci!”, sentenziò con il tipico amore che i russi provano per i popoli da loro considerati inferiori.
Putata di tutto rispetto.
Degna di tecnica e sostanza.
Temmemmo, per un attimo, che al-Ja’bari facesse il passo lungo.
Jahd è una belva feroce. Questa belva, però, non è stupida, come pensa buona parte dell’occidente. Le belve sono lucide e di un’intelligenza satanica, fredda e calcolatrice quando bisogna.
Yarbes potrà morire in mille modi, ma non sgozzato così.
Crediamo che, anche al-Ja’bari, sappia cosa significa avere, sulla testa, gli States senza più remore, freni diplomatici o altro.
Non crediamo, ancora, alle settantadue vergini ecc. ecc.
Jahd vuole vincere e conquistare il conquistabile, ma non alla memoria.
(E’ di questi giorni la news, non confermata, che vorrebbe un aggiornamento d’armamento USA, con armi individuali tattiche al fosforo bianco. Basterebbe un nonnulla e al-Ja’bari, potrebbe diventare la messa a punto delle citate armi).
Un bene arrivato al Cap. Pomarev e al maggiore.
Il Presidente al Assad sorride.
Ottimo brano, milady, in pieno stile e prosecuzione.
Cordialità
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Sarà l’orario (ma anche no) e i refusi vanno a go go.
Pietà, perdono e venia.
Good night
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A rileggere il nostro commento sgrammaticato e con concetti oltre e nuvole, ci colse un malore.
Mah.
Penose cordialidad
😦
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@ LORD NINNI non è vero, Milord 🙂
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Come sarebbe a dire? E’ vero sì!
Notte
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@ LORD NINNI niet! 🙂
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un altro brano ottimo e stupendo come lo sei tu.gia
buona domenica cara amica mia
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Puntata eccezionale. La prima parte mi ha tolto il respiro. Buona domenica.
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Tre parti che lasciano tutte col fiato sospeso. Lasciamo Yarbes e la donna che sono l’ per morire. Ma sarà vero? C’è il vecchio israeliano che scruta il cielo. Vedrà qualcosa? Ci sono i due russi che concretamente si muovono.
Aspettiamo gli eventi.
Un caro abbraccio
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sei Maestra della costruzione dell’intreccio e della suspance. Ancora una volta ci offri una puntata robusta e ricca di informazioni (vedi arrivare in Siria). Resta lo sgomento per l’ odio tanto profondo che è sparso per il mondo.
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Non mi stancherei di leggerti, Alessandra: la scorrevolezza della tua prosa sicuramente aiuta a coinvolgere ed avvolgere…
Un abbraccio
Ros
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@ LORD NINNI credo che Ibrahim al-Ja’bari sia una persona diversa. Diversa rispetto ad Hamas e a quanti oggi – cioè un anno dopo il presente racconto – compiono gesta altrettanto efferate. Lui pensa di essere invulnerabile, forse una reincarnazione di Maometto.
Non è detto che si sbagli…
In quanto a Bashar al-Assad, laddove gli fosse stato chiesto aiuto, si sarebbe messo al servizio dei due russi 🙂
Grazie infinite, Milord, e radiosità.
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@ LORD NINNI non i refusi contarono, bensì i concetti espressi.
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@ MAIRITOMBAKO grazie mille, mia amica lontana ❤
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@ NADIA le tue parole mi fanno molto piacere.
Un sorriso per una notte serena*
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@ NEWWHITEBEAR su Yarbes e Sarah taccio.
L’israeliano è sul punto di scoprire un tradimento, il tradimento che è costato la vita a Zeev e agli altri.
I russi? Beh, loro due sono forti, sebbene in maniera diversa.
Un grande abbraccio!
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@ ILI6 Maestra? Sei troppo buona, cara Marirò 🙂
Devo dire che potrei scrivere questi capitoli in metà tempo, se non fosse per le ricerche: nei limiti del possibile cerco di essere precisa. Altrimenti una spy-story diventerebbe banale. Chiaramente posso commettere errori, ma comunque cerco in ogni modo di evitarli.
Ti ringrazio e ti abbraccio.
(Lo sgomento è anche mio).
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@ ROSEMARY3 sono lusingata, Ros!
Un bacione e l’augurio di dolci sogni ^^
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Mi hai fatto “strizzare”…ma mi piaci!
Un bacione
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@ MARI quello era il mio scopo 🙂
Due bacioni**
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Leggere tre puntate consecutivamente è veramente fantastico, si segue la storia che è una meraviglia e si resta senza parole quanto restano punti in sospeso che alimentano sempre più il pathos della storia.
Complimenti Alessandra, veramente molto molto bello.
Saluti, Patrizia
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Se quella che é arrivata in Medio Oriente é la cavalleria … Che cavalleria, accidenti !!! Non fategli mettere le mani su di una bomba sporca, per carità!
Comunque grande puntata. Grandissima, anzi pennellate di carattere per mostrare, e al meglio, i personaggi principali.
Il cammelliere matto, lo é fino in fondo, tanto da scacciare anche i suoi accoliti nel momento di massima suspance.
L’amerikano che sente la fine, ma sente anche di aver combattuto una buona battaglia e la “myydle”, dal fatalismo tutto mediorientale.
Il vecchio sefardita, nipote o forse figlio di mille pogrom, che sente a pelle l’inganno e la frode e la vuole immediatamente stanare e per ultimo il sociopatico che finalmente sente che potrà menare la mani contro quei nemici che stanno insanguinando l’amata “Rodnijna.”
Piatto ricco e saporito con gli ingredienti giusti per i prossimi eventi, che non ardisco pensare meno di strepitosi.
Attendere la domenica é sempre più difficile. Sallo
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Puntata bella e interlocutoria ma con scenari e situazioni al vero culmine… sogno (spero) che il ‘mio’ Yarbes sfuggirà alla morte… vedremo i prossimi botti letterari da parte tua in questa vicenda. A rileggerci. Univers.
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Sempre avvincente la tua scrittura.
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@ PATRIZIA M. non tutti ne hanno la voglia (o il tempo, beninteso), comunque io sono d’accordo con te: leggere due o tre capitoli di fila può essere molto soddisfacente, sempre che la storia sia buona. Non parlo solo di me, sia chiaro.
Nel presente caso, ti ringrazio molto!
Bacioni, Pat*
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@ CAPEHORN ti ringrazio per l’analisi strepitosa! Hai descritto alla perfezione i personaggi di questo episodio: certo meglio di me.
E sorrido pensando al sociopatico 🙂
Ringraziandoti per gli elogi, incrocio le dita… sallo!
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@ UNIVERS81 di Yarbes sapremo domenica: lo prometto.
In ogni caso, anch’io gli voglio bene.
Grazie e un abbraccio.
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@ RODIXIDOR sono lusingata 🙂
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ahah chissà cosa direbbe di noi, il russo! 😀 Questo modo di procedere, con le storie che si svolgono parallele prima di incontrarsi, è una tua caratteristica nello scrivere i romanzi che mi piace molto 🙂
http://www.wolfghost.com
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Puntata eccelsa per intrecci e per lo stato di tensione e attesa che sai creare. Oddio, le teste mozzate! e i nostri personaggi non sappiamo che fine abbiano fatto, anche se forse non dovrebbero uscire di scena; comunque sei tu a condurre il gioco.
Un racconto attuale, attualissimo e con i fatti dei giorni nostri viviamo questa storia ancora di più, complimenti!
un abbraccio
annamaria
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@ WOLFGHOST è un procedimento narrativo che piace anche a me, sebbene sia difficile. Bisogna, ad esempio, fare attenzione ai diversi fusi orari e a molte altre cose.
Grazie, lupissimo 🙂
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@ ANNAMARIA49 ti ringrazio moltissimo, Isabel!
Domenica avremo dei primi responsi.
Un racconto attuale? Purtroppo sì.
Un abbraccio a te.
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Una tecnica narrativa tutta giocata sui cambi di scena e di punti di vista. Occorre davvero tanta abilità per portare avanti un racconto cosi complesso e articolato
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@ GIOVANNI COMPARONE sicuramente occorre molta abilità, ma è da dimostrare che io la possieda.
Grazie infinite, Giovanni!
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…
Sono rimasta intirrizzita alla lettura…
sembra di vedere e vivere le scene proprio di questi giorni Nostri…
Non ho molte parole per esaltare la Tua bravura cara Alessandra
Un bacio e buona giornata
Michelle
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@ VENTIDIPRIMAVERA ti ringrazio con tutto il cuore, chérie 🙂
Bisous, Michelle.
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Ti leggo con piacere
Sei molto brava e preparata, Alessandra
Abbraccio
Mistral
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@ OMBREFLESSUOSE grazie, Mistral.
Kisses.
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