“Non ha ingerito cordite.”, osservò meditabondo Yarbes. Puntò l’arma sul vecchio e si rivolse a Sarah. “Uno straccio, un fazzoletto, un panno bagnato. Strofinalo sulla pelle del viso e sul dorso delle mani di questo farabutto. Con una certa energia.”
La giovane donna obbedì prontamente e nel giro di un paio di minuti l’alone grigiastro tipico dell’età avanzata scomparve, rivelando il volto di un uomo maturo, non più giovane, ma sicuramente non anziano.
“Eccolo, signori: Ibrahim al-Ja’bari!”
Martin premette il dito sul grilletto.
Zeev lo afferrò per un polso. La presa era ferrea, ma non fu per quello che Yarbes non lottò; essendo un ospite, nemmeno troppo gradito, si rendeva conto che non era in grado di opporsi alle decisioni dell’ufficiale del Mossad.
“Lo voglio vivo.”, dichiarò questi. “Voglio portarlo in Israele, dove sarà processato, dove parlerà davanti alle telecamere di tutto il mondo… poi, come è giusto, verrà giustiziato.”
Yarbes gli rivolse uno sguardo ostile. “A causa sua è morto mio figlio!”
“E ne pagherà il fio.”, lo rassicurò Zeev. “Ma non ora.”
Ibrahim al-Ja’bari li fissava, impassibile.
Yarbes ripose la pistola con espressione tetra.
Zeev annuì.
Sarah percepiva la forte tensione fra i due. Peraltro conosceva anche il proprio dovere, in quanto israeliana: appoggiare il comandante del kidom. Ciò nonostante capiva i sentimenti dell’americano.
Un momento dopo, udì uno strano rumore.
Proveniva da fuori, oltre la porta divelta di quel tugurio.
Nello spazio di pochi secondi, il rumore prese forma trasformandosi nel suono di voci alterate, di passi frettolosi, nello sferragliare di armi. Tutti i presenti si voltarono nella direzione da cui giungeva quel clamore.
Dieci guerriglieri irruppero nel locale, muniti di kalashnikov; dietro di loro ce n’erano almeno altri trenta.
“Vi conviene non opporre alcuna resistenza.”, disse Ibrahim al-Ja’bari in perfetto israeliano, quindi ripeté la frase in un inglese praticamente privo di accento, ad uso e consumo di Martin. “Deponete fucili, mitra e pistole.”, aggiunse in tono calmo. “Non avete alternative.”
A un cenno di Zeev, i componenti del kidom obbedirono, sebbene a malincuore. Non erano in posizione di combattimento ed erano stati colti completamente alla sprovvista, distratti dai gesti di Sarah e dal successivo scontro fra il comandante e l’americano.
Furono legati e costretti a inginocchiarsi per terra.
Ibrahim al-Ja’bari li passò in rassegna, soffermandosi per alcuni istanti davanti a Yarbes. Malgrado la flemma che dimostrava, da lui trapelava un odio cieco e fanatico.
Comparvero due energumeni, ciascuno dei quali cingeva fra le mani una grossa ascia. Sarah Gabai comprese che la sua vita era giunta al termine.
La prima testa che venne mozzata fu quella di David – un grazioso privilegio dovuto al fatto che era stato lui a scovare il fondamentalista sul tetto della casa. Poi toccò a Zeev. Nessuno dei due implorò. Agli altri vennero messi dei cappucci, con la sola eccezione di Yarbes. Gli assassini procedevano in fila, e lui sarebbe stato l’ultimo a essere decapitato. Sarah, che si trovava al suo fianco, cercò a tentoni la sua mano, la trovò e la strinse. Martin restituì la stretta, con forza. Nel corso di un’esistenza dura e violenta, aveva visto molte persone morire; ma questo non escludeva che provasse una profonda pena per quella giovane combattente, fiera e idealista. Rivolse un pensiero a John, poi a Monica, infine si chiuse in una corazza mentale composta di acciaio, invalicabile, immune a qualsiasi sentimento. Paura e rimpianti ne erano esclusi.
Altri due membri del commando scivolarono al suolo, senza un grido.
Il boia più alto si avvicinò al quinto prigioniero e sollevò l’ascia con un movimento fluido, elastico, quasi armonioso. Ibrahim al-Ja’bari assisteva in silenzio alle esecuzioni con un sorriso appena accennato: aspettava notizie ben più importanti da Tel Aviv.
Il sole saliva rapidamente nel cielo. Nell’aria si distingueva l’inconfondibile odore della sofferenza e della morte.
A Washington regnava il caos.
Già perplessa per conto suo, Monica Squire aveva appreso che Martin si era recato in Siria e, poiché Ibrahim al-Ja’bari era stato “individuato” in tre diverse località, si sarebbe dovuto procedere a un vero e proprio spargimento di sangue per avere la certezza di eliminarlo; però ciò che veramente contava era la sorte dell’uomo che, benché fosse colpevole di averle nascosto la verità, era ancora suo marito.
Di conseguenza, aveva richiesto ulteriori indagini, preferibilmente “esatte”, e per il momento aveva stabilito di bloccare ogni iniziativa.
Questa decisione aveva provocato una spaccatura ai vertici degli Stati Uniti.
Con lei si erano schierati Margaret Collins, che condivideva l’apprensione per Yarbes, Milton Brubeck, che sebbene in genere fosse propenso ad agire detestava l’imprecisione e la faciloneria di troppe missioni svolte all’estero, e il direttore della CIA. Si erano invece opposti Bill Kline del NRO e Jim Patterson della Delta Force. Naturalmente, alla fine, aveva prevalso l’opinione del Presidente.
Ma il clima che si respirava era teso e l’atmosfera lugubre.
I tanto vantati Global Hawk continuavano a individuare bersagli lontani fra loro e a trasmettere immagini di dubbia utilità.
Monica era furibonda.
Il cielo era buio e pioveva. Lei si aggirava inquieta per la Casa Bianca, mentre a distanza di migliaia di chilometri, in una luminosa mattina, il boia di Ibrahim al-Ja’bari si stava apprestando a decapitare il sesto israeliano.
Poi sarebbe toccato a Sarah e, in ultimo, a Yarbes.
Questo è il passo migliore, in assoluto. Da brividi.
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@ NADIA avrei dovuto postarlo domenica, ma una volta scritto…
Grazie di cuore.
E un caloroso abbraccio.
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sempre stupenda..un regalino piccolo x te ,..buona serata scrittrice unica
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@ MAIRITOMBAKO ti ringrazio, tesora!
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Veramente notevole! Ci lasci sul più bello e fai tornare in scena Monica. Gli israeliani mi sono sembrati pasticcioni e troppo sicuri di sé. Mi ricordano i peggiori americani.
Dunque sono rimasti Sarah e Martin da giustiziare. Ma sarà vero?
Ti conosco troppo bene per pensare a una fine cruenta dei due. Chissà cosa ci riservi nelle prossime puntate.
Un caro abbraccio
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Brava amica mia, un abbraccio di ❤
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OH Dio, che dolore: hai talmente descritto bene le esecuzioni che mi si è accapponata la pelle, quanta spietatezza in quegli uomini, che poi sarebbero terroristi dei nostri giorni. Sarah e Yarbes faccio il tifo per voi, comunque sei tu la conduttrice narrativa.
Complimenti per la narrazione.
buona giornata e un abbraccio
annamaria
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eh no, eh! Poi mi spieghi perchè Yarbes non ha sparato subito a Jbrahim, senza se e senza ma! ok, ok, comprendo il perchè, lo hai anche scritto, ma si rischia davvero di divenire cattivi quando si assiste a tsunami di odio come quelli che, ad esempio, stiamo sentendo in tv in questo periodo. SENZA PIETA’! (come loro).
sempre brava, aspetto domenica per la salvezza di Yarbes.
felice serata, ciao
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@ NEWWHITEBEAR hai ragione: il Mossad non è infallibile. Credo che scopriremo anche il motivo di questa autentica disfatta.
Sul resto taccio…
Grazie e un caro abbraccio.
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@ LAURA un bacione da me 🙂
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@ ANNAMARIA49 mi sono chiesta più volte se proseguire questa storia o fermarmi, poi ho deciso di andare avanti perché quando la cominciai non c’erano ancora così tante barbarie.
Sarah e Yarbes: vedremo, amica mia.
Ti ringrazio e ricambio l’abbraccio.
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@ ILI6 Yarbes avrebbe voluto e dovuto sparare, ma oggettivamente non poteva farlo. D’altro canto, Zeev aveva le sue ragioni.
Concordo con te: in certi casi non è possibile porgere l’altra guancia. Dente per dente!
Grazie, cara Marirò.
Baci ^^
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“Non ha ingerito cordite.”
Ecco l’esordio che, per questa puntata sceglieste. L’intento di mostrare l’esperienza in questo campo, da Yarbes è pienamente raggiunta. Un’ottima letteratura, nel merito, si comportò in tal modo nello specifico.
Ci riferimmo a Frederick Forsyth e al suo indimenticabile romanzo “Il giorno dello sciacallo” dove, per bocca del falsario dei documenti, suggerisce allo “Sciacallo” di masticare e ingerire cordite per assumere una colorazione grigiastra della pelle.
Quello fu il primo best-seller del bravissimo scrittore. Un best-seller che sollevò enormi polveroni per aver rivelato i sistemi poco ortodossi dei servizi segreti interessati (Francia, Italia, Gran Bretagna).
Perché questa introduzione?
Presto detto.
Il vostro racconto lungo (romanzo?) si abbina, agevolmente, a quel best-seller.
I parallelismi:
Entrambi sono dei capolavori.
In Rage assistemmo, in una sequenza incalzante e diremmo quasi demoniaca, a tanti avvenimenti che ci colpirono.
Qua, però, riferimmo dell’attuale puntata.
La prima evidenza è l’aspetto Yarbes. La bravura e la proprietà intellettiva ne fanno un personaggio di indiscusso affidamento. La serietà, concretezza sono la massima espressione dell’uomo Yarbes. Un personaggio che, grazie alla vostra penna, ci avete fatto amare.
Ci colpì, in verità, un’altra frase:
“Voglio portarlo in Israele, dove sarà processato, dove parlerà davanti alle telecamere di tutto il mondo… poi, come è giusto, verrà giustiziato”.
Beh, comprendemmo l’intenzione lodevolissima di fargli subire un processo, come qualsiasi uomo di buona volontà dovrebbe fare. Decidere, a priori il verdetto, però, ne corre…
Per il rimanente prosieguo avete scritto un pezzo che ci tenne e trattenne con la massima attenzione. Ibrahim al-Ja’bari che dimostra di essere quello che ci si attendeva.
La descrizione dell’abbattimento, tramite sgozzamento in un rituale che purtroppo è attualissimo in questi giorni, è verosimile.
L’ira di Monica arriva come un’ovvietà, ma che stordisce.
Siete riuscita a focalizzare l’attenzione in una spasmodica attesa degli eventi.
Attenderemo dunque la prossima puntata, oppure ci recheremo personalmente da Monica, negli States, per tentare di conoscere i prossimi passi da compiere.
Abbiate le nostre, spionistiche, cordialità radioseggianti.
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@ LORD NINNI per prima cosa, arrossisco leggendo il vostro paragone, che, sebbene mi lusinghi, onestamente e razionalmente non posso accettare. F.F. è un Maestro, indiscusso e indiscutibile; io sono una semplice panettiera (o una macchina per scrivere, come mi definì con bonaria ironia una mia “vecchia” e cara amica).
Yarbes – vedasi “Matrioska”, che FORSE uscirà quest’anno – non è uno stinco di santo, ciò nonostante possiede tutte le doti da voi sottolineate.
Riguardo alla frase pronunciata da Zeev, in effetti induce al sorriso; ma ve lo immaginate Ibrahim al-Ja’bari in una gabbia di vetro a Tel Aviv? Direi: verdetto scontato.
Monica vi aspetta e io vi ringrazio infinitamente.
Siete troppo buono con la sottoscritta 🙂
Radiosità, Milord.
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Panettiera?
Macchina per scrivere?
L’amara realtà
Cordiality
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@ LORD NINNI quoto le prime due 🙂
Bocciata la terza!
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Ok, vada per questa. Buona l’ultima
🙂
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Saludialità
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@ LORD NINNI invece di mandarmi queste schifez… beltà, vorreste invece spiegarmi una cosa? Se lo Sciacallo non era Calthrop, il quale in realtà era stato a San Domingo, allora chi diavolo era?
Radiosity.
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Oddio milady, provvederemo (Il libro venne letto-realmente-una trentina di volte e il film, almeno, altrettante).
Charles Calthrop: la cui contrazione del nome, venne azzardata – alla ricerca della vera identità del Killer – in Chacal, venne attenzionato da Sctland Yard in quanto, nel passaporto era il visto d’ingresso e non quello d’uscita verso il paese sudamericano (verrà scagionato in quanto, nel medesimo frangente, era in vacanza).
La penna, geniale, di Forsyth ha imbastito la storia senza fornirci l’identità volutamente mantenuta segreta.
Prova ne sia che, dopo l’uccisione del Killer, è il commissario Claude Lebel che porta l’ultimo omaggio all’ignoto genio del crimine, in tumulazione, dicendo la famosa frase: … ma se non è Calthorp, allora, chi diavolo era?
Fin qui il colpo di genio del maestro.
Cordiality
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@ LORD NINNI preciso ed esauriente! Grazie.
(Più o meno, ero pervenuta alle stesse conclusioni, e il vostro illustre parere mi conforta).
Radiosity.
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Ecco fatto… ho perso il commento 😦 Devo aver schiacciato qualche tasto per “tornare indietro” 😦
Comunque avevo scritto che francamente non avrei deposto le armi: meglio morire combattendo, giocandosi il tutto per tutto, almeno ne avrebbero fatto fuori qualcuno!
Spesso, visto l’andazzo di questi ultimi anni, e ancor di più in questi ultimi mesi, mi sono chiesto come reagirei se, in un paese islamico, tentassero di rapirmi: col cavolo! Piuttosto mi faccio ammazzare subito, ma ci provo! Tanto questi ti ammazzano lo stesso, e magari dopo mesi di angoscia come prigioniero.
Mai.
http://www.wolfghost.com
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@ WOLFGHOST succede 😦
Sì, però all’epoca non erano ancora “di moda” le decapitazioni. Zeev pensava a un destino diverso, magari nella speranza di una liberazione da parte di un altro commando israeliano.
Sul resto ti quoto al cento per cento 🙂
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Mah… il terrorismo difficilmente ha fatto prigionieri, i tempi sono cambiati… ma non così tanto come generalmente crediamo…
http://www.wolfghost.com
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@ WOLFGHOST è vero, ma la scelta era tra una morte certa e una morte probabile.
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Efferato? Sì, lo é nel momento in cui non sappiamo come va a finire. Attuale? Indubbiamente sì. Qui si potrebbe aprire una querelle infinita sull’opportunità di proporre certe scene sui mezzi d’informazione sia cartacei e/o audiovisivi. C’é chi si muove in un senso, chi nel senso opposto. (Personalmente sono per la censura più vieta e al limite dell’ottusità).
Comunque ineccepibile nel costrutto e nello svolgimento, questo capitolo é fondamentale. Se é vero che non tutte le ciambelle escono con il buco é altrettanto vero che la “cavalleria” arriva sempre al momento più opportuno. Ora bisogna stabilire quale sarà il colore della casacca e se arriverà in tempo per salvare i nostri eroi oppure avrà solo il tempo di seppellirli.
Ottima la descrizione del clima della capitale con le varie anime politiche che di norma emergono in quei frangenti e che già hanno avuto il tempo per esprimersi. Da sottolineare come le troppe informazioni a volte diventano disinformazione e fanno buon gioco dell’avversario.
Più che panettiera … Gran pasticciera 🙂
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@ CAPEHORN partiamo dalla tua considerazione iniziale perché è importante. Come ho già avuto modo di scrivere, rispondendo all’amica Annamaria, mi sono chiesta varie volte se era il caso di procedere o meno; alla fine ho scelto di continuare: questa storia è cominciata in tempi (quasi) non sospetti.
Avevo in mente soltanto due cose: Monica Squire presidente degli Stati Uniti e un fanatico crudele e assai abile nelle sue perfide azioni.
Se arriverà la “cavalleria”? Certo che sì, però non assicuro il tempismo…
Il colore? Rosso.
Grazie dalla pasticcera 🙂
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Credo che la tua scelta sia assolutamente opportuna. Innanzitutto credo che tutti noi siamo abbastanza evoluti da capire tempi e modi di esposizione di certi temi. Questi poi non toccano in alcun modo sentimenti religiosi. Bensì solo ed esclusivamente scenari politici (In senso lato) e in ogni caso necessari allo svolgimento della storia. Che non può sottrarsi dall’avere un qualche riferimento all’attualità. Perché, la storia ci insegna che non c’é niente di nuovo sotto il sole e la storia stessa si ripete, seppur sotto forma o vestiti diversi, sempre ripropone se stessa. Un combattimento tra ciò che viene inteso come bene e ciò che viene inteso come male. Non importano le latitudini, le fondamenta sociopolitiche ed economiche. I due opposti sentimenti lottano in eterno e per l’eternità, governandoci anche quando crediamo di avere noi, il timone nelle mani.
Il riferimento alla realtà attuale dei fatti é solo mio, nel senso che non trovo assolutamente giusto dare spazio a questi macellai, per proporre le loro scelleratezze. Anzi bisogna che tutti noi dal semplice cittadino alle istituzioni di qualunque grado, si oppongano a che le idee di questi “personaggi” rimangano solo suoni senza senso. Loro vogliono che le idee propugnate siano sparse a piene mani, cariche come sono d’odio e violenza, paura e intimidazione. Per contro a noi spetta il solo compito di chiudere il loro audio, di non permettere la loro diffusione, colpendo i loro canali privilegiati e parlo soprattutto del web. Come YOU Tube, ad esempio impedisce la pubblicazione di materiale pornografico, così dovrebbe fare con i deliri pubblicati da questa gentaglia. Considerare i loro proclami alla stregua di pubblicazioni pedopornografiche.
Qui mi fermo perché già troppo ho abusato del tuo tempo e dei tuoi spazi, e di ciò ringrazio la tua liberalità.
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@ CAPEHORN una riflessione molto profonda, la tua, degna di un Eugenio Scalfari. Sicuramente arricchisce questo capitolo ed è da me ampiamente condivisa.
Chapeau!
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E’ stato un piacere condividere con te le mie piccole riflessioni
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Per ragioni di tempo mi era francamente impossibile leggere tutti questi capitoli e invece l’ho fatto, trascinato da un racconto avvincente e scritto in maniera superba. Ora trepido per Sarah e Yarbes.
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@ LUCA caro nuovo amico, il tuo commento mi fa un piacere immenso.
Per quanto riguarda i tuoi beniamini vediamo cosa succederà nel post di domenica.
Felice notte*
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Il grande ritorno in storia di Monica… ma la puntata riserva una tensione fuori dal comune. I miei complimenti e ne leggeremo delle belle, no? Univers.
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@ UNIVERS81 lo spero, amico mio.
Grazie!
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Eccellente episodio, anche se, decapitare persone, come bestie al macello
non c’ è niente di sublime.
Martin non ha colpa se non è stato svelto a sparare… e la nostra Alessandra che conduce il gioco.
Aspettiamo allora la prossima mossa dalla tua superba penna
Abbraccio
Mistral
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@ OMBREFLESSUOSE non c’è proprio niente di sublime, sono d’accordo, cara Mistral!
Superba penna? Arrossisco.
Kisses.
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….
Una puntata in un clima fortemente teso..
da brivido…
Buona notte cara amica
Michelle
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@ VENTIDIPRIMAVERA grazie, Michelle! Ti abbraccio.
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