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RAGE 30

1 febbraio 2015 di Alessandra Bianchi

Martin YarbesLa statistica, per quanto sia considerata una scienza esatta, talvolta è incline a errori, soprattutto se il postulato di partenza eccede in ottimismo oppure in pessimismo. D’altro canto, ancora oggi è difficile trovare una disciplina che risulti perfettamente sicura; neppure la matematica lo è.
Ma, quando si parla di Yamam, le possibilità di sbagliare sono minime. Per farne parte, occorre un addestramento durissimo. I membri vengono dall’esercito, e sono scelti fra i migliori. Moshe era stato reclutato dall’ Yehidat Misthara Meyuhedet cinque anni prima e, secondo una statistica a quanto pare non ingannevole, era stato fra i quindici su mille che erano riusciti nell’intento di farsi accettare.
Dimostrò le sue doti, quando udì il grido di Avigail e vide la sua mano protesa a indicare un uomo accovacciato per terra.
Comprese al volo quello che stava accadendo e agì di conseguenza.
Senza esitare, tirò fuori la pistola d’ordinanza e fece fuoco. Yassev emise un grugnito di rabbia e di dolore. Invocò Allah, ma malgrado un ultimo sforzo disperato non riuscì a premere il dito sul pulsante rosso. Spirò dopo un attimo.
Moshe si avvicinò cautamente al cadavere, identificò con orrore l’ordigno nucleare e chiamò subito gli artificieri.

L’indomani proseguirono le esercitazioni, sotto la guida di Sarah Gabai. Zeev si occupò invece dell’elicottero, esaminandolo con la massima attenzione. Controllò i serbatoi supplementari che dovevano consentire al velivolo di coprire per due volte la distanza di circa 2690 chilometri. La velocità di crociera, intorno ai 350 chilometri orari, avrebbe permesso di compiere il tragitto in otto ore. Sebbene i russi stessero progettando in gran segreto un nuovo esemplare (una versione aggiornata del Mi-8-AMTSH), in grado di battere ogni record di velocità, sia sulle brevi sia sulle lunghe distanze, e dotato di innovazioni straordinarie, il Mossad era riuscito a impossessarsi di tutti i dettagli tecnici e li aveva trasmessi ai propri scienziati.
Il problema più importante era però un altro: come sfuggire ai radar siriani.
Era stato risolto avvalendosi di un sistema americano. Non era sicuro al cento per cento, ma comunque garantiva buone probabilità di successo. La tecnologia, assai complessa, rispondeva al nome di stealth, che si può tradurre con il termine “furtivo”. Esisteva, tuttavia, un secondo problema, legato alla visibilità del mezzo. Per ovviare a questo inconveniente i tecnici americani (e quelli israeliani) avevano stabilito di applicare uno strato di vernice radar-assorbente. Aveva una scarsa durata e un costo elevatissimo ma andava bene per una singola missione. In ogni caso era preferibile viaggiare protetti dal buio, ed era ciò che Zeev aveva deciso di fare. Avrebbero raggiunto il punto prestabilito, a est di Al Bukamal, in direzione del confine iracheno, verso le quattro di notte e sarebbero ripartiti al crepuscolo dello stesso giorno.
Quando Zeev si dichiarò soddisfatto, convocò il kidom. I sette uomini e l’unica donna si spogliarono completamente e indossarono i capi ritenuti necessari. Sarah riservò uno sguardo malizioso alle parti intime di Yarbes, poi trattenendo un risolino procedette alla vestizione.
Incominciarono con mutande di spessore doppio rispetto al consueto, imbottite e rinforzate. Sopra a una corazza di kevlar, infilarono la tuta mimetica. Poiché il kevlar è perfetto per difendersi dai proiettili ma meno efficace nel caso di un attacco all’arma bianca, con una baionetta o un coltello, aggiunsero alla mimetica un giubbotto adatto a tale scopo. Calzarono desert boots e calze pesanti di lana. Zeev distribuì sette kefhiah. A ciascuno furono consegnati fucili M4, pistole mitragliatrici, pugnali dalla lama acuminata, guanti antitaglio, binocoli, boraccia, razioni alimentari, zaino e flash-bangs.
Il volo si svolse senza problemi e se si rivelò scomodo nessuno ebbe a protestare. Quando si trovarono sul suolo siriano, Zeev consultò la bussola al lume di una torcia elettrica e indicò la direzione che andava presa. Era una notte fresca e luminosa. Non incontrarono anima viva e risultò chiaro che il rivestimento di stealth aveva funzionato, eludendo la sorveglianza dei radar.
Marciarono in silenzio, guidati dai raggi della luna e dallo splendore delle stelle, attraverso tratti desertici e brulle colline, cosparse di arbusti e da qualche raro cedro, e prima dell’alba si trovarono in prossimità del villaggio. Durante il tragitto si erano fermati solo per mangiare una razione di carne in scatola e per bere un po’ d’acqua.
L’aria era già tiepida e si annunciava una giornata serena. Benché non fosse necessario, per sicurezza Zeev impartì gli ultimi ordini, dopodiché attese che il sole sorgesse. Era una questione sulla quale aveva riflettuto a lungo. Attaccare il nemico, protetti dall’oscurità, rappresentava indubbiamente un vantaggio; ciò nonostante voleva essere certo di prendere Ibrahim al-Ja’bari, e in questo la luce sarebbe stata d’aiuto.
Infine, il kidom si mosse. Raggiunsero il misero agglomerato di case , nel quale non notarono sentinelle, e individuarono quella prescelta, scardinarono senza problemi la porta dell’abitazione, entrarono e scatenarono l’inferno. Tempo venti secondi e tutti gli occupanti della dimora – servi e guerrieri di Ibrahim al-Ja’bari – rimasero uccisi. Ma dov’era il capo? Zeev non lo individuò fra i cadaveri che giacevano al suolo. Perlustrarono con cura l’ambiente, peraltro assai piccolo, senza scorgere la sua odiosa fisionomia. Intorno a loro si udivano le grida terrorizzate degli abitanti, perlopiù donne e bambini.
A un tratto, comparve un vecchio, sospinto dalla canna del fucile di David, il più giovane del commando. “L’ho trovato sul tetto.”, annunciò questi.
Il siriano era curvo e malfermo sulle gambe, ma non manifestava paura. “Parli israeliano?”, gli chiese Zeev. L’altro scosse la testa. Fu Sarah a rivolgergli la domanda seguente. Si espresse nella sua lingua. “Stiamo cercando Ibrahim al-Ja’bari.”, dichiarò. “Sappiamo che si trovava qui. E’ forse volato via come un uccello?”
L’anziano la fissò per qualche secondo. “Si è allontanato due ore fa. E’ sua abitudine non fermarsi nello stesso luogo.” Sputò per terra. “Io lo detesto.”, affermò con convinzione. “E sono rammaricato. Il mondo sarebbe migliore se esseri simili venissero sepolti fra le sabbie del deserto.”
Sarah tradusse la risposta a beneficio degli altri.
Zeev annuì, cupo in volto.
Ma Yarbes non sembrava convinto.
Si era reso conto di piacere alla giovane e attraente israeliana, sapeva che non si sarebbe mai ripreso dalla morte di John, ed era consapevole che Monica non lo avrebbe mai perdonato; tutto questo, però, al momento gli scivolava addosso come la sabbia del deserto evocata dallo strano vecchio.
Si rivolse a Sarah. “Digli che io so chi è lui!”
Poi estrasse la pistola.

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Pubblicato su rage | Contrassegnato da tag Monica Squire | 26 commenti

26 Risposte

  1. su 1 febbraio 2015 a 00:22 Laura

    Bellissimo, un abbraccio cara, ti auguro buona domenica, ❤

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  2. su 1 febbraio 2015 a 00:27 Lord Ninni

    Leggere questo passaggio permette, nell’immediato, di capire e dunque comprendere l’impegno profuso e la serietà sia scrittoria, sia scientifica.
    Questo è un vostro grande, anzi grandissimo, merito.
    La perfezione stilistica si sposa, tranquillamente, con la realtà narrativa tanto che, come si potrebbe definire alla Van Dyck, si assiste allo solgimento di uno dei “mondi del possibile“.
    Realisticità mista al profilo romanzato della storia (nella seconda parte) da, proprio, il senso del mondo del possibile.

    La bravura divenuta tesi.
    La perfezione divenuta scuola.
    Siete una garanzia di soddisfazione letteraria, mia signora.
    Abbiate una serena domenica.

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  3. su 1 febbraio 2015 a 00:28 Alessandra Bianchi

    @ LAURA grazie! Sei una tesora 🙂
    Felice domenica a te.

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  4. su 1 febbraio 2015 a 00:37 Alessandra Bianchi

    @ LORD NINNI l’impegno è senza dubbio estremo; per il resto faccio affidamento sulla bontà degli amici lettori, fra i quali, come stella guida, figuraste voi, mio Milord.
    A dir poco, sono veramente lusingata
    Unitamente ai miei doverosi ringraziamenti, vi auguro una radiosa domenica.

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  5. su 1 febbraio 2015 a 11:04 mairitombako

    stupendo..sei unica ,brava e di nuovo BRAVA..
    buona domenica amica lontana

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  6. su 1 febbraio 2015 a 18:01 newwhitebear

    Scoperto come l’ordigno non è esploso. Poi l’hai presa lunga ma alla fine hai mostrato le tue migliori caratteristiche: rapidità e incisività nella narrazione.
    Yarbes si consola in fretta 😀
    Il vecchio chi sarà mai?
    Un caro abbraccio

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  7. su 1 febbraio 2015 a 20:52 Alessandra Bianchi

    @ MAIRITOMBAKO ancora una volta ti ringrazio, mia amica lontana 🙂

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  8. su 1 febbraio 2015 a 20:55 Alessandra Bianchi

    @ NEWWHITEBEAR ho appena finito di leggere l’ultimo romanzo di Wilbur Smith: cerco sempre di prenderlo a esempio, sebbene sia impossibile. E’ troppo bravo!
    Il vecchio?
    Vedremo…
    Un grande abbraccio.

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  9. su 1 febbraio 2015 a 21:36 Mari

    Pericolo scampato, che sollievo!
    E Yarbes che fa? Gli uomini…
    Sei strepitosa MIA strega…un bacioabbraccio!

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  10. su 1 febbraio 2015 a 21:40 Alessandra Bianchi

    @ MARI un grande sollievo davvero, pensando a quante persone sarebbero morte!
    Yarbes… è un uomo che io amerei.
    Grazie, MIA guerriera! Due baci e due abbracci**

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  11. su 1 febbraio 2015 a 23:50 ili6

    Ancora punte di grande informazione: non sapevo esistesse un abbigliamento antiradar. Il resto scorre veloce grazie alla consueta abilità della scrittrice che apre uno spiraglio di romanticismo. Beh, Yarbes merita un attimo di pace…ma intanto c’è il vecchio da esaminare…
    Bravissima! baci. Torno presto per il ponte di K . Buona notte 🙂

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  12. su 2 febbraio 2015 a 21:30 Alessandra Bianchi

    @ ILI6 forse mi sono espressa male: sono i velivoli ad avere quella protezione.
    Yarbes… meriterebbe sì un attimo di pace, però…
    Grazie mille e un bacione, Marirò 🙂

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    • su 3 febbraio 2015 a 23:55 ili6

      no, hai ragione, mi sono espressa male io.
      Non sapevo esistesse una vernice antiradar.
      Mentre scrivevo, però, pensavo all’abbigliamento antiproiettile che hai minuziosamente descritto.
      sorry

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      • su 4 febbraio 2015 a 14:56 Alessandra Bianchi

        @ ILI6 niente “sorry”! Bensì, un altro bacione ^^

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  13. su 3 febbraio 2015 a 17:53 capehorn

    Finale da 10 e lode. Di quelli che cipiaccionoassaissimo (tutta una parola da riempire la bocca come un morso di “Rocciata d’Assisi”)

    Come sempre si vola alto e oramai nella TOP 10 si sta stretti. Strettissimi, tanto che togliere quello per dar spazio a quest’altro diventa sempre più improbo.

    Impeccabile disquisizione sulla tecnologia ” Stealth” che oramai si applica a tutto o quasi, in campo militare. Dagli aerei, alle navi ai carri armati ai veicoli in genere.
    Telegrafico ma efficacissimo lo squarcio temporale di Tel Aviv. Come una scossa del 6 grado della Richter. Ti rimane dentro.

    Con ansia aspettiamo gli eventi … Il vecchio ricorda qualcuno, ma il ricordo sfuma come sabbia in grembo allo “shimun” …

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  14. su 3 febbraio 2015 a 17:57 univers81

    Puntata fluida e oltremodo interessante, soprattutto nei particolari e dettagli tecnici degli armamenti. Complimenti. A presto, Univers.

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  15. su 4 febbraio 2015 a 15:00 Alessandra Bianchi

    @ CAPEHORN gli eventi… il vecchio… oggi ho cominciato a scrivere un capitolo di rara efferatezza, che sgomenta perfino me.
    Un grandissimo grazie, Cape, e incrocio le dita per il tuo prossimo giudizio.

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  16. su 4 febbraio 2015 a 15:03 Alessandra Bianchi

    @ UNIVERS81 come di consueto ho svolto numerose e talvolta estenuanti ricerche. Non tutti i siti sono attendibili.
    A presto, e un sincero ringraziamento per le tue parole.

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  17. su 4 febbraio 2015 a 20:29 Nadia

    Ti leggo sempre, anche se non sempre commento. E’ un lavoro esemplare.

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  18. su 4 febbraio 2015 a 20:41 Alessandra Bianchi

    @ NADIA cara, che tu mi legga mi fa un grande piacere! Come il tuo lusinghiero giudizio.

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  19. su 5 febbraio 2015 a 23:02 wolfghost

    Sì, anche io immagino di sapere che il furbone è proprio il ricercato! Ma ho la fortuna di non dover aspettare per avere la risposta: vado subito a leggere il nuovo capitolo 😉

    http://www.wolfghost.com

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  20. su 5 febbraio 2015 a 23:22 Alessandra Bianchi

    @ WOLFGHOST immagini giusto, lupissimo 🙂

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  21. su 11 febbraio 2015 a 18:29 ombreflessuose

    Ci sono ancora e ti leggo con piacere
    Bravissima
    Abbracci
    Mistral

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  22. su 11 febbraio 2015 a 19:43 Alessandra Bianchi

    @ OMBREFLESSUOSE ero certa di rivederti, cara Mistral.
    E mi davvero piacere che tu abbia apprezzato.
    Bacini.

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  23. su 13 febbraio 2015 a 14:40 ventidiprimavera

    …..
    Sono sta via carissima, sono tornata ieri sera
    e piano piano riprendo la lettura, di ogni capitolo
    devo solo avere un pò di tempo a disposizione….
    Tu hai il merito di essere seguita e di sicuro lo farò!!

    Ti lascio un abbraccio a prestissimo
    Michelle

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  24. su 13 febbraio 2015 a 18:08 Alessandra Bianchi

    @ VENTIDIPRIMAVERA sono felicissima di rileggerti, chérie Michelle!
    Bisous * ________________ *

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I commenti sono chiusi.

  • CHI SONO

    Mi chiamo Alessandra Bianchi.
    Amo ballare, nuotare, il sole, il mare e il vento.

    Ho scritto un romanzo,"Lesbo è un'isola del Mar Egeo" (Borelli Editore, collana Pizzo Nero), che era reperibile nelle migliori librerie (Mondadori, Feltrinelli, etc.) e su vari portali (IBS, ad esempio); ma che adesso è esaurito.
    Il libro costava 12 euro.

    Il mio secondo libro si intitola "Sognate con me" ed è una raccolta di racconti, tratti dal mio blog. Costa 10 euro.

    "Alex Alliston" è il mio nuovo romanzo, pubblicato nel mese di febbraio del 2012.

    Il mio precedente blog su Splinder ha superato le 420.000 visite. Desidero ringraziare i molti amici che mi hanno seguita.

    SUL CORRIERE DELLA SERA DEL 25 MARZO 2012, NEL SUPPLEMENTO CULTURALE “LETTURA”, IL MIGLIOR INCIPIT DI UN ROMANZO INEDITO (PAGINA 20):
    La barca – un vecchio dragone praticamente inaffondabile – virò di prua e fendendo i marosi imboccò lo stretto passaggio che conduceva alla piccola baia. Aleksandr ormeggiò lo scafo, lo disarmò e scese a terra. Lì il vento era meno intenso: l’insenatura era protetta dai numerosi scogli che affioravano dal mare, simili a denti aguzzi. Le onde si infrangevano su quella barriera e andavano a sfogare la loro collera altrove.
    ALESSANDRA BIANCHI “MATRIOSKA”

  • Dieci anni di blog: da Splinder a WordPress

    Più di duecento racconti Dodici "serie" (o romanzi) Oltre cinquecento post
  • Alex Alliston
  • Odio e Amo

    Odio
    la falsità, la cattiveria, il razzismo
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