Yassef si svegliò prima dell’alba.
Ricordava sogni confusi, privi di un senso: ma quelle immagini scomparvero dalla sua mente non appena si alzò dal letto della sudicia locanda. Prima di andare nel piccolo bagno, un bugigattolo in realtà, riservò un pensiero appassionato a Jasmine.
Ricordava bene l’ultima notte che aveva trascorso con lei. Avevano dormito abbracciati. Alla prima luce del sole, il lenzuolo era scivolato a terra, lasciandola scoperta. Yassef aveva percorso con gli occhi quel superbo corpo bruno, con calma, quasi lo stesse riprendendo con una fotocamera: era partito dai piedi graziosi per risalire alle caviglie sottili, poi su su, verso le cosce sode come marmo, il ventre piatto, il seno orgoglioso e pieno, la cascata di capelli neri che incorniciavano un viso forse non bello, però estremamente attraente. Gli occhi erano scuri, attraversati da sfumature verdi; sebbene in quel momento fossero chiusi, li rammentava nello stesso modo in cui si può rivedere mille volte nell’anima il quadro di un grande pittore.
Jasmine era algerina. L’aveva incontrata in un campo di addestramento. Era una soldatessa, più forte e coraggiosa della maggior parte degli uomini che aveva conosciuto. Lei non immaginava che sarebbe rimasta sola, e questo gli faceva male al cuore.
Yassef aveva girato attorno al letto per baciare il figlio sulla fronte. Sarebbe cresciuto libero, sano e forte. Aveva esaminato a lungo i suoi lineamenti, quasi a volerli scolpire nella memoria, poi con un profondo sospiro aveva lasciato la stanza ed era partito per il suo viaggio senza ritorno.
Ora, comunque, non doveva pensare a loro.
Dopo essersi lavato con estrema cura, dedicò molti minuti alla preghiera, si vestì, e senza voltarsi indietro uscì nella strada di Tel Aviv.
Sebbene fosse ancora inverno, faceva già caldo; un’umanità affaccendata e frettolosa si dirigeva verso i luoghi di lavoro. Yassef accese una Gitane e aspirò una lunga boccata di fumo. Aveva scoperto quelle sigarette a Parigi, e da allora non le aveva mai abbandonate. Camminando lentamente, si diresse verso la fermata dell’autobus.
Il sole era apparso, a est, e preannunciava un’altra giornata afosa; ma lui non sudava. Mentre procedeva, guardandosi attorno con finta distrazione, la sua mente abbandonò per sempre Jasmine e il bambino. Un breve pensiero rivolto al suo popolo, e alla interminabile catena di ingiustizie che aveva dovuto subire, fu subito sostituito dalla consapevolezza di ciò che stava per fare. Malgrado il calore, e l’umidità, gli sembrò di percepire un lontano odore di mare. E poi altri profumi, che si presentarono in rapida successione, quasi a voler scandire tutte le tappe della sua esistenza. Il sapore della natura, degli uliveti, delle arance, del giorno e della notte.
Evitò una pattuglia, prendendo un’altra strada, fece il giro di un isolato, e infine raggiunse una logora panchina su cui si lasciò cadere. Spense la sigaretta sotto il tacco della scarpa.
Adesso era molto attento, concentrato unicamente su quanto avrebbe fatto. Nel suo cuore non c’era più spazio per altro.
Il dolore di Jasmine, la solitudine del bambino, lo strazio dei suoi vecchi genitori abbruttiti da mille umiliazioni, rappresentavano solamente il prezzo da pagare, e che sarebbe stato pagato. Non era più tempo di commozione o di rimpianti. Questo era stato l’insegnamento di Ibrahim al-Ja’bari. Da lui Yassef aveva imparato a disprezzare Hamas. Parlavano molto, e concludevano molto poco, come del resto gli Stati arabi che fingevano di volerli aiutare ma in realtà non muovevano un dito, terrorizzati com’erano dal Grande Satana.
Yassef accolse con piacere un soffio di vento, si alzò dalla panchina e si accodò alla fila che attendeva l’arrivo dell’autobus.
Yassef si chiuse nei propri ragionamenti. Sopra di lui il cielo era striato di nubi, ma qua è là si scorgevano tratti di un azzurro intenso, destinati ad allargarsi con il passare delle ore. In teoria, considerò Yassef: presto sarebbe calata la notte.
Nella capiente borsa che portava con sé c’era un ordigno nucleare, avvolto in uno strato di gommapiuma e racchiuso in una scatola di alluminio di forma quadrangolare. Era pesante, ma Yassef era forte. Non sapeva in che modo Ibrahim al-Ja’bari se lo fosse procurato, né gli interessava saperlo. Se glielo avesse chiesto – ma non lo aveva fatto – Ibrahim gli avrebbe tranquillamente risposto che lo aveva acquistato da un traditore russo, un generale avido di denaro. Al riguardo, aveva una precisa filosofia: non si fidava minimamente degli infedeli “convertiti”, preferiva pagarli, perché la loro fede nel guadagno era salda, non altrettanto quella nell’Islam. In genere, quest’ultima era dovuta alla moda o a capricci egocentrici. Se, però, gli avessero domandato come si procurava i soldi, avrebbe scosso la testa e cambiato discorso.
Benché Yassef non fosse un uomo ingenuo – altrimenti non sarebbe riuscito a sfuggire a lungo ai mastini del Mossad – si pose una strana domanda: come avrebbe reagito Jasmine, il più tardi possibile si augurava, quando lo avrebbe raggiunto nel giardino di Allah e lo avesse visto con quaranta vergini? Scrollò le spalle. Erano interrogativi inutili. Per un momento, si rivide a Londra con Jock. Jock era uno scozzese duro come il ferro. Il suo vero nome era Alan, ma per gli inglesi era Jock. Quel giorno, era settembre e il cielo era limpido e privo di nubi, però faceva già freddo; avevano fatto esplodere una bomba davanti all’ambasciata israeliana. Poi erano scappati e nessuno li aveva presi. Ma quella… era una rudimentale, piccola, bomba; questa avrebbe distrutto più della metà di Tel Aviv.
La giustizia, si disse.
Salì per ultimo, e cercò uno spazio nella calca; riuscì a sistemarsi vicino al conducente, dando le spalle agli altri passeggeri. Si girò in modo che l’autista non potesse vedere quello che faceva.
Una donna lo stava fissando, Yassef distolse lo sguardo. Si spostò di nuovo e si chinò.
Allah è grande. Allah veglierà su di me.
Estrasse la parte superiore dell’ordigno.
Mosse lentamente una mano verso un pulsante.
Ce n’erano due: uno giallo e uno rosso. Se avesse premuto il primo, avrebbe avuto quindici minuti di tempo per mettersi in salvo; con il secondo, invece, l’effetto era immediato.
Ibrahim al-Ja’bari gli aveva suggerito di non dar peso alla propria vita, e Yassef si era dichiarato d’accordo. Se lui fosse morto insieme agli altri, l’entità del suo sacrificio sarebbe risultata per quello che era: un atto di grande coraggio, che avrebbe innalzato la volontà del popolo palestinese, e dato il via alla guerra santa. Ibrahim al-Ja’bari aveva aggiunto che poi avrebbe colpito ancora, con ferocia, gli americani. Quando parlava, aveva la capacità di ipnotizzare la gente e di indurla a condividere il suo volere; ma con Yassef non era stato necessario, poiché credeva nelle medesime cose.
Jock sarebbe stato dello stesso avviso. Sua madre era irlandese, e lui aveva combattuto gli inglesi – e i loro alleati – fino a quando non era stato catturato. Yassef aveva assistito alla sua esecuzione. Jock era spirato con grande dignità. Da quel giorno l’odio di Yassef era cresciuto. Malgrado fossero molto diversi, i loro ideali erano simili. Cosa contava se Jock beveva grandi boccali di birra? E mangiava bacon in abbondanza? Il fine era lo stesso: combattere contro l’ingiustizia.
E Yassef ora era pronto.
Allah Akbar!
Poi, all’improvviso, cambiò idea.
Era meglio aspettare di raggiungere il centro della città. Così ci sarebbero stati più morti. Circa mezzo milione di persone, calcolò.
Mancavano quattro fermate.
Dieci minuti più tardi, Yassef scese dall’autobus.
Percorse un centinaio di metri, quindi si accovacciò e tirò fuori la bomba.
Con calma avvicinò un dito al pulsante rosso.
RAGE 27
11 gennaio 2015 di Alessandra Bianchi
42 Risposte
Leggemmo questo vostro nuovo capitolo con particolare attenzione. Quel’attenzione dovuta sia alla scrittrice, sia alla attenta analizzatrice dei fatti politici.
Le vostre analisi, infatti, corroborate da anni d’esperienza, molto spesso sono state validate dalla realtà.
La pura realtà politica.
Con un “coraggio” narrativo lodevole e indiscusso, avete affrontato il tema delle legittime rivendicazioni del popolo palestinese, inserendole nel vostro racconto.
Coraggio perché, con i sanguinosi fatti occorsi, nell’immediato, in Francia, chiunque nel contesto sia letterario, sia politico, verrebbe additato come traditore parlando di popolazioni arabe e segnatamente, di popolazioni islamiche.
Fermo restando che condannammo, come come condanniamo, il terrorismo da qualsiasi parte possa arrivare,
Una analisi accurata porta, invariabilmente, ad affrontare questo aspetto con maggiore responsabilità e non con la faciloneria con la quale è stata licenziata.
L’impreparazione, infatti, e l’irrilevanza dei servizi di sicurezza francesi; l’ignoranza più assoluta nella gestione della crisi; l’assoluta inadeguatezza, impreparazione delle, cosiddette, forze speciali dalle tutine ben stirate e accessoriate a la Rambo, ma con scarso se non inesistente preparazione, gestione tattica, senso strategico e gestione della crisi (mai visto degli incursori fare la fila per entrare in un locale oggetto di crisi, né mettersi in posa davanti alle telecamere, né lasciare che le telecamere filmassero l’azione rendendo, così, palese qualsiasi decisione strategica; né consentire ad un giornalista di intervistare il terrorista al telefono – semplicemente assurdo –)hanno dato il via alla fortuna, in questo caso, nela risoluzione dell’evento.
(Stendemmo un pietoso velo sul resto).
Promossa con trenta, lode, menzione accademica e pubblicazione presso il Senato Accademico del vistro lavoro.
Profonde e domenicali cordialità.
PS:nelle more della presente, ci suggeriste nella sostanza, il nostro nuovo lavoro. Amabilité
Pardonnez les fautes de frappe.
Merci
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Oddio, definirli refusi è un eufemismo.
Si rasentano i crimini contro l’Umanità che legge!
Che pena!
Salutations
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sei unica ❤
ti lascio un caffe 😉 di buona domenica cara amica mia
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@ LORD NINNI pregiatissimo Milord, già fui “costretta” – per mio volere, si intende – ad abbandonare “Il fattore B” a causa dei noti fatti (e quella fu la prima volta in assoluto che non portai a termine un lavoro); in questo caso, invece, vado avanti e se per voi è sintomo di coraggio ne sono orgogliosa e lieta.
D’altro canto, riporto i pensieri di Yassef che non sono i miei – se non in minima parte. Di certo non approverei l’eccidio che lui si propone.
La vostra analisi su quanto è avvenuto a Parigi è mirabile. Ripensando allo SDECE di un tempo, sono rimasta a dir poco stupefatta!
Radiosità per una domenica felice.
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Ce n’erano due: uno giallo e uno rosso.
Se avesse premuto il primo, avrebbe avuto quindici minuti di tempo per mettersi in salvo; con il secondo, invece, l’effetto era immediato.
Di solito il prefato pulsante “giallo” è inesistente. Non c’é via di ritorno, né ripensamento. L’ordigno, ad ogni buon conto, è armato anche di un innesco “cellulare” dove, in caso di esitazione e/o fuga, viene attivato dall’esterno.
Spesso, però, non esiste il “bisogno” di un intervento correttivo in quanto, il “kamikaze”, in parola, è perfettamente incosciente e sotto effetto di droghe e/o farmaci psico induttivi.
L’addestramento, eseguito in località segrete per meglio inserirsi nel “film” dell’azione, in moltissimi casi, serve per instillare nel “Kamikaze” stesso il “riflesso condizionato” all’azione auto-esplosiva risolutiva, anche in caso di semi-coscienza.
Salùt
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@ LORD NINNI il pulsante giallo ha unicamente un valore simbolico. Comunque, Yassef non aveva bisogno di droghe.
Qui, però, ci sono minacce di morte e questo non lo accetto.
Adesso cancello.
(Forse, Milord, sarebbe meglio non postare certe immagini; attirano i pazzi).
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Mia signora, registriamo il vostro intervento che esplica l’azione romanzata. E in quanto tale e soprattutto scritta da voi, diventa reale e rispondente al bisogno.
Se ritenete, ad uso esclusivamente vostro, (le minacce di morte, mia signora, ci fecero e ci fanno un emerito “baffo”), cancellate il link della foto stessa dal nostro commento. non si sa mai che l’imbecillità abbia graziato “l’imbecille” che qua scrsse quelle parole da voi, molto gentilmente ed educatamente, riferiteci a mezzo email.
Ad ogni buon conto, l’immagine, che così colpì l’immaginazione di quella capra ignorante che ci onorò di frasi di morte, riguarda (lo facemmo a bella posta ad uso delle persone partecipi e consapevoli) una manifestazione di Hamas, a gaza City. Hamas NON e sottolineiamo NON usa kamikaze da più di vent’anni. Il jahidista conla tenuta “Kamikaze” “ricorda” in quella manifestazione, i padri della liberazione della Palestina.
In ultimo,ma non per ultimo, quell’ignorante farabutto rivoluzionario da tastiera che sfido, di Al fatah non ne ha neppure il sentore.
Se fosse vivo il padre della Palesina, Yasser Arafat, gli avrebbe sparato personalmente in nome delle lacrime di tutti i vecchi, donne e bambini paestinesi morti sotto il t allone dell’ingiustizia, crudeltà e superficialità.
Chiudo questo lungo (purtroppo) intervento, affidando a queste pagine il nostro saluto più cordiale.
Ninni Raimondi
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Pietà. scrivemmo d’istinto e di refuso.
Merci.
🙂
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@ LORD NINNI non a caso, caro Milord, Ibrahim al-Ja’bari disprezza Hamas.
Che dire? “Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana. Ma riguardo l’universo ho ancora dei dubbi.” Albert Einstein 🙂
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@ LORD NINNI i refusi? Contano i concetti espressi 🙂
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Potremmo, anche, essere d’accordo, ma i concetti dovrebbero essere intellegibili.
Bah.
😦
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ma insomma: dove guardo quando scrivo?
Che vergogna!
(Volevo scrivere intelligibile)
Vabbè, m’impicco da solo.
Adieu!
😦
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@ MAIRITOMBAKO grazie, tesora!
Ora mi gusto tutto quel bene di Dio ^^
Buona domenica a te, amica mia.
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E si ricomincia. Altri luoghi, altra atmosfera … molto mediterranea a dir la verità, ma non per questo meno appetibile.
E si ricomincia alla grande con un bell’attentato e con una… “Bomba sporca”?
La preparazione al “pulsante rosso” é altamente drammatica, ma non poteva essere di meno.
E’ difficile capire cosa potrà succedere dopo …. Certo é che si potrebbe … Con una craniotomia della nostra autrice, ma … Se all’interno ci fossero solo pensieri criptati? O il seguito non fosse lì, ma da un’altra parte? O il seguito fosse già scritto?
Ma … quella nube a forma di fungo che vedo dalla mia finestra …. Oibò!! 🙂
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Sei bravissima, io ti adoro, 🙂 baci e buona serata, ❤
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@ CAPEHORN laddove si procedesse come da te indicato, si troverebbe il nulla, dato che scrivo un capitolo alla volta.
La nube a forma di fungo spaventa anche la sottoscritta, così come il pulsante rosso!
Grazie, Cape 🙂
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@ LAURA e tu sei meravigliosa, bellissima Laura ❤
Un grande bacione.
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Riprende il racconto, interrotto da tempo con una bella pagina di analisi e di pensieri più che adeguati al personaggio e al fanatismo religioso.
Scoppia o non scoppia? Questo è il dilemma.
Vediamo se Youssuf riesce a pigiare il pulsante rosso.
Un caro abbraccio
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@ NEWWHITEBEAR ho atteso che trascorresse il periodo delle varie feste, e ora eccomi 🙂
Purtroppo, come già mi è accaduto in passato, sembra che la realtà insegua i miei scritti…
Non posso naturalmente anticipare nulla, tranne che continuerò a scrivere con l’impegno e la dedizione che meritano i miei amici lettori.
Un grande abbraccio.
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Uè, ma nunn’è che puoc puoc puorti nu puoc sfurtuna?
Ti si misa a fare a schiattamuòrt?
Tiè, tiè e tiè.
Uè!
😉
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@ CICCILLO CACACE forse è la realtà che supera sempre la fantasia…
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Spericolata. Lo sei sicuramente a pubblicare ora questo. So che raccontare per te è anche andar contro corrente. Non voglio metterti parole in bocca ma mi piace pensare che questa tua apparente irriverenza sia oggi il tuo modo di esser CHARLIE.
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@ RODIXIDOR sono sempre stata spericolata. E mi piace andare contro corrente, è verissimo.
Quoto la tua ultima frase, né potrebbe essere altrimenti.
Al di là delle ingiustizie subite dai palestinesi, io sono CHARLIE.
Felice serata, caro amico.
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…e tanti brividi! Bravissima la MIA strega!
Tre baci
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@ MARI grazie di cuore, MIA guerriera!
Quattro baci****
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Una parte del racconto che purtroppo è attinente con quanto sta capitando in questi giorni in Francia e anche in Nigeria, dove due bambine kamikaze si sono fatte esplodere tra la folla.
Come sempre ben descritto, con quella punta si sospensione che lascia sempre con la curiosità di sapere cosa succederà in seguito. Ben strutturato e scritto benissimo, i miei più vivi complimenti cara Alessandra.
Serena notte. Patrizia
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Che bello riprendere a leggere quanto interrotto! Ci regali un grande capitolo, attento anche a livello intimistico. Sicuramente tragico, si legge d’un fiato e coinvolge anche per l’attualità.
Stacchi con precisione chirurgica per lasciarci in sospeso…no, non scoppierà quell’ordigno, ma morte per qualcuno comunque sarà. Nell’attesa, un grande abbraccio :))
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Intanto ti ringrazio di aver postato il riassunto della storia. La descrizione dell’atmosfera che circonda Yassef e’ intrisa della bellezza che offre il creato, quasi a presagire un “lieto fine”, ma le riflessioni di un mussulmano convinto e desideroso di vendetta mi tengono in sospeso, come quel dito che sta premendo il pulsante rosso.I fatti avvenuti in questi giorni ci hanno insegnato la facilità con cui si premono i pulsanti fatti indossare vigliaccamente da inconsapevoli bambine. Ottimo capitolo, grazie! Loredana
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Di forte impatto attuale ed emotivo
La tua eccellente bravura è sempre come un cielo terso e luminoso
Aspettiamo: scoppio o non
Baci
Mistral
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…
Questa puntata è come “leggerevivere” non molto diversamente
l’atrocità che il fanatismo aizza in nome di un dio, quale Dio in realtà
vuole la morte dei suoi figli….
E’ Tu, carissima, sempre all’altezza per eccellenza nel ruolo,
quello tenerci incuriositi sempre!
Un abbraccio cara
Michelle
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Puntata ricca di particolari interessanti, l’hai resa molto introspettiva e questo mi piace e lo gradisco volentieri. Vedremo il seguito… con aspettative che aumentano ancora. Un caro saluto, a rileggerci. Univers
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Puntata stupenda ed emozionante: descrivi sensazioni e riflessioni del mandante. Il pulsante rosso, uguale a distruzione ed è ciò che accade nella realtà.
Ti faccio tanti complimenti per la narrazione perfettamente e avvincente.
un abbraccio
Annamaria
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Risulto anonima perché sto commentando dal mio smartphone, sono Annamaria Tanzella.
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@ PATRIZIA M. stiamo vivendo giorni terribili e, come spesso accade, è difficile dare giudizi assoluti e prendere posizioni inflessibili. Chiaramente, il terrorismo è sempre e comunque da condannare; ma se si va alle fonti, i conti non tornano nemmeno per gli occidentali. Né per Israele.
Grazie, cara Pat!
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@ ILI6 sono molto contenta che questo capitolo ti sia piaciuto. La parte, secondo me, più difficile è proprio quella che riguarda i pensieri di Yassef. Ho cercato, naturalmente senza riuscirci, di “prendere” da Wilbur Smith, cioè “guardando dal di fuori”. W.S. non ha mai preso posizione sugli inglesi, sugli afrikaner e sui neri, per quanto ciò sia possibile.
Sull’ordigno taccio…
Un grande abbraccio a te 🙂
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@ LOREDANA purtroppo anche quello è accaduto.
Sono lieta che tu abbia apprezzato la voluta dicotomia fra bellezza e desiderio di morte, anzi di sterminio.
Come ho già scritto in una precedente risposta, il terrorismo va condannato e combattuto, però non esiste una sola ragione e un solo torto, e molti tragici fatti nascono anche da quanto l’America, in primis, e Israele hanno fatto. Pensiamo ad esempio a bin Laden, che in origine era il primo alleato degli Usa contro l’Urss e a favore dei talebani e di chi amava sfregiare le donne. Ci sarebbe molto altro da dire, ma questo in ogni caso è un romanzo.
Un bacione, e grazie, cara.
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@ OMBREFLESSUOSE mi hai dedicato una poesia, amica Mistral 🙂
Scoppio o non… domenica lo sapremo, forse, credo.
Ti ringrazio di cuore.
Baci e bacini.
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@ VENTIDIPRIMAVERA chérie Michelle ti sono davvero grata per le parole che mi dedichi. Il mondo sta vivendo un momento molto buio e non vedo luci all’orizzonte. Speriamo…
Bisous, chou * _________________ *
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@ UNIVERS81 ho cercato di “entrare” nei pensieri di Yassef. E di unire alla suspance l’introspezione. Apprezzo molto il tuo giudizio.
A presto, caro.
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@ ANNAMARIA49 lo sapevo che eri tu 🙂
Sono più che lusingata e ti ringrazio tanto!
Io cerco sempre di fare del mio meglio e quando non ci riesco non è mai a causa della mancanza di impegno.
Un abbraccio forte a te.
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Qualcosa mi dice che non riuscirà nell’intento… ma certo spiazza l’idea che questo, un giorno, potrebbe essere un racconto tratto da una storia vera… Temo che sia solo questione di tempo, la tecnologia ha corso molto più dell’intelligenza necessaria a farne buon uso.
Una ripresa del romanzo assolutamente degna delle parti precedenti! 😉
Ah… “come avrebbe reagito Jasmine, il più tardi possibile si augurava, quando lo avrebbe raggiunto nel giardino di Allah e lo avesse visto con quaranta vergini?”… mi ha fatto ridere di gusto! 😀
http://www.wolfghost.com
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@ WOLFGHOST hai perfettamente ragione, caro lupo: pensiamo ad esempio alle due torri… e poi in futuro chissà cosa potrà accadere.
“Temo che sia solo questione di tempo, la tecnologia ha corso molto più dell’intelligenza necessaria a farne buon uso”: una frase esemplare!
Riguardo alla tua annotazione finale, significa che talvolta mi riesce un po’ di ironia 🙂
Grazie.
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