Da ragazzo aveva ucciso un poliziotto inglese. Fu un giorno memorabile, sebbene di dubbia utilità pratica. In ogni caso, più tardi, al pub dove soleva recarsi per trangugiare birra, venne accolto come un eroe.
Dopo aver sparato, si liberò della pistola che aveva acquistato in modo clandestino e si guardò attorno. E vide due maledetti inglesi, armati e in divisa, che gli correvano dietro.
Scese a precipizio la scalinata che conduceva alla stazione della metropolitana, per un soffio riuscì a introdursi, un attimo prima che le porte si chiudessero. Alla prima fermata, scese, uscì e rientrò dall’altra parte. Prese un treno diretto in tutt’altra direzione, lo abbandonò alla seconda fermata e a piedi si allontanò con calma.
Adesso la situazione era un po’ diversa. Aveva visto cadere i suoi compagni e sapeva che il misterioso assassino era dietro di lui. Nell’oscurità, riuscì a scorgere degli alberi, situati proprio in mezzo al parco. O’Connor si disse che, se fosse riuscito a raggiungerli, avrebbe trovato un riparo, da dove studiare contromosse. Non sapeva nulla del ragazzo ucciso e, anche se lo avesse saputo, non si sarebbe certo commosso. Era la vita. Lotta, morte, ideali. Al momento, altro non avrebbe saputo aggiungere.
Accelerò il passo. Non era la prima volta che sfuggiva a nemici invisibili, ed era convinto di cavarsela. Ignorava un fatto: il killer non si trovava alle sue spalle, bensì davanti a lui. Lo stava aspettando.
Era a dieci metri dal traguardo, quando fu trafitto da una pallottola.
Il “comitato d’emergenza” era stato sciolto. Non esisteva un motivo per cui quelle persone tornassero a riunirsi.
Nella Situation Room erano solo in cinque. Margaret Collins si rivolse al direttore della CIA. “Bene.”, disse. “Cosa avete combinato?”
Brian Stevens sostenne il suo sguardo, senza rispondere.
La donna guardò Martin Yarbes, quindi Milton Brubeck e Patrick Fowley.
“Io sono, a tutti gli effetti, il presidente degli Stati Uniti, almeno per i prossimi giorni.”, dichiarò Margaret. “E questo per volere esplicito di Monica. Se lei si trovasse qui con noi, è poco ma sicuro che pretenderebbe delle teste da tagliare e io le ubbidirei. Ma al momento attuale Monica non è qui. Non ho mai approvato la sua linea della fermezza, e forse qualcuno dei presenti lo ha intuito. E adesso evitiamo chiacchiere inutili. Gli Stati Uniti non possono permettersi il lusso di perdere gente in gamba come voi. Dunque?”
Era reduce da una brutta notte. Aveva pianto a lungo, tormentandosi, ricordando, rimpiangendo. Stravedeva per John e il sentimento era reciproco: aveva rifiutato di usare il passato prossimo o qualsiasi altro tempo che non fosse il presente. Si era assopita in preda a un dolore profondo, e quella sofferenza si era insinuata nei suoi sogni, rendendoli cupi e terribili. Al risveglio, però, quasi presagendo l’evolversi degli avvenimenti, aveva stabilito che la attendeva un nuovo compito, un compito importante, e ciò le aveva dato forza.
Aveva parlato con Monica alle otto di mattina. Incongruamente, il cielo era sereno, e il sole avrebbe riscaldato la giornata; sarebbe stato meglio un nubifragio, aveva pensato Margaret. Monica era bianca come uno straccio, e questo era un eufemismo. L’aveva presa per un braccio, ma non c’era forza in quella stretta. “Ascoltami”, aveva detto, o piuttosto sussurrato, “dopo il funerale, che avrà luogo fra due giorni in forma privata, scomparirò.”
Margaret l’aveva guardata, perplessa.
“Non sarà facile.”, spiegò Monica. “Dovrò sbraitare per liberarmi del servizio di sicurezza; comunque è quello che farò. Devo riflettere, Margaret. Se John è morto è stato a causa mia. Una madre che non sa proteggere il proprio figlio è forse degna di rappresentare una nazione? Io sto morendo, amica cara, a poco a poco. Devo capire se eclissarmi per sempre, non importa dove, o se lottare contro me stessa, in nome del ricordo di John. Ti do i pieni poteri.”
Cominciò a piangere. Margaret la abbracciò. “Non devi dire così.”, affermò con una sicurezza che non provava. In realtà, la biasimava, benché la stimasse ancora. E, in ogni caso, le voleva bene. In quel momento fu certa di una cosa: non desiderava succederle, se non dopo le prossime elezioni, che – era scontato – Monica non avrebbe mai potuto vincere.
Margaret tornò al presente.
“Dunque?”, ripeté, dato che non aveva ricevuto una risposta.
“Dunque, cosa?”, domandò Brubeck.
“Risolviamo la faccenda. Punto primo: chi sa?”
Stevens rispose di malavoglia. “Il DDI, il DDO, quattro miei agenti, il direttore del carcere e il fottuto bastardo russo. L’unico che non terrà la bocca chiusa è Underwood.”
“Soluzioni?”
Yarbes sedeva impietrito, il viso di ghiaccio. Non gli importava più niente. Ripensava in continuazione a John, al suo unico figlio che non avrebbe mai rivisto.
Brubeck scrutò per un momento il bel viso di Collins; da lei trapelavano energia, determinazione, solidità. Pragmatismo! Un termine, un modo di proporsi e di agire che gli erano sempre piaciuti. Sebbene Squire avesse diretto l'”Agenzia” e sebbene, prima ancora, fosse stata un’agente operativa di valore, in lei non aveva riscontrato questi requisiti, che lui considerava fondamentali. Non aveva lottato per la vita di suo figlio. Avrebbe potuto avviare una trattativa, riservandosi in seguito di dare la caccia ai quattro delinquenti; oppure, meglio ancora, preparare una trappola. Per Fowley sarebbe stato come un invito a nozze.
Invece si era limitata a presiedere riunioni perfettamente inutili, con lo sguardo assente. Si era dimostrata all’altezza della situazione soltanto la prima volta. Prima o poi, il declino arriva per tutti, a livello fisico non meno che mentale, filosofeggiò, il che non rientrava assolutamente fra le sue abitudini. Bevve un sorso d’acqua, soppesando la differenza che incorreva fra le due donne, quindi lanciò un’occhiata ostile a Stevens. FBI e CIA non erano organizzazioni note per l’amore reciproco, specie quando gli spioni di Langley si impicciavano di questioni interne; però – convenne fra sé – quello era un caso speciale.
“Eliminiamo il russo.”, propose. “Gli affibbiamo ogni colpa.”
Margaret scosse il capo. “Ho appena parlato… non vi riguarda con chi… Volkov ha lavorato per gli Stati Uniti, e poiché risulta chiaro che non sono stati “loro” a uccidere John, il russo sembrerebbe in grado di scovare il vero assassino, e di agire di conseguenza. Non getterei al vento tale opportunità. D’altronde mi risulta che i sei terroristi sono morti.”
“Sì. Li abbiamo già fatti sparire. Come i quattro bastardi che avevano rapito John. Dell’uccisione di questi ultimi ci assumeremo la piena responsabilità, con grande soddisfazione di tutti gli americani. In quanto agli arabi, ho provveduto a togliere di mezzo la polizia.” Brubeck sentì il bisogno di un sandwich; viveva a panini e ad acqua minerale senza bollicine. (Non si può escludere che avrebbe apprezzato un buon ristorante e un pranzo o una cena sostanziosi… li conservava per il giorno in cui sarebbe andato in pensione; l’ultimo traguardo).
In spregio a ogni regola, Fowley tirò fuori da una tasca un pacchetto di sigarette, ne estrasse una e la accese. Non era portato per i lunghi ragionamenti; ciò non gli impedì di pensare che Margaret Collins sarebbe stata un presidente migliore di Monica Squire. L’abito nero le donava molto, ma si trattava di un particolare irrilevante. Lei andava oltre, aveva le palle; era possibile che Monica le avesse perse in un passato più o meno lontano, posto che le donne possedessero tali requisiti. Fowley avrebbe scommesso che Collins ne fosse provvista in abbondanza.
Margaret ignorò quel gesto e quelle riflessioni, delle quali del resto nulla poteva sapere. Guardò Brubeck.
Lui meditò per qualche istante.
“Il gruppo era composto da dieci elementi.”, disse infine, sollevando le dita a una a una, come per contarli. “Quattro si sono occupati del rapimento. Cinque si sono recati alla prigione, mentre il decimo teneva una pistola puntata sulla fronte della moglie di D’Amico. Ora, D’Amico può dimettersi, e forse non andrà incontro a guai seri. Se non lo facesse, si verrebbe a sapere di certe sue inclinazioni particolari, il che per lui sarebbe peggio. Meglio il ricatto della corruzione: funziona mille volte meglio.” Accennò un sorriso. “Lo sosteneva Smiley.”
E chi sarebbe costui?, si domandò Margaret.
“E le guardie del carcere?”
Brubeck scrollò le spalle. “Saranno trasferite, magari promosse. Inoltre, sono praticamente all’oscuro di tutto. D’Amico impartiva gli ordini e loro li eseguivano, stop. Non rappresentano un problema. In quanto a Underwood, abbiamo certi mezzi. Vero, Patrick?”
Patrick Fowley annuì. “Posso telefonare al “nostro” giudice e ottenere un mandato. Cosa dobbiamo trovare?”
Milton Brubeck si tolse gli occhiali per pulirli con il lembo di una cravatta che aveva conosciuto tempi migliori. “Opzione quattro.”
“Quantità?”
“Oh, da drogheria.”
“E poi?”, volle sapere Margaret, a cui era sfuggito il senso delle ultime parole.
“Non si preoccupi, signora.”, le rispose gentilmente Brubeck.
Era indubbio che Margaret li aveva conquistati. A differenza degli altri papaveri, il ministro del Tesoro, il Segretario di Stato, e via dicendo, in quella sala c’erano uomini duri, votati all’azione, e in lei vedevano una donna forte e decisa quanto loro.
Yarbes la fissò.
“E poi”, disse con calma, “io andrò a cercare l’uomo che ha organizzato tutto questo.”
Bruce Underwood stava consumando la prima colazione. Era il 27 febbraio, che cadeva di martedì; ciò nonostante si respirava aria di primavera. Underwood era già vestito: indossava un elegante completo blu, camicia bianca e cravatta a strisce rosse e blu. Ed era di ottimo umore. L’inevitabile caduta di Brian Stevens gli avrebbe spalancato le porte di Langley.
Quando sentì suonare il campanello, aggrottò la fronte. A quell’ora? Chi poteva essere? Lasciò le uova con il bacon e andò ad aprire la porta della graziosa villetta in cui abitava. Era disposta su due piani. In basso, cucina abitabile, lavanderia, un ripostiglio e soggiorno. In alto, il suo studio, due camere da letto e un bagno ben arredato. Un prato davanti, il garage sul retro.
Si trovò di fronte a quattro uomini vestiti in grigio.
Conosceva bene quel genere di individui. Inarcò le sopracciglia, chiedendosi cosa volessero da lui.
Fowley sbucò dal nulla, porgendogli un documento.
“Ma questa è follia pura!”, esclamò il DDI.
“Forse.”, replicò Fowley.
Gli agenti dell’FBI entrarono e misero a soqquadro la casa. Rovesciarono cassetti, aprirono armadi, scostarono lenzuola, frugarono ovunque.
Spazientito, Underwood fremeva di rabbia.
“Trovato!”, annunciò uno dei federali, emergendo dallo sgabuzzino. Fra le mani cingeva una grossa busta. La rovesciò sul tavolo, cospargendolo di polverina bianca.
Impassibile, Patrick Fowley disse: “Leggetegli i suoi diritti.”
Buona domenica!
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impossibile non leggerti con tanta attenzione …sei bravissima
un bacio da una amica lontana
serena domenica
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@ MARGARET COLLINA buona domenica a te, cara 🙂
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@ MAIRITOMBAKO grazie, amica lontana!
Un bacione e l’augurio di una giornata fantastica.
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Trovo questo episodio triste per la morte di John e per la disperazione dei due genitori, un padre che ha tentato di tutto rischiando la carriera, e una madre che per il ruolo che ricopre ha dovuto agire con apparente freddezza, ma che vivrà per tutta la sua vita con un grande peso. Brava, e buona domenica. Ciao loredana
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Dunque Martin Yarbes e Monica Squire si lanciano sulle tracce di chi ha organizzato la morte del figlio.
Promette scintille il seguito.
Un caro abbraccio
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Una ricostruzione di fantasia ma sinistramente reale dei giochi di potere. Più che mai attuale. I miei complimenti.
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@ LOREDANA in effetti, è un episodio triste, proprio per i motivi da te indicati nella tua lucidissima analisi.
Ti ringrazio e ti abbraccio 🙂
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@ NEWHITEBEAR Yarbes sì, Monica no.
Spero che le scintille arrivino.
Grazie e un grande abbraccio.
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@ NADIA credo che fatti del genere accadano molto spesso.
Buon pomeriggio e un sentito grazie.
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Baci cara, sei bravissima, buon inizio settimana, ❤
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Molto coinvolgente, la morte di John e la conseguente disperazione dei genitori rendono questa parte molto triste, e non potrebbe essere diverso. E poi ci sono le scelte che avevano fatto i genitori e soprattutto il grande peso che la madre porterà sempre addosso.
Bravissima come sempre cara Alessandra. Complimenti.
Buona serata e splendida nuova settimana.
Ciao, Pat
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Sconvolgente, triste….”pietrificante”….
Bravissima….
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Brutti momenti che tu hai raccontato e descritto con tanta bravura.
Monica si spegnerà dal dolore? Probabile, umano. ah, se solo riuscisse a reagire…
Buona notte, Ale, a presto
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@ LAURA tesora, un bacione a te!
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@ PATRIZIA M. da come la vedo io, cara Pat, per Monica sarà difficile riprendersi… tuttavia non impossibile, conoscendo il tipo.
Grazie, cara, e buonissima nuova settimana.
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@ MARI merci, chérie!
Pietrificante? Mi piace ^^
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@ ILI6 forse reagirà, amica Marirò.
E sicuramente reagirà Martin Yarbes.
Grazie e sogni d’oro 🙂
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Adesso è l’ ora del dolore e della pietà
Monica,una madre, in balia della disperazione
Monica, un presidente, ma non ha più suo figlio
Vorrei che Monica e Martin avessero un po’ di pace
Bravissima
Un abbraccio da Mistral
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@ OMBREFLESSUOSE Monica e Martin, a suo tempo, scelsero una strada dura e difficile. Ma anch’io vorrei che avessero un po’ di pace.
Grazie, Mistral!
Baci.
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Uno per due.
Inevitabile l’uccisione del giovane rampollo. Direi di no. Anzi primo passo necessario per attuare la follia dello “Scorpione del deserto” (NB ricordiamo che una 50ina di giorni prima del 9/11 Bin Laden fece uccidere Ahmad Shāh Massoūd, il Leone del Panshir. L’uomo che combattè i russi e li bastonò a dovere. L’uomo che avrebbe potuto benissimo contrastare i talebani e forse diventare il primo Presidente afgano eletto democraticamente. Quindi il pericolo maggiore per l’idea di Al Quaeda e forze satelliti ad essa).
La presenza di materiale fissile per la costruzione di una bomba “sporca” o “pulita” é terrificante per chiunque.
Inevitabili le conseguenze. Monica si ritira per troppo dolore, ma non il marito che si sta trasformando in ciò di più pericoloso esista al mondo.
Un genitore determinato a vendicare il proprio figlio.
Anche se nel caso é un uomo. (NB Mai mettersi tra un’orsa e i propri cuccioli. RIcordatelo quando andate in giro per i boschi e ricordate che fine ha fatto Daniza)
Intanto ai vertici inizia un’opera di pulizia, che non guarda in faccia a nessuno. Anzi, tutto il contrario.
Sarà divertente assistere alla possibile alleanza tra il lupo siberiano e il puma degli Appalachi. Sempre che non arrivi qualcuno dal deserto del Neghev.
Vederemo
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Pardon:
Massoud fu ucciso il 9 settembre e due giorno dopo,l’undici appunto capitò quel che capitò
(Succede a leggere le date all’anglosassone)
Correzione dovuta
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@ CAPEHORN partiamo dalla bomba. Mi sono basata su dichiarazioni rese dagli alti comandi russi: non sanno quanti ordigni siano stati effettivamente distrutti e quanti invece rubati e poi venduti: e questo, al di fuori del mio racconto, è tragico.
In quanto a Massoud, lo conosco bene. Fu un protagonista importante di “Matrioska”.
“Lo Scorpione del deserto” è animato da follia distruttiva. Ha ottenuto il primo successo. Ora punta a Tel Aviv. Contro di lui ci sono Volkov, Yarbes e Sarah. Ma al suo fianco conta fanatici, nonché Danielle Williams. Si vedrà.
Grazie, Cape!
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Il furto di materiale fissile dalla Russia e dai siti che dovrebbero essere più che protetti, questo si che é un problema gravissimo e che gli alti comandi non sappiano certe cose … C’é di che non addormentarsi con tranquillità la sera.
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@ CAPEHORN è vero. Mi ricordo un film con Nicole Kidman e George Clooney.
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Peacekeeper !!
Buona idea … film … così,così secondo me
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@ CAPEHORN a me lui non piace molto, ma la Nicole!
Ricordo la prima sequenza: lei che nuota in piscina 🙂
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Vero!! Bhè per ovvi motivi anch’io preferisco lei
🙂
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@ CAPEHORN poi è anche brava!
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@ CAPEHORN uhm… a me O’Connor non stava poi antipatico. La verde Irlanda 🙂
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Bhé per berci una pinta e parlare di rugby … Ma non di più 😛
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@ CAPEHORN buona birra e ottimo rugby 🙂
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Of course
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@ CAPEHORN yes!
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Einen schönen Dienstag ist eine traurige Geschichte aber gut zu lesen.Ich wünsche noch einen schönen Tag lieber Gruß Gislinde
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Genitori distrutti dal dolore e dal rimorso, difficile in quel mondo svolgere entrambi i ruoli. Margaret, forse, scoverà i colpevoli e farà giustizia.
Nuovamente complimenti per quest’avvicente capitolo.
Un abbraccio
annamaria
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Momenti complessi e difficili, però…tu, riesci a dipanarli, come sempre. Un saluto da Salvatore.
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Puntata davvero sensazionale e promette ulteriori botti e clamorosi sviluppi. Yarbes è mitico. Un caro saluto, a rileggerci. Univers
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Da ragazzo aveva ucciso un poliziotto inglese.
Fu un giorno memorabile, sebbene di dubbia utilità pratica.
In ogni caso, più tardi, al pub dove soleva recarsi per trangugiare birra, venne accolto come un eroe.
Ecco che, queste brevi parole, ci riportano al ricordo di Michael Collins grande patriota irlandese ed eroe scomodo ai più. Le vostre parole, mia signora, ci presero donandoci emozione immediata.
Nel prosieguo, però, il risveglio avvenne portato nel e tra i vortici della bellezza e della forza di questo Vostro nuovo capitolo. Pienezza e potenza dunque.
Andiamo con calma, però, grazie.
Eccoci in un action movie dall’intensità narrativa.
“Io sono a tutti gli effetti …” sembra, quasi, che abbiate attinto dalla penna di Frederick Forsyth la tensione narrativa e soprattutto il lento svolgersi della Situation.
I gesti, le movenze studiate a puntino; i dialoghi recitati – a maggior ragione in un romanzo per iscritto compiono il miracolo. Ecco materializzarsi, davanti lo sguardo di chi legge, il luogo delle emrgenze. sembra vivere, respirare, i profumi e il colore della paura e della rabbia.
Si percepiscono, sinesteticamente parlando, colori attraverso il suono delle parole.
Si, proprio il suono delle parole. perché voi non lo ascoltaste?
Non udiste, origliando, la tragica frase:
“Eliminiamo il russo.” — “Gli affibbiamo ogni colpa.”
La morte di John e il vuoto profondo, nelle vite dei “rimasti. Sembra attingere dal quotidiano e nello specifico dal vissuto di tanti che, macchiati dall’orribile tragedia, <i<apparentemente muoiono assieme al congiunto.
Come dire: io ero la.
E l’odore dell’adrenalina, che farebbe impazzire qualunque cane, vivo e palpabile durante l’irruzione dell’FBI?
Quella busta, quella la grossa busta che farà la differenza sulla vita e il vissuto di Bruce.
Quella busta che deciderà della sorte di un’evoluzione breve temporale.
Una busta, semplicemente una busta per cambiare le sorti di una, come di mille persone.
Questa è magia lady Alessandra. Una magia che si ripete ad ogni vostro scritto. Una magia che sa di passione, ma anche di conoscenza profonda.
Una magia che incanta.
Ma noi, quest’oggi, siamo fortunati!
Vi scrivemmo attraverso uno splendido sottofondo musicale: Summertime eseguito, splendidamente, da Annie Lennox.
Le vostre parole e le righe scorsero, con inaudita bellezza, tra le note e i vocalizzi. Leggemmo e rileggemmo finquando, oltre l’immaginazione rimase una Crime scene e un silenzio coronato da una frase che bucò l’aria: “Leggetegli i suoi diritti“.
Abbiate le nostre più sincere cordialità, mia signora.
(Via satellite)
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@ GISELZITRONE Vielen Dank, lieber Freund!
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@ ANNAMARIA49 “Rage” è la mia storia più dura, sicuramente. Margaret è all’altezza della situazione, e forse, forse, Monica ritroverà se stessa. Il problema era chiaro: se cedi una volta, incoraggi altri tentativi. Perciò io non mi sento di condannarla.
Grazie e un bacione ^^
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@ SALVATORE RIZZI sei sempre caro, “vecchio” Sar.
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@ UNIVERS81 sensazionale? Grazie di cuore ❤
Concordo su Yarbes.
Un caro saluto a te.
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@ LORD NINNI arrossimmo più volte leggendo il Vostro commento.
Michael Collins… un eroe, come lo scozzese di cui al momento non ricordo il nome… interpretato da Mel Gibson.
Frederick Forsyth! Uno dei due Grandi Maestri dello spionaggio, l’altro – a mio modestissimo giudizio – è John le Carrè, anche se quest’ultimo, sempre a mio modesto avviso, ha scritto due assoluti capolavori: “Tutti gli uomini di Smiley” (citato in questo capitolo) e “La talpa”. In altri casi, però fu meno convincente. Forsyth, invece, non ha mai sbagliato un colpo. Dunque: paragone che ci portò il morale alle stelle!
Magia? Detto da Voi, Milord!
Beh, vale la pena di scrivere, anche se comporta sacrificio, impegno e dedizione; ma anche passione.
Sì: vale la pena, perché – anche se il denaro conta – contano di più le soddisfazioni morali.
Radiosità, Milord!
E un grande bacio.
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William Wallace
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@ MILORDER THEME
grazie!
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Bé, il crollo di Monica ora è inevitabile, non è un robot. Comunque non credo ancora che sia uscita di scena definitivamente, tirerà fuori un’altra delle sue sette vite quando meno ce l’aspettiamo. Almeno spero 😉
Gli americani sognano la resa dei conti… ma non sanno ancora che il peggio deve ancora arrivare…
http://www.wolfghost.com
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@ WOLFGHOST lupissimo: hai ragione! Chi mi segue dai tempi di “Matrioska” sa bene che Monica possiede sette vite 🙂
E che fu LEI a uccidere il più grande agente del KGB di tutti i tempi!
In quanto agli americani, si trovano alle prese con un nemico potente e spietato. Guardando a ciò che succede oggi, nella realtà, solo Putin aveva ragione. E allora confidiamo in Volkov.
Salutissimi a Lady Wolf.
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Notte di sogni delicati….
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@ MARI e sogni d’oro a te, Mia guerriera.
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Uhm. Quando la nave affonda, i topi scappano.
Naturalmente, Monica non ha nessuna colpa. E nemmeno suo marito. Il loro sconforto e la loro rabbia sono comprensibili, ma non giustificati.
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@ BRUM al momento attuale, però, con una differenza: Yarbes intende reagire.
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…..
In ritardo si, ma ci sono sempre…
leggerti è sempre un infinito piacere
e questo racconto malgrado la sua drammaticità
è sempre più avvincente…
Poi lo sai quanto io ami Monica e spero che possa ancora
tirar fuori forza e grinta…
Un abbraccio e buona notte cara amica
Michelle
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@ VENTIDIPRIMAVERA e sempre leggo i tuoi commenti con gioia.
Monica è forte… non preoccuparti.
Bisous. Michelle.
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