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DANZERO’ PER TE »

RAGE 18

12 ottobre 2014 di Alessandra Bianchi

Danielle WilliamsEra arrivata, muovendosi silenziosa, dall’altro lato del parco.
Conosceva il luogo dove sarebbe avvenuto lo scambio, poiché lo aveva scelto lei, a nome di Ibrahim al-Ja’bari, e conosceva O’Connor perché era stata lei a trattare con lui. Tutto sommato, benché fosse il meno stupido dei quattro, doveva essere uno sciocco: era impensabile che, una volta portata a termine la missione, sarebbero stati lasciati in vita. Ibrahim non aveva minimamente paura degli americani; lui stesso avrebbe rivendicato il sequestro. Non era dunque questo il motivo. Più semplicemente, gli irlandesi erano comunque degli infedeli, carne da macello da sacrificare senza indugi. Al “figlio del deserto” non interessava nulla dell’IRA o più correttamente della Real Irish Republican Army che ne aveva preso il posto nella lotta contro gli inglesi.
La donna osservò gli arabi procedere lentamente. Ciò che avrebbero fatto non la riguardava. Poi si appostò scrutando nell’altra direzione.
Attraverso il mirino laser, vide perfettamente il viso del ragazzo, sebbene dal crepuscolo si fosse passati all’oscurità. Un volto innocente, gradevole, che ispirava simpatia.
Trasse un profondo respiro.
Era comunque la faccia di un americano.
Non fu necessario ripensare a Damon. Lui era a un tempo sempre presente e sempre lontano; rappresentava il passato, l’amore perduto e la necessità di combattere il dolore. Lo aveva scordato grazie alla forza di volontà, però lo ricordava in un remoto anfratto del cuore. Se pure c’era, la compassione non aveva alcuna possibilità di emergere dalla zona oscura in cui era stata confinata anni addietro.
Premette il grilletto, e senza soffermarsi a guardare – la sua mira era infallibile -, si voltò, allontanandosi.
Per Danielle Williams la caccia era appena iniziata.

Mentre John cadeva come al rallentatore fra le sue braccia, il primo pensiero di Martin Yarbes fu quasi astratto: un padre non dovrebbe mai seppellire il proprio figlio. Ma, dopo un istante, quell’uomo freddo, che nel corso della sua turbolenta esistenza aveva ucciso nemici e visto colleghi morire, che aveva ingannato, simulato, dissimulato, torturato, per la seconda volta in vita sua pianse. In precedenza era accaduto quando una ragazza dai capelli rossi di nome Leila – la sua ragazza -, era stata violentata in un bosco; ma quanto tempo era trascorso da allora?
Strinse forte a sé il ragazzo con il cervello spappolato e il volto irriconoscibile. Lo sollevò come quando da bambino lo cullava, le rare volte in cui aveva avuto l’occasione di farlo. E continuò a piangere, abbandonandosi alla disperazione.
John non sarebbe andato all’università, non avrebbe giocato a basket, non avrebbe fatto l’amore, non sarebbe diventato un uomo forte e leale, non avrebbe avuto una moglie e dei bambini, non sarebbe invecchiato serenamente, attorniato da nipotini che lo avrebbero adorato. Non sarebbe successo nulla di tutto questo.
Fermo, immobile, devastato dalla sofferenza, poi si pose una domanda: perché? Perché quel bastardo non aveva mantenuto i patti? Perché, visto che lui invece li aveva mantenuti, a costo di rischiare la prigione e di perdere la moglie che amava?
Ma il dolore inaudito riprese il sopravvento, e allora rimase lì, incapace di pensare, simile a una statua. Infine si inginocchiò, deponendo con ogni cautela la salma sul prato e restò fermo a fissare il ragazzo che non avrebbe più riso, né pianto, né amato.

Erano usciti dal parco, confabulando fra loro e valutando varie ipotesi. L’opinione prevalente era quella di non fidarsi. Avrebbero rubato una macchina e sarebbero andati in Canada. A un tratto il capo dei sei fondamentalisti accusò un dolore terribile allo stomaco. Cercò invano di combatterlo e pochi secondi più tardi vacillò e precipitò al suolo, a faccia in giù. Nel giro di un minuto il “complesso vitaminico” di Volkov agì anche sugli altri cinque.
Dopo due minuti, erano tutti morti.

Kevin Page detestava il suo lavoro. Non aveva fatto carriera, a causa del mobbing che da sempre lo perseguitava: i superiori lo odiavano, almeno secondo la sua opinione, che era sbagliata. La ragione era diversa: era un poliziotto mediocre, privo di iniziativa, troppo spesso incerto e titubante; una specie di impiegato che mirava solo a timbrare il cartellino e a intascare la paga.
Munito di una torcia elettrica, e accompagnato da una giovane recluta che non lo stimava – la cosa era reciproca -, stava perlustrando la zona in cerca di tossici e di teppisti, quando notò un uomo dalle spalle larghe, in ginocchio per terra. Gli sembrò che piangesse, poi vide quello che gli parve un cadavere, tirò fuori la pistola d’ordinanza e fece segno all’altro di seguirlo. Avrebbero arrestato l’assassino.

Monica guardava Milton Brubeck, che non era stato invitato a sedersi, lo ascoltava e pensava: sta mentendo. Il direttore dell’FBI aveva dichiarato di essere completamente all’oscuro di eventuali azioni “in nero” della CIA. E, in ogni caso, tendeva a escluderle. L’Agenzia non operava sul territorio degli Stati Uniti. Patrick Fowley annuiva.
Il procuratore generale Paul Johnson si lasciò sfuggire una risata beffarda.
Underwood fece per intervenire, ma fu bloccato dal suono del telefono.
Rispose Margaret Collins. Ascoltò in silenzio per qualche secondo, diventando sempre più pallida; la cornetta le sfuggì di mano. Si coprì il viso, barcollò e parve sul punto di svenire.

A Mosca era notte inoltrata, ciò nonostante il tenente generale Vasiliy Ivanovic Melnikov, primo vicecapo del SVR, era seduto alla sua scrivania, nell’ufficio che occupava a Yazenevo. Fuori dell’edificio, situato sul raccordo anulare, il buio incombeva silenzioso.
Lo avevano tirato giù dal letto un’ora prima.
Era attaccato al telefono. Cominciò svegliando il direttore, e lasciandogli il dubbio piacere di informare il presidente del servizio segreto russo, il quale usò un linguaggio da caserma, abbaiando sconcezze irripetibili, quindi avvisò il ministro degli Esteri, che raggelato chiamò personalmente Putin.
Lo zar apprese la notizia, impartì alcuni ordini, riagganciò il ricevitore e si immerse in pensieri assai poco gradevoli. Di tornare a dormire non se ne parlava.
Putin era in procinto di recarsi negli Stati Uniti, con due precisi scopi: concludere un importante accordo commerciale che avrebbe portato denaro fresco nelle casse della Russia e accennare vagamente a certi problemi che aveva con l’Ucraina, sondando in tal modo quale sarebbe potuta essere la reazione degli Usa. A causa del rapimento di John Yarbes, il viaggio a Mosca di Monica Squire era stato rimandato, ma dato che lui aveva fretta si era subito offerto di andare di persona a Washington.
Ora la situazione era complessa. Per prima cosa, le notizie erano vaghe; più di tanto le “talpe” infiltrate a Langley, a Quantico e nelle sedi dei principali ministeri non sapevano. Almeno, non con certezza. In America l’orario di lavoro era finito da un pezzo, ma non c’era dirigente, impiegato o fattorino che non fosse stato sottratto alla cena e richiamato con urgenza in ufficio, anche se in definitiva nessuno sapeva esattamente cosa fare. La confusione regnava sovrana. Le segretarie piangevano, i superiori latravano ordini contradditori, le supposizioni e i pettegolezzi si moltiplicavano. I giornalisti più astuti avevano già fiutato l’aria; una troupe della CNN assediava la Casa Bianca (Page evidentemente aveva fatto un paio di telefonate). E le “talpe” risentivano di quel clima paranoico.
In secondo luogo, Putin era a conoscenza della missione di Volkov: sarebbe stato un guaio, di quelli grossi, se fosse stato ritenuto responsabile di quanto era accaduto.
Che Yarbes gli fosse simpatico, era un particolare irrilevante.
Dotato di un’intelligenza fuori del comune, Putin analizzò i fatti. Cui prodest?, si interrogò in latino. A chi giova? Ai sequestratori? Non aveva senso, dal momento che avevano ottenuto quello che volevano. A misteriosi nemici interni del presidente degli Stati Uniti? Ne dubitava: non era nello spirito degli americani.
Esisteva un rapporto segreto che un tale Gennadiy Rybakov, in seguito defenestrato, aveva trasmesso ai cekisti stelle e strisce. Bisognava partire da lì.
E Volkov?
Putin non era un uomo che proveniva dalla nomenklatura. Era stato un agente del KGB e il capo del SVR. Sapeva ragionare da spia. Studiò a larghe linee un piano. Melnikov si sarebbe occupato dei dettagli.
Ciò che invece Vladimir Vladimirovic non sapeva, al pari della CIA, era che l’indomani Piotr Dmitrovic’ Rozhkov, un ufficiale del GRU (il servizio segreto delle forze armate russe), avrebbe consegnato a Ibrahim al-Ja’bari un grazioso cadeau destinato a essere trasferito a Tel Aviv. Si trattava di un piccolo ordigno nucleare del peso di circa ventidue chili, che poteva essere contenuto in una valigia e che era sfuggito, insieme a diversi altri esemplari, alla distruzione stabilita in seguito a precisi accordi fra Stati Uniti e Russia, dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica. Rozhkov finora ne aveva venduti tre, ma alcuni suoi colleghi ne avevano già piazzati più di dieci.

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Pubblicato su rage | Contrassegnato da tag Monica Squire | 36 commenti

36 Risposte

  1. su 12 ottobre 2014 a 07:29 mairitombako

    letto senza fiato..dai sei meravigliosa ..come scrivi come coinvolgi le caratteri …la storia … brava e di nuovo brava … ti abbraccio forteee

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  2. su 12 ottobre 2014 a 08:08 rodixidor

    Terribile, intricato, complesso …. come sempre 🙂

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  3. su 12 ottobre 2014 a 11:37 Alessandra Bianchi

    @ MAIRITOMBAKO grazie di cuore, mia carissima amica!
    Un bacione*

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  4. su 12 ottobre 2014 a 11:39 Alessandra Bianchi

    @ RODIXIDOR buona domenica 🙂
    “Terribile, intricato, complesso”: giudizi di merito a parte, concordo.

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  5. su 12 ottobre 2014 a 11:52 ventidiprimavera

    …..
    Quanti intrighi, quanto dolore…
    ma mi aspettavo dalla precedente lettura qualcosa del genere,
    episodio molto coinvolgente drammaticamente bello!!

    Un bisous
    Michelle

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  6. su 12 ottobre 2014 a 14:21 newwhitebear

    Puntata mozzafiato. Letta e riletta. Drammatica e inquietante. La storia sta prendendo una piega che non mi aspettavo.
    Sei un’autentica maestra del thriller.
    Un caro abbraccio

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  7. su 12 ottobre 2014 a 17:35 Laura

    Mamma mia Alessandra, che puntata, grazie, scrivi troppo bene, te l’ho detto lo so, ma te lo ridico, 🙂 bravissima!!! Buona domenica sera, ❤

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  8. su 12 ottobre 2014 a 18:03 Alessandra Bianchi

    @ VENTIDIPRIMAVERA un dolore immenso, chérie! Per Yarbes e per Monica.
    Ti ringrazio, Michelle.
    Je t’embrasse.

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  9. su 12 ottobre 2014 a 18:05 Alessandra Bianchi

    @ NEWWHITEBEAR sono davvero lusingata.
    Un grande abbraccio.

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  10. su 12 ottobre 2014 a 18:09 Alessandra Bianchi

    @ LAURA mia bella amica, sei un tesoro!
    Grazie mille 🙂

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  11. su 12 ottobre 2014 a 20:58 Mari

    ….e il peggio fu!….durissimo e triste!
    Baci alla MIA strega

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  12. su 12 ottobre 2014 a 21:19 Patrizia M.

    Toglie il fiato questa puntata, l’intreccio è fantastico e la suspance alle stelle.
    Bravissima Alessandra, vai proprio alla grande!!
    Buona serata e l’augurio di una splendida nuova settimana.
    Kiss, Pat

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  13. su 12 ottobre 2014 a 21:26 Alessandra Bianchi

    @ MARI e il peggio fu 😦
    Baci alla MIA guerriera!

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  14. su 12 ottobre 2014 a 21:29 Alessandra Bianchi

    @ PATRIZIA M. mi rendi molto felice, cara Pat!
    Che la tua sia una settimana splendida.
    Bacioni ^^

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  15. su 12 ottobre 2014 a 22:05 Nadia

    Ludlum più che mai. Sei fantastica. Un capitolo irresistibile.

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  16. su 13 ottobre 2014 a 10:22 brum

    Errore battitura: secondo capoverso, 6° rigo: “lui stesso avrebbe rivendicaTO il sequestro”.

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  17. su 13 ottobre 2014 a 10:29 brum

    Gran bel capitolo, ovvio. Rimane l’amaro della morte del ragazzo… ma conoscendoti, un po l’avevo previsto.
    Se non altro, son morti anche i sequestratori. Evviva Volkov.
    Aspetto sviluppi.

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  18. su 13 ottobre 2014 a 12:04 Alessandra Bianchi

    @ NADIA ti ringrazio moltissimo!

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  19. su 13 ottobre 2014 a 12:06 Alessandra Bianchi

    @ BRUM fatto 🙂

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  20. su 13 ottobre 2014 a 12:09 Alessandra Bianchi

    @ BRUM evviva Volkov, sì.
    Gli sviluppi arriveranno.
    Abbraccio ^^

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    • su 16 ottobre 2014 a 09:01 brum

      Ecco. Speriamo che arrivino in positivo. Lo sai, per i finali io sono tremendamente scontato. Mi piacciono i “lieto fine”, e non me ne vanto di certo. Immagino che sia anche poco di moda, ma non ci posso fare niente.

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      • su 16 ottobre 2014 a 17:49 Alessandra Bianchi

        @ BRUM e io sono come te… quando leggo.
        Rage vuol dire rage, però non si sa mai.

        "Mi piace""Mi piace"


  21. su 13 ottobre 2014 a 12:36 salvatore rizzi

    Gli intrecci, le situazioni, il merito, dicono solo che propendi per la capacità descrittiva ed oltre. Un saluto da Salvatore.

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  22. su 13 ottobre 2014 a 18:24 annamaria49

    Una puntata che incatena e non lascia respiro. Sei troppo brava, Alessandra, hai una capacità narrativa eccezionale, una fantasia; e poi i dettagli, la competenza su un argomento non facile. Il ragazzo, che peccato, speravo si salvasse, ora cosa farà Monica?
    Alla prossima, un grande abbraccio.
    annamaria

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  23. su 13 ottobre 2014 a 20:08 Alessandra Bianchi

    @ SALVATORE RIZZI sono lusingata, “vecchio” Sar.
    Saluti a te.

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  24. su 13 ottobre 2014 a 20:11 Alessandra Bianchi

    @ ANNAMARIA49 in una serata per me non particolarmente felice, il tuo commento mi rallegra molto!
    Monica? Azzarderei per un grande rimorso.
    Un caro abbraccio, Isabel.

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  25. su 13 ottobre 2014 a 23:11 ili6

    Danielle!! Brutta, pazza, scellerata Danielle!

    Ecco, a questo punto io avrei gettato il libro sul pavimento e sarei andata a bere un bicchiere d’acqua. Il bicchiere d’acqua andrò a berlo, a buttare il pc a terra mi trattengo a fatica! Perchè poi il libro lo avrei ripreso in mano, del pc sai cosa mi resterebbe…

    Lo so, lo so, il thriller è così, qualcosa di tragico deve accadere, un innocente deve andarci di mezzo. Povero ragazzo…e povero padre.
    La storia avrà ulteriori e consequenziali sviluppi e tu saprai raccontarceli egregiamente. Come sempre.
    Un abbraccio
    Marirò

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  26. su 13 ottobre 2014 a 23:21 Alessandra Bianchi

    @ ILI6 se io avessi letto questo capitolo, scritto da un altro, avrei avuto la tua stessa reazione. Un bel caminetto per accogliere pagine da dimenticare!
    Ma… l’ho scritto io, e mi sembrava necessario ai fini della narrazione. Come giustamente osservi, un trhiller è così.
    Grazie, Marirò, e un bacione*

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  27. su 14 ottobre 2014 a 16:59 univers81

    Che piacevole svolta thriller ad alto voltaggio, carissima. Alcuni personaggi, poi, sono “on fire”. Complimenti, aspettiamo il resto con trepidazione. Un saluto. Univers

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  28. su 14 ottobre 2014 a 19:10 Loredana

    Ancora un episodio che ti fa trattenere il respiro…brava!

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  29. su 14 ottobre 2014 a 20:21 Alessandra Bianchi

    @ UNIVERS81 detto da un Maestro del thriller come te, è veramente un grande complimento!
    Kiss.

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  30. su 14 ottobre 2014 a 20:23 Alessandra Bianchi

    @ LOREDANA grazie, carissima amica ^^
    L’impegno non manca. In quanto ai risultati, sono affidati alla bontà di chi mi legge.
    Lots of love.

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  31. su 15 ottobre 2014 a 17:09 wolfghost

    Grande Volkov! Opsss… non avrei dovuto dirlo?? 😐 😀
    Il romanzo ha preso una piega imprevista: dalla sorte di un singolo ragazzo, pur figlio di una persona importante, si è passati… alla sorte del mondo! 😮
    Questo romanzo ti avvicina ai grandi scrittori del genere! 😉

    http://www.wolfghost.com

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  32. su 15 ottobre 2014 a 19:19 Alessandra Bianchi

    @ WOLFGHOST sì, sì, hai fatto bene a dirlo 🙂
    Lupissimo, mi sento immensamente gratificata!

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  33. su 16 ottobre 2014 a 07:29 ombreflessuose

    Il capitolo è forte, crudo, funesto (ma non mi dovevi far morire il ragazzo)
    Quella Danielle, creata apposta, doveva recuperare un briciolo di umanità…
    E non uccidere John
    Addolorata, tanto
    Bravissima
    Mistral

    "Mi piace""Mi piace"


  34. su 16 ottobre 2014 a 17:51 Alessandra Bianchi

    @ OMBREFLESSUOSE quando scrivo, tendo a immedesimarmi nei personaggi: nella fattispecie nel dolore di Yarbes, e poi naturalmente di Monica.
    Mi è costato molto “uccidere” John, ma ai fini della narrazione era necessario, almeno secondo me.
    Grazie, Mistral!

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  • CHI SONO

    Mi chiamo Alessandra Bianchi.
    Amo ballare, nuotare, il sole, il mare e il vento.

    Ho scritto un romanzo,"Lesbo è un'isola del Mar Egeo" (Borelli Editore, collana Pizzo Nero), che era reperibile nelle migliori librerie (Mondadori, Feltrinelli, etc.) e su vari portali (IBS, ad esempio); ma che adesso è esaurito.
    Il libro costava 12 euro.

    Il mio secondo libro si intitola "Sognate con me" ed è una raccolta di racconti, tratti dal mio blog. Costa 10 euro.

    "Alex Alliston" è il mio nuovo romanzo, pubblicato nel mese di febbraio del 2012.

    Il mio precedente blog su Splinder ha superato le 420.000 visite. Desidero ringraziare i molti amici che mi hanno seguita.

    SUL CORRIERE DELLA SERA DEL 25 MARZO 2012, NEL SUPPLEMENTO CULTURALE “LETTURA”, IL MIGLIOR INCIPIT DI UN ROMANZO INEDITO (PAGINA 20):
    La barca – un vecchio dragone praticamente inaffondabile – virò di prua e fendendo i marosi imboccò lo stretto passaggio che conduceva alla piccola baia. Aleksandr ormeggiò lo scafo, lo disarmò e scese a terra. Lì il vento era meno intenso: l’insenatura era protetta dai numerosi scogli che affioravano dal mare, simili a denti aguzzi. Le onde si infrangevano su quella barriera e andavano a sfogare la loro collera altrove.
    ALESSANDRA BIANCHI “MATRIOSKA”

  • Dieci anni di blog: da Splinder a WordPress

    Più di duecento racconti Dodici "serie" (o romanzi) Oltre cinquecento post
  • Alex Alliston
  • Odio e Amo

    Odio
    la falsità, la cattiveria, il razzismo
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