Cara mamma
Anche se gli uomini che mi tengono prigioniero non mi trattano con cattiveria, onestamente non posso affermare di stare bene (fisicamente, sì, stai tranquilla); però sono forte e resisto. So per certo che stai facendo tutto il possibile per tirarmi fuori da questa brutta situazione, e conoscendoti sono sicuro che ci riuscirai. Comunque, comprendo benissimo che, vista la tua altissima carica, dovrai agire nel rispetto delle leggi.
Mangio sempre le stesse cose, però il cibo è abbondante. “Loro” non mi parlano mai, ma credo che ciò sia comprensibile. Cerco di tenermi in forma per sconfiggere la noia e i cattivi pensieri.
Vorrei poter scrivere una lettera molto più lunga, ma dietro mia insistenza mi hanno concesso un foglio di carta, una matita e soli due minuti di tempo. E’ fuori questione che io possa spedirla, piegherò in quattro il foglio e lo infilerò in una tasca: servirà a scaldarmi il cuore. Ecco, ora devo restituire la matita.
Un grande abbraccio a te e a papà.
A presto, spero.
Con tutto il mio amore.
John
Nella Situation Room la tensione si sarebbe potuta tagliare con un coltello.
Alla domanda di Monica, Underwood rispose tranquillamente: “Il mio superiore, Brian Stevens.”
Mai contare i pulcini prima che escano dal guscio, pensò Monica, furibonda; poi si rivolse a Patrick Fowley: “Esigo, ripeto esigo, che Milton Brubeck sia rintracciato al più presto e che si presenti qui immediatamente. Di Stevens mi occuperò più tardi. Gli straccerò le palle e le ficcherò in un frullatore.”
Si alzarono diverse sopracciglia. Non era consueto che un presidente degli Stati Uniti si esprimesse in quel modo, benché non fosse nemmeno inaudito, dato che esistevano precedenti illustri.
Mentre il DDI assaporava l’idea di una promozione, Fowley uscì dal locale per telefonare al direttore dell’FBI. Non era per nulla entusiasta di quel compito.
Il Segretario di Stato era immerso in pensieri particolarmente cupi, il ministro del Tesoro aveva l’aria completamente sconcertata, viceversa Margaret, dentro di sé, approvava senza riserve quello che era stato fatto; se però avesse espresso chiaramente il suo pensiero, sapeva che Monica l’avrebbe sbranata.
E Martin?, si chiese Monica. Quanto è responsabile di questa autentica follia?
Sarah Gabai si alzò dal letto, dopo un sonno di poche ore. Andò alla finestra e scrutò il cielo stellato, una visione che fin da bambina l’aveva sempre affascinata. Fece il bagno, preparò una rapida colazione e mangiò con calma, riflettendo sulla sua missione; poi si vestì, indossando gli abiti che aveva scelto fin dal’inizio, in seguito al colloquio con Aaron Ben-David.
Non erano indumenti da israeliana: metterli sarebbe equivalso a firmare la propria condanna a morte. Si infilò un’abaya nera lunga fino alle caviglie e calzò scarpe dalla suola piatta con la punta arrotondata, simili a quelle che in Occidente vengono chiamate loafers.
Effettuò altri preparativi e mezz’ora più tardi uscì di casa.
Sebbene l’Istituto, cioè il Mossad, sia un’organizzazione relativamente piccola e sebbene non disponga degli uomini, dei mezzi e delle attrezzature che possiede la CIA e che aveva il KGB, è uno dei servizi segreti più agguerriti del mondo. Diversi fattori sono alla base della sua straordinaria efficienza. Uno di questi è dovuto al fatto che gli ebrei sono sparsi in quasi tutti i luoghi della Terra; fra di essi ci sono i sayanim, figli di genitori ebrei per i quali Israele rappresenta un simbolo: forse non ci andranno mai, ma per loro rimane la terra promessa. E’ un legame mistico. Anche se non accetterebbero mai di lavorare contro lo Stato in cui vivono, i sayanim sono tuttavia disponibili a fornire assistenza e appoggio agli agenti del Mossad, risolvendo così una quantità di problemi.
Un secondo elemento riguarda la carnagione: Sarah poteva passare per araba, palestinese, siriana (ma pure francese o italiana), senza alcun problema. Un terzo fattore – ma ve ne sarebbero molti altri – è costituito dall’abilità nel reclutare e gestire traditori, che esistono ovunque, anche fra i musulmani, perché tutto il mondo è paese.
Mentre camminava nella notte, Sarah pensava proprio al suo “asso nella manica”.
Con un sorriso di piacere, accolse il profumo della primavera ormai prossima.
Quando O’Connor richiamò sembrava meno aggressivo del solito. Indicò un luogo e un’ora. Yarbes percepì una nota di tensione nella sua voce. Era naturale. In tutti i casi di sequestro, il momento dello scambio è sempre il più pericoloso.
“Venga da solo con i sei amici.”, sentenziò l’irlandese. “Se vedrò una macchina della polizia, se sentirò il rumore di un elicottero, se avrò sentore di qualche trabocchetto e se lei sarà armato…” Lasciò la frase in sospeso; non era necessario essere espliciti: il messaggio era chiaro.”
“Certamente. Sarò solo e senza pistole.”, ribatté Yarbes in tono asciutto, quindi riagganciò.
Si incontrò con gli uomini della CIA, poco prima dell’imbrunire; in quello stesso momento Milton Brubeck faceva il suo ingresso nella Situation Room, inghiottendo l’ultimo boccone di un sandwich al pomodoro, la testa incassata fra le massicce spalle. Gli riservarono un’accoglienza gelida.
L’aereo che aveva trasportato gli arabi era atterrato su una pista poco distante da Washington, circondata da fitti filari di alberi e dotata di un unico hangar e dello stretto necessario. Il piccolo aeroporto, se si può definirlo tale, viene utilizzato esclusivamente per le missioni “proibite”. La sua esistenza è nota solamente a Langley e a qualche agricoltore che abita nelle vicinanze; Monica Squire ne conosceva l’esatta ubicazione, ma non le passò per la mente l’idea di mandare qualcuno a indagare. Da lì i sei avevano proseguito a bordo di una Chevrolet, nascosti sotto un telo.
“I terroristi?, domandò Yarbes.
Il capo della spedizione indicò il furgone.
“Bene. Avete fatto un ottimo lavoro. Ora quel mezzo serve a me.”
L’agente annuì.
“E dov’è il russo?”
L’altro scrollò le spalle. “Lo ignoro. Sarà tornato nel suo fottuto Paese.”
“Non credo. Non ancora, almeno.”, mormorò Yarbes, prima di dirigersi verso il pick-up. Salì al posto di guida e accese il motore. “Fra mezz’ora sarete liberi.”, dichiarò, mentre ingranava la marcia. Lo ringraziarono in arabo, aggiungendo il rituale salam alaykum. Erano assiepati dietro di lui, stanchi e confusi.
Bastardi!, fu il cordiale pensiero che Martin gli rivolse, poi avviò il furgone, guidando a velocità moderata.
Washington è una città che vanta splendidi parchi; O’Connor ne aveva scelto uno: West Potomac Park, famoso per i 1678 alberi di ciliegio di provenienza giapponese. E’ situato in una zona delimitata da Independence Avenue e dal fiume da cui prende il nome.
Yarbes posteggiò a cento metri da un ingresso e invitò i sei fondamentalisti a scendere e a seguirlo. Si addentrò nel parco senza guardarsi attorno.
Gli irlandesi lo sorvegliavano da tre lati; quando furono ragionevolmente certi che aveva mantenuto i patti e che non era seguito da poliziotti o da agenti in borghese, Donagh Lynch, l’energumeno di oltre novanta chili che aveva servito i pasti al ragazzo, emise un richiamo che, almeno in teoria, avrebbe dovuto ricordare il verso dell’upupa.
O’Connor si fece avanti con John.
Nella luce del tramonto, Martin distinse vagamente la figura di un uomo dai capelli rossi, di media taglia e statura, che impugnava una pistola. Malgrado l’aria fredda, Yarbes si tolse cappotto e giacca, rimanendo in camicia; poi sollevò le braccia per indicare che era disarmato. Quindi si voltò e fece cenno agli arabi di proseguire. O’Connor diede una leggera spinta a John, e il ragazzo si diresse lentamente verso il padre. Yarbes capì che gli era stata spiegata la procedura. Rimase sorpreso per il fatto che il sequestratore fosse a volto scoperto. Evidentemente lui e i suoi complici avevano in programma di lasciare gli Stati Uniti entro poche ore. Che facciano pure, pensò.
I sei terroristi e John si incrociarono senza guardarsi; anche Yarbes aveva dato disposizioni precise. Man mano che suo figlio si avvicinava, camminando piano, Yarbes poté cominciare a scorgere in modo sempre più chiaro l’espressione del viso, la postura delle spalle; e infine, quando fu circa a trenta passi di distanza, l’espressione di gioia e di sollievo del ragazzo. Per Yarbes si trattò di un momento di felicità assoluta che non avrebbe mai dimenticato.
O’Connor alzò una mano in segno di saluto, quindi indicò agli arabi il percorso da seguire e si voltò, allontanandosi.
John accelerò il passo, gli occhi colmi di lacrime.
Yarbes si apprestò a stringerlo fra le braccia.
Nonostante fosse un uomo gelido, e avesse alle spalle un’esistenza dura, costellata di missioni pericolose, in cui aveva rischiato più volte la vita, di omicidi, ricatti e brutali interrogatori, provava un’emozione fortissima.
Il ragazzo fece per mettersi a correre, ma poi ricordando le istruzioni ricevute riprese a camminare.
Il sole tramontò definitivamente e l’oscurità avvolse il parco.
Adesso faceva veramente freddo, a causa del vento che spirava da settentrione; ma Yarbes, sebbene fosse in maniche di camicia, non lo avvertiva.
Il suo cuore era caldo, e nient’altro contava.
Cinque metri, quattro, tre…
John era a meno di un metro da lui, quando accadde.
Una incalzante e dettagliata, di fatti che quando non vi saranno più sul pianeta, l’umanità forse..(spero..), sarà libera da condizionamenti impossibili ed ingiusti. Brava come sempre. Saluti dal vecchio Sar.
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Grande episodio, i passaggi sono ben costruiti e tutto è incentrato sul ritmo incalzante dei personaggi, come sempre ottima documentazione storica. Un episodio potente. Buona domenica Loredana
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Ciao Ale ho letto tutti gli episodi insieme; sin dall’inizio si evince una storia intrigante, la ragione e il sentimento, e qui c’è davvero tanto di tutto, tutti i personaggi sono ben posizionati….che brava che sei…ora aspetterò con ansia il prossimo capitolo che credo non sarà a lieto fine, ma tu ci stupisci sempre con i tuoi botti finali….quindi chissà. Grazie per queste letture che ci regali! Goga
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questo episodio e’grandissimo amica tremenda
kalispera da grecia 😉
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@ SALVATORE RIZZI la tua speranza è da me pienamente condivisa.
Ti ringrazio, “vecchio” Sar!
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@ LOREDANA un episodio potente? Grazie di cuore 🙂
La documentazione, a mio avviso, è indispensabile per dare credibilità alla storia.
A te l’augurio di una giornata felice e serena.
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@ GOGA ciao! Sei molto gentile. Sul prossimo capitolo naturalmente non posso fare anticipazioni…
Leggere tutti gli episodi insieme – se uno ne ha voglia – è probabilmente il modo migliore per immergersi nel racconto. Mi fa un grande piacere che tu li abbia letti e li abbia apprezzati.
Un caro saluto.
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@ MAIRITOMBAKO ti ringrazio moltissimo, amica mia ^^
Lo so: sono tremenda 🙂
Kalispera e un bacione * _____________ *
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Cosa accadde????? Miiiiiiiiiiiiiiiiiiii……non puoi farci aspettare altri 7 giorni per sapere cosa accadde in quell’ultimo metro!
Ma le spy story sono così e quindi prepariamoci ai colpi di scena, speriamo non troppo negativi per padre e figlio. Mi sa che è apparsa da dietro un ciliegio giapponese la Gabai…
Complimenti Ale, delicato il passaggio della lettera del ragazzino.
A presto, un abbraccio
Marirò
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Meno male, ero preoccupato…un saluto con bacio da Salvatore.
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Diamine ci lasci col fiatone e con una curiosità matta di quelle che accade.
Tensione, dettagli e intrecci vari. Un mix veramente notevole.
Un caro abbraccio
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Altra puntata carica di tensione, con intrecci della storia che scivolano via benissimo alla lettura e incuriosiscono sempre di più.
Stupendo, sei bravissima, l’ho già detto e lo ripeto.
Non farci aspettare troppoooo peròòòò 🙂
Buona serata e buona nuova settimana cara Alessandra.
Ciao, Pat
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@ ILI6 scriverei anche due volte alla settimana, ma poi per molti sarebbe difficile seguirmi.
Dietro il ciliegio… la Gabai? No. Lei è ancora in Israele.
Un’australiana, forse?
Grazie, cara Marirò!
Bacione.
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@ SALVATORE RIZZI ma io e te la pensiamo allo stesso modo su moltissime cose.
Saluto e bacio ricambiati.
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@ NEWWHITEBEAR sono contenta che ti sia piaciuto questo capitolo. Nel prossimo molti nodi verranno al pettine… naturalmente non tutti.
Un grande abbraccio e un sentito grazie!
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@ PATRIZIA M. sono lusingatissima, cara Pat!
Come ho scritto, rispondendo a Marirò, potrei anche accelerare la stesura e la pubblicazione degli episodi, però non tutti hanno il tempo per leggere i vari blog che seguono. Inoltre, necessitano ricerche, non sempre facili.
Un sorriso per una settimana felice*
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Quando metti la mano nella tana del serpente il rischio di rimanere morso é quasi certo. Bisogna vedere se la serpe arriva da lontano o per trovarla basterebbe guardare dietro l’angolo.
Costruzione stilistica da lode, tanto che per la suspence seminata ho dovuto rileggerlo.
Altri sette giorni d’attesa eh? Male … Molto male … Mi verrà l’orticaria. Sallo !!!
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Accadde…
Lasciarci così, ah… Ma ti dirò: questo tuo lato sadico mi intriga quanto quello masochistico. Pura condivisione della perversione 😉
salam alaykum!
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Il ragazzo ce la fa, oppure… chissà? Sta alla narratrice della storia decidere. Un capitolo stupendo per sviluppi e suspense. La carriera a volte preclude gli affetti.
Un forte abbraccio e complimenti.
annamaria
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suspence …
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@ CAPEHORN non è una storia facile da scrivere, caro Cape, seppilo 🙂
La tua lode mi entusiasma, davvero!
In quanto alle serpi, sono di provenienza australiana…
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@ KRIS bacissimi! Sono sempre felice quando ti vedo. Già: sadismo e masochismo, due facce della stessa medaglia.
Salam alaykum ^^
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@ ANNAMARIA49 se il ragazzo non ce la dovesse fare, su Monica peserà sempre un macigno immenso!
Grazie di cuore e un caro abbraccio.
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@ RODIXIDOR una parola che mi rende molto lieta.
Buona serata ^^
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Fetente. Si, dico a te. Pensavo fosse andato tutto bene… 🙂
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Puntata ricca di intrecci, solita buona perizia di particolari e abilità narrative, ho oltremodo gradito come hai chiuso la scena lasciandoci con l’impazienza di leggere ancora… brava. A presto, un caro saluto. Univers
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Ti prego, non far uccidere John e visto che ci sono neanche Yarbes
Ma so molto bene che il finale, dipende solo dalla tua splendida penna
Come sempre sei bravissima
❤
Mistral
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@ BRUM lo sono da sempre 🙂
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Seeeeeeeeee! Fossero tutti fetenti come te… vivremmo meglio.
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@ BRUM 🙂
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@ UNIVERS81 mio “vecchio” amico, ti sono molto grata.
Il più affettuoso dei saluti!
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@ OMBREFLESSUOSE su Yarbes vai tranquilla…
Altro non posso aggiungere.
Grazie mille, chérie Mistral * _________________ *
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“Quando accadde”… cosa???? 😦 Che andasse tutto bene era abbastanza escluso, naturalmente, altrimenti il romanzo avrebbe perso il fulcro su cui ruotare, anche se in teoria sarebbe restata la caccia ai rapitori. Ma proprio sul più bello… sei proprio cattiva, eh!!! 😀
http://www.wolfghost.com
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@ WOLFGHOST sono cattivissima, caro lupo 🙂
Quando accadde…
Salutoni a Lady Wolf!
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Non devi assolutamente arrossire. Questo nuovo capitolo conferma la tua bravura. Mi ripeto, lo so, ma mi ricordi Ludlum.
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@ NADIA di Ludlum ricordo “Il circolo Matarese”, un romanzo secondo me eccezionale.
Grazie! Sei troppo buona.
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E no ehhhh! Non dirmi che…..no! Vero?
Fai la brava! Baci
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@ MARI non posso prometterti che farò la brava, MIA guerriera.
Mi piacerebbe, ma…
Bacissimi*
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….
Mi sono assentata qualche giorno, ma eccomi a leggere
tutto d’un fiato…
cosa accade… accidenti adesso leggo il resto…
Buona domenica Alessandra in un grande abbraccio
Michelle
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@ VENTIDIPRIMAVERA un carissimo abbraccio e te, Michelle!
E buona serata ^^
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