A dire il vero, le visite mediche furono alquanto approssimative. Una guardia accompagnò Volkov nell’infermeria della prigione. Il russo aprì la borsa ed estrasse un camice, che indossò dopo essersi tolta la giacca. Tirò fuori anche uno stetoscopio, ovatta, una boccetta di alcool, sei siringhe monouso e un barattolo privo di etichette, che conteneva sei grosse pastiglie. Da altrettante fialette aspirò un particolare liquido incolore, man mano che i terroristi si presentavano, ciascuno ammanettato e scortato da due guardie.
Volkov parlò in arabo, in modo non perfetto ma sufficiente per farsi capire. Spiegò a ognuno dei fondamentalisti che gli era stata concessa la grazia, che entro poche ore sarebbero stati liberi e che il suo compito era quello di accertarsi che fossero in buona salute e non avessero subito maltrattamenti. Dichiarò che le iniezioni servivano a munirli di potenti anticorpi; era un vaccino dell’ultimissima generazione ad ampio spettro, rafforzato da un integratore vitaminico ad alto dosaggio. Le compresse, combinate con il vaccino, assicuravano il massimo effetto. Riley, la guardia anziana che lo assisteva, inarcò un sopracciglio. Volkov praticò le iniezioni, poi si limitò ad applicare al torace dei sei lo stetoscopio per pochissimi secondi e a porgere pastiglie e bicchiere d’acqua. A causa delle dimensioni, le compresse vennero inghiottite a fatica.
Riley si rese perfettamente conto che l’operato del dottore era abbastanza ridicolo. Non li faceva neppure spogliare per verificare se portavano segni di percosse, ecchimosi, vecchie ferite o altro. E l’uomo in questione non aveva affatto l’aspetto di un medico. Che mi importa?, si disse.
Venti minuti più tardi, agli increduli terroristi furono forniti abiti normali, e i quattro uomini in grigio li accompagnarono fuori dal carcere, dove era parcheggiato un grosso furgone. Volkov li seguiva a distanza. E fu lui a scorgere un tale che stava armeggiando con una macchina fotografica.
Questo non andava bene.
L’agente del SVR con molta calma prese la Glock 18C, mirò e fece fuoco. Mezzo secondo dopo, la pallottola intrisa di veleno concluse la carriera del giornalista italiano Giovanni Raimondini. “Panorama” non avrebbe mai pubblicato il suo articolo e le sentenze cassate dal giudice Carnevale sarebbero rimaste avvolte nell’oblio, malgrado tali decisioni avessero sempre favorito mafiosi della peggior specie.
Gli uomini in grigio non batterono ciglio; avevano ricevuto il preciso ordine di assecondare in tutto e per tutto il russo e, sebbene almeno in teoria questi fosse un loro nemico, erano abituati a ben di peggio, dato che appartenevano alla CIA.
Volkov scomparve.
Alle nove, ora locale, era al telefono con Yarbes.
Alle quattordici, fuso orario di Washington, Yarbes dava la buona notizia a O’Connor.
E, dall’altra parte del mondo, erano passate da poco le ventuno di quella stessa domenica, quando Ibrahim al-Ja’bari seppe di aver vinto. Non che ne avesse mai dubitato: avrebbe comunque vinto, in una circostanza o nell’altra, sia che gli americani avessero ceduto al ricatto, sia nel caso contrario. Ma l’operazione non era ancora conclusa. In attesa di sferrare un colpo micidiale ai danni di Israele, fece scattare la seconda parte del piano. Quella che avrebbe messo in ginocchio la meretrice che dallo Studio Ovale progettava e perpetrava le azioni più subdole e malvagie, contro il volere di Allah.
Allah è grande e Maometto è il suo profeta, pensò mentre impartiva le istruzioni necessarie a Danielle Williams.
Sopra di lui le stelle brillavano nel cielo, mentre a Washington erano le quattordici e trenta di uno splendido giorno di sole, freddo ma sereno.
Nata e cresciuta a Melbourne, in Australia, Danielle Williams aveva trascorso un’infanzia e una giovinezza felici. I suoi genitori stravedevano per lei, in quanto figlia unica, e dal canto suo Danielle li ripagava eccellendo negli studi. Era appassionata di rugby e fiera che la nazionale del Paese dei canguri fosse costantemente al primo o al secondo posto della graduatoria mondiale. Escludendo Inghilterra e Sudafrica, che peraltro erano squadre toste, l’unico motivo di disappunto erano gli All Blacks della Nuova Zelanda, che sembravano provare un gusto particolare a sconfiggere gli australiani.
Per il resto, si era dedicata al nuoto e a vari flirt, fino al giorno in cui aveva incontrato Damon, un ragazzo forte e atletico, che praticava lo sport della palla ovale e che a letto era fantastico.
Incominciarono a frequentarsi, a passeggiare mano nella mano, a parlare dei libri e dei film che preferivano, seduti negli accoglienti caffè all’aperto di Albert Park: non era solamente il sesso che li univa. Danielle scoprì con piacere che il mondo interiore di Damon era vasto e profondo, e che la sua sensibilità era pari ai muscoli sviluppati da ore e ore di duri allenamenti. Avevano i loro scherzi segreti, un senso dell’umorismo simile e lo stesso amore per la vita. Si tuffavano nell’oceano e facevano surf, sfidandosi ad affrontare l’onda più alta.
Formavano una bellissima coppia, che attirava sguardi di benevole invidia.
Si erano innamorati e avevano progettato di sposarsi, mettere al mondo quattro o cinque bambini e vivere felici e contenti per cento anni; a Natale lui le aveva donato l’anello di fidanzamento e Danielle aveva presentato l’uomo che amava al padre e alla madre, che lo avevano immediatamente adorato.
Damon stava per laurearsi in medicina ed era atteso da un futuro brillante. Nel corso di un viaggio in Africa, per metà un premio, per metà un impegno nel campo del volontariato (e un’occasione di studio), aveva visitato un nuovo ospedale, piuttosto all’avanguardia secondo gli standard locali.
Purtroppo, la CIA lo aveva scambiato per un deposito di armi. L’ospedale era stato bombardato e distrutto, e Damon era morto, assieme a molte altre persone.
Da allora, Danielle era cambiata. Aveva perso l’amore, i sogni, la gioia. Le era rimasta la rabbia, una rabbia cieca che aveva fomentato, che era cresciuta, e che infine l’aveva indotta a lasciare Melbourne, a imparare a usare pistole e fucili, e a mettere i propri talenti a disposizione di chi combatteva contro gli Stati Uniti. In seguito, aveva preso lezioni da un maestro giapponese ed era diventata un’esperta di combattimenti senz’armi. Era fredda come il ghiaccio e non conosceva la parola “rimorso”.
Presto si dimostrò una fuoriclasse, e un giorno conobbe Ibrahim al-Ja’bari.
Ora aveva trentadue anni e sapeva dominare la rabbia e incanalarla nell’azione. Il fatto che, grazie alla sua attività, fosse divenuta anche molto ricca era soltanto un particolare irrilevante, che non avrebbe ridato la vita a Damon.
“Non mi fido!”, sibilò O’Connor al telefono. “Quando sentirò la notizia alla radio, allora forse le crederò.”
“Può darsi che io non sia stato chiaro, anche se ne dubito.”, ribatté tranquillamente Yarbes. “Il presidente degli Stati Uniti, che per inciso è mia moglie, non ha la minima intenzione di concedere la grazia ai suoi amici, né di intavolare trattative di alcun genere con voi. Per questa ragione, almeno per un giorno o due, la radio non darà nessun annuncio. Ma io ho mantenuto la mia promessa. E prima di notte saremo in condizione di effettuare lo scambio, qui, a Washington, nel luogo che avrà la cortesia di indicarmi. Mi richiami fra due minuti, il numero è…”
O’Connor richiamò. Era ancora sospettoso. “Chi mi assicura che non si tratta di una trappola?”
“Si metta in contatto con il suo capo. Lo informi. Per tagliare la testa al toro, le comunico un altro numero: parlerà direttamente con uno dei sei, il quale le confermerà che è vivo e vegeto, e soprattutto libero, come gli altri cinque compari.”
Ci fu un breve silenzio. “Se è come dice, fra un’ora la informerò circa il luogo.”
“Bene.”, disse Yarbes. Poi la sua voce divenne gelida. “A scanso di equivoci, desidero che lei sappia che, se verrà torto un solo capello a John, io la ucciderò.”
Monica si lavò le mani, le asciugò con cura e si osservò a lungo nello specchio. Le avevano sempre detto che dimostrava al massimo cinquant’anni, e lei sapeva che non era un complimento: il fisico asciutto, il viso esente da troppe rughe, la vitalità, tutto stava a indicare che era vero. Ma non più, adesso. Soltanto lei poteva penetrare a fondo nel proprio cuore, e trovare abissi di terrore; soltanto lei poteva dare un nome all’angoscia che le toglieva il respiro. Indugiò nel bagno ancora per un attimo, pensando al figlio che amava più di se stessa, e alla caparbia ostinazione con cui aveva rifiutato ogni compromesso, e infine uscì dal locale con un profondo sospiro.
Benché fosse domenica, avrebbe presieduto il consueto appuntamento del “comitato d’emergenza”. L’incontro era stato solamente posticipato per permettere ai pezzi grossi di pranzare con la famiglia.
Nella Situation Room c’erano tutti, tranne Yarbes, Milton Brubeck e Brian Stevens. In compenso, era presente un elemento nuovo, il DDI, Bruce Underwood. Aveva insistito per partecipare alla riunione, chiamandola personalmente al telefono.
E chiese subito la parola. “Sono sotto inchiesta”, disse con voce pacata, “perché mi si accusa di aver insabbiato due documenti, rispettivamente del Mossad e del SVR russo. In realtà, li stavo studiando a fondo; e comunque sono vaghi e non riguardano direttamente quello che sta succedendo qui. Si riferiscono a un fanatico, del quale a tempo debito sarà bene occuparsi, sempre che non ci precedano gli amici israeliani. Ma il motivo per cui ho chiesto di conferire con lei, signora, e con le altre personalità che mi onoro di conoscere, è un altro. Stando alle mie fonti, che sono del tutto attendibili, la CIA ha allestito un’operazione in nero. In questo momento, signora, è molto probabile che i sei terroristi si trovino a bordo di un aereo, liberi e diretti a Washington. Non credo che questi fossero i suoi ordini.”
“Ma è illegale!”, esclamò il ministro del Tesoro.
Underwood si strinse nelle spalle.
Il vice direttore delle Operazioni esaminava con grande attenzione il soffitto. Patrick Fowley dell’FBI fissava il vuoto.
Monica guardò Underwood, allibita. “Ma chi lo avrebbe deciso?”, domandò.
Margaret Collins trattenne un sorriso. Ora comprendeva la ragione per cui Yarbes l’aveva sostituita al telefono. Che fottuto bastardo!, pensò ammirata.
Buona domenica!
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Un intreccio di fatti che fomentano da tempo il pianeta, religioni moteiste comprese. Inoltre si evince un passaggio nei tuguri insiti a meandri simili…etc…Brava come sempre. Sar….!
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@ MARGARET COLLINA anche a te, cara 🙂
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@ SALVATORE RIZZI grazie, amico mio!
Un sorriso per una bella giornata.
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wow…bravissima come sempre 😉
buona domenica
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letto d’un fiato: davvero sai tenere incollati i tuoi lettori!
Ci fai conoscere Danielle che darà filo da torcere a Yarbes che a sua volta ne vedrà delle belle con Monica. Ma per la vita di un figlio si fa tutto e di più.
Un abbraccio, alla prossima
Marirò
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Bello Alessandra, brava, aspetto sempre di leggere il seguito, 🙂 buona domenica sera, con affetto Laura.
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@ MAIRITOMBAKO buona domenica sera, amica!
E grazie ^^
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@ ILI6 chi dava per spacciato Ibrahim al-Ja’bari, forse dovrà ricredersi… però, preferisco non fare anticipazioni, tranne una: Danielle è veramente letale. La sofferenza, la perdita di un grande amore, possono trasformare una persona, che in origine era buona d’animo, rendendola spietata e crudele.
Un abbraccio a te, cara Marirò, assieme ai miei ringraziamenti.
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@ LAURA ti ringrazio, cara.
E ti auguro una splendida serata, con tutto il mio affetto.
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Un saluto vero…Sar…
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@ SALVATORE RIZZI 🙂
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Puntata tosta con un new entry, che sicuramente farà parlare di sè, Danielle.
Quattro episodi tutti ben sviluppati.
Aspettiamo l’evoluzione degli eventi.
Un caro abbraccio
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@ NEWWHITEBEAR sono contenta che questa puntata ti sia piaciuta. Danielle certamente farà parlare di sé, ma non solo lei: ci sono molti personaggi in questa storia e tutti avranno il loro spazio.
Grazie e un grande abbraccio.
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Sempre più coinvolta in questa storia, grazie alla tua bravura nello sviluppare i vari punti salienti!!
Bravissima Alessandra.
Serena notte e buona nuova settimana, Patrizia
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@ PATRIZIA M. sono lusingata, Pat!
Ti auguro una settimana felice * _________________ *
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“Che fottuto bastardo! pensò ammirata” 😀 Sì, forse erano più simili loro che lui e Monica! 😉
Anche l’inserimento della nuova entrata è estremamente attuale, come lo è tutto il racconto (so di ripetermi).
Mi pare di vedere un tuo sforzo eccezionale in questo romanzo. Potrei sbagliare, magari è solo la tua esperienza che, accresciuta via via, da risultati ancora migliori rispetto ad un già ottimo passato… ma credo che tu ci stia davvero mettendo tutta te stessa. Sbaglio? 🙂
http://www.wolfghost.com
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Dimenticavo… ma ricarichi la pagina quando vieni sul mio blog e quando scendi nei commenti? Io li vedo apparire così, anche se so che è una menata…
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@ WOLFGHOST no, caro lupissimo: non sbagli.
Ci sto mettendo davvero tutta me stessa, con un impegno massimo. Non che in passato non cercassi di esprimermi al meglio delle mie possibilità, ma qui vado oltre 🙂
Nel senso che per me è veramente uno sforzo eccezionale.
Condivido in pieno la tua osservazione iniziale: a parte la differenza di età, vedrei bene Yarbes con Margaret.
Baci lupeschi!
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@ WOLFGHOST la ricarico… ma forse sono rossoblu 😛
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Accidenti ti sei addentrata in un dedalo di cunicoli pericolosi dove ad ogni svolta c’è una sorpresa non sempre piacevole, i personaggi coinvolti sono tutti professionisti e le donne dimostrano ancora una volta come si può diventare cattive quando qualcuno entra in maniera violenta nel loro spazio!!! Mi accorgo ad ogni puntata che il tuo lavoro di ricerca così impegnativo porta a dei risultati sorprendenti! Sorprendenti come sei tu….felice notte. Loredana
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Capitolo particolarmente avvincente. Molta azione. Immagino che O’Connor non sappia che Danielle abbia il compito di uccidere il ragazzo…
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@ LOREDANA cunicoli assai complessi e impegnativi! Credo proprio che questa sia la storia più “difficile” che io abbia mai scritto. Forse sarà anche l’ultima. O forse no.
Il lavoro di ricerca è complicato, ma assolutamente necessario.
Grazie e un caro abbraccio.
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@ BRUM immagini molto bene. E c’è anche un’altra cosa che O’Connor non sa…
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Embè… che fa, uccide il ragazzo e lascia vivo O’ Connor? ahahaha
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@ BRUM sei un genio!
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Naaa. Io sono quello incaricato di uccidere la ragazza, che deve uccidere O’ Connor ed il ragazzo.
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E già che ci sono… uccido anche Volkov e Yarbes, ecco. Tanto… siamo in America, non mi possono mica dare due pene (oops) di morte!
P.s.: Questo in Italia non vale. Un ergastolo -che in teoria significherebbe “carcere a vita”- uguale 10 anni effettivi. Quindi due ergastoli sò 20. Non si scherza. Le cose cambiano, altrochè.
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@ BRUM ammappate che sanguinario 🙂
Uhm… sugli ergastoli è vero.
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Ti conosco… so che la pensi come me. Sanguinaccia!
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@ BRUM brumbru e brumbra 🙂
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Puntata molto dinamica e scritta in maniera congeniale, come piace a me. Il nuovo personaggio di Danielle sembra promettere qualcosa di importante e non marginale ai fini della vicenda. Ottimo, a rileggerci presto. Univers
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Carissima, torno a leggerti
Abbraccio da Mistral
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……
E i personaggi aumentano…
intrigando sempre più il lettore…
si legge molto scorrevolmente,
splendida puntata, e Tu sempre più bravissima!!
Un abbraccio cara, e dolce proseguo di serata.
Michelle
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@ UNIVERS81 mi rendi molto contenta, carissimo amico!
A presto ^^
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@ OMBREFLESSUOSE bacione, Mistral*
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@ VENTIDIPRIMAVERA i personaggi aumentano e la storia si fa più complessa. Spero di non deluderti, chérie.
Bisous, Michelle.
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Mi spiace per la morte del giornalista Giovanni Raimondini
Giornalisti validi che “cadono” per informare il mondo
Quando si uccide l’ amore della propria vita, la reazione ha diverse sfaccettature: Danielle Williams ha scelto la vendetta
La chiusa come tutto l’ episodio è …Grande
Abbraccione da Mistral
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Interessante l’entrata di un nuovo personaggio, Danielle, donna dall’animo di ghiaccio: dopo aver perso il suo grande amore, vede la vita da un’altra prospettiva. La storia s’intreccia, com’è nel tuo stile sempre più avvincente e sublime.
Buona serata, cara Ale, attendo nuovi sviluppi e che l’ispirazione sia con te.
Un abbraccio grande
annamaria
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@ OMBREFLESSUOSE purtroppo, come sappiamo, se la morte di Giovanni Raimondini è solo un frutto di fantasia, molti giornalisti sono invece morti veramente, e a essi va il mio pensiero.
Incrocio sempre le dita per un mio caro amico lettore, spesso qui presente, che svolge il suo lavoro in terre assai pericolose.
Danielle Williams ha scelto la vendetta, altre avrebbero scelto la disperazione, la nevrosi oppure alla lunga avrebbero dimenticato.
Diverse sfaccettature, come dici tu.
Bacione, Mistral, e grazie!
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@ ANNAMARIA49 è verissimo quello che sostieni: Danielle ha cambiato radicalmente visuale. Ora, è decisamente una donna diversa.
La storia si intreccia… fra Stati Uniti, Russia e Medio Oriente, nella speranza appunto che “l’ispirazione sia con me”.
Il prossimo capitolo, a mio avviso, sarà molto importante.
Ti ringrazio, Isabel, e ti abbraccio.
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Tutto risolto col pc?
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@ ILI6 grazie per l’interessamento, cara Marirò!
E’ dalle nove di stamattina che ci lavoro. Ora l’ultimo problema è che non riesco a tornare indietro con le pagine. Poi ho dovuto anche ripristinare Google e fare una serie di scansioni interminabili.
Sembrerebbe tutto ok.
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Ho scoperto il tuo blog per caso e con calma ho letto tutti i capitoli di Rage. Non commento mai e non mi piace fare complimenti ma sono rimasta stordita perché mi è sembrato di leggere un romanzo del grande Robert Ludlum. Sei molto brava.
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@ NADIA innanzi tutto, benvenuta nel mio blog!
E poi… confesso: mi hai fatta arrossire 🙂
Buona serata ^^
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Potente descrizione di come anche nel “sottobosco” U.S.A. si compiano cose “italiane”. Forse perché é proprio il “sottobosco” che lo richiede.
Mi piacerebbe conoscere il contenuto di quelle iniezioni e di quelle pastiglie. Mi piacerebbe proprio sapere il valore di quel complesso vitaminico.
Uccidere un giornalista é uccidere un’idea, un principio di libertà, far seccare un ramo della pianta della conoscenza, strozzare in gola la voce di chi potrebbe non averne più un’occasione per farla sentire.
Quindi ora nel nostro “bestiario immaginario” accanto a lupi e aquile, vermi e topi di vario genere ci troviamo anche un bell’ esemplare di “Fierce Snacke”.
Perché farcelo mancare.
Da adesso in avanti sarà meglio guardare dove si mettono mani e piedi, anche se … Serpentari e manguste sono sempre in caccia.
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@ CAPEHORN si tratta di un complesso vitaminico molto particolare… di quelli che sanno preparare a Langley.
Uccidere un giornalista? Per un uomo che rimpiange il KGB non è certo un problema.
Grazie, carissimo!
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