L’italiano liberò l’arma dall’involucro e la spostò sotto la luce della lampada. Volkov la impugnò, osservandola con attenzione, poi annuì. “Bene.”, disse. La pistola disponeva di un caricatore da 33 colpi. Sulla parte zigrinata del carrello c’era un selettore di fuoco; era dotata di sicura sul grilletto, che consisteva in una levetta; premendo entrambi veniva tolta la prima sicura e continuando nella trazione si armava il percussore, togliendo le due sicure interne. Continuando a premere il grilletto scattava solo il percussore già armato, mentre rilasciando completamente il doppio grilletto si riazionavano automaticamente le sicure.
Era a fuoco rapido con culatta bloccata e rinculo assai ridotto. Lunga 186 millimetri, pesava circa 630 grammi. Di fabbricazione austriaca, era un Glock 18C, una delle migliori armi esistenti, cui l’italiano aveva apportato alcune modifiche richieste dal suo cliente, che la rendevano – se possibile – più micidiale. Tali modifiche contravvenivano alle disposizioni della Convenzione di Ginevra, principalmente per via delle pallottole.
Volkov pagò la cifra dovuta, fece chiamare un taxi, disponendo che si fermasse a due isolati di distanza e uscì nella notte. Mentre aspettava, assicurò l’arma alla cintura dei pantaloni, coperta da giacca e cappotto.
Raggiunse il suo albergo, si coricò e si addormentò dopo pochi minuti.
Era quasi mattino, ma Monica era ancora sveglia.
Sapeva che il dovere le imponeva di essere intransigente; ciò non le impediva di provare una sofferenza indicibile.
Benché avesse partorito a un’età relativamente avanzata, l’aspetto giovanile, la mentalità aperta e lo spirito vivace avevano creato un legame che lei non esitava a definire magico. Talvolta si vedeva più come una sorella maggiore che come una madre. Con John aveva giocato, riso, pianto davanti alla televisione assistendo a un film commovente; si era sforzata di comprendere e amare la sua musica, aveva fatto il tifo per lui quando giocava a basket. Gli aveva cucinato torte di mele. Avevano mangiato insieme Cap’n Crunch e bevuto enormi bicchieri di latte; aveva esaminato con occhio critico le ragazzine che gli piacevano. A causa dei suoi impegni, il tempo che riusciva a dedicargli non era mai sufficiente, però era intenso. Speciale.
John aveva un buon rapporto con Martin. Ma era comunque un rapporto diverso. C’erano stima e affetto, forse anche amore: mancava il senso di complicità, mancava quel filo che legava indissolubilmente mamma e figlio. E adesso quel filo… poteva spezzarsi da un momento all’altro.
Se le fosse apparso un angelo e le avesse domandato cosa desiderava di più dalla vita, avrebbe risposto: “Fermare il tempo, tornare indietro e perdere le elezioni presidenziali.” Margaret Collins le aveva suggerito con garbo di dimettersi. Monica escludeva che fosse mossa dall’ambizione, la conosceva troppo bene. Semplicemente, le sarebbe subentrata e avrebbe accolto le richieste dei sequestratori; nessuno avrebbe osato criticarla, perché John non era suo figlio. Monica scosse la testa. Gli Stati Uniti non dovevano piegarsi a quell’infame ricatto. Mai.
Ignorava l’esistenza di Volkov. In caso contrario, avrebbe pregato per lui, per il russo gelido giunto da lontano con il preciso scopo di salvare John.
Il ventidue febbraio, venerdì, il sole sorse alle sei e cinquantasette. A quell’ora, Brian Stevens, Milton Brubeck, Patrick Fowley e Martin Yarbes, accompagnati da tre funzionari dell’Office of Security, che erano stati strappati dal letto, piombarono a Langley.
La sera prima c’era stata una discussione: Brubeck avrebbe voluto agire subito.
Proponeva un’irruzione nell’ufficio del DDI, Bruce Underwood, e dato che la cassaforte era a prova di scasso l’uso di un esplosivo plastico per aprirla. A Fowley l’idea del direttore dell’FBI piaceva, ma Stevens aveva obiettato che poche ore non cambiavano niente e che, per vari motivi, sarebbe stato preferibile attendere le prime luci del giorno e affrontare direttamente Underwood, il quale era notoriamente puntuale.
Il primo vice direttore per l’intelligence era comunque un uomo potente, terzo nella gerarchia della CIA, e godeva di solidi appoggi politici e di agganci nel mondo della finanza, legami coltivati con abilità e consolidati nel tempo. Occorrevano cautela e prove sicure.
Il DDI si presentò esattamente venti minuti più tardi. Come sempre, era vestito in modo inappuntabile con il consueto completo grigio, la camicia bianca fresca di bucato, cravatta in tono e scarpe italiane.
Poiché era tutto tranne che uno stupido, comprese immediatamente la ragione per cui i sette uomini lo stavano aspettando; se avesse nutrito qualche dubbio, gli sarebbe bastato guardare i tre dell’Office of Security, che conosceva di vista: l’OS aveva il compito di controllare l’operato degli uomini dell’Agenzia. La presenza di Brubeck tagliava la testa al toro.
Si accomodarono nel suo ufficio, ma sedettero solo i pezzi grossi. Underwood aprì la cassaforte e porse a Stevens due fascicoli. Uno proveniva dalla Russia, l’altro dal Mossad. Entrambi facevano un chiaro riferimento a un pazzo assetato di sangue di nome Ibrahim al-Ja’bari, che a suo tempo aveva lavorato per Hamas ma che ora si muoveva da solo. Sembrava che non piacesse neppure alle altre organizzazioni fondamentaliste, che giudicavano i suoi atti fini a se stessi (il che non era vero).
Brian Stevens lesse gli incartamenti con calma, li passò a Yarbes e guardò Underwood, inarcando un sopracciglio.
“Stavo preparando un’approfondita relazione.”, dichiarò con voce tranquilla il DDI. “Al più tardi oggi pomeriggio l’avrei consegnata.”
“Bruce, lei conosce l’urgenza della situazione.”, ribatté Brian Stevens.
“A vaghe linee.”, disse Underwood. “Non partecipo alle vostre riunioni e non sono informato degli ultimi sviluppi.” Sebbene detestasse il suo capo, non lo lasciava trapelare minimamente.
“Ma questo è materiale scottante!”, esclamò Brubeck.
Underwood lo fissò in modo gelido. “Solo voci.”, affermò. “E in ogni caso mi piace lavorare in maniera accurata; per quello quei documenti erano ancora nella mia cassaforte. A parte questo, io non rispondo ai federali, i nostri campi sono diversi.”
Brubeck gli avrebbe dato molto volentieri un pugno. Si limitò a lanciargli un’occhiata di fuoco.
Se anche la colse, Underwood rimase impassibile. “Esistono dei problemi che riguardano la mia persona?”
“Questo lo vedremo, Bruce. Questo lo vedremo.”, disse il direttore della CIA.
Ibrahim al-Ja’bari, l’uomo che era appartenuto ad Hamas, scrutava la linea ondulata del deserto, indifferente alle immagini evocate dalla Fatamorgana.
Era concentrato sui suoi piani, il primo dei quali si avviava ormai a compimento. A breve sarebbe scattata una seconda operazione, questa volta diretta contro Israele, e poi una terza, rivolta di nuovo al Satana americano.
Prima, però, aspettava il trionfo della geniale intuizione che lo aveva spinto a progettare e a organizzare il rapimento del figlio della prostituta che stava a capo degli Stati Uniti.
Sollevò gli occhi al cielo, incredibilmente azzurro, e percepì l’aria del cambiamento: il sole splendeva luminoso, ma presto sarebbe arrivato lo shamal. La tempesta di sabbia avrebbe sconvolto tutto il panorama circostante, in un inferno di vento ululante.
Ibrahim al-Ja’bari sorrise cupamente. Era ciò che sarebbe toccato agli infedeli.
“Allah è grande.”, mormorò. “E Maometto è il suo profeta.”
UN BREVE RIASSUNTO DELLE PRIME DIECI PUNTATE:
Monica Squire viene nominata direttore della CIA e poco più tardi si presenta alle elezioni presidenziali come candidata del partito democratico. Dopo un acceso confronto televisivo con il senatore repubblicano, suo antagonista, viene eletta, sia pur d’un soffio.
Nel mese di febbraio dell’anno successivo, suo figlio, il quattordicenne John, viene rapito, e la scorta che lo proteggeva sterminata. Ciò che i sequestratori chiedono è la liberazione di sei terroristi condannati a morte. Monica, sebbene disperata, rifiuta. Milton Brubeck, il direttore dell’FBI, promette che riuscirà a scovarli e a liberare il ragazzo.
Dietro a tutto questo c’è un uomo, un fanatico che aveva abbandonato Hamas in quanto troppo tollerante nei confronti di Israele e che adesso agisce in proprio, Ibrahim al-Ja’bari.
Per volere di Putin, il servizio segreto russo interviene… ma un dirigente della CIA, a causa di risentimenti personali, insabbia il documento che gli è stato trasmesso da Mosca.
Allora, l’SVR (ex KGB) invia negli Stati Uniti Danil Volkov, il migliore agente.
E’ intenso e dolente questo capitolo, e si evince una certa sontuosità nel descrivere i sentimenti di una Monica non Presidente, ma Madre, una madre che vuole fermare il,tempo, ma il tempo malignamente passa, con il rischio che Ibrahim possa davvero gioire per la sua vittoria. Volkov mi piace, e trovo interessante il coinvolgimento del Moussad, ma potranno queste alleanze salvare la sorte di Jonn? Ancora non ci è dato sapere, ma so per certo che la tua bravura e’ incontestabile!!! Non amo le smancerie, ma sinceramente posso dirti che hai arricchito le mie consuete letture! Grazie….Loredana
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Fantastico! !!!
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@ LOREDANA mia cara, ho cercato proprio di rendere il grande conflitto interiore di Monica, donna e presidente, madre e leader della nazione più potente del mondo. Se ci sono riuscita, ne sono contenta.
Volkov piace anche a me… non è Matrioska, però…
In quanto a Ibrahim, si vedrà…
Senza smancerie, un grande abbraccio è però doveroso 🙂
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@ VAGONEIDIOTA grazie mille!
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Un intreccio…a dir poco…emozionante. Sempre capace di sorprenderci. Un saluto da Salvatore.
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@ SALVATORE RIZZI ti ringrazio di cuore, “vecchio” Sar.
Un salutone a te.
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Si percepisce a pelle il contrasto interiore che sta vivendo Monica madre e Monica presidente. Come ho già detto sai intrecciare le varie situazioni della storia in maniera eccellente, tenendo sempre vigile l’attenzione del lettore.
Bravissima Alessandra.
Serena notte e buona nuova settimana.
Pat
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@ PATRIZIA M. la situazione di Monica indubbiamente non è facile.
Credo che debba sperare in Milton Brubeck o in Volkov. Altro non può fare.
Un grande grazie, Pat!
Bacioni.
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molto brava..come al solito mia cara
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In viaggio verso Udine,ma non volevo perdermi il nuovo episodio che trovo molto bello e interessante, grazie per avere scritto anche un breve riassunto che a quelle come me che non riescono a seguirti sempre e’ veramente utile. Ciao ciao e buona settimana! OT sto viaggiando sotto un cielo pumbleo e piovoso.
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Assolutamente convincente la prima parte.
L’uomo che viene dal freddo. Una sorta di compendio di tutti i cosacchi che hanno attraversato la steppa. Fedele servitore e come tale spietato esecutore.
Una madre, anzi la “Madre” che s’interroga se é stata una buona madre. Che vorrebbe indietro il tempo trascorso per poter pareggiare almeno quello sottratto al figlio e aggiungerne altro che potesse cementare meglio il sentimento famigliare.
Lo Stato espresso nel potere non degli uomini, ma di ciò che rappresentano che non pongono domande,ma ottengono risposte. Anche le più imbarazzanti.
Intanto inizia a spirare forte quello shamal che spazza i deserti dalla notte dei tempi, piegando uomini e cose.
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@ ANONIMO grazie! Anche se non so chi sei 🙂
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Hai ben tratteggiato il tormento di Monica, bravissima, e anche la freddezza e il disprezzo di Ibrahim verso altri esseri, soprattutto donne. Per il resto, siamo in attesa di nuovi eventi e di venti dell’est 🙂
Abbracci, ciao
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@ TOSCA ho inserito il riassunto calcolando che, per quanto pessimo, questo è stato comunque il mese delle vacanze per molti amici lettori.
Salutami Udine, cara!
Lì si mangia e si beve bene 🙂
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@ CAPEHORN sbaglierò (nemmeno io so cosa succederà), ma ho fiducia nell’uomo venuto dal freddo.
E in Yarbes, off course.
Lo shamal, però, imperversa.
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@ ILI6 sai come funziona in certi luoghi… le donne, zero!
Monica soffre molto, però è determinata a non cedere.
I venti dell’est soffieranno più forte dello shamal?
Bacione, cara Marirò*
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Anche questa puntata mi piace molto per le descrizioni che sai creare e gli scenari nei quali si immergono nuove vicende… l’ambivalenza del personaggio di Monica è molto plausibile e convincente. Brava. A rileggerci presto. Univers
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Sempre gentile…saluti sinceri…Salvatore….
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@ UNIVERS81 il mio impegno è sempre massimo. I risultati, buoni o cattivi che siano, non dipendono comunque dalla mia volontà. Su Monica ho lavorato…
Ti ringrazio, amico mio.
A presto ^^
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@ SALVATORE RIZZI ti auguro una serena notte!
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Ti ringrazio nuovamente per il riassunto, sei tanto disponibile. La storia è tutto un susseguirsi di emozioni e Monica ha dei ripensamenti, la sorte del figlio, ah purtroppo ciò accade: colpiscono sempre gli affetti per giungere ad attuare i loro scopi. Tu sai descrivere con eleganza e dovizie di particolari i vari intrecci, il che non è facile, visto l’argomento. Bravissima!
Buona giornata e a presto.
baci
annamaria
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@ ANNAMARIA49 ritengo che sia giusto essere disponibile con le persone care come te.
Monica sta vivendo attimi terribili. Ed è come dici tu: colpiscono sempre gli affetti più cari.
Speriamo in Milton Brubeck, in Yarbes e nel russo.
Abbraccio ^^
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Rieccomi. Tu sai che preferisco i racconti brevi. Ma è solo colpa mia, non ho pazienza e devo vedere subito la fine. Poi ci casco e finisce che leggo anche le storie a puntate…
Superlativa, cosa si può dire che non ti sia stato già detto?
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@ SUZIEQ11 lo so, lo so 🙂
Ci sarebbe “Lettera di una madre” e presto scriverò un altro racconto breve.
Comunque, mi fa piacere vederti qui, in “Rage”.
Grazie e ben tornata!
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Grazie a te e buona giornata. 😘
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@ SUZIEQ11 ciao, Ciop 🙂
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Dimostri una conoscenza delle armi davvero notevole! 😮 Certo che essere scrittori seri vuol dire studiare molto, vero? 😀
L’intransigenza di Monica mostra la sua determinazione proprio per la situazione emotiva in cui riesce a dimostrarla. Ha fatto la scelta giusta a non dimettersi, non sarebbe cambiato nulla, lei ha rispettato la logica nonostante le pressioni del suo cuore.
Underwood, oltre ad essere un cretino, è anche odioso.
Quanti pazzi ci sono come Ibrhaim al mondo! 😦
http://www.wolfghost.com
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@ WOLFGHOST lupissimo, secondo me, o si risulta attendibili o è meglio lasciar perdere.
Su Monica sono pienamente d’accordo, anche se Margaret era sincera nel suo intendimento.
E come non condividere il tuo pensiero riguardo a Underwood e a Ibrhaim!
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Non sapevo fossi anche esperta di armi, non finisci di stupirmi 🙂
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@ RODIXIDOR sei sempre gentilissimo 🙂
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Essere speciali per i figli….essere speciali per mamma e papà….una magia! E tu sei magica MIA cara Strega
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…
Ho letto due volte questo capitolo
soffermandomi sul pensiero e i sentimenti di Monica verso il figlio
che hai tratteggiato con struggente bravura…
Riesci sempre a lasciarmi incollata mentre ti leggo.
e come dice Mari sei più che magica!!
Un bacione
Michelle
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@ MARI magie reciproche, MIA guerriera 🙂
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@ VENTIDIPRIMAVERA sei carinissima, grande amica*
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Non so il perché ma questa puntata mi era sfuggita. Nel leggere la nuova mi è venuto il sospetto di aver perso qualche informazione.
Bene. Quattro episodi, apperentemente slegati, ma in piena sintonia con l’economia della storia. Tutti e quattro ci lasciano con dei dubbi e con la curiosità di sapere come saranno gli sviluppi.
Quello più intrigante è relativo a Volkov e sulle motivazioni che lo spingono a liberare John. Anche gli altri non sono da meno.
Passo al capitolo 12.
Un caro abbraccio
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@ NEWWHITEBEAR cose che succedono, carissimo 🙂
Volkov ha una parte importante nella puntata numero 12.
Un grande abbraccio.
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..Ma che brava che sei Alessandra, sei talentuosa, complimenti, cercherò di leggerti con continuità!
Buona settimana!
Dora
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Un altro bel capitolo. Complimenti per la tua capacità di sintesi. Nel riassunto c’è quello che c’è da sapere.
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@ DORAFORINO sono lusingata!
Buona settimana a te, cara Dora.
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@ BRUM e pensare che odio i riassunti fin dai tempi della scuola, cioè all’epoca delle guerre puniche 🙂
Un bel capitolo? Sono contentissima.
Un sorriso per una felice giornata.
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Immagino anche il perchè: in un riassunto devi per forza omettere di riportare precisazioni essenziali (per un pignolo).
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@ BRUM preciso!
Essendo del segno della Vergine…
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Ci sono sempre anche se ritardo un po’
Non vorrei essere per nulla al mondo nei panni di Monica
Non può far altro che affidarsi a mani sconosciute
Brava sempre
Baci
Mistral
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@ OMBREFLESSUOSE sono sempre contenta, quando ti vedo qui… per me, i ritardi non esistono 🙂
Riguardo a Monica, nemmeno io vorrei essere nei suoi panni.
Grazie e baci in abbondanza ^^
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