Quando, e se, Aleksandr Stavrogin fosse sceso dall’aereo, sarebbe stato invitato da due cortesi funzionari del SIS ad accomodarsi in una saletta privata; di lì a breve, ammanettato e strettamente sorvegliato, avrebbe preso il primo volo per Londra.
Una volta in Gran Bretagna, lo avrebbero interrogato. Naturalmente, Stavrogin si sarebbe rifiutato di parlare, ma esistevano vari metodi per indurre un prigioniero a collaborare. Considerata la sua fama, non avrebbero fatto ricorso alla tortura, né gli avrebbero offerto denaro. C’erano altri modi, sostanze chimiche cui era impossibile resistere.
Nell’eventualità che fosse sbarcato da una nave, la procedura sarebbe stata la stessa.
Chiaramente, avrebbe usato documenti falsi, ma la sua foto avrebbe permesso di identificarlo, senza alcuna ombra di dubbio, anche nel caso di un travestimento. Grazie all’aiuto di un computer erano stati approntate dieci immagini alternative: diverso taglio di capelli, barba, baffi, spessi occhiali da vista, andatura claudicante, persino la mancanza di un braccio o di una gamba (cosa realisticamente ottenibile, e senza amputazioni). Da ognuna di esse emergevano i suoi tratti caratteristici, fra cui le orecchie che non sono modificabili, a meno di eliminarle, e questo era inverosimile.
Esisteva, tuttavia, la possibilità che la spia russa arrivasse a Cipro con altri mezzi, riuscendo così a sfuggire alla trappola; in questo deprecabile caso, non appena si fosse avvicinato all’albergo dove alloggiava Altmann sarebbe stato ucciso: meglio non correre rischi inutili.
Tutto era stato predisposto con estrema cura. Al comando delle operazioni erano Kris Howe della CIA e Bob Sheridan del MI6.
Sheridan si era guadagnato i galloni sul campo. Era un vincente, abituato a ottenere il massimo, e le imprese compiute in Irlanda rappresentavano il suo biglietto da visita. Suo padre apparteneva alla Special Branch. Da lui aveva ricevuto un’educazione inflessibile e apparente scarso affetto. Se un tempo lo aveva detestato, in una gelida serata autunnale, a Belfast, aveva cambiato idea. Erano stati gli insegnamenti del genitore a salvargli la vita.
Matrioska possedeva una mentalità pratica, perciò quando apprese la notizia che il tedesco era vivo non perse tempo a lambiccarsi il cervello (un pizzico di curiosità, ma nient’altro). Altri, al posto suo, avrebbero insistito nel dire che non era possibile, che lui personalmente aveva appurato la sua morte. Tempo sprecato. In qualche modo l’ex Hauptsturmführer della Gestapo era riuscito a ingannarlo. Ma non ci sarebbe stata una seconda volta.
Malgrado fosse ancora inverno, la notte non era fredda.
Aleksandr contemplava il cielo punteggiato di stelle, assaporando la brezza calda che proveniva da sud. Benché non partecipasse al lavoro sul vecchio peschereccio che procedeva un po’ ansimante, come gli altri era vestito da marinaio. Qualora fossero stati avvistati e fermati da una motovedetta, avrebbe cominciato a darsi da fare: per una persona abituata a governare da sola un dragone nel gelido mare del nord sarebbe stato un gioco da ragazzi fingersi un normale membro dell’equipaggio.
In lontananza, scorse la costa. Si concentrò allora sul compito che lo attendeva: porre termine alla ignominiosa carriera di Klaus Altmann.
Al pari del rezident di Londra, non credeva al “tradimento” di una cekista americana, della quale ignorava il nome – era un pesce piccolo, sebbene, a detta di Sergej Vadimovic Sokolov, assai promettente -; di conseguenza si aspettava che Altmann fosse ben protetto.
Pensare come pensano i nemici; non come vorresti che pensassero: ma come pensano veramente.
Avevano predisposto un “cordon sanitarie”, che aveva due scopi, il secondo dei quali era intrappolare lui per ammazzarlo o sequestrarlo. Matrioska scrollò le spalle. Aveva affrontato situazioni peggiori.
Ormai la riva era vicinissima. Il russo vide una piccola insenatura e una spiaggia lambita dalle onde, che la luna illuminava.
Mentre sorvolava l’oceano Atlantico, diretta a New York, Monica Squire rifletteva sulla vanità degli esseri umani. Aveva la coscienza a posto, si era ingegnata per cercare di dare un contributo che gli inglesi avevano mostrato di apprezzare; non così Kris Howe che aveva trovato un pretesto per rispedirla in patria.
Fino a quel giorno l’aveva stimata, considerandola una Maestra; ora si domandava se l’indubbbia bravura della collega non era inficiata dall’egocentrismo, e la risposta era positiva. Questo era grave. Una delle prime cose che Monica aveva imparato a Langley era l’importanza della solidarietà, la capacità di far fronte comune contro il nemico. Ricordava ancora bene le parole di Dick “Smile” Devearaux. “Può succedere che in un dato momento l’agente che è con te rischi la vita; in tal caso, devi gettare al vento prudenza, spirito di sopravvivenza, il fondo di viltà che alberga in ciascuno di noi… e gettarti allo sbaraglio. Senza calcoli, utilizzando tutte le tue risorse, frutto dell’addestramento che qui riceverai. In caso contrario, ciò significherebbe che non sei all’altezza del tuo compito, che la CIA non fa per te.”
Se “il crollo di un mito” suonava forse esagerato, certo era che Howe l’aveva profondamente delusa. L’aveva accusata di creare un clima di instabilità, di fomentare polemiche inutili, di spingersi troppo oltre, arrogandosi poteri che non le appartenevano. Si era appigliata a pretesti, che Monica giudicava risibili. La verità era una sola: non voleva che lei le facesse ombra.
Forbes e Baker avevano protestato tiepidamente; anche se la apprezzavano e reputavano utili le sue intuizioni, quella era un questione interna dell’Agenzia che non li riguardava.
Non era piacevole essere scaricata in quel modo. Ci sarebbero state ripercussioni che avrebbero rallentato la sua cariera. Ma, sebbene non la considerasse più un’amica, in cuor suo augurava a Kris di trionfare. Quello era lo spirito di corpo!
Nella lussuosa camera dell’hotel, Klaus Altmann coltivava pensieri, che ai più sarebbero apparsi strani. Stava sorseggiando un bicchiere di Pouilly Fumé freddo al punto giusto. Non più di uno, in ogni caso. L’Uomo di Ghiaccio si augurava che l’agente del KGB eludesse la sorveglianza, prospettiva comunque credibile, poiché era consapevole del fatto che Stavrogin valeva quanto dieci uomini del SIS e certamente più di una donna della CIA.
Altmann disprezzava gli ebrei e odiava i russi, in particolare “quel” russo. Pertanto, sperava di trovarsi faccia a faccia con lui e di provvedere personalmente alla sua eliminazione. Prima, però, lo avrebbe torturato a lungo.
Matrioska avrebbe scoperto il lato più terribile della vita. La Gestapo era stata sempre infallibile nel procurare il dolore più atroce.
Altmann sapeva che Aleksandr Stavrogin non lo avrebbe implorato, mai. Ma sapeva anche un’altra cosa: che sarebbe impazzito.
Per morire c’era tempo.
L’Uomo di Ghiaccio uscì sul terrazzo e guardò il mare rischiarato dalle stelle.
Non da un aereo, il sovietico sarebbe giunto da lì: e non avrebbe scelto una nave.
Un intreccio, apparentemente, d’altri tempi, così attuale. Sempre brava e capace. Un saluto vero da Sar.
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@ SALVATORE RIZZI grazie, carissimo Sar!
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Appuntamento importante quello della domenica sera. Altmann e’ molto sicuro di sé attende Matrioska che arriverà dal mare con tutta calma pur sapendo che un gelido essere lo sta aspettando nel tepore cipriota. Interessante analisi dei due agenti. Dirti brava e’ inutile, ma te lo dico…brava. Serena notte!
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@ LOREDANA e molto interessante è la tua analisi!
Altmann è sicuramente un uomo di ghiaccio… ma Matrioska è Matrioska, ca va sans dire.
Ti ringrazio e ti auguro sogni fatati ^^
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“l’importanza della solidarietà, la capacità di far fronte comune contro il nemico.” Parole da ricordare….
Bravissima, bacionissimi
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@ MARI Dick “Smile” Devearaux la sapeva lunga.
Grazie, MIA guerriera*
Lots of love * ________________ *
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Decisamente un bell’intreccio che tiene sveglia l’attenzione del lettore, con molti dettagli dei due protagonisti che ce li mostrano nel loro modo di pensare e di creare strategie oppure di eludere eventuali pericoli!!
Sempre bravissima cara Alessandra.
Serena notte e buona nuova settimana, Pat
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ripetto sempre le stesse cose ma lo sei..brava e stupenda
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@ PATRIZIA M. i tuoi commenti sono sempre belli e gratificanti.
Un sincero grazie, cara Pat*
E l’augurio di una settimana un po’ più radiosa… sembra di essere a novembre 😦
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Ricambio di tutto cuore l’augurio, fa freddoooo 😦
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@ PATRIZIA M. io ho il riscaldamento acceso!!!!
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Io no, ma ho messo una sciarpona tipo scialle, perché in ufficio fa troppo freddo!!!
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@ PATRIZIA M. lo immagino 😦
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@ MARIA un grandissimo abbraccio!
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Ottima puntata preparatoria allo scontro fra due titani con contorno di nanetti.
Entrambi ragionano nello stesso modo e sono riusciti più o meno indenni da situazioni critiche.
Aspettiamo la prossima puntata.
Un caro abbraccio
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@ NEWWHITEBEAR mi piace l’idea dei due titani con contorno di nanetti. E’ vero: entrambi ragionano nello stesso modo ed entrambi possiedono mille risorse. Vedremo…
Grazie e un grande abbraccio.
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Uhm… mica ho ancora capito dove stanno aspettando il nostro 🙂 Sei brava tu a non sbilanciarti per creare suspance o sono io tardo abbastanza da non averlo letto? 😛
La sfida moderna dell’OK Corral si avvicina 🙂 Naturalmente si sa chi vincerà, ma… il “come” è ancora tutto da scrivere ed è questo a tenere incollato il lettore 😉
http://www.wolfghost.com
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@ WOLFGHOST non ci sono lupi tardi 🙂
Comunque, “Esisteva, tuttavia, la possibilità che la spia russa arrivasse a Cipro con altri mezzi, riuscendo così a sfuggire alla trappola…”
Sono d’accordo con te: ciò che conta è il “come”, dato che chi mi legge da tempo sa già che…
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L’ attesa sembra non finire,mentre i pensieri sorvolano paure, dubbi ed emozioni dei protagonisti
Ti leggo e ti dico: bravissima
Un abbraccio
Mistral
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Il lupo della steppa é ancora una volta in caccia. Cambiano gli scenari, ma i contendenti sono i medesimi. Questa volta però siamo alla “rende rationem”.
So che sarà lunga,. So che ci saranno colpi di scena e questo aumenta il mio desiderio di lettura.
Hai l’arte di ingolosire il lettore e di legarlo allo scritto con giuste catene.
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@ OMBREFLESSUOSE grazie mille, cara Mistral!
Baci*
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@ CAPEHORN mi auguro che siano buone catene, Cape.
E’ molto probabile che questa sia veramente la resa dei conti finale.
Un sorriso per una bella serata ^^
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Puntata perfetta nella adeguata preparazione di un clima culminante che coinvolgerà più vicende e personaggi. Mi colpisce notevolmente Altmann. La tua ‘arte’ è inequivocabile, carissima. Un caro saluto e a rileggerci presto.
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Avrei molto volentieri continuato a leggere…
Aspetto, invece la puntata 18. Quante sono le puntate?
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@ UNIVERS81 Altmann rientra fra i miei “cattivi” preferiti, anche se gli preferisco Pomarev.
Grazie, mio “vecchio” amico!
Un caro saluto a te.
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@ ILI6 miglior complimento non potrebbe esserci! A domenica, quindi.
Quante sono le puntate? Mi credi se ti dico che non lo so?
Buon proseguimento di giornata, cara Marirò… sperando che smetta di piovere! Mi sembra di essere in novembre.
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…..
Mi perdo sempre nelle descrizioni di ogni personaggio,
intreccio che sembra farsi sempre più interessante
come quel fastidio di kris verso Monica….
Inoltre scrivendo “du Pouilly Fumé” mi sono ricordata
di averlo bevuto più volte girovagando
“dans les alentours de la Loire” ottimo vino!!
Un abbraccio cara e buona notte!
Michelle
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@ VENTIDIPRIMAVERA eh, sì: è veramente un vino squisito 🙂
Grazie e buona domenica di sole, Michelle!
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Brava, il valore di questo romanzo sta proprio in capitoli come questo in cui ci metti tutta la tua ineccepibile capacità di entrare nel carattere dei personaggi e nelle pieghe recondite delle situazioni.
Lo sai non amo le puntate perchè l’attesa può far perdere le sfumature, qui sono preziose e necessarie per la comprensione delle successive!
(Ti sembra niente il regalo che mi fai ogni domenica?)
Abbracci
*_________*
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@ CLE REVERIES per me è un motivo di enorme soddisfazione sapere che quello che scrivo rappresenta per te un regalo!
Tanti abbracci ^^
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