ALESSANDRA:
Seduto su una panchina del parco osservavo delle ragazzine con cattive intenzioni.
Il campo di pallavolo era distante pochi metri, non a caso avevo scelto proprio quella panchina. Aguzzavo lo sguardo per visionare le cosce, i glutei, i polpacci. Mentalmente, stilavo delle classifiche. Le mie preferite erano due e stranamente non si assomigliavano: ciò che le accomunava, e le distingueva dalle altre, era l’indubbia avvenenza, ma per il resto erano molto dissimili. Alessia era bionda, alta, slanciata; i capelli raccolti a coda di cavallo erano il tratto che più mi affascinava, assieme agli occhi di un azzurro profondo. Laura aveva un fisico più muscoloso, i capelli neri trattenuti da una fascetta e lo sguardo di una gatta malvagia. Dopo aver riflettuto per qualche minuto, stabilii che, se avessi potuto, avrei fatto con lei le mie porcherie. Giocavano nelle squadre opposte ed erano anche le più brave; le compagne le incitavano a gran voce, e non era stato difficile memorizzare i loro nomi. La mia mano si infilò sotto il vecchio cappotto, le dita slacciarono i pantaloni.
Aqualung amico mio
Non allontanarti a disagio
Ma non ci pensavo proprio. Quelle erano solo le parole di una vecchia canzone, una delle più belle della mia vita.
FLASHBACK 1
Ricordo bene quando comprai quell’album. Ero un grande appassionato di musica rock e, nei limiti del possibile, non mi perdevo un concerto. Avevo visto i Jethro Tull al palasport di Varese, credo che fosse il 1972. Allora mi ero appena sposato con Elena, avevo trent’anni, un buon lavoro, e un intero futuro da conquistare. Ricordo che al venerdì sera uscivamo con gli amici; io ero assolutamente orgoglioso di lei, perché era bella e intelligente. Speciale. Il primo “ti amo” me lo aveva detto in riva al mare, l’estate precedente. Eravamo in spiaggia con due lattine di birra e guardavamo le stelle. “Quella è la tua!”, dissi io individuandola fra mille altre. Elena aveva sorriso. “Ora ne scegliamo una per te.” Quando la trovò, me la indicò. “Ti accompagnerà per tutta la vita. Ti porterà tanta fortuna, amore mio.”
Poi la notte si rivestì d’incanto; non andammo a dormire: sarebbe stato stupido farlo. Volevamo assaporare ogni singolo momento di quella magia. Non fu sesso. Non potrei mai chiamarlo sesso. Era semplicemente il trionfo della vita, e se questa frase vi sembra banale sono fatti vostri.
Elena è morta nel 1980 per un male incurabile che degli stupidi dottori non hanno saputo diagnosticare in tempo.
La mano trovò quello che cercava. A dispetto dell’età, era duro come una roccia. Incominciai a masturbarmi, guardando le gambe di Laura. Ogni tanto osservavo anche la coda di cavallo di Alessia, ma era l’altra che mi attizzava. Gatta malvagia. Gatta randagia. Quanti ragazzi ti sei già scopata? E quanti hai fatto piangere? Ti porterei in mezzo alle siepi, piccola sgualdrinella. Sei sudata, non avverti il freddo e io invece a causa tua sto gelando. Se non fosse per te (e in parte per coda di cavallo) me ne tornerei alla vecchia baracca dove abitualmente trascorro le notti. Non c’è il riscaldamento, non c’è la luce, non c’è niente, però è comunque casa mia. E sulla branda, con quattro coperte addosso, si sta quasi bene, malgrado gli spifferi e l’acqua che scende dal tetto quando piove.
Aqualung amico mio ti ricordi ancora
Il gelo nebbioso di dicembre
Quando il ghiaccio che
Pende dalla tua barba
E’ agonia urlante?
Certo che me lo ricordo. Penso che sia proprio difficile dimenticarlo, così come tutto il resto.
FLASHBACK 2
Quando morì Elena, cessai di vivere. (Dov’era Dio quando ne avevo bisogno?) Forse fu una reazione esagerata. Forse se avessi incontrato un’altra donna in grado di capirmi, la mia vita sarebbe stata diversa. Ma le cose sono andate come dovevano andare. Ho fatto alcune scoperte, la più interessante delle quali era che preferivo passare le giornate a bere piuttosto che recarmi al lavoro. Quando mi licenziarono, non mi presi nemmeno la briga di comprare uno straccio di giornale per vedere se cercavano un buon esperto di informatica. Era meglio bere. Poi finirono i soldi. Il problema principale che mi trovai ad affrontare non fu quello di rimediare un posto dove andare a dormire, visto che mi avevano portato via la casa. In qualche modo mi arrangiavo. Per il cibo, dai frati c’era sempre una scodella di minestra calda; perciò, sotto quel profilo, tutto era a posto. Però, non avevo il denaro per comprare il bourbon. E questo era molto grave. Lo risolsi, mettendomi a mendicare. Il più delle volte, entro sera, ero riuscito a raggranellare una somma sufficiente per una bottiglia della peggior marca. Andava bene così.
Ti accompagnerà per tutta la vita. Ti porterà tanta fortuna, amore mio.
E finché c’è stata lei era vero. Come tutte le coppie di questo mondo anche noi litigavamo; a volte Elena si chiudeva in bagno rifiutandosi di parlare. Ma i momenti belli sono stati così tanti che è impossibile sceglierne uno per collocarlo in uno scrigno immaginario. Al mattino ero felice per il solo fatto di vederla, di chiacchierare con lei. Alla sera era sufficiente aprire la porta del nostro appartamento. Mi bastava il suo sguardo. E quando sorrideva, quel sorriso mi riempiva l’anima. Se non avete provato queste emozioni, non potrete mai comprendere.
La schiacciata di Laura è vincente. Gridolini di giubilo. Natiche nude al vento. Ultimi colpi furiosi, e finalmente vengo nei pantaloni. Gatta malvagia. Gatta randagia. Ti porterei in qualche posto oscuro. Vorrei accarezzare quelle tue tette sode, infilarti l’uccello dentro come non lo ha mai fatto nessuno prima di me. Godresti. Riusciresti a ignorare la puzza che emano, la barba incolta, il viso quasi ripugnante. Vivresti una vera esperienza da gatta, che poi ovviamente non racconteresti certo in giro, ma dentro di te, in quella specie di valvola difettosa che è il tuo cuore, ne saresti segretamente compiaciuta.
Ve ne andate? Pazienza. Tornerete domani, e se non sarà domani, sarà domani l’altro o un altro giorno ancora.
In ogni caso, io ci sarò.
Seduto su una panchina del parco a osservare delle ragazzine con cattive intenzioni.
QUOU:
FLASHBACK 3
“Tu ci credi?”
“Eh?”
“Tu ci credi?”
“A cosa?”
Un sorriso.
“Domani può aspettare, non credi, amore mio?”
Amore mio. Come lo ha detto. Non l’ho mai sentito detto così. Come quando poi puoi morire. Poi s’era rigirata verso il mobile della cucina. Poi sono passati almeno duecento anni, forse qualcuno in più, eh già. Ora che non serve ad un cazzo, capisco un po’ meglio. Ogni fotogramma che mi brucia nel petto, la pellicola si scioglie, ora che sono sommerso dall’eco, ti ho capita, amore mio. Certo che domani può aspettare. Aspetterà. Come sono piene le onde solo io lo so e tu lo sapevi, prima di me.
Oh grande Dio. Oh Dio delle praterie, Dio del vento. Dio della vita e della morte. Dio, Dio mio.
Perché non mi parli? Mi lasci qui con queste troie, lo sai che non posso farci niente. E perché dovrei, poi? Te ne stai lì nel tuo cazzo di buio, per te è facile, vero? E io che faccio?
Oggi m’è sembrato quasi normale. E’ venuta una famiglia, si sarà sbagliata. O forse sono scesi dalle mie parti per caso, magari per tenere contenti i bambini. Passeggiavano e mi sono nascosto nelle loro parole. Le ho succhiate talmente che non sapevo più se ero io a vampirizzare loro o loro ad aver ipnotizzato me. Solo sembrava normale, come quando guardavo il telegiornale ed era come se non ci fossi più, come se le notizie fossero i miei pensieri, le mie parole, i muri della mia casa, della mia anima. Sono stato un po’ il padre, poi sono stato la madre, poi sono stato il figlio. E lì m’è venuto da piangere. Che strano. M’è venuto da piangere mentre stavo per uscire dal mio… dal mio odore. Credo che sarà un po’ troppo da pensarci. E poi devo sbrigarmi se no non trovo da bere. E che si fottesse pure lui. E magari mi fotto pure io e amen.
Vado nel bosco. Sto lasciando il mondo. Chi è che mi guida? E dove sei, perché te ne sei andata? I sentieri del bosco sono bui, ma mi assomigliano e non possono che coprirmi. Io sono ombra ed il bosco è ombra e i miei pensieri sono ombra e non ne posso più di questi spazi all’aperto. Le spade. Mille spade d’argento per la mia testa. Nel bosco a riposare, a confondermi. Magari ero così, sai, magari ero così anche quando ero con te, sai? Forse dovevo conoscerti, sì, ma solo per finire qui. Perché non dovrei finire?
Queste belle troiette. Venite con me. Sarò il signore del buio e voi le mie regine. E avrò da darvi più di quanto voi darete a me.
Aqualung. Non voglio finire così. Devo farmi la barba ed un bagno. Sono un porco. Aqualung. Dio delle praterie. Dimmi solo perché e io pagherò ogni cosa, anche la mia solitudine, anche lei che non c’è più. Non ne posso più. Devo mangiare qualcosa di sano, sentire la pelle pulita. Ma non riesco, non riesco a farci entrare tutte due le cose, tu che non ci sei e io che mi devo tenere. Non sento più niente nelle braccia, Aqualung, non ho più la vita dentro, e se ogni tanto guardo quelle ragazzine è per avere ancora un po’ di gusto, non ho diritto anche io di avere un po’ di gusto? Sentire qualcosa, capisci? Qualcosa di buono, mi capisci, amico mio?
Quando Elena mi guardava non aveva mai un altro fine. Mi guardava come una che abbia sete e beva. Era la vita. E invece la vita era più grande e si nascondeva. Ma tanto non importa.
Fa freddo. Si sta facendo buio. Fra un po’ è notte. Domani.
Molto toccante, di grande intensità, dall’incedere quasi ipnotico.
Ognuno di noi pensa che non potrebbe mai finire così, nemmeno se gli accadesse quanto accaduto al protagonista del racconto. Eppure… eppure accade…
http://www.wolfghost.com
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wow…sento non so ,,diciamo commosa? molto toccante cara amica………mi sento molto strana dopo che ‘lo leggevo quasi senza fiato..senza sosta
brava..brava e …brava
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@ WOLFGHOST grazie, caro lupo!
Ipnotico… sono lusingata.
E, da parte mia, un applauso a Quou (ex Pappina).
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Caspita, hai ragione! Lo merita tutto! Incredibilmente mi ero dimenticato di dirlo! 😮
http://www.wolfghost.com
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@ WOLFGHOST nulla di grave! Certo è che Quou è un grande scrittore.
Ed è bello che tu sia ritornato per confermarlo 🙂
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@ MAIRITOMBAKO così come l’ho scritto io…
Ti ringrazio, amica cara, e ti abbraccio ^^
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Molto molto intenso, non è possibile fermarsi dopo aver iniziato a leggere,si deve arrivare alla fine come se si fosse ipnotizzati.
Complimenti, splendido!!
Patrizia
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@ PATRIZIA M. è forse l’unico post in cui – volutamente – ho utilizzato un linguaggio volgare, perché a mio avviso era necessario.
Grazie di cuore, Pat*
Ipnotizzati… beh, qui divento rossa.
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Rossa su biondo, direi che avresti un bel colorito e ti donerebbe 🙂
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@ PATRIZIA M. 😛
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Notevole. Tra flashback e presente non si riesce a distinguere dove finisce l’uno e dove comincia l’altro.
Intenso, profondo mostra la disperazione di un uomo che ha perso tutto ma soprattutto la voglia di vivere.
Complimenti a entrambi.
PS Quou è ricomparso sulla scena?
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@ NEWWHITEBEAR “un uomo che ha perso tutto ma soprattutto la voglia di vivere”: preciso!
Quou è come l’araba fenice…
Un caro abbraccio e un sentito grazie!
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…. Triste, amaro…e….fa molto riflettere!
‘*_______*’
(Qui da te e su tutto WP devo sempre inserire i miei dati)
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@ CLE REVERIES evidentemente ci sono alcune disfunzioni che riguardano un po’ tutte le piattaforme, e questo è un vero peccato!
“Triste, amaro”: era ciò che speravo di comunicare.
Kisses * ________________ *
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Racconto di notevole spessore, la tua parte devo aggiungere che ricordo di averla letta ai tempi di splinder. Bravi a entrambi, comunque. Un saluto, Univers.
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Ricordavo il racconto. Non c’è trauma passato che possa giustificare un comportamento del genere. Chiacchiere. Alibi. Scuse.
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A me piaci un sacco quando ti lasci andare. Tua. Fenice.
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Ricordi di letture sempre belle ….saluti da Sar…!
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@ UNIVERS81 complimenti per la tua ottima memoria!
Buon pomeriggio ^^
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@ BRUMBRU è vero.
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@ LUIGI FURONE a volte capita…
E tu sei grande, mr. Quou!
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@ SALVATORE RIZZI grazie, “vecchio” Sar.
Un salutone a te.
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Mi avete lasciata senza respiro. Una gara di bravura.
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E’ vero. Ipnotico. Impossibile staccarsi. Rutilante, trascinante. E viene in mente il flauto di Jan Anderson.
Non c’è nulla di volgare tesoro. Nulla fuori scala, fuori tono, fuori dallo spartito di Aqualung.
Piccolo capolavoro. Non esagero.
Ciao!
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@ CHIARA un incontro fra amici… se fosse stata una gara, l’avrebbe vinta Quou.
Baci.
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@ KRIS grande il flauto di Jan Anderson!
Beh, tesoro, riesci sempre a commuovermi.
Ciao, mia darling!
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Incredibile, insolito, particolare, bello!
Cosa dire di più? COMPLIMENTI ad entrambi….
Baci
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@ MARI GUERRIERA insolito… certamente.
Per il resto, ti abbraccio forte.
E da me e da QUOU un grandissimo grazie!
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Intensamente bello cara,
e se ricordo bene devo averlo già letto…
Un abbraccio cara, dolce proseguo di serata!
Michelle
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@ VENTIDIPRIMAVERA lo hai già letto sicuramente: infatti l’ho inserito nella categoria “raccolti dal sentiero”.
Ti ringrazio, chérie*
Bisous, chou ^^
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Complimenti ad entrambi per aver regalato forti sensazioni a noi lettori.
Concordo con Brumbru , pur nel rispetto della fragilità di ognuno. Ma il massimo rispetto va alla Vita, quella che ci hanno donato, quella che non possiamo sprecare, nemmeno dietro il più atroce dei dolori.
Buona nuova settimana, Alessandra, alla prossima,e grazie per le emozioni che questi tuoi ultimi post mi hanno dato.
Marirò
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@ ILI6 non tutti gli uomini sono uguali, così come le loro reazioni ai dolori della vita.
Questo, naturalmente, non significa che io non concordi con te e con Brumbru.
Grazie davvero di cuore da me e da Quou!
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Un capolavoro. Complimenti!
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@ ADRIANA un caloroso benvenuto e un altrettanto caloroso grazie!
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