Dopo aver bevuto il consueto terzo caffè della mattinata nel suo bar preferito (i primi due li aveva preparati a casa), Max tornò con calma nel piazzale dove aveva posteggiato l’auto. Era come diviso in due parti: la prima confinava con il camposanto, la seconda, più ampia, si arrestava davanti all’avamposto di un bosco che si estendeva verso occidente. Rimase sorpreso vedendo la quantità di macchine e di persone che erano sopraggiunte nel breve tempo che aveva trascorso a leggere il giornale. Era un funerale, e ciò mitigò la sua irritazione dovuta al fatto che avevano parcheggiato in tutti i modi possibili, bloccandogli ogni via d’uscita.
Si accese una sigaretta e attese pazientemente che la cerimonia finisse e che la gente se ne andasse. Guardò l’orologio: erano le dieci e il suo appuntamento di lavoro era fissato per le undici in un paese poco distante; perciò il tempo non gli mancava.
Lei fu la prima a uscire dal cimitero. Max aveva cinquantotto anni, la donna ne dimostrava circa cinquanta. Si diresse proprio verso la Punto che gli ostruiva il passaggio. Lo guardò, comprese la situazione e si scusò con un sorriso. Max annuì e le voltò le spalle per salire in macchina.
Ma, all’improvviso, si fermò, girandosi di nuovo. “Chicca?”
Lei stava estraendo le chiavi dalla borsetta; lo scrutò, sorpresa, scavando nella memoria per dare un nome al volto di quell’uomo alto, dai capelli grigio ferro e dagli occhi stanchi. Per un lungo momento non lo riconobbbe. Chiunque fosse, gli anni lo avevano sicuramente cambiato. Poteva essere un conoscente occasionale, incontrato chissà dove e chissà quando. La vita è piena di incontri fugaci, magari durati pochi minuti, un drink in compagnia, un acquisto nel negozio dove lei lavorava, un pranzo o una cena che li aveva visti seduti ai lati opposti del tavolo.
Poi il viso le si illuminò, mentre dal passato emergeva, sempre più nitido, il ricordo. Se prima il suo sorriso era stato di circostanza, adesso divenne sincero e convinto. Mosse un passo nella sua direzione. “Dovrei ucciderti!”, esclamò ridendo. Notando che era perplesso, si affrettò ad aggiungere: “Una notte al freddo, con la tua Mehari senza portiere!”
Max restituì il sorriso, che tuttavia si estese solo in parte agli occhi. C’era come un velo in quegli occhi, notò lei… malinconia, tristezza, rimpianti, non avrebbe saputo dare un senso più preciso a quello sguardo, poiché nulla sapeva della sua vita, di ciò che aveva fatto in tutti quegli anni. Non portava la fede al dito, ma questo non significava molto: lei era reduce da due divorzi.
UN ALTRO GIORNO
A Max non mancavano i soldi per prendere una camera in albergo, ma, sebbene Chicca non fosse la sua prima ragazza (era stata preceduta da Lisa e da Antonella) e, benché avesse già fatto l’amore, si sentiva intimidito o forse semplicemente incerto. Temeva che lei accogliesse la proposta con freddezza, dato che fra loro fino a quella sera c’era stato solamente qualche bacio. Questo non toglieva che la desiderasse, ciò nonostante preferì guidare fino a tarda notte, mentre le stelle di una primavera ancora fredda brillavano remote simili a pallidi gioielli e il lago di Garda era avvolto dall’oscurità e il vento del nord calava dalle montagne.
Andarono a letto insieme una settimana più tardi. Il corpo di lei era caldo e accogliente, e per Max fu molto bello.
“Ricordi”, disse, “che al ritorno mangiammo pollo arrosto e patatine?”
Chicca non rammentava quel particolare, che al momento trovava insignificante.
Però, ricordava molto altro.
“Non mi sembri felice.”, osservò con la sua solita franchezza.
Max lasciò passare alcuni secondi, quasi stesse raccogliendo le idee o forse perché cercava una risposta adatta, quindi annuì. Cercò di cambiare argomento. “E’ morto un tuo caro?”, le domandò. Chicca scosse la testa. “Un amico di mia cugina.”, rispose.
Man mano, le automobili abbandonavano il piazzale; il prete lasciò per ultimo il cimitero. In alto, il sole splendeva e il cielo era limpido, blu come il mare, una leggera brezza accarezzava le fronde degli alberi.
Max li indicò. “Sono i miei amici.”, disse. “Io vengo spesso qui.”
I tuoi amici? Lei preferì non commentare.
“Sei felice?”, insisté.
“Mia moglie mi ha lasciato.” Max non aggiunse altro. La sensazione che le dava era che ci fosse anche un qualcosa di più, ma che in ogni caso la separazione o divorzio che fosse, lo avesse reso un uomo vuoto, perso in un mondo di solitudine e di amarezza.
UN ALTRO GIORNO
La Mehari era rossa, di un bel rosso acceso. Dopo aver sistemato le portiere, Max la portò in montagna. Lei non sciava, si crogiolava al sole sulla terrazza del ristorante, dove avevano consumato un pasto eccellente. Dopo un’ultima discesa, Max si tolse sci e scarponi e ordinò due cioccolate. Era allegro e spiritoso – talvolta un po’ matto, pensava lei (e il fatto delle portiere mancanti lo confermava). Comunque, era buono d’animo e sempre disponibile; non litigavano praticamente mai. Né ci furono tradimenti, da ambo le parti, nei due anni che li videro assieme. Stavano bene da soli e stavano bene con gli amici. Chicca lavorava già in un negozio di vestiti, Max cominciava a costruirsi un futuro, che all’epoca era sembrato solido a entrambi. Gli piaceva lavorare e aveva molte idee.
E fare l’amore era sempre più bello, soprattutto per lui.
Tornarono al bar. Il quarto caffè per Max, il primo per Chicca. Lei non intendeva essere invadente, ma la rattristava vederlo dimagrito, la rattristavano i suoi occhi, quegli occhi che in un lontano passato esprimevano entusiasmo e voglia di vivere. Ora apparivano spenti, offuscati da ombre che celavano un’infelicità che le pareva evidente.
Le parole vennero fuori lentamente, alternate a lunghe pause, a tratti chiare, talvolta evasive. Ma il quadro si delineò, e Chicca seppe che Max aveva perso un buon lavoro, che adesso guadagnava pochissimo, che per lui il futuro non esisteva. Non più.
UN ALTRO GIORNO
Nessuno dei due rammentava il motivo per cui si erano lasciati. Questo era strano, ma è l’esistenza a essere strana. Chicca ricordava una particolare notte. Lei era in Liguria, in casa di un’amica. Max l’aveva raggiunta, per una volta fuori di sé, gridando e minacciando. Non era da lui. Forse tutto era finito in quell’occasione o forse lui l’aveva seguita perché non accettava di perderla. Era stata lei a troncare il loro rapporto? O lui?
Non importava. Rimaneva il ricordo di due bellissimi anni, magari pochi in rapporto a un’intera esistenza; ma la felicità non si misura in termini di tempo, non è geometria, non è matematica, è poesia. E una breve poesia può superare le barriere del tempo e rimanere impressa per sempre in un angolo del cuore.
Quella sera uscirono a cena.
Max scoprì che la biondina vivace, allegra e spensierata di allora si era trasformata in una donna profonda e colta. Era bello parlare con Chicca. E parlarono di tutto.
Pagò lei il conto. Quando uscirono dal locale, Max guardò in alto. “Amo le stelle.”, disse.
Non aggiunse altro e si incamminò verso la macchina.
Lei restò ferma a guardarlo.
Poi disse: “Portami sul lago di Garda.”
Max si voltò.
“Ma a una condizione.”, precisò Chicca.
“Fai in modo di togliere due portiere.”
Chiedo scusa a Harold Robbins per aver usato un suo procedimento narrativo.
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MOLTO MOLTO BELLO ….
COME AL SOLITO..INTRIGANTE …INTERESSANTE….UNA ARIA MISTERIOSA…UNA PROMESSA CHE NON ARRIVA O ARRIVERA..UNA INTELLIGENZA UNICA ,LA TUA ,COMPLIMENTI
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@ MAIRITOMBAKO grazie dal profondo del cuore, mia cara amica!
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Cara Alessandra, Harold Robbins non potrebbe essere più contento del tuo
apprezzamento.
Il destino gioca spesso con noi, facendoci trovare o ritrovare storie e ricordi di vita
Sei straordinariamente brava
Un abbraccione
Mistral
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@ OMBREFLESSUOSE uno dei tre scrittori che hanno venduto di più in tutto il mondo… da lassù mi piacerebbe che mi rivolgesse uno sguardo; ma forse chiedo davvero troppo.
Il riferimento è a “Ricordi di un altro giorno”: un libro magnifico. Naturalmente la mia storia è diversa, né potrebbe essere altrimenti, dato il suo grande talento. Anche il tema non è lo stesso. Mi sono solo permessa di adoperare lo stacco “Un altro giorno”.
Ti ringrazio, Mistral!
E ti abbraccio forte*
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Tutti/e, noi, quando scriviamo o diciamo qualcosa, facciamo tendenzialmente, ciò che altri hanno già anticipato. Sempre brava…saluti da Sar.
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Uno dei tuoi post più belli in assoluto. Mi sembra di vederli, Max e Chicca, da giovani e poi dopo in un futuro che credo che sarà felice per entrambi.
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@ SALVATORE RIZZI come ho spesso scritto, dopo Shakespeare non è stato inventato più nulla.
Saluti a te, amico!
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Credo che Harold Robbins sarà felice che tu abbia usato il suo modo di scrivere storie.
Direi che è veramente interessante intercalre presente con brevi flashback del passato. TPezzi brevi che non interrompono il flusso narrativo.
Mi è piaciuta la frase finale, quella dove Chicca chiede di togliere le portiere.
Complimenti
Un caro abbraccio
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@ CHIARA un epilogo positivo… non sembrerebbe da me, vero? 😛
Grazie, cara ^^
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@ NEWWHITEBEAR questo racconto è nato così… poteva forse essere più lungo o magari più breve. Ma, dopo averlo riletto, ho pensato che andasse bene così… modestia a parte.
Sono lieta che tu abbia apprezzato la frase finale. Grazie e un grande abbraccio!
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Sorrido….e mi vieni in mente….
Splendido racconto che mi ha fatto ricordare alcune notti passate sul lago di Garda…
La compagnia dei tuoi scritti é sempre la mia coccola!
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Harold Robbins! ha una grande responsabilità su me:mi ha fatta diventare una lettrice 🙂 Iniziai ad apprezzare il piacere di leggere grazie a molti suoi libri. E con questo post mi hai fatto venir voglia di rileggerne qualcuno.
Gran bel racconto, il tuo, perfettamente strutturato. Ci sono storie che non si interrompono mai, piuttosto si sospendono, nell’attesa di un dopo che forse sarà.
Buona notte, carissima.
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Me lo sono gustato con molto piacere questo racconto, con questa tecnica dei salti nel passato e il ritorno repentino al presente, come se tutto si svolgesse invece nello stesso tempo. Bello, veramente bello. Dolce ed emozionante, con un finale che lascia aperta la porta al futuro.
Bravissima Alessandra, sei un scrittrice incredibilmente brava!!
Serena notte, Pat
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E perché ti scusi? È venuto benissimo.
Buonanotte Cip.
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… A parte ogni raffronto con altri autori che non reputo del tutto necessario, mi sembra che tu abbia seguito il corso dei ricordi e dei pensieri di due che a distanza di trent’anni non sono riusciti a rimuovere del tutto una storia che sa di adolescenza. Ci sono le conferme, le ansie, le aspettative e le speranze di chi ha ancora tanto da scoprire. I flash back si rincorrono e danno freschezza a tutta la storia. Ce li fai vedere non proprio provati da trent’anni di normale lotta per un vissuto certamente non roseo, ma come si e’ a cinquant’anni quando non si e’ morti dentro.
L’ultima frase e’ proprio la chiave psicologica di tutta la storia, that’s all!!
Abbraccione
*_________*
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Che ti succede Baby? Aspettavo la botta finale e invece…
Anno nuovo sensazioni nuove?
Sai cos’è questo racconto? Una vera Chicca. Leggerlo all’inizio di una giornata impegnativa è un gran regalo che mi hai fatto.
Mi sento in debito con te. Molto in debito.
Baci!
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Concordo, cari saluti…Salvatore!
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@ MARI un lago che a me è sempre piaciuto più di quello di Como. Non so… forse perché è più simile al mare.
Abbraccione, MIA guerriera!
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Un bacio benacoso…
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@ MARI a te due baci marittimi…
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@ ILI6 Harold Robbins ha scritto molti libri splendidi – scorrevoli e appassionanti. Il mio papà lo amava molto.
Grazie, carissima Maria Rosaria ^^
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@ PATRIZIA M. per una volta, ho scritto un finale “aperto”, e comunque non triste. Sei davvero buona, Pat*
E io ti ringrazio molto.
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@ SUZIEQ11 le mie scuse erano rivolte a Robbins, e il motivo l’ho spiegato.
Grazie, Ciop ^^
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@ CLE REVERIES bellissima analisi, darling!
Thats’all!
Lots of love****
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@ KRIS niente botto finale!
Né allegorie, che non amo.
Una storia di vita.
Nessun debito fra noi… piuttosto un bacione da parte mia!
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@ SALVATORE RIZZI ricambio, “vecchio” Sar ^^
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Anche Harold avrebbe tolte le portiere per te.
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@ CAPEHORN vuoi proprio vedermi rossa in faccia 😛
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Procedimento narrativo contorto, si. Ad un certo punto ho rinunciato a decifrare puntigliosamente la sequenza temporale e mi sono lasciato andare nella lettura, rimandando a dopo la ricostruzione… che puntualmente è arrivata prima della fine, fortunatamente.
In un racconto breve si può fare. Credo che sarei andato a palla se ci fossero stati più capitoli.
Lo sai, sono una mente semplice.
Racconto molto ma molto piacevole.
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@ BRUMBRU e pensa che il romanzo di Harold Robbins, “Ricordi di un altro giorno”, è tutto strutturato così…
Ma, secondo me, è da leggere.
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…
strano diverso si..
ma infine mi è piaciuto molto…
e non poteva essere diversamente…
come l’aver pensato che non vedo l’ora
di belle giornate per andare in giro al lago di Garda.
Buona dolce notte cara amica!
Michelle.
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@ VENTIDIPRIMAVERA chissà… forse un giorno ci troveremo a Gardone.
E’ diverso da altri miei racconti, è vero, ma sono contenta che ti sia piaciuto.
Bisous, Michelle*
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eheh bellissimo, un racconto molto romantico 🙂 In fondo sono stati fortunati: molti non si ritrovano, non possono ricordare i bei tempi andati… e magari nemmeno NON ricordare perché andò così 😀
Ma oggi un auto senza portiere non la farebbero circolare 😛
http://www.wolfghost.com
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@ WOLFGHOST pignolo come un lupo 😀
Ma grazie ^^
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Racconto scritto molto bene, con un certo giudizio e abilità e che si ricostruisce temporalmente in modo abbastanza efficace. Brava. Un saluto, a presto. Univers
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Scrivi molto bene e il racconto ha un andamento originale: in più mi ricorda tanto un recente episodio personale.
Bravissima
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@ UNIVERS81 ci sono continui salti di tempo, è vero.
Mi fa piacere che tu li abbia accolti bene.
A presto, caro, e grazie.
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@ MARGARET COLLINA quello che scrivi mi è già successo altre volte: forse è per questo che il “tag” è storie di vita.
Ti ringrazio moltissimo e ti abbraccio.
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Mi piaceeeeeeee!!!!!!!!!!!!!!
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@ LUIGI FURONE grassie 🙂
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