NOTA DELL’AUTRICE: A causa del contenuto scabroso, consiglio alle persone più sensibili e impressionabili di non leggere le ultime cinque righe di questo post.
Patsy aprì gli occhi. Aveva male alla testa e provava un forte senso di nausea. Riconobbe il luogo in cui si trovava: era un ampio spiazzo privo di alberi, situato nel cuore della foresta. Era passata di lì durante una passeggiata; ricordava di essersi stesa per crogiolarsi al sole. Cercò di sollevarsi da terra, ma scoprì di essere legata. Una robusta corda le bloccava i polsi e le caviglie. Poi fece una scoperta ancora più traumatica: era completamente nuda. Rimpianse di non essere tornata a casa per cercare l’aiuto di Phil. Era nelle mani di un maniaco, del tutto impotente. Pensò con raccapriccio a quello che avrebbe potuto farle; tuttavia la rivelazione peggiore doveva ancora arrivare.
“Ciao, Patsy!”
Liz incombeva su di lei, una Liz in carne e ossa, che non aveva affatto l’aspetto di un fantasma. Era abbronzata e in perfetta forma. I capelli scendevano lucidi e fluenti sulle spalle superbamente modellate. Patsy si chiese come avesse potuto sopravvivere dopo che Phil le aveva sparato alla testa.
Elizabeth si sedette sui talloni. “Lo sai cosa ti succederà adesso, tesoro?”
Patsy non rispose. Cercava disperatamente di trovare una via di uscita. Liz aveva già tentato di ucciderla. Ricordava troppo bene quella lotta spasmodica, il panico che l’aveva colta quando aveva capito di essere più debole di lei, la presa micidiale alla gola: non era stata una comica baruffa fra donne, ma uno scontro per la vita e la morte. E adesso era sola: Phil non avrebbe potuto salvarla.
Elizabeth indossava dei pantaloncini corti e una canotta. Aveva una borsa sportiva a tracolla. La posò per terra e tirò fuori un grosso barattolo di miele. “Sei così dolce!”, disse con un sorriso. “Ti dovresti chiamare Honey”. Aprì il barattolo, intinse un dito nel miele e incominciò ad accarezzare il pube di Patsy. Poi entrò in lei con estrema delicatezza. Spalmò il miele accuratamente. Passò alle cosce, ai polpacci, ai piedi…
“Liz, non farlo!”
“Non farlo?” Elizabeth rise. “Ma io lo sto già facendo! Voglio raccontarti una favola, Honey. C’era una volta una principessa bionda. Questa principessa era molto cattiva. Un giorno una ragazza decise di punirla. La portò in un bosco, la spogliò e le cosparse il corpo di miele. La principessa aveva la pelle chiara ed era delicata. E quel giorno c’era un forte sole. Quando la ragazza se ne andò, la principessa incominciò a ricevere visite. Arrivarono dei simpatici insetti. Le punsero il viso, le gambe, il seno. La principessa gridava, ma non c’era nessuno a sentirla. E, prima di sera, impazzì.”
Patsy era bianca in viso, ma si impose di parlare con calma. Non sarebbe servito a nulla implorarla; avrebbe solo perso il rispetto di se stessa. “Non capisco la ragione di tanto accanimento. Non è colpa mia se Phil ti ha sparato. D’altra parte stavi per uccidermi.” Usò un tono di voce pacato e persuasivo come se si stesse rivolgendo a una bambina ostinata.
“Hai la memoria corta.”, ribatté Liz. “Fosti tu ad aggredirmi per prima. Peccato che avevi fatto male i tuoi calcoli.”
“Ti eri messa dalla parte di Sugar! Io volevo solo difendere Phil. Se parlassimo in modo ragionevole, da donne mature…”
“Mi dispiace, Patsy. Lo so che ti piacerebbe parlare. Ma non ti è concesso.”
Patsy fece per replicare, ma Elizabeth glielo impedì. La costrinse ad aprire la bocca e la riempì di miele fin quasi a soffocarla. La tenne ferma per qualche minuto, guardandola negli occhi. Sebbene non fosse difficile indovinare quello che stava provando, pensava che grazie all’espressione del suo sguardo sarebbe riuscita a cogliere con assoluta chiarezza la tempesta di emozioni che si agitava in lei. E in effetti scorse la disperazione e assaporò l’inconfondibile odore della paura.
Quando si rialzò, vide che stava urinando.
Contrariamente a quanto aveva immaginato, non provò nessun senso di trionfo. In un primo momento, aveva deciso di restare nei paraggi per assistere alla sua agonia; ma era una prospettiva che adesso la metteva a disagio. Patsy Legrange era debole e codarda, però non aveva tutti i torti: non era stata lei a spararle.
Esitò, incerta.
Alla fine, decise di liberarla. Naturalmente Patsy non se la sarebbe cavata a buon mercato. Meritava comunque di soffrire. Con una mano le avrebbe bloccato una caviglia, con l’altra avrebbe esercitato una forte pressione sul ginocchio fino a rompere l’articolazione. Sarebbe stata una punizione severa, ma non così disumana.
Era già sul punto di slegarla, quando ripensò al terrore che l’aveva assalita in quella orribile tomba. Si rivide trascinarsi nell’inferno del Santa Ana. La sua mano andò involontariamente nel punto in cui avrebbe dovuto esserci l’orecchio.
No, non avrebbe avuto pietà. Patsy era responsabile di tutto quello che le era successo, al pari di Weir.
Perciò doveva morire.
Si allontanò chiedendosi per quanto tempo sarebbe riuscita a resistere.
Negli occhi di Saryo balenò un lampo divertito. Malgrado Paola avesse rifiutato tutte le sue avances, le era molto affezionato. E lavorando con lei aveva imparato a non sottovalutare mai le sue intuizioni.
“Perché prendere una multa per eccesso di velocità, se si è in vacanza?”
“Alla gente piace correre.”
Paola annuì. “E’ vero, ma in precedenza questo Antonio Garcia non aveva mai infranto un divieto.”
Saryo rise. “C’è sempre una prima volta.”
La donna guardò fuori dei vetri della finestra. Era un pomeriggio sereno; una piacevole brezza mitigava il caldo afoso degli ultimi giorni. Nel cielo terso poche nuvole galleggiavano pigramente. Paola provava una profonda simpatia per Sidney Saryo, tuttavia non lo amava. In attesa di un principe azzurro che non si era ancora manifestato, pensava soltanto al suo lavoro. Appartenere all’ FBI significava aver coronato un sogno. Anche se suo padre non era povero, lei era pur sempre la figlia di un immigrato, perciò la soddisfazione era doppia.
Si rivolse nuovamente a Saryo. “Lo so.”, disse. “Mi sto aggrappando a un fuscello quasi inesistente, ma è tutto quello che ho. Domani andrò nel Táysha.” Nel linguaggio degli indiani significava amici: da qui era nata la parola Texas.
“Sarà un viaggio inutile.”, disse Saryo, scuotendo la testa. “Però ti ammiro: tu non ti arrendi mai.”
Il sole salì presto all’orizzonte.
Benché non fosse ancora piena estate, era una giornata incredibilmente calda. Patsy incominciò a sudare. Aveva le gambe divaricate con le caviglie assicurate a due paletti fissati nel terreno; le dolevano i muscoli delle cosce. A un tratto fece una risatina nervosa. Pensò che Liz fosse tornata e che le stesse facendo il solletico ai piedi. Forse aveva cambiato idea e si era resa conto della follia del suo gesto. Ma perché le faceva il solletico? Per tormentarmi, si disse rassegnata. Era una tortura ingannevolmente soft, che nelle sue forme più esasperate poteva condurre una persona al delirio. In ogni caso, preferiva subire il solletico piuttosto che rimanere lì da sola, immobilizzata a cuocere sotto il sole. Sollevò la testa a fatica.
Elizabeth non c’era.
Aveva le ascelle fradice di sudore. Erano depilate e fu lì che sentì il primo, piccolo, morso. Il solletico ai piedi continuava. Alzò di nuovo il collo, tremando per lo sforzo. Un enorme ragno stava risalendo le sue gambe nude. Si muoveva piano, ma si avvicinava inesorabilmente al pube, dove Liz aveva spalmato la maggior parte di miele.
“Vattene, maledetta bestiaccia!”
Cercò di liberare le mani, usando tutta la forza che aveva; ma Elizabeth aveva fatto un nodo perfetto.
Un disgustoso insetto planò sul suo volto. Le morse un labbro.
Poi sentì una puntura sulla pelle delicata dell’interno delle cosce.
“Ti prego, Liz, torna! Farò qualsiasi cosa, ma toglimi da questo inferno!”
Si sentì pungere nuovamente, questa volta all’altezza del ginocchio.
Rifletti, Patsy! Ci deve essere un modo per liberarti.
Guardò ancora e non vide più il ragno.
Si lasciò ricadere con un sospiro di sollievo.
Sarebbe stata una giornata incredibilmente lunga, ma Patsy aveva paura della notte. Era immobilizzata, e se dalle montagne fosse calato un animale feroce…
Malgrado fosse in un bagno di sudore, rabbrividì. Si aggrappò a una speranza: Phil si sarebbe chiesto dov’era, l’avrebbe cercata. Era un uomo straordinario, sicuramente sarebbe riuscito a trovarla. Gli occhi le si colmarono di lacrime. Phil pensava che fosse andata a Los Angeles e che non sarebbe tornata prima dell’indomani sera. Non aveva motivo di cercarla. Forse qualcuno sarebbe passato di lì: un contadino, un ragazzo a caccia di uccelli, una coppia di innamorati.
“Per favore. Per favore!”
Il tempo non passava mai, il caldo diventava sempre più intenso. Percepiva la vicinanza di una moltitudine di orribili insetti. Ma, per fortuna, non la pungevano più. Anche il solletico era cessato.
Si stava assopendo, stordita, quando sentì qualcosa di pesante premere sul suo ventre. Poi scendere.
Era un topo. Il più grosso topo che avesse mai visto in vita sua.
Il topo si fermò all’altezza del clitoride.
Incominciò a leccare.
Dopo qualche minuto si spinse dentro.
Patsy perse il controllo.
Lo sfintere si rilasciò, mentre le sue urla echeggiavano nella foresta.
UN SOGNO AMERICANO 7
23 agosto 2013 di Alessandra Bianchi
36 Risposte
Letto fino in fondo e quel finale è veramente micidiale! Sei riuscita riga dopo riga a creare un clima di suspense straordinariamente perfetto che tiene avvinto il tuo lettore.
Liz è una vera bastarda ma ci sta per una donna assetata di vendetta verso la rivale e che ha provato l’incubo di essere sepolta viva. In mezzo c’è Paula che ha staccato sapientemente il primo e il terzo episodio.
Il topo che fine farà?
Aspetto impaziente la prossima puntata.
Un grande abbraccio
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@ NEWWHITEBEAR io ho messo un chiaro avviso, ma sapevo che non valeva per te.
Grazie di cuore per “Il micidiale”: in fondo, era ciò che mi prefiggevo.
Giusta, a mio avviso, l’analisi su Liz.
In quanto al topo, vedremo 😀
Non dimentichiamoci di Phil Weir.
La puntata arriverà…
Un caro abbraccio.
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Accidenti….
Letto fino in fondo, era da leggere..
è un episodio che inizi a leggere e non vedi l’ora di arrivare alla fine…
molto forte, allucinante, direi quasi letale….
E vediamo poi che succederà…
Un bacione Alesandra e buon proseguo di serata
Michelle
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@ VENTIDIPRIMAVERA talvolta mi stupisco di me stessa.
Horror puro. Da dove nascerà?
Dai miei incubi, credo.
Grazie, chou!
Ti abbraccio forte forte * ____________ *
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Un vero incubo! Mi lasci senza fiato e senza parole….
Liz é accecata dalla vendetta, adesso mi fa impressione!
E la tua bravura é strepitosa…
Un bacione
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@ MARI ti ringrazio profondamente, MIA guerriera!
Sì… Liz adesso fa un po’ impressione… e forse anche in seguito…
Però, Weir è Weir 😀
Due bacioni**
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Buonanotte MIA strega….fresca e tranquilla…
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Il gioco del miele è come la fusione dell’atomo: dipende tutto da come li usi…
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…”Il topo si fermò all’altezza del clitoride.
Incominciò a leccare.
Dopo qualche minuto si spinse dentro”…
ecco perché la fica viene chiamata “sorca” a Roma e “topa” a Firenze 😀
passami l’attacco di ironia,
il racconto mi piace, è quasi Tarantiniano.
TADS
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Oddio che schifo. Alcune donne sono crudelmente bastarde
Mannaggia a te, Alessandra.Però sei brava, e che fantasia…
Baci baci
Mistral
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Il like è alla tua bravura
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@ MARI un abbraccione!
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@ URIEL buona teoria scientifica, amico mio ^^
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@ TADS eheheh, forte 😛
Il paragone mi lusinga moltissimo… ti ringrazio!
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@ OMBREFLESSUOSE beh, certamente non è un racconto per educande… se lo avessi scritto dalle Orsoline, mi avrebbero sospesa…
Baci tanti a te ^^
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@ OMBREFLESSUOSE e di ciò ti ringrazio, cara Mistral!
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La cosa più terribile è sapere che sebbene questo sia un racconto, esistono davvero persone come Liz che non si accontentano di uccidere per vendetta ma che lo fanno infliggendo la massima sofferenza e angoscia possibile. In effetti l’autodifesa di Patsy era plausibile, non meritava certo una fine del genere 😦 Ma la vita, si sa, non guarda a meriti e demeriti.
http://www.wolfghost.com
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Beh…uno scrittore degno di tale nome deve riuscire a suscitare delle emozioni. Tu ci riesci. Le emozioni, si sa, possono avere varie sfumature, essere positive o negative, ma restano emozioni.
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@ WOLFGHOST quello che scrivi è profondamente vero!
Secondo me, l’autodifesa di Patsy era più che plausibile.
Però, la storia non finisce qui 😛
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@ ILI6 dire che sono lusingata è dire poco, cara Marirò!
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Puntata frizzante. Mi soffermo per un attimo su Liz è un personaggio che rientra in certe caratteristiche ben precise, credo sia anche relativamente facile e agevole da tratteggiare ma tu hai sempre dimostrato nelle tue doti letterarie di creare empatia con molti personaggi diversi e disparati. Questa storia ne è conferma e sai che ci tengo sempre a come vengono gestiti i personaggi delle storie, a questo aspetto particolare. A presto, un caro saluto.
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@ UNIVERS81 ormai posso dire di conoscere bene ciò che prediligi.
Un caro saluto a te.
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:::mi hai sottovalutata 😉
Ti sei servita diun espediente letterario per esprimere la rabbia, la delusione, il rancore covato da tempo e ingigantito in un progetto di chi è ormai folle e assetato di vendetta.
Nel contesto dell’opera, che per me rasenta l’assurdità, è ben intonato!
Un abbraccio
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@ CLE REVERIES muoio dal ridere, carissima 😛
“Nel contesto dell’opera, che per me rasenta l’assurdità…” è una definizione perfettamente calzante!
Due abbracci**
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Non ricordavo questa cosa del topo. E’ un’aggiunta recente o devo dedurre che a suo tempo non ne fui talmente scandalizzato da ricordarmene?
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Buongiorno Alessandra.
Mi chiedevo: il topo è morto di diabete o è ancora in estasi?
🙂
ma che razza di domanda di domenica mattina!
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è morto di cirrosi
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eheheheh…
s’è roso il fegato per aver perso il paradiso!
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@ BRUM il topastro c’era, c’era…
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@ ILI6 ahahahah! Bellissima questa, cara Marirò 😛
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No, non vorrei sembrare irriverente. E’ che credo di non aver elaborato ancora la scena. Meglio riderci su e non sognarsela di notte 🙂
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@ TADS vedo che siamo tutti di buon umore questa domenica 🙂
Eppure l’estate ci sta lasciando 😦
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@ ILI6 sei proprio in forma oggi, Marirò!
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@ ILI6 idea molto saggia, direi.
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Eccavoli se ci vai giù pesante!
Però ecco, adoro il tocco macabro. Mi sto mettendo in pari con la lettura di questo sogno americano e mi piace. Ho l’impressione che confezionare trame ti venga così… Naturale.
[Poi ti dico meglio, andando avanti.]
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@ BLEACHEDGIRL benvenuta!
Sono contenta che questa storia ti piaccia. Le trame? Sì… non ci penso molto.
(Comunque avevo messo l’avviso, anche se sapevo che avrebbe sortito l’effetto opposto).
Buona giornata ^^
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