La città era tappezzata di manifesti.
Questa sera grande spettacolo senza rete!
“Mi porti, papà?”, chiese il bambino, rosso in viso per l’eccitazione.
“Va bene, Micky!”, rispose il padre soffocando uno sbadiglio annoiato. Da molti anni il circo aveva perso ogni attrattiva per lui.
“Devi capire, Amilcare.”, disse Gloria alzando gli occhi dalla scodella fumante. “Non è più come una volta, quando la gente faceva la coda per venire ad assistere ai nostri spettacoli. Il cinema, la televisione, le polemiche continue sugli animali: adesso navighiamo in cattive acque, e io sono costretta a ridurre i costi. E poi siamo sinceri, sono anni che non fai più ridere nessuno. Hai fatto il tuo tempo, è nell’ordine naturale delle cose. Ma devi stare tranquillo: ho sempre pagato i contributi, avrai una discreta pensione e una buona liquidazione. Ecco, questo è l’ultimo stipendio.” Gli porse una busta che Amilcare prese con riluttanza. “Allora questa sera ci sarà il mio ultimo show?”
Gloria alzò un sopracciglio. “Veramente ho chiuso i conti a stamani.”
Amilcare scosse la testa. “Vorrà dire che lavorerò gratis, prendilo come il mio dono d’addio.” Intascò la paga e uscì dalla roulotte.
Più tardi, mentre si preparava per lo spettacolo, rimuginava cupamente. “Ho fatto ridere i bambini di tutta Europa. Mi hanno applaudito a Roma, Parigi, Londra. E adesso mi considerano finito, un ferro vecchio da buttar via!” Per lui il circo era la vita; aveva incominciato a dieci anni, inizialmente come garzone, in seguito aveva fatto di tutto: l’acrobata, il giocoliere, sino a diventare un clown, probabilmente il ruolo che gli si addiceva meglio. Ma, se c’era da sostituire qualcuno, se un altro artista era infortunato o malato, era sempre stato lui a prenderne il posto, senza mai sfigurare. Il padre di Gloria lo adorava, la figlia aveva un carattere diverso, era una donna fredda e attenta ai bilanci, tuttavia non si era mai lamentata di luì. Anche se, nel profondo del suo animo, Amilcare sapeva di aver perso lo smalto del passato, avvertiva che le risate diminuivano, che gli applausi diventavano sempre più scarsi.
Un, due, tre! Ma quella sera avrebbe dato il meglio di se stesso, sarebbe riuscito a colmare i bambini di gioia e di entusiasmo. Lui adorava i bimbi, ed era felice quando li rendeva contenti.
Un, due, tre. Questa sera!
Quando toccò a lui, raggiunse la pista emozionato come un novellino. Come sempre incominciò a marciare in modo buffo, una sorta di parodia del passo dell’oca che terminava quando lui fingeva di inciampare, cadendo poi rovinosamente a terra. A quel punto, un altro clown sopraggiungeva e gli sferrava un potente ceffone, naturalmente falso; quindi, lo invitava a proseguire.
Un, due, tre. Ma nessuno rideva. Amilcare passò al numero successivo. E nessuno rise, solo un timido applauso accompagnò i suoi lazzi. Un istante dopo, la voce metallica del direttore annunciò gli acrobati. Amilcare conosceva a memoria i tempi e si rese conto che lo avevano interrotto almeno una decina di minuti prima del previsto. Eppure aveva fatto ridere i bambini di tutta Europa.
Si ritirò in disparte ad osservare le prodigiose evoluzioni di Max, Giorgio e Sandra. Erano suoi amici, come tutti al circo del resto. Dopo un momento di esitazione, salì la scaletta di corda che portava a una delle due piattaforme. Durante l’ascesa finse due volte di perdere l’equilibrio e di cadere, era un giochetto che gli riusciva bene, malgrado l’età avanzata conservava ancora buone doti di agilità. Il pubblico trattenne il fiato, poi capirono che quelle mosse maldestre costituivano una parte dello show. Ci furono applausi, i bambini finalmente risero. Quando fu in alto, a fianco di Max, Amilcare fece il segno convenuto a Sandra. La ragazza esitò, non sapeva nulla di quel fuori programma che esulava dalla precisa organizzazione dei loro spettacoli. Guardò interrogativamente Max. Lui annuì.
Sandra si lanciò, elastica e bellissima nel body trasparente. Il clown la imitò gettandosi nel vuoto. La gente trattenne nuovamente il fiato. Lei lo raggiunse, afferrandogli saldamente un polso.
Un immenso applauso si levò dal pubblico sottostante. Il numero era riuscito perfettamente. Amilcare sorrise, mentre nel suo cuore riecheggiavano mille applausi simili, che aveva ricevuto in mille città diverse. Quindi diede uno strattone. Sebbene Sandra fosse forte, perse la presa.
Il clown volteggiò in aria, illuminato dalle luci magiche del circo.
Un, due, tre!
Ricordo, portai mio figlio da piccolo, al circo russo, senza animali, lui si spaventava a vedere gli acrobati, troppo tali. Un saluto da Salvatore.
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Lo ricordo e l’ho sempre trovato bellissimo con quell’aura nostalgica e quel lieve sottofondo triste per il vecchio clown che ha vissuto una vita nel circo e lì vuole morire.
Molto belli questa serie di racconti che ci proponi di leggere in questo agosto infuocato.
Un caro abbraccio
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@ SALVATORE RIZZI fu una reazione più che comprensibile, caro Sar.
Buon pomeriggio ^^
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@ NEWWHITEBEAR sono lieta che ti piaccia questa piccola serie di racconti, a me molto cari.
Dopo Ferragosto, tornerà “Il Fattore B”.
Grazie, e un grande abbraccio.
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Ho sempre ammirato la bravura e le fatiche del circense, ma nel cuore mi mette tristezza…sempre splendido leggerti, MIA strega!
Bei sogni
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Un racconto che ricordo bene, fa molto riflettere sulla situazione di chi deve abbandonare tutto quello che è stato vitale per la sua esistenza, la ragione della sua vita da sempre.
Non mi sono mai divertita al circo, tranne per i primi anni fino a quando non ho capito quanto è dura la vita di quella gente. Ora il circo mi mette tanta tristezza, e l’epilogo di quel povero clown è quasi inevitabile.
Un salutone
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uhm… devo dedurre che la sezione “romanzi” è ufficialmente in ferie? 😀 Ottima l’idea di riproporre in questo periodo i racconti brevi che più ti sono piaciuti 😉 Questo è abbastanza recente, lo ricordo bene. E’ bellissimo! 🙂 Racconta dei tempi che cambiano e che cancellano attività che sono state passioni di vite intere e che ormai vengono relegate nel dimenticatoio.
Quella di Amilcare è stata una scelta per me sbagliata, nel senso che il suicidio non è mai la soluzione (escludo il caso di malati terminali, naturalmente), forse avrebbe comunque potuto superare il senso di smarrimento di sentirsi ormai inutile e godersi una “pensione” serena. Almeno avrebbe potuto tentare, chissà… Ma… in fondo lo si può comprendere e “perdonare”. “Perdonare” tra virgolette, poiché chi siamo noi per perdonare una scelta di vita altrui? Il perdono comporta un precedente giudizio, una colpa, mentre ognuno di noi al massimo può essere o meno d’accordo.
http://www.wolfghost.com
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@ MARI circo e luna-park da sempre provocano reazioni diverse, anche alle stesse persone ma in anni diversi.
Ti ringrazio, MIA guerriera!
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@ CLE REVERIES posso dire che i miei amici lettori mi lasciano sempre dei commenti magnifici?
Grazie, Signora delle praterie * ___________ *
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….grazie 😀
…. (s’ignora perchè? e dov’è la prateria ?)
*__________*
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@ CLE REVERIES spero di non averti offesa!
Intendevo “Signora del West” ^^
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…non offesa, solo divertita 😀
eh, ma anche del West, mi fa ridere!
*——————*
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@ CLE REVERIES un po’ di allegria non fa male 😛
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@ WOLFGHOST domenica prossima tornerà “IL FATTORE B”, poi sarà la volta di “UN SOGNO AMERICANO”.
Prima di allora, per la precisione domani, editerò un post che so che non sopporti 😛
A parte questo, il tuo è un altro stupendo commento! Il tuo finale è eccezionale.
Ti ringrazio tanto, caro lupo.
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I post sono veramente pregevoli.
Ti auguro un buon Ferragosto!
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@ URIEL grazie mille!
Ricambio l’augurio con vero affetto.
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Un saluto serale.
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@ SALVATORE RIZZI in questa notte stellata… tanta gioia per te!
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Ho letto attentamente questo racconto, Mrs. Alessandra e, lo trovo straordinario, tant’è che mi sono emozionato. In questo momento il luogo dove mi trovo mi permette di vedere il cielo superbo e stellato, chissà se una di queste stelle è Amilcare. Ho pensato che, Il senso non comune si trova soprattutto cercando di capire qual è il nostro atteggiamento nei confronti della vita. Una delle domande fondamentali che non dovremmo mai dimenticare di farci riguarda la nostra gioia: “quanta gioia c’è veramente nella nostra vita?”.
Forse, Amilcare si sarà fatto questa domanda.
Un abbraccio vellutato, Edo
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@ EDOARDOPRIMO credo proprio che Amilcare sia una di quelle fulgide stelle.
La domanda… è straordinaria!
E il mio grazie è grande.
Un fortissimo abbraccio.
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Io capisco il dolore di Amilcare. Anche mio padre soffrì molto pur essendo un semplice operaio.
Che grande racconto!
Buona festa da Vale
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@ VALENTINA per come la penso io, “un semplice operaio” vale quanto un medico, un ingegnere o un avvocato.
Ciò detto, ti ringrazio di cuore e ti abbraccio, cara Vale.
E buona festività a te ^^
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Sai è una bella serie questi mini racconti
tutti scorrevolissimi e piacevolissimi che ricordo
bene, uno ad uno, ma che (ri)leggo, forse
con un piacere maggiore….
Buon ferragosto Alessandra et gros bisous!!
Michelle
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@ VENTIDIPRIMAVERA li ho riproposti per l’estate, e il prossimo sarà l’ultimo di questo agosto.
Ancora grazie, mia cara amica!
Bisous, Michelle*
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Un bel racconto, gentile e rispettoso delle vite altrui. Il finale, come sovente capita nelle tue produzioni, è spiazzante e non mi trova concorde nel gesto, ma commuove negli intenti.
Ho sempre amato il circo e ancora ora, sono felice quando ho l’opportunità di andare. Anche per questo (egoismo?) lo propongo spesso ai miei piccoli alunni che sanno ancora incantarsi e ridere. Ed io con loro 😉
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@ ILI6 per una serie di ragioni, sono molto affezionata a questo racconto.
Il tuo commento è molto bello, e mi rende felice!
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Questo pezzo lo ricordo con affetto dai tempi splinderiani. Univers
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@ UNIVERS81 quanti ricordi…
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Non lo conoscevo, e mi è piaciuto. Hai saputo interpretare a modo tuo quella tristezza, qui fino alla tragedia, che il circo ispira a molti.
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@ VPINDARICO ti ringrazio di cuore!
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Molto bello.
Ma secondo te perché il circo a molte persone ispira tristezza? E sì che per quanto dura sia la vita del circo, per i circensi è l’unica immaginabile.
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@ LILLOPERCASO è una domanda che spesso mi sono rivolta anch’io. Lo stesso vale per le giostre.
Grazie, cara!
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