Vladimir Vladimirovic Putin accolse con un sorriso il direttore della CIA e lo invitò ad accomodarsi.
“Quanti anni!”
“Davvero troppi.”, confermò l’americano restituendo il sorriso.
In realtà, sarebbe dovuto essere in pensione già da tempo: se, malgrado l’età avanzata, continuava a dirigere Langley era per una ragione precisa. Come altri suoi predecessori, e a differenza della Gran Bretagna dove si privilegiava la professionalità, Obama avrebbe voluto mettere a capo dell’Agenzia un politico. Alla base di quel desiderio c’era lo stesso motivo che aveva indotto altri inquilini della Casa Bianca ad effettuare tale scelta: un politico avrebbe svolto il proprio compito nel rispetto della legalità, riferendo sempre e comunque ogni cosa a Washington. Soprattutto non avrebbe mai preso decisioni azzardate, senza una preventiva autorizzazione.
Ciò non accadeva con i direttori che provenivano “dal campo”, i quali si sentivano liberi di organizzare segretamente azioni avventuristiche e spesso pericolose. L’elenco era lungo.
Tuttavia questo avrebbe causato problemi con i vertici della CIA. Perciò il presidente degli Stati Uniti tergiversava. Avrebbe potuto imporsi, ma preferiva evitare una controproducente serie di polemiche. Quando i tre o quattro papaveri più grossi si fossero ritirati a vita privata, sarebbe cessata ogni opposizione e lui avrebbe nominato il proprio candidato. Dato che mancava poco, nel frattempo Barack Obama pazientava.
Per quanto lo riguardava, il direttore sarebbe stato felice di trascorrere le sue giornate con la moglie, l’unico figlio e i suoi amati boschi. Però, conosceva il suo dovere.
Putin guardò con curiosità l’uomo che era arrivato a Mosca con un passaporto falso. Il nome riportato sul documento era William Baldwin e naturalmente era falso come il passaporto. “A cosa è dovuta la sua visita in Russia?”
Il direttore della CIA tolse dalla borsa un fascicolo e lo posò sulla scrivania. “Abbiamo un problema.”, disse.
Putin lo scrutò attentamente. “Di che genere?”.
“Riguarda due Paesi che rientrano nella nostra sfera d’influenza. Questo e quest’altro. Ma, per certi motivi, sarebbe preferibile un intervento… diciamo, esterno.”
“Russo?”
“Se fosse possibile, signor presidente. Naturalmente, ricambieremmo il favore. Sarà sufficiente una sua parola.”
“La ascolto.”
Yarbes parlò per circa venti minuti.
“Un compito per l’SVR.”, mormorò alla fine il russo. Prima di arrivare alla presidenza, era stato un agente del KGB e in seguito il capo del FSB, l’organizzazione che, dopo il fallito colpo di Stato del 1991, per volere di Gorbaciov aveva sostituito la seconda direzione centrale. L’SVR era succeduto alla prima direzione centrale. L’SVR agiva all’estero, l’FSB si occupava della sicurezza interna, della repressione e del controspionaggio entro i confini della Russia; in pratica quello che faceva un tempo il KGB, ma con minori poteri.
Putin aveva esperienza da vendere nel campo dello spionaggio e dei suoi diversi aspetti, anche quelli più oscuri. Forse, meditò, era preferibile un uomo abituato ad agire da solo. Nel SVR c’erano troppi spifferi. Represse un sospiro, rammentando che un tempo Yazenevo e la Lubjanka erano due inaccessibili fortezze. D’altro canto, allora gli Stati Uniti erano il nemico numero uno, ed era necessaria la massima allerta. Adesso tutto era cambiato.
“E volete qualcosa di definitivo?”
Yarbes chinò il capo.
Entrambi erano consapevoli che il politico da eliminare era un vecchio amico del russo. Oltre all’amicizia e alla simpatia reciproca, c’erano in gioco varie questioni di affari. Come sempre la Russia era affamata di soldi, ma realisticamente i dollari facevano più gola dell’euro.
“Potremmo sabotare l’operazione, senza uccidere l’uomo.”, osservò Putin meditabondo.
Yarbes scosse la testa. “Ci riproverebbe. Per lui questa è divenuta un’ossessione. E nella sua attuale situazione non ha nulla da perdere.”
“E’ anziano. Non vivrà ancora a lungo.”, obiettò il russo.
“Abbastanza a lungo per fare un secondo tentativo, e un terzo, se necessario.”
“Dovrò consultarmi.”, disse Putin.
Yarbes rimase impassibile. Tutti sapevano che Vladimir governava come un monarca assoluto. Politburo? Comitato centrale? Chi erano costoro? Per ironia della sorte era stato Boris Eltsin a dare tutti i poteri al presidente della Russia, proprio l’uomo che aveva salvato la democrazia in occasione del fallito putsch.
“Il risultato finale sarebbe un governo di destra. Senza la sua ingombrante presenza, quel che resta della sinistra perderebbe sicuramente le prossime elezioni.”, considerò fra sé Putin.
Yarbes scrollò le spalle. “E’ il nostro ultimo pensiero, signor presidente. Un esecutivo vale l’altro. Il problema è il concreto rischio di una tremenda destabilizzazione che riguarderebbe tutta l’Europa occidentale, e di conseguenza anche gli Stati dell’est.”
Putin si alzò e andò alla finestra. Cominciava a nevicare. Rifletté a lungo, quindi si voltò e fissò Yarbes.
“Lei si presenta sempre con notizie sorprendenti.” Si riferiva a quando l’americano lo aveva informato delle intenzione di Kryuchkov e Janaev, all’epoca del golpe.
“Però, vere.”, replicò Yarbes.
Putin annuì. “D’accordo. Provvederemo.”
Convocò la prima segretaria e le impartì alcuni brevi ordini.
“E adesso le offrirò una buona cena.”, disse all’americano, quando la donna si chiuse la porta dell’ufficio alle spalle.
Uscirono nell’inverno gelido e, scortati da quattro macchine, raggiunsero un piccolo locale posto alla periferia orientale di Mosca. Yarbes lo ricordava bene. Lì i due si erano conosciuti.
Il ristorante era vuoto. Se a qualcuno fosse venuto in mente di gustare il buon cibo di quella locanda, sarebbe stato gentilmente dissuaso dal farlo.
Mentre finivano di mangiare, una guardia del corpo annunciò che Aleksandr Aleksandrovic Stavrogin era arrivato.
“Harasciò.”, disse Putin.
Il capitano Stavrogin era alto più di un metro e ottanta, indossava un lungo cappotto, aveva i capelli scuri e non assomigliava ai suoi genitori.
Si avvicinò al tavolo dove sedevano i due commensali e scattò, rigido, sull’attenti.
Putin gli fece cenno di sedersi. Incredulo, il capitano obbedì.
Era nato in Germania, figlio illegittimo. Sua madre non usava contraccettivi e, a differenza di due altri “incidenti di percorso”, quella volta si rifiutò di abortire. Il piccolo Aleksandr crebbe senza conoscere il nome del padre. Elke si dimostrava sempre molto vaga al riguardo. Ciò che apprese fu soltanto che era un soldato russo. La mamma lo amava moltissimo, tuttavia gli impartì un’educazione teutonica. Se altri bambini erano viziati, lui non lo era. Crescendo, si distinse negli studi, nello sport e trascorse le vacanze svolgendo mille lavoretti, sebbene Elke fosse ricca e non avesse bisogno del suo contributo. Quando compì quindici anni, scoprì finalmente chi era suo padre. Era morto nove mesi prima che lui nascesse. Da quel giorno studiò assiduamente il russo, che ora conosceva come il tedesco.
“Aleksandr Aleksandrovic”, esordì Putin guardandolo negli occhi, “tutto quello che le dirò questa sera, e in un successivo incontro, è un segreto di Stato.”
“Signor presidente!”
“Nessuno dovrà venire a conoscenza del piano che lei preparerà, attuerà e porterà a termine. Mi auguro con successo.”
Il capitano sostenne lo sguardo. Ogni risposta, pensò, era superflua.
“Questa operazione”, proseguì Putin, “non riguarda l’SVR, né l’FSB, né qualsiasi altra organizzazione. Non riguarda i suoi superiori. Riguarda solo lei. E lei riferirà soltanto a me. L’ho scelta perché la considero il migliore… un futuro generale.”
“Signor presidente!”
A diciotto anni, Aleksandr si era recato in Russia. Con sé aveva una lettera di sua madre, indirizzata personalmente a Vladimir Putin. Dopo tre mesi, Putin acconsentì a riceverlo, lesse la lettera, manifestò un certo stupore, dopodiché lo sottopose a un duro interrogatorio, degno di Lefortovo. Venti giorni più tardi, sostenuti gli esami del DNA oltre a innumerevoli visite mediche, e superata brillantemente una prova ostile con la macchina della verità, il giovane ottenne la cittadinanza russa, il diritto di portare il nome di suo padre e fu ammesso all’accademia preparatoria del SVR, dove risultò primo in tutti i corsi. Compì la sua prima missione a ventidue anni. Fu promosso capitano sei anni dopo.
“Dovrà andare in un Paese straniero. Per sua fortuna, non gli Stati Uniti, la Gran Bretagna o qualche letamaio arabo. Una nazione poco organizzata, con servizi segreti e polizia alquanto inadeguati: ciò le faciliterà il compito. Anche se, comunque, non sarà un compito semplice.”
Putin fece una pausa.
Poi gli porse l’incartamento che Yarbes aveva portato dall’America. Il direttore della CIA si chiese che reazione avrebbe avuto il giovane ufficiale, se avesse saputo che era stata sua moglie, Monica, a uccidere suo padre.
“Studi attentamente questi fogli, si imprima tutto nella memoria e quindi li bruci. Nessuno, insisto nessuno, dovrà mai vederli. Se avrà successo, sarà promosso. Ma se, malauguratamente, dovesse fallire, io sarò costretto a dimenticarmi di chi è figlio.”
“Non fallirò, signor presidente.”
Nuova storia? Il sequel della Lubjanka?
Inizio cauto ma promettente, che lascia capire che ci saranno molti colpi di scena.
per il momento mi siedo comodo e leggo, aspettando il seguito.
Un caro abbraccio
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@ NEWWHITEBEAR per prima cosa vorrei dire che WP mi ricorda sempre più Splinder: non riesco più a “giustificare” i post, non vedo più le risposte ai mei commenti, né le notifiche relativi a quei pochissimi blog cui sono iscritta. Negli altri, ci vado comunque.
Ciò detto, non ho intitolato questa storia “Il figlio di Matrioska” per non cadere nel patetico.
Sequel? Beh, diciamo di sì, però vent’anni dopo.
Come sempre ho poche idee, ma confuse 😛
Inizialmente pensavo a quattro puntate, adesso non so più…
Un grande abbraccio, e grazie!
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E’ intrigante, a una prima lettura. Domani con calma leggo meglio.
ps: un mi piace a prescindere
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@ CAPEHORN ti ringrazio 😛
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mmmhhhh … come inizio, lo confessiamo, non c’é male. E, con molta sincerità, dobbiamo ammettere che quel nome, Aleksandr Aleksandrovic Stavrogin, lo leggemmo da qualche altra parte.
Aveva a che fare, forse, con il generalle Fedor Michailovic Dostoevskij che, spinto da un Bergoglio e Pregiudizio, fondò la compagnia dei “Demoni”, tale da significare una specie di Matrioska proiettato nelle sue gesta militari?
Indiscutibilmente, il Presidente Vladimir Putinovich Dracùl, riveste un ruolo fondamentale. Almeno da quel che appare in questa nuova storia piena di suspence e intrigo 😦
Siete una donna (donna? 😦 ) fortunata se non riuscite a leggere i Vostri commenti.
Tranquillizzatevi, mia Signora: non perdete molto. Dobbiamo sottolineare, tuttavia, che, almeno nel Vostro caso, Word Press
fa benissimo a ostacolarvioffre un valido aiuto sia per l’editing, sia per la formattazione semplice e soltantoun essere incolto come Voiuna donna (sic) come Voi potrà sfruttarlo al meglio.Tuttavia leggeremo, nuovamente :-(, questa storia sperando,
tuttavia, di esser soddisfatti (:-( ) come sempre.
L’inizio sembra promettere bene.
Non presenta ripetizioni, come ad esempio: Yarbes, Matrioska, Putin, offrendoci, tuttavia, un nuovo scenario che non sia la solita Russia o i soliti Stati Uniti d’America.
Nell’augurarVi un grande “in bocca al lupo” per quello che, molto probabilmente, diverrà il Vostro capolavoro, ci accomiatammo.
Radiose cordialità
😎
😈
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Appunto …
Salutazioni
🙄
😎
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😀 Che bella sorpresa!
Non me l’aspettavo, è un primo capitolo di una storia che sono sicura mi piacerà.
E’ all’altezza del “Crepuscolo della Lubianca” e già so che tu ne farai una storia intrigante ,-)
Io aspetto …:-D
Un abbraccio *…………*
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@ NINNI RAIMONDI oggi ho telefonato al consolato russo di Milano, peraltro chiuso per restauri. Poi ho parlato con Roma. Volevo sapere se era corretto scrivere “compagno presidente”. La persona, assai gentile per la verità, mi rise in faccia. A parte questo, sono chiusa in una stanza e sottoposta a sevizie inenarrabili. La mia carnefice, tale M.I.N. (meglio essere caute) crede di essere la protagonista di “Misery non deve morire”.
Per questo scrivo, sperando di far bene 😛
Radiosità.
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@ LORD NINNI “I Demoni” sono “I Demoni”!!!!
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@ CLE REVERIES incrocio le dita, mia carissima amica, e ti ringrazio per la fiducia sulla parola.
Un bacione 😀
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Le vicende beffarde del passato sistema, oggi, si ripresentano ancora ed in altri termini….ed anche simili. Purtroppo….saluti da Sar.
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Ops … 😯
… Una nazione poco organizzata, con servizi segreti e polizia alquanto inadeguati …
Ma poveretto.
Proprio in Italia dovevate sbatterlo?
Esistono nazioni, leggermente, più civili dove ambientare la Vostra storia. Adesso, su due piedi, ci venne difficile ricordarne qualcuna; a quattro piedi, però, ci sovvennero: la Sierra Leone, Guinea-Bissau, Burundi, Liberia e lo Zimbabwe (che,a differenza della realtà italiana, “gode” di un’aspettativa di vita – alla nascita – di 47 anni. Pensate ai nostri giovani disoccupati e …).
Ultima postilla:
sicuramente, il bravo rappresentante russo, Vi rise (che si vergogni: non si trattano così le
anziane e piallatesignore) in faccia dopo esserVi presentata. Ormai sietefamigeratafamosa. Tutt’ora (poco usato, in verità) è in uso l’appellativo di товарищ президент (tovarishch prezident), almeno entro i confini della Federazione Russa, come Vi dimostrammo apponendoVi il filmato della “Parata per la Vittoria della grande guerra patriottica”, di quest’anno (2013) laddove (agendo, adeguatamente, sul cursore) ascolterete da viva voce:0:08:14/1:01:05 – Buongiorno Compagni (Zdravstvuyte tovarishchi – Здравствуйте товарищи)
0:08:16/1:01:05 – Buongiorno Compagno Ministro della Difesa (Zdravstvuyte pomoshchnik ministra oborony – Здравствуйте помощник министра обороны)
0:13:15/1:01:05 – Compagno Comandante Supremo
(con questa espressione, infatti, il Generale d’Armata – Maresciallo della Federazione Russa – Sergey Shoygu)
Il filmato, in questione, dura un’ora.
Salutazioni cordiali
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@ SALVATORE RIZZI è proprio vero, caro Sar.
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@ NINNI RAIMONDI “… Una nazione poco organizzata, con servizi segreti e polizia alquanto inadeguati …”
Indovinato! 😀
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@ NINNI RAIMONDI confesso la mia ignoranza: non immaginavo che marciassero con il passo dell’oca. In ogni caso, grande popolo, grande inno nazionale, grandi scrittori.
Grazie per il filmato!
Alexandra Biancovsky.
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Beh, feodalke Alexandra Biancovsky,
il passo dell’oca, come potrebbe credersi, non venne alla ribalta dalle trutte tedesche prima e naziste poi. L’origine ebbe una precisissima connotazione storica: la Russia, ovvero L’Impero di tutte le russie. Si ha memoria delle prime truppe speciali “a passo d’oca” già fin alla fine del 1600 presso l’antica capitale San Pietroburgo, ad opera dei Cosacchi dello Zar Pietro (detto il grande).
Il passo d’oca, comunque, ha una sua ragione:
Quel passo marziale si doveva adattare alla … “neve alta che a quelle latitudini è presente per tre quarti l’anno.
Lunghezza del passo, battuta violenta del tacco e amplissima falcata, permettevano di mantenere una sincronia di movimento nell’ambito dell’addestramento formale, pur in presenza di spesse coltri.
La “coreografia” che ne venne fuori fu di una enorme impressione di “senso marziale” e venne adottato in quasi tutto il pianeta.
Allegati:
Inno Unione sovietica (nella Federazione Russa è rimasto uguale, tranne:
Alla voce “Partia lenina” (Partito di Lenin) viene usata l’espressione “Slava Rossjia” (Gloria alla russia);
Alla voce “Kommunisma” (Mondo comunista o pensiero comunista), viene usata l’espressione “narodna pabyiade”, ovvero vittoria del popolo.
Per gli, eventuali, amanti del Cacciatore pesante lanciamissili Sommergibile “Kursk”:
L’Inno della Marina da Guera Sovietica (Questo è rimasto uguale).
Estremamente coinvolgente ed emozionante delle “urla disperate” verso l’estremo sacrificio in mare, in nome del popolo.
Proshchay moya prekrasnaya Rodina ili
Addio mia bella Patria
do svidaniya no ya vernus’
Arrivederci, ma tornerò
Pobeditelem dlya naroda i moikh kolleg
vincitore per il popolo e i miei compagni
ili umerlo v more daleko ot vas
i ya zhivu v slezakh i v pobede
o morto dentro il mare lontano da te
e vivo nelle lacrime e nella vittoria
Corpi speciali femminili dell’armata cinese (A passo d’oca)
Marcia, a passo d’oca, dell’enorme esercito femminile della Repubblica popolare di Cina
Le soldatesse, estremamente carine e di altezza superiore alla media, sfilano in minigonna ma … non sono esattamente deboli.
I reparti in uniforme rossa con il basco rosso e armati, sono quelli emminili paracadutisti.
Vengono allenate in vetta alle montagne e saprebbero vivere anche dentro una lattina di tonno in scatola. Sono truppe di movimento rapido.
le “gentili” signorine i uniforme “Fucsia” e basco bianco e armate, sono la versione cinese dei “Seal” britannici o americani.
Un addestramento durissimo, ne fanno uno dei corpi di elite d’assalto e sfondamento, estremamente temibili.
Basta notare il passo marziale a “mezzo passo d’oca” (per via della minigonna in riga cinquanta, perfettamente allineate e coperte. Una compagnia di incursori italiani, in riga cinque, fanno già fatica)
Segue allegati
Cordialità
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Truppe tedesche, non trutte.
Bah!
Ninniev Raimondishenko
Spasibo
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1°
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@ NINNI RAIMONDI che brividi!
Spasibo.
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2°
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@ NINNI RAIMONDI se non vado errata, mi sembra di ricordarlo nella colonna sonora del film “La grande caccia all’Ottobre Rosso”.
Grazie ancora!
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3°
Salutazionsky
Ninniev Raimondishenko
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@ NINNI RAIMONDI forti le cinesine!
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4°
Le tre armi più i corpi speciali dell’Esercito dell’Armata Cinese
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@ NINNI RAIMONDI notevole anche questo.
Di nuovo, spasibo.
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Wow! Che sorpresa! Leggere nomi come Elke e Monica mi fa sentire a casa…È un bellissimo inizio dopo vent’anni… e mi piaci sempre di più: come scrivi e come ti diverti con i commenti…
Bacissimi
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@ MARI sei sempre fantastica!
Sai, questa sera mi sento triste.
Ma vederti qui mi ha risollevata.
Bacioni, MIA guerriera!
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Io sono sempre qui, a leggerti, a farci compagnia. Tu non essere triste….
Ti stringo…i questa serata fresca. Sai, ci starebbe bene un bel drink insieme!
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@ MARI sì, che bello! Un drink sulla terrazza – reale – dove ambientai il racconto “Elisabetta”.
Posto che si chiami proprio così 😛
Un abbraccione.
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La terrazza reale va benissimo!!!
Troverò questo tuo racconto….
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@ MARI si, si chiama “Elisabetta”.
E’ un luogo che amo, quello.
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Lo leggerò e poi….poi ci andiamo! 😉
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@ MARI che magnifica idea!
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@ MARI Alla fine glielo avrei detto.
“Ti aspettavo da una vita.” E’ una frase che può suonare banale; ma il mondo non appartiene ai filosofi o agli scienziati: è popolato da gente semplice, che cerca cose semplici. E la ricerca dell’amore credo che ci accomuni tutti. Non è necessario essere un poeta per amare.
Le avrei mostrato le mie stelle preferite, mentre scalze avremmo percorso il litorale. Davanti a noi, nero e insondabile, il mare; alle nostre spalle la città, le luci dei lampioni che avrebbero rinnovato il prodigio delle palme, da sempre presente nella mia memoria come il simbolo di una serenità che un tempo, un tempo ormai lontano, mi apparteneva. Ci saremmo rimesse le scarpe, Le Coq Sportif io, sandali Guess lei, e saremmo risalite sulla Croisette. Ci saremmo fermate in un bistrot a bere una birra.
Io le avrei sfiorato una mano. Lei mi avrebbe detto: “Anch’io ti aspettavo, Alessandra.” Un attimo di esitazione, quindi avrebbe aggiunto: “Solo che non avrei mai pensato di incontrarti.”
La ragazza venne a sedersi vicino a me. Io ero a un tavolo d’angolo; sull’altro lato del piccolo terrazzo alcuni vecchi bevevano vino scambiandosi quelle improbabili opinioni che nascono all’una di notte, liberate dall’alcool e destinate a svanire dal ricordo il mattino dopo.
Era alta. Più alta di me. Capelli castani di media lunghezza, occhi verdi che sfumavano nell’azzurro, un viso più espressivo che bello. Quando ordinò da bere la osservai cercando di non farmi notare. In realtà, il viso era molto bello. Uno di quei volti che acquistano spessore ad ogni nuovo sguardo, che possiedono una luminosità del tutto speciale, che rivelano intelligenza e forza, sensibilità e candore. Nessuna malizia, tranne quella riservata al gioco: una specie di ironia divertita, la stessa con cui di tanto in tanto guardava il tavolo dei vecchietti.
Poi i nostri sguardi si incrociarono. Penso che ci ponemmo entrambe la stessa domanda.
Ma talvolta le risposte sono talmente implicite da risultare inutili. Esistono argomenti che si possono tranquillamente rimandare, perché ci sono priorità maggiori. Io non mi sarei mai alzata da quel tavolo: mi sarei limitata a lasciare galoppare la fantasia, a costruire vaghi sogni o a perdermi in sensazioni ad un tempo seducenti e nebulose. Fu Elisabetta ad alzarsi. Con una sfrontatezza quasi maschile prese posto accanto a me. Fece un cenno al proprietario del locale per indicargli di portare altre due birre. Ci fu un lungo silenzio. I silenzi sono strani: possono nascere dall’imbarazzo, essere condivisi, racchiudere in sé il nulla, o formare punti interrogativi che si sommano ad altri punti interrogativi che a seconda dei casi possono diventare una trama di vita o un inutile momento che si perderà nella infinita successione degli atti senza sostanza né costrutto di cui è costellata l’esistenza di ciascuno. “Non mi interessano le storie di sesso.”, dichiarò a bruciapelo. Non saprei mai spiegarmene la ragione, ma lo avevo capito fin dal primo momento in cui l’avevo vista. Come per un segreto accordo, ambedue dimenticammo quell’affermazione sincera fino alla brutalità. Parlammo d’altro. Nessuna delle due prevaricava: il discorso si sviluppava fluidamente, quasi fosse una musica scritta su un pentagramma immaginario, quando in realtà era il frutto del caso. Il caso regola la vita di ognuno. Il caso aveva voluto che in quella sera, per quei misteri insondabili cui non vale trovare una spiegazione, si fossero incontrate due persone dotate di un potere attrattivo reciproco e fortissimo. Le successive birre le ordinai io. E poi ci furono altre birre e molti discorsi. Storie di inganni, storie di felicità effimere, fiabe e letture, spazi di solitudini talmente grandi da destare sgomento. Stanze buie e occhi spalancati, angosce senza nome e brandelli di vita persi un po’ alla volta, simili alle foglie che il vento d’autunno cosparge sui sentieri dei boschi.
Elisabetta era del Cancro. Ignoro il grado di compatibilità dei nostri segni zodiacali. Non sono totalmente digiuna di astrologia; più semplicemente non ricordavo di aver frequentato una persona di questo segno. Ciò che contava, l’unica cosa che contava, era il fatto che stentavo a credere di aver incontrato, proprio in quella serata, quando per cercare un po’ di sollievo dal caldo mi ero avventurata in un paese che conoscevo poco, fermandomi casualmente in quel bar; che proprio in quella notte che non è esagerato definire magica avessi incontrato una persona con la quale sentivo di poter condividere la vita, che finalmente mi avrebbe reso felice, che avrebbe creato un sodalizio dove sesso e intelletto, cuore e attrazione fisica, avrebbero formato un’alchimia quasi prodigiosa. Nelle pause pensavo. Immaginavo risvegli luminosi perché il suo sorriso li avrebbe resi tali. Immaginavo scherzi, complicità, ardore dei sensi, tenerezza e stupore continuo. Per un istante ebbi la chiara visione di una vita totalmente appagante, e capii che avrei potuto ottenerla con una semplice parola, un semplice gesto. Non importa se a casa mia o a casa sua ma quella notte avremmo fatto l’amore, e il giorno dopo saremmo state insieme, e quello successivo ancora; c’era tempo per approfondire i nostri percorsi, c’era tempo per le domande e per le risposte: quello che contava era unicamente il fatto che ci fossimo incontrate.
Poi pensai alle valigie. Alle valigie che servono solo per partire. Mai per tornare. Agli addii e ai treni, alla disillusione resa ragione di vita. All’asprezza del dolore, ai ricordi che si sommano nel cuore e che possono fare solo male, un male così feroce e crudele che a volte, in certe sere, saresti pronta a vendere l’anima unicamente in cambio di un po’ d’oblio. Vidi due giovani donne che facevano l’amore sulla spiaggia di Cannes. Vidi serate da sogno e giorni indimenticabili.
Poi vidi il dolore.
Non saprò mai capire se quando presi la decisione mi sentivo più stupida o più vigliacca.
Misi venti euro sul tavolo, mi alzai e senza guardarla tornai alla macchina.
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Bellissimo! Grazie, che bel regalo mi hai fatto…
Una magia che mi ricorda tante cose, tante emozioni…risate e pianti e pure qualche incazzatura!…
Buonanotte MIA strega. Baci
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@ MARI*
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Azz. Due sorprese “sorprendenti” in un post solo. Ed all’inizio… d’un botto, al primo capitolo. Ma non iniziavi sempre in sordina, scusa? Ma sò notizie da dare così, dico? E come mai Monica s’è sposata cò quello? Ehhhh?
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Se alla prima e superficiale lettura l’ho considerato un racconto più che intrigante,leggendo con calma non posso che sottolineare l’impressione già ricevuta.
Due vecchi nemici ora formalmente amici, che la sanno lunga sul mondo e la sua complessità. Valutando anche gli effetti e i danni collaterali, prendono una decisione importante, ma da vecchi volponi, soprattutto l’uomo del Kremlino, già hanno visto la soluzione migliore e meno impegnativa..
Di paesi abborracciati ne abbiamo un bel po’ in Europa. Scelta difficile, ma interessante.
Ci sarà gloria per tutti se va bene e se va male rimarrà solo il figlio della schifosa a pagarne il prezzo.
E’ la politica, bellezza!!
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Il post nel post é una chicca che fa il paio con il post precedente e non posso che confermare e sottolineare quanto detto.
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Leggo non solo la solita bravura e preparazione, ma anche
nomi che mi hanno coinvolta in un altro formidabile racconto
Aspetto il seguito
Sweet weekend
Mistral
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@ SUTELCANA sono contenta, mio “vecchio” amico!
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@ BRUM beh, John Lodge, Matrioska, Nadiya sono tutti morti… restava solo Yarbes 😛
Stavolta ho optato per una partenza diversa.
Mi auguro che poi la storia proceda bene.
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Col cavolo! Non sarebbe stata la prima volta che credevo morto uno di loro… e poi è “resuscitato”. Con te non c’è da fidarsi… ahahahah.
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@ BRUM anche questo è vero 😀
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🙂
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@ BRUM vedi sopra, ad esempio 😛
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@ CAPEHORN sei molto duro con Elke 😀
Ormai posso anche dirlo: il Paese in questione è l’Italia.
Grazie anche per il secondo apprezzamento ^^
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Ho mirato male e ho colpito una piuttosto che l’altro. Anzi neppure l’altro, l’eroe del tuo racconto. Piuttosto lo sporco trucco politico che si va realizzando. Se il giovane Alek porta a casa la missione saranno tutti eroi. I capi in testa. Se fallisce, nessuno si sognerà neppure di seppellirlo.
Forza Alek, anche il mondo alla fine del mondo é con te.
L’Italia? … Mi sembrava troppo facile, eppure nella facilità tante volte c’é la realtà.
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@ CAPEHORN ho capito: pensavi ad Aglaja.
Alek? E non è tutto, amico mio: c’è chi rema contro.
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Certo. Altrimenti che gusto ci può mai essere
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@ CAPEHORN preciso 😀
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Bene
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@ OMBREFLESSUOSE ti ringrazio moltissimo, cara Mistral!
In effetti, i nomi sono noti.
Un bacione.
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Aleksandr Aleksandrovic non fallirà….parola di Alessandra, parola di guerriera!
Bacio
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@ MARI trasmissione del pensiero, MIA guerriera…
Ovviamente, non posso confermare o meno.
Due baci**
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Queste “trasmissioni” mi piacciono!
TRE baci
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@ MARI anche a me.
QUATTRO baci****
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Sei ripartita alla grande carissima
e anche in questa avventura ti seguirò…
ma devo ripassare a (ri)leggere con calma, un altra volta;
questa sera non sono concentrata come al solito, ossia
come vorrei, seppur ho letto nomi che mi hanno tenuta qui davanti
con grande emozione…
A presto prestissimo cara amica… Un abbraccio
Michelle
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@ VENTIDIPRIMAVERA quando vuoi, mia cara.
Quando ti vedo qui sono sempre felice.
Un bacio grande, Michelle.
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*…………………*
Felice weekend mia cara amica 🙂
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@ CLE REVERIES ricambio l’augurio con tanto affetto ^^
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Coinvolgente ….
Sono passata a (ri)leggere e devo dire, che già con la prima parte
la stesura si fa molto interessante… trascinante, interessante sempre
di più, proprio il punto di vista storico, e curioso, affascinante
bellissimo questo Tuo intrecciare con i vecchi e amati personaggi,
inserendo nuova storia, come questo Aleksandr figlio di Elke e di….
se non erro ha il nome del padre… un passaggio molto limpido
nella mia mente… E Monica, e chissà quante cose succederanno…
Un bacione dolce e cara amica e buon proseguo di giornata!
Michelle
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@ VENTIDIPRIMAVERA è giusto: ha il nome del padre. Matrioska.
Un grazie dal profondo del cuore, Michelle!
Bisous, chèrie * ______________ *
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Che bello ritrovare protagonisti conosciuti o loro… stretti parenti 😀
Ambientato in Italia? hihihi mi chiedo chi sia il politico da eliminare… 😀
http://www.wolfghost.com
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@ WOLFGHOST lo scoprirai presto, lupissimo 😛
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Sembra un inizio beneaugurante di nuove avventure e intrecci. Un po’ work in progress, un po’ col pilota automatico che ormai sai azionare con sapienza, ma spesso gli inizi sono quelli più ardui. Un saluto.
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@ UNIVERS speriamo che sia un buon viaggio.
Ciao!
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