Il segretario di Stato, James Baker, svegliò George Bush alle tre di notte.
Dati i suoi trascorsi militari, il presidente degli Stati Uniti si alzò dal letto senza fatica, bevve un caffè molto forte e raggiunse lo Studio Ovale, dove guardò accigliato la registrazione dell’intervento di Janaev.
Un’ora più tardi, da lui convocati, arrivarono il ministro della Difesa, Dick Cheney, il Capo di Stato Maggiore, Samuel Skinner, il direttore della CIA, William H. Webster, il direttore dell’FBI, William S. Sessions, e poco dopo il comandante della Delta Force, Peter J. Schoomaker.
Sullo schermo comparve nuovamente Gennadij Ivanovic Janaev. Tutti ascoltarono in silenzio con espressione tetra. Quando le immagini finirono furono riaccese le luci.
“Signori, ci troviamo di fronte a una grave emergenza.”, esordì Bush. Si rivolse a Peter J. Schoomaker. “A quanto risulta, Gorbaciov attualmente si trova nella sua dacia, a Foros, in Crimea. Suppongo che sia sorvegliato. La Delta Force potrebbe operare un blitz?”
James Baker si guardò le unghie. Cheney fissava il soffitto. Non gli sfuggiva il fatto che, comunque fosse andata a finire, l’Urss non era più in grado di competere con gli Stati Uniti. Schoomaker annuì. “Certamente.”
La Delta Force è organizzata in tre Squadroni, A, B e C. Le sue funzioni sono sostanzialmente tre: controterrorismo, azione diretta e ricognizione speciale. Dispone di un’unità di trasporto aereo, chiamata 160th Special Operations Aviation Regiment (Nightstalkers), che è in grado di trasportare i suoi uomini in ogni parte del mondo in tempi brevissimi. A livello di efficienza, rivaleggia con il SAS britannico, con il quale peraltro ha spesso collaborato: inglesi e americani sanno di potersi fidare a vicenda.
“Per prima cosa, valuteremo la consistenza degli uomini che lo tengono prigioniero.”, disse Schoomaker. “A lume di naso, escluderei la presenza del Gruppo Alpha; è molto più probabile che i russi abbiano dislocato un certo numero di agenti del KGB, e non credo che siano molti. Non sarebbero necessari. Ritengo di poter organizzare la missione e di portarla a termine con successo nel giro di due giorni, al massimo tre.”
James Baker intervenne in tono pacato. “L’Unione Sovietica non è Porto Rico.”, osservò. “E non è neppure Cipro, Panama o la Grecia. E’ la più grande potenza del mondo, dopo gli Stati Uniti. Se l’operazione fallisse, le conseguenze sarebbero disastrose.”
Schoomaker gli rivolse uno sguardo torvo. “Non fallirà, signor ministro.”, affermò con decisione. “Così come non fallirono le operazioni che ha citato.” Schoomaker si trovava più a suo agio con Bush, perché il presidente aveva conservato una solida visione bellica, da ex aviatore.
“Non si tratta solo di questo.”, ribatté il segretario di Stato. “Non siamo nelle condizioni politiche per poter interferire negli affari interni di un altro Paese.”
Il direttore della CIA si lasciò sfuggire una risata. “Non sarebbe la prima volta, né l’ultima. Io non avrei di questi scrupoli.”
“Forse perché operiamo in ambiti diversi.”, puntualizzò Baker.
“Penso che dovremmo aspettare per vedere cosa succede.”, interloquì S. Session dell’FBI. “Credo che muoversi adesso sarebbe prematuro. Non abbiamo notizie precise. Nelle prossime ore il quadro sarà più chiaro.”
Bush passò in rassegna i volti dei presenti, meditabondo. Anche in lui il desiderio di intervenire subito era mitigato dalla prudenza e dal ragionamento.
Quando uno dei telefoni prese a squillare, assunse un’aria infastidita. “Avevo detto niente telefonate!”
Fu Baker a rispondere.
Fece un cenno al direttore della CIA. “E’ per lei.”, disse. “Patrick Keynes.”
Magdalina spense la radio.
“Devi andare assolutamente a Mosca.”, disse a Monica. “Conosco un contadino che ha una macchina. Mi deve dei favori, lo convincerò a darti un passaggio.”
L’americana scosse la testa. “Non ho la capacità di sopportare il dolore, non ho resistenza fisica. E adesso ho paura!”
Magdalina la fissò.
Quella donna aveva trovato la freddezza necessaria per sparare a Nikolaij Kuznetsov; sebbene fosse sconvolta e provata per ciò che le avevano fatto, ci era riuscita. Tuttavia, ora, le sembrava un’altra persona. Era bianca come uno straccio e quello che aveva detto non aveva molto senso. Farneticava. Magdalina sapeva che le torture, a lungo andare, lasciano segni irrimediabili, più nella mente che nel corpo. Non sapeva con certezza con quali metodi l’avessero tormentata; immaginava comunque che fossero stati terribili, tali da provocare paranoia e schizofrenia, o almeno una delle due. Pensò che Monica, alla fine, fosse impazzita.
La guardò con attenzione, concentrandosi sugli occhi. Non le sembravano gli occhi di una pazza. Assunse un tono duro, autoritario. “Sei una cekista! Per diventare tale, hai superato prove durissime. Le stesse che affrontano gli uomini e le donne del KGB. Se ti trovi qui, è perché hai una missione da compiere. Ed è chiaro che è legata a ciò che sta succedendo a Mosca. Per questo devi andare! Il resto sono sciocchezze. Parole da donnetta; ma tu non lo sei.”
Monica non replicò. Osservava un punto imprecisato della parete.
“Hanno portato via mio padre!”, esclamò la russa, improvvisamente in preda a una fredda collera. “Hanno licenziato mia madre. Ci hanno tolto la casa. Ed è stato il KGB. Tu devi fermarli!”
“Io non sono diversa da loro.”, mormorò dopo qualche istante Monica. “La CIA non è diversa dal KGB. Metodi e finalità sono simili. Quello che conta è vincere, non importa come. Mi dispiace per tuo padre, ma tu non puoi neppure immaginare quante vittime innocenti pesano sulla coscienza di Langley.” Poi rise in modo amaro. “Coscienza? Ho detto un’assurdità. Non esistono coscienza, onore, verità. Soltanto inganni, prove di forza. Io… mi tiro fuori.”
“Sarai libera di farlo, quando tutto sarà finito.”, ribatté Magdalina. “Perché tu andrai a Mosca!”
Squire si allontanò da lei. Le tremavano le mani.
“Mi sono sbagliata. Forse sei veramente una donnetta.” Magdalina le voltò le spalle.
Senza una ragione precisa – per quanto, in realtà, esista quasi sempre una ragione alla base dei comportamenti umani – Monica pensò a John Lodge, ucciso sulla soglia di casa. E pensò a come si sarebbe comportato lui, in quella circostanza.
A Roma era una splendida mattina di sole. La città era invasa dai turisti. A causa del caldo, le ragazze giravano in short e canotta e i ragazzi si tuffavano nelle fontane.
A Palazzo Chigi, in piazza Colonna al numero 370, era in corso una riunione.
Qualche giorno prima Giulio Andreotti aveva richiamato alcuni ministri dalle vacanze e adesso quelli che erano stati rintracciati, in pratica tutti meno Claudio Martelli che si trovava in Africa, sedevano ai lati del lungo tavolo. Come sempre era cosparso di candele, dato che il primo ministro non sopportava il fumo. Non rientrava nella sua natura, però, porre divieti. Gianni De Michelis, ministro degli Esteri, stava esponendo il proprio punto di vista. Con la caduta, ormai quasi certa, di Gorbaciov e l’avvento al potere di un gruppo di reazionari, sarebbe tornata la guerra fredda. Era bene che l’Italia rinsaldasse i rapporti con le nazioni del blocco arabo. Andreotti annuì. Era sempre stato un convinto assertore di una politica estera filo-araba, pur mantenendo buone relazioni con Israele, soprattutto per compiacere gli Stati Uniti. Questo era un momento particolare, dove la diplomazia avrebbe dovuto superarsi, nel nome di Machiavelli.
Il presidente del Consiglio posò le dita sottili sul piano del tavolo.
“Notizie dall’America?”, chiese.
“Da loro è notte fonda. Staranno dormendo.”, disse De Michelis. “Li sentirò più tardi.”
Non è nella mentalità italiana svegliarsi prima dell’alba. Come un inglese non rinuncerebbe mai al week-end, nemmeno in caso di emergenza, un cittadino del Bel Paese difficilmente abbandonerebbe il proprio letto alle tre di notte.
Giulio Andreotti si alzò. “Confidiamo nel Signore.”, disse con un sorriso che non si estendeva agli occhi.
Gennady Burbulis era il braccio destro di Boris Eltsin. Apprese la notizia dalla radio. Uscì subito di casa e si recò nella dacia di Eltsin. Boris non era solo. Con lui c’erano Ivan Silayev, capo del governo della Repubblica Russa, Mikhail Poltoranin, ministro dell’Informazione, il consigliere di Stato Sergei Shakhrai, e il ministro dei Rapporti economici con l’estero Viktor Yaroshenko. A breve si presentarono anche il sindaco di Leningrado e il vicesindaco di Mosca.
Eltsin stava dettando una dichiarazione di condanna del golpe alla figlia Tatiana, che batteva furiosamente i tasti della macchina per scrivere. Qualcuno gli suggerì di abbandonare al più presto l’Unione Sovietica: l’America gli avrebbe sicuramente concesso l’asilo politico.
Eltsin rifiutò con sdegno l’idea. Si domandava perché non lo avessero ancora arrestato, visto che era più progressista di Gorbaciov e che si era scontrato varie volte con lui proprio in tal senso.
Quello non fu l’unico errore dei congiurati, ma forse il più grave, sebbene allora non potessero immaginarlo.
Eltsin si versò una vodka, la bevve, quindi scaraventò il bicchiere contro una parete. “E il segretario generale?”, gridò. “E’ davvero prigioniero o anche lui è in combutta con quei quattro delinquenti?” Non lo pensava veramente, però il dubbio c’era.
Era teso e rabbioso, ma fra tutti era l’unico a non essere spaventato.
Poi l’uomo di Butka salì in macchina e raggiunse il parlamento. Entrò nell’edificio, senza notare che un ufficiale del Gruppo Alpha lo stava osservando. D’altra parte, non aveva mai sentito nominare Miloslav Pomarev.
Una lettura edificante per la storia e gratificante per l’impianto.
Ci stiamo meyttendo “in pari” con “Il crepuscolo …” (per circa tre o quattro capitoli).
Torneremo, comunque, proprio su questo per consegnare, a Vostre mani, le nostre personali e umili impressioni. L’interesse per una buona storia ci rende attentissimi.
PS: Sparare, alle spalle, il compagno capitano NikolaijKuznetsov, non è atto di vigliaccheria, ma leale manifestazione di liberazione dalla stupidità, nei confronti di tutta la civiltà occidentale.
Adesso, però, leggiamo.
Cordialità a Voi, mia Signora
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… ovviamente, nostri odiosi refusi a parte.
Salutazioni
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Sempre più brava!
Hai aperto un file della mia memoria, non amo tanto la politica e come tutti la subisco. Non bisogna dimenticare certi fatti, la storia narrata sui libri noiosi non serve a nulla. E’ questa la via giusta, secondo me!
Un po’ di pathos, immaginazione e realtà sono gli elementi che agevolano la comprensione dei misteriosi avvenimenti politici.
Buona Domenica
Bacioni e salutoni
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Come sempre riapri squarci di vissuto, inenarrabili, anzi ben descritti e con dovizia, come tu sai fare. Un caro saluto da Sar.
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Ragion di stato e sottigliezze psicologiche: lo sai che mi piace come porti avanti questi difficili romanzi. Brava.
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Oggi ti leggo dalla mia scrivania…
“un cittadino del Bel Paese difficilmente abbandonerebbe il proprio letto alle tre di notte.”…ahahah! vero verissimo!
In questo episodio Monica e Magdalina mi piacciono ancor di più…sei grandiosa!
Deliziosa domenica
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Ahhh bello anche questo pezzo!!!
Bravissima!!!
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Storia e finzione vanno a braccetto in maniera splendida tanto che non si riesce a distingure la realtà come l’abbiamo conosciuta in quei giorni e la parte di fantasia,
Monica è sempre più umana mentre Magdalina diventa sempre più interessante.
Dunque aspettiamo con viva impazienza i nuovi episodi.
Un caro abbraccio
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@ NINNI RAIMONDI attendo con grande entusiasmo il Vostro ritorno, Milord!
Per il momento Vi ringrazio, concordando sull’assoluzione di Monica Squire.
Radiosità ^^
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@ CLE REVERIES il tuo commento mi rende felice, darling.
Sono d’accordo sul fatto che la Storia andrebbe spiegata in modo diverso, alla Montanelli, per esempio.
Grazie e lots of love*
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@ SALVATORE RIZZI un caro saluto a te, “vecchio” Sar!
Unito ai miei ringraziamenti.
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Storicamente ineccepibile e di ciò puoi giustamente menare gran vanto.
Interessanti i colloqui tra i vari grandi(?) della terra. Non credo che ti sia scostata molto dalla realtà. Un conto é entrare a gamba tesa sulle questioni di Cipro o del Costa RIca. Un conto é portare a spasso i marines sulla Piazza Rossa.
Sempre più difficile la situazione per Monica. Ora che ha raggiunto il fondo, non può che ritornare in superficie e ancora una volta le forze misteriose della solidarietà femminile, chissà che non la aiutino. Magadalina si sta rivelando una figura forte e rabbiosa, di quella rabbia positiva e Monica ha l’occasione di porre un altro tassello nella conoscenza del genere umano. E’ un occasione.
Il Bel Paese ha la possibilità ancora una volta di restare alla finestra e guardare gli eventi, per poi saltare sul carro del vincitore, ma questa é la nostra storia, quindi nulla di nuovo sotto il sole.
Ma adesso é tempo di abbandonare gli indugi: a Mosca, a Mosca !! come griderebbe il tuo amato Cecov.
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@ DOMENICA LUISE ci metto molto impegno, questo è sicuro.
Grazie, carissima*
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@ MARI e sei vestita da top manager? 😛
Mentre scrivevo quella frase ridacchiavo 🙂
Comunque, è vera pure quella relativa agli inglesi – lady di ferro, a parte.
Anche a me piacciono Monica e Magdalina.
Ti ringrazio di cuore e ti abbraccio!
Your witch ^^
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Stile jeans e felpa? oopure pigiama??? :))
Bacioni alla mia strega…
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@ MARI allora, siamo in due: io ora jeans e felpa 😛
La tua strega ricambia!
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@ RAGGIOLUMINOSO sono lusingata!
Un sorriso per te * _______________ *
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@ NEWWHITEBEAR forse Magdalina è riuscita a scuotere Monica. Chiudersi in se stessi non porta a molto e un rimprovero, talvolta, può risultare efficace.
Vedremo.
Sono molto contenta che questo capitolo ti sia piaciuto!
Un caro abbraccio.
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@ CAPEHORN naturalmente, i fatti riportati sono reali; i discorsi, invece, appartengono alla mia fantasia – ma, in qualche caso, no -, però, come osservi, credo che potrebbero essere plausibili.
Magdalina è una donna forte e rabbiosa, è vero. Quello che ci voleva per Monica? E’ possibile.
Il Bel Paese tiene i piedi in varie scarpe… e non è una novità…
Grazie, amico mio!
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Ho letto le ultime puntate.
Benché lo spionaggio non sia il mio genere devo riconoscerti, oltre alle ormai note qualità di narratrice, un lavoro di documentazione che dev’esserti costato non poca fatica. Complimenti.
P.S. Sappi che quel che ho letto del tuo “Crepuscolo della Lubjanka” rappresenta il 100% delle mie letture di spionaggio fino ad ora 🙂 e non mi ci sarei mai avventurato se non fosse per la tua firma.
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@ VPINDARICO in effetti, il lavoro di documentazione, in termini di tempo, ha superato la fase dedicata alla scrittura.
E’ difficile non sentirsi un po’ vanitosa dopo un commento quale il tuo 😛
Grazie e un caro saluto!
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Magistrale cara, tre episodi in un unica puntata
che si allacciano uno con l’altro con intensità;
riesci sempre a sorprendermi….
Speriamo che a Monica tornino le forze…. Ma
sicuramente sarà cosi…
Un abbracio Alessandra e buon inizio di settimana!
Michelle
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Questo capitolo attraversa lati tutti interessanti: i dubbi degli americano sulla possibilità di un intervento, la determinazione di Magdalina nello spronare l’americana (giusta, a mio avviso… tanto che ci resta a fare lì? Ad aspettare di essere comunque trovata?), la reazione solo apparentemente scomposta di Eltsin… ma le righe sugli italiani sono tanto inaspettate quanto esilaranti! 😀 Un vero, inaspettabile, colpo di genio! 😛
http://www.wolfghost.com
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Ricambio in simpatia, Salvatore.
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Ho letto entrambe le puntate, ossia la precedente e questa, confesso mi era sfuggita per ragioni di tempo. Non so come tu faccia a descrivere minuziosamente passaggi, intrecci e narrazioni accurate di quegli eventi, è una delizia leggerti, cara Ale: sei molto brava.
Monica è stanca e sfibrata e viene stimolata da Magdalina che ha la rabbia nel cuore. Gorbaciov cercano di metterlo fuori gioco, quante insidie e tranelli, poi subentra l’Italia, bellissimo, c’è Andreotti; beh all’epoca lui era ministro del consiglio, lo è stato per otto o sette volte, che personaggio di grande caratura da statista, un protagonista della storia italiana.
Attendo i prossimi sviluppi, carissima.
Ti lascio un abbraccio.
annamaria
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@ VENTIDIPRIMAVERA chèrie, a volte Monica sembra fragile e indifesa, poi però rivela grinta e forza. Fu lei a uccidere Matrioska!
Grazie, chou*
Bisous ^^
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@ WOLFGHOST caro lupo, sono lieta del tuo apprezzamento.
Era da un po’ che cercavo un modo per inserire gli italiani 😛
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@ SALVATORE RIZZI un salutone!
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@ ANNAMARIA49 e hai letto con grande attenzione: lo si evince dal commento.
Ti ringrazio tanto per le tue belle parole, cara amica!
Un abbraccio a te ^^
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Rileggendo…mi piace ancora di piú!
Bacioni alla MIA strega…
O.t. nel mio sogno…lo sapevo!
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Puntata di valore, abbastanza interlocutoria a mio avviso, ma è sempre insistente (e assolutamente necessario) lo sfondo storico di realismo alle vicende intrecciate. Monica è umana, lo era anche da prima, e sicuramente commetterà errori. Un caro saluto.
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@ MARI e io lo immaginavo…
Un abbraccione dalla TUA strega!
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@ UNIVERS anch’io penso che lo sfondo storico sia importante; senza di esso, la vicenda secondo me scadrebbe, diventerebbe banale.
Grazie e un caro saluto a te.
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Un saluto cara sempre prolifica Alessandra 🙂
e a quando la prossima puntata della valle di Phil?
U.
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@ URIEL domani, mio caro.
Felice notte*
E grazie per l’attenzione!
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“un cittadino del Bel Paese difficilmente abbandonerebbe il proprio letto alle tre di notte”. Dissento. Sappiamo destreggiarci ed adeguarci alle condizioni straordinarie come pochi (parliamo in generale, si capisce). Se un’inerzia in noi c’è… è nel lungo periodo.
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@ BRUM il tuo punto di vista è più che legittimo.
Mi piace l’attenzione con la quale leggi.
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