Novikov e Golubev si appartarono per discutere fra loro, all’ultimo piano di Yazenevo, nello studio del responsabile del terzo dipartimento ; le due guardie del corpo rimasero nell’ufficio di Lebedev.
Il colonnello si alzò per andare a servirsi una vodka. La offrì agli altri, ottenendo un solo rifiuto, quello di Yarbes. Stando ai regolamenti, gli uomini della seconda direzione centrale avrebbero dovuto declinare gentilmente l’invito, ma era difficile resistere a una vodka rara e costosissima che in pochi potevano permettersi.
Lebedev pensava al suo rapporto.
La “leggenda” riguardava un agente non particolarmente sveglio che Piotr aveva ereditato dal suo predecessore. Non era mai stato preso dal MI5 per un motivo preciso: in quegli anni non aveva fatto assolutamente nulla, tranne riscuotere il suo modesto compenso e dare la caccia alle fanciulle inglesi. Lebedev non lo aveva rimandato in Russia perché si era detto che, prima o poi, anche un simile incapace, in qualche strano modo voluto dagli dei dello spionaggio, forse avrebbe potuto rendersi utile. E, puntualmente, ciò si era verificato, anche se in maniera del tutto singolare.
“La necessità di non sapere”: l’uomo in questione conosceva a malapena la disposizione dei locali dell’ambasciata sovietica, e probabilmente ignorava l’ubicazione della Special Branch, del MI6 e del MI5. Un idiota. Però, un utile idiota, che per un caso fortuito Lebedev aveva spedito un giorno in America. Lo aveva mandato, affinché consegnasse un messaggio in codice non particolarmente importante, e si era servito di lui proprio in considerazione del fatto che se lo avessero acciuffato non sarebbe stata una grande perdita.
Per un puro caso, la missione aveva avuto successo, il documento era giunto a destinazione e lo sprovveduto era tornato trionfante a Londra. La circostanza che si chiamasse Aleksandr era un autentico abominio. Nel KGB quel nome rappresentava un’icona: Aleksandr Stravrogin, “Matrioska”, il più grande agente sovietico di tutti i tempi. L’utile idiota vantava un unico asso a proprio favore. Era figlio di un generale che aveva combattuto valorosamente a Leningrado e successivamente nella Prussia Orientale e a Berlino, guadagnandosi varie medaglie sul campo. Questo gli aveva permesso di entrare a far parte della prima direzione centrale e, dato che parlava l’inglese correntemente, qualcuno aveva pensato bene di sprecare una “leggenda”.
Lebedev aveva ascoltato il resoconto della trasferta oltre oceano, lo aveva elogiato e si era immediatamente dimenticato di lui.
Due giorni dopo Patrick Keynes era venuto a trovarlo.
E da qui era nata l’idea del “Rapporto Lebedev”.
Se quanto aveva scritto con fervida fantasia nelle precedenti due ore fosse stato vero, le previsioni di Novikov si sarebbero dimostrate, a dir poco, limitate e pessimistiche, poiché il “Rapporto Lebedev” era un’autentica bomba, destinata a passare agli annali, e Piotr avrebbe potuto ambire a una carica ben più alta di quella di responsabile della terza sezione.
D’altro canto, non c’erano molte ombre. Lebedev era uscito tranquillamente da casa sua, come era suo diritto, e se gli uomini della Lubjanka non lo avevano fermato, era una cosa che non lo riguardava. Nessuno sapeva dove poi si fosse recato e a quale scopo, ma di questo, dato l’alto grado che ricopriva, non era tenuto a rispondere se non in seguito ad accuse precise e motivate. La presenza di Yarbes era legata indissolubilmente alla visita di Patrick Keynes, così come il suo inaspettato ritorno a Mosca… per quella di William Weber avrebbe dovuto inventarsi un pretesto (nel rapporto, Weber non veniva citato); ma l’immaginazione non gli mancava.
Non aveva risposto alla convocazione di Kryuchkov, ma si riprometteva di farlo al più presto, e il ritardo era dovuto alla necessità di elaborare il materiale che aveva ricevuto da Langley, in maniera da offrire al presidente un quadro completo ed esaustivo. Aveva mancato di rispetto a Kryuchkov? No, dato che gli avrebbe offerto uno splendido dono, su un piatto d’argento.
Le parole di Olga erano prive di valore. Una segretaria segretamente innamorata e gelosa della legittima moglie, una piccola donna vuota e troppo ambiziosa. Una nullità, destinata a scontare il giusto castigo a Lefortovo.
Il colonnello Piotr Ivanovic Lebedev sorseggiò la vodka e attese con calma che Novikov e Golubev tornassero per cingerlo d’alloro (e per prendersi qualche merito, niente affatto dovuto).
Poi si sarebbe occupato del golpe.
Monica Squire fissava il corpo senza vita del russo.
Magdalina si alzò e la abbracciò. Con un gesto distratto Monica le accarezzò i capelli. Non riusciva a distogliere lo sguardo dal cadavere.
Chi erano i buoni e chi i cattivi? John Lodge, il suo compagno d’azione di un tempo, l’uomo che era stato ucciso da Matrioska, l’avrebbe rimproverata per quei pensieri che lui giudicava “inutile filosofia”. Forse era vero, forse era inutile, però questo non significava che la realtà fosse diversa da com’era. CIA e KGB erano le due facce della stessa medaglia, utilizzavano metodi identici, non conoscevano il senso dell’etica. I buoni non esistevano se non nella propaganda americana, pronta a giustificare qualsiasi azione, purché fosse coronata da successo.
Era vietato perdere, e lei lo sapeva bene: aveva sperimentato sulla sua pelle il significato della parola “sconfitta”. Se non era finita in prigione, non era stato grazie alle attenuanti, alla comprensione di quello che aveva subito. Quante donne sarebbero riuscite a resistere alla tortura feroce che le aveva inflitto Aglaja? No, il direttore della CIA aveva preso una decisione politica. Monica ne aveva discusso con Yarbes, e Martin si era dichiarato d’accordo.
Il capo di Langley non aveva voluto che lei comparisse nell’aula di un tribunale. Se questo fosse accaduto, sarebbe crollato il castello di menzogne che era stato costruito per negare ciò che era successo veramente. Bisognava nascondere, occultare, fuorviare.
Se Monica non avesse raggiunto Matrioska in Francia e non lo avesse ucciso, sarebbe comunque rimasta per sempre una paria. Ricordava i sorrisetti di scherno che la accompagnavano lungo i corridoi di Langley. All’inizio, anche Yarbes non era stato carino con lei, ironizzando sulla sua scarsa capacità di sopportare il dolore. Poi aveva imparato a stimarla.
Per molto tempo Monica aveva creduto nel suo lavoro. Alcuni dubbi, certo, qualche riserva; però dubbi e riserve scomparivano se solo guardava la bandiera stelle e strisce. Lei operava a favore della pace, per il trionfo della giustizia, per sconfiggere il comunismo, fonte di ogni male.
Ma era poi tanto diversa dall’uomo che aveva appena ammazzato?
I due dirigenti lasciarono l’ufficio di Lebedev visibilmente soddisfatti, scortati dalle guardie del corpo di Golubev, altrettanto compiaciute anche se per ragioni diverse. Erano rigide come sempre, però meno ossequiose del solito.
Martin Yarbes si rivolse al colonnello. “Cosa c’era scritto in quel dannato rapporto?”, gli domandò.
Piotr si concesse un sorriso. “Una notizia che ha suscitato il loro scalpore.”, rispose. “Non esistevano altre strade, se non l’arresto, gli interrogatori, la fucilazione o la deportazione.”
“Ebbene?”, intervenne William Weber.
“Semplice.”, disse Lebedev. “In quel rapporto è riportato un fatto senza precedenti. Patrick Keynes è stato “arruolato”, e da oggi, anzi diciamo da ieri, lavorerà per l’Unione Sovietica. E lei, signor Yarbes”, aggiunse guardando l’americano, “rappresenta il suo tramite. Se ha pure commesso qualche peccatuccio, questo è irrilevante in confronto all’acquisizione di uno dei massimi esponenti della CIA. Ecco tutto.”
“E le hanno creduto?”, chiese Weber dubbioso. Patrick Keynes era uno degli uomini più potenti del mondo, da sempre irriducibile nemico dell’Urss; sopra di lui, a Langley, c’era soltanto il direttore in persona.
“Certo. Perché ho esposto fatti reali, tutti facilmente controllabili… tranne il “tradimento” di Keynes, ovviamente. Il resto è perfetto. Compresi un paio di particolari che avrei potuto apprendere solamente da lui.”
Weber lo fissò incredulo. Yarbes scoppiò a ridere. “Keynes che si vende! E’ più facile che gli Utah Jazz vincano il campionato”.
Piotr assunse un’aria modesta. Sapeva di essere un grande giocatore di scacchi, tuttavia il senso di trionfo era mitigato da una considerazione. Se Gorbaciov avesse vinto, sarebbe finita un’era. Lo sentiva dentro di sé, come un cane avverte l’arrivo del temporale. Il segretario generale avrebbe fatto a pezzi il KGB. Lebedev aveva dedicato tutta la sua vita al “Centro”; se ora si opponeva alle decisioni di Kryuchkov, era perché non le reputava sensate.
E, se invece, Michail avesse perso?
In quel momento, bussarono alla porta.
Entrò Olga. Aveva l’aria sconvolta.
Si prostrò per terra.
“Pietà!”, implorò.
Weber, che conosceva bene la mentalità russa, represse un sorriso davanti a quella scena melodrammatica.
“Stai tranquilla: non hai nulla da temere.”, disse Lebedev in tono pacato.
Il che significa che è spacciata, pensò Weber notando lo sguardo gelido del colonnello.
Quella sera Pomarev andò a letto presto.
Prima di addormentarsi si chiese se Kuznetsov era riuscito a trovare l’americana, ma fu un pensiero fugace. Altro occupava la sua mente. Puntò la sveglia alle quattro del mattino. Una colazione sostanziosa e sarebbe stato pronto per occupare la Duma.
Amava la sua casa, presto però ne avrebbe avuta una più grande: una dacia a ovest di Mosca, dove vivevano i ricchi. E lui sarebbe diventato ricco e influente. Come era giusto che fosse.
Mancavano otto ore al colpo di Stato.
L’intreccio mette in evidenza il passato delle due potenze “contrapposte”, quando oggi, invece, sembrerebbe l’inverso, solo che in verità proprio così non è. Non a caso, gli USA, vorrebbero attaccare la Corea, come se stessimo al passato, solo che in un certo senso, sono rimasti ancora contro, anche perchè, gli USA, non attuano il dettame liberale corretto e l’ex URSS, è tornata allo zarismo…etc…Sempre brava e capace. Un saluto dal vecchio Salvatore.
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Un vero e proprio colpo da maestro. Un capolavoro di intelligence quello di Lebedev. Rimanere in sella ed uscire quasi pulito da una situazione che avrebbe portato neppure ad una stanza di Lefortovo, ma al classico colpo alla nuca, nelle cantine di piazza Drezinsky.
Ciò che rende impagabile il tutto è la lieve confessione fatta ai quelli che fino a prima, erano fieri avversari.
Quanta saporosa ironia.
Per Monica continuano i dubbi e le incertezze, ma sente che ora é veramente tutto cambiato. O forse no. Perché non importa quale che sia il padrone, a lei tocca in ogni caso continuare a fare la guardia al bidone di benzina.
Il dubbio di non avere più il senso dello stato, non la sfiora neppure un momento.
Mancano solo otto ore alla resa dei conti.
All’apertura di un nuovo vaso di Pandora.
Un brivido in più in questa fin troppo fresca primavera.
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Un colpo di genio la tua trovata per far uscire Lebedev dall’impasse nel quale si trovava. Veramente pregevole.
Interessante è la riflessione di Monica sul passato, sul presente e su quello che sarà il suo futuro, anche se non lo dice con chiarezza. Lo lascia solo intuire. La vita da spia non fa più per lei.
Stiamo andando verso la fine e i vari giochi e intrecci si mescolano tra loro.
Aspettiamo gli ultimi capitoli.
Un caro abbraccio
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Non ricordo da quale romanzo è tratta, forse Il libro del riso e dell’oblio (il mio preferito) ma i pensieri di Monica mi hanno fatto tornare in mente questa frase:
“Ti dirò qual è stata la triste scoperta della mia vita: i perseguitati non erano in nulla migliori dei persecutori. Posso benissimo immaginarli a ruoli scambiati”.
Carezze & carezze!
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Ah, ovviamente era Milan Kundera, dimenticai di specificare…
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@ SALVATORE RIZZI caro Sar, concordo. Come penso che tu sappia, io cerco sempre di essere obiettiva. Così fu in “Matrioska”, così è in questa storia.
Non credo alle favole per bambini, né ai bambini mangiati…
Un caro saluto, e grazie!
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@ CAPEHORN se Lebedev non fosse stato un Maestro, non avrebbe potuto ricoprire l’incarico di “rezident”. A Londra, poi! Meno astuti, probabilmente, sono i suoi due interlocutori, come del resto – e si vedrà in seguito – altri “congiurati”.
Monica al momento è appesa a un filo, ma tutto dipende solo da lei.
Dal canto suo, Pomarev è invece astuto e… stavo per scrivere “feroce come una iena”, ma considerati gli ultimi avvenimenti, è meglio dire “come un uomo”.
Ti ringrazio, Carlo!
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@ NEWWHITEBEAR sono lusingata! Io cerco di fare del mio meglio e tutto può essermi contestato, tranne l’impegno. Lebedev è un uomo di grande intelligenza e in questo capitolo lo ha dimostrato.
Monica sembrerebbe un’anima smarrita…
Un caro abbraccio ^^
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@ KRIS Milan Kundera che io apprezzo moltissimo. E quella citazione è perfetta, reale e tangibile.
Baci & baci, amica mia!
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Ricambio i saluti, Salvatore.
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L’abbraccio di Monica e Magdalina è un momento bellissimo, mi è sembrato proprio di vederlo….come bellissime sono le riflessioni di Monica…..
Sei brava, bravissima….adoro, la sera, sedermi sul divano e leggere le tue storie…
Bacioni alla MIA strega!
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@ MARI quando scrivo, a volte in modo lieto a volte con fatica, mi immagino i miei amici e le mie amiche intenti a leggere. Gli piacerà? Non gli piacerà? Dubbi che mi accompagnano da sempre.
Adesso mi sembra di vederti sul divano. E’ un’immagine per me molto bella!
La TUA strega ti ringrazia di cuore e ti abbraccia forte*
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I dubbi aiutano a crescere, i dubbi appartengono alle persone intelligenti….
P.s. divano bianco….grande e comodo…
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@ MARI divano bianco, grande e comodo 🙂
“I dubbi aiutano a crescere, i dubbi appartengono alle persone intelligenti…”
Come è vero!
In senso generale, ovviamente…
Kiss ^^
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molto interessante, sia lette isolatamente sia come opera organica….
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@ ALLEGRIA DI NUBIFRAGI il tuo è un bellissimo complimento!
Grazie, e felice notte ^^
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Che attore bravissimo quello. Lo vedo nei panni di Lebedev.
Un altro capitolo che ho divorato.
Vale
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@ VALENTINA in effetti, ho pensato a lungo prima di scegliere lui, ma credo che sia stata una scelta sensata e il tuo giudizio mi conforta. E’ veramente bravissimo.
Ti ringrazio e ti abbraccio, Vale!
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Ale, ok il maghetto era il nome che hai scritto tu (Potter…) – ma ora mi devi togliere una curiosità? Le storie che scrivi, quando le scrivi, hai tutto scritto e le metti a pezzettini o vai avanti un poco per volta, perchè davvero sei una fucina e mi chiedo come ci riesci …
Nei brani che scrivi, come in questo, mi piacciono certe “divagazioni” che fai e che mi fanno tenere le antenne dritte sulla lettura. Poi mi piace come usi certe parole che sembrano normali, ma per come le imposti tu non lo sono: faccio un esempio? “Sorseggiò la vodka” … non è mica un sorseggiare normale, per il come e dove lo hai inserito e io me lo sono proprio immaginata quel sorseggio (di più, ho bevuto anche io)… ecco ho trovato come dire: tu hai la capacità di dilatare il tempo d’emozione facendo gustare la scena al rallentatore da parte del lettore. BRAVA!
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Capitolo in parte chiarificatore, seppur transitorio. Si respira nell’aria l’odore di importanti accadimenti.
Strano che Monica si faccia scrupoli… adesso. Ha fatto di peggio…e per motivazioni meno solide di quelle di stavolta.
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La figura dell’agente mediocre (e fortunato) mi è molto piaciuta, se ne vedono tanti così tutt’intorno. Questo tuo modo di scrivere mi proietta in mondi per me remoti, ma che nella realtà concreta sono proprio così ed io lo so, mentre ti leggo mi dimentico di tutto.
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Questo conto alla rovescia lega ancora di più il lettore al racconto 😉
Ho apprezzato la trama della “regia russa”, ma le considerazioni di Monica erano qualcosa che… prima o poi dovevano arrivare, un po’ come i classici nodi al pettine 😉
Chissà se adesso deciderà di cambiare vita…
http://www.wolfghost.com
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@ RAGGIOLUMINOSO per prima cosa ti ringrazio moltissimo per le tue parole, poi ti rispondo volentieri.
Scrivo un capitolo alla volta, in genere al sabato, e alla domenica lo posto. Non ho mai niente “di riserva”. So che è un modo di fare rischioso, ma ho bisogno di adrenalina e l’idea di avere una scadenza da rispettare me la dà.
Mi sono sempre comportata così, con “Alex Alliston”, “Matrioska”, etc.
Un bacione ^^
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@ BRUM è vero, Monica ha fatto di peggio; ma spesso i “crolli” – posto che il suo lo sia, e questo è ancora da verificare – arrivano quando meno te lo aspetti. L’acqua scava sotto i ponti…
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Uhm. E’ vero…
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@ BRUM sono lieta che lei convenga, Duca Conte.
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@ DOMENICA LUISE mi fa un immenso piacere ciò che scrivi.
“La figura dell’agente mediocre (e fortunato)” è piaciuta anche a me, e mentre parlavo di lui sorridevo da sola.
Un abbraccio*
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@ WOLFGHOST Monica ha subito forti pressioni. Innanzi tutto, fu messa sotto accusa dai “suoi”. Poi ha sparato a Matrioska (che forse amava). Infine, Pomarev…
Adesso deve ritrovare la fede, chiamiamola così, oppure appunto cambiare vita e lasciare la CIA.
Baci lupeschi 😛
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uhm… le auguro di cambiare vita… se ce la fa! 😀
http://www.wolfghost.com
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@ WOLFGHOST sarebbe la scelta più giusta, però…
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Monica può fare qualsiasi cosa. E’ semplicemente fantastica. La adoro. Non s’era mica capito vero Ale?
Questa cosa che scrivi il sabato e dell’adrenalina è molto interessante. Apre uno squarcio sul tuo carattere che peraltro, perdona la presunzione, mi pareva di aver intuito.
Il mediocre fortunato esiste eccome. Una volta mi dava sui nervi. Adesso non più. Di solito lo guardo col sorriso stile Rober De Niro nella fumeria in C’era una volta in America. Lui, il mediocre, non capisce. E la cosa mi fa sorridere ancora di più.
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Un altro episodio intenso, ricco di colpi di scena.
un racconto che continua a stupire come i ricordi di Monica
nel ricordare Matrioska, Lodge e il mettere in discussione
e riflettere sul percorso che l’ha portata a quello che è, con
i vari dubbi di come sarà….
Ora manca poco al cambiamento della situazione e chissà
come andranno le cose….
Un abbraccio Alessandra e dolce giorno!
michelle
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@ KRIS due cose avevo capito: che stravedi per Monica e che, essendo intelligente e psicologa, avevi compreso molti miei aspetti.
Un abbraccio forte forte.
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@ VENTIDIPRIMAVERA Monica ripensa al passato e riflette sul futuro, vivendo nel contempo male il presente.
Domenica, naturalmente, ci sarà il nuovo capitolo, che definirei l’inizio della seconda parte.
Bisous, Michelle, e grazie * _________ *
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kiss my blond witch ❤
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@ MARI a big hug from your witch ^^
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Puntata ricca di espedienti narrativi, in qualche maniera anche brillanti, hai escogitato bene la vicenda e le tue carte. Alcuni personaggi vengono sempre più a galla, gli intrecci si stanno risolvendo. Ma mi aspetto uno dei colpi di scena prima della conclusione che sento prossima. Weber e Yarbes sono una spanna sopra e i pensieri di Monica fanno intuire anche qualche rimpianto del passato. Un caro saluto.
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Buongiorno, cara Ale, la storia ricca di intrecci e descrizioni minuziose su di un mondo che realmente esiste, apre uno scenario sugli espedienti usati dalla crudeltà umana che non passa sopra a nulla pur di raggiungere l’obiettivo. Al tempo la Russia era una delle due maggiori potenze ed il mondo la temeva, poi le cose si sono ridimensionate, il KGB non esiste più e alla tua storia che si rifà ad una realtà vera, mancano poche ore al famoso colpo di stato. Incredibile come tu sappia portare avanti una vicenda, creando puntate su delle ore mancanti, bravissima.
Buon 1° maggio (per quello che si può).
un abbraccio
annamaria
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@ UNIVERS Weber e Yarbes avranno sicuramente modo di distinguersi. Monica è confusa e turbata, vedremo se saprà riprendersi.
Grazie, caro, e buona giornata festiva.
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@ ANNAMARIA49 molte cose sono cambiate da quei giorni, il KGB non esiste più e adesso gli Stati Uniti hanno una posizione di forza analoga a quella dell’impero romano. Il colpo di Stato mirava a una restaurazione, che secondo un mio conoscente russo avrebbe portato a molti benefici. Va aggiunto che Sasha – questo è il suo nome – non apprezzava Gorbaciov, né le sue riforme. Ognuno ha il suo punto di vista.
Ti ringrazio per i tuoi elogi, amica mia, e ti abbraccio.
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Strategie e politiche molto geniali, una vera tessitura di abilità che regna nella politica e che ci fa capire le molteplici realtà e le tante verità!
Monica con le sue riflessioni sembra in preda ad un momento di grande stanchezza, ma sono sicura che si riprenderà, o…..
Vedremo 😉
Un abbraccio
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@ CLE REVERIES la politica molto spesso è l’arte dell’inganno, dai tempi di Alcibiade.
Grazie, darling!
Un bacione 🙂
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