Monica camminò per quasi un’ora, poi le forze la abbandonarono. Si lasciò cadere per terra, ma sapeva benissimo che era questione di minuti, dopodiché l’avrebbero rintracciata. Si trascinò stancamente fino a un bosco che in quel punto costeggiava la strada. Si inoltrò fra gli alberi e, quando pensò di non essere visibile da chi la stava seguendo, si raggomitolò sul terreno e cadde in un sonno profondo.
In realtà, a causa della sofferenza patita, aveva perso la cognizione del tempo. Un’automobile, un mezzo blindato, una motocicletta o un elicottero, l’avrebbero già raggiunta da un pezzo. Quello che non sapeva era che il capitano Anatolii Vasilyev adesso si trovava in compagnia della diletta moglie Cheslava, posto che esistesse veramente un luogo dove potessero ricongiungersi. Né che, prima di spararsi, aveva ucciso il suo aguzzino, e tramortito medico e infermiera. Naturalmente la stanza delle torture era insonorizzata.
Quel pomeriggio ci fu una telefonata. Partì da una linea sicura della Germania, attraversò l’oceano e raggiunse la Virginia.
Come un baro di professione, il quale, dopo aver perso somme ingenti per tutta la sera, proprio all’ultima mano, quando è di mazzo, riesce a servire un poker e un full, riservandosi una scala reale e in tal modo portando alla rovina gli avversari allibiti, Vladimir Putin prese il ricevitore e compose personalmente un numero.
Aspettò con calma, finché non gli giunse all’apparecchio la voce del capo della divisione sovietica di Langley, Patrick Keynes. I due uomini si erano già parlati e, benché Keynes non riuscisse a capire il comportamento del russo, lo ascoltò con estrema attenzione.
“Siamo arrivati al dunque.”, disse Putin. “Entro due giorni il mondo cambierà, con conseguenze gravissime per l’occidente.” Prima di riagganciare, ricordò per la seconda volta al suo interlocutore che aveva salvato la vita all’agente Martin Yarbes; non solo: gli aveva fornito i mezzi necessari per raggiungere la dacia del segretario generale del PCUS, Michail Sergeevic Gorbaciov, a Foros, in Crimea. Purtroppo, nonostante l’intervento del SIS, questo non si era dimostrato possibile.
Dopo aver chiuso la comunicazione, Putin si concesse un sorriso soddisfatto. Più di questo non avrebbe potuto fare. Dato che desiderava la caduta di Gorbaciov, ufficialmente – ma in forma defilata – stava dalla parte dei congiurati; ma, poiché per i suoi piani futuri voleva l’amicizia degli Stati Uniti, dopo aver aiutato Yarbes, tuttavia impedendogli di incontrare il segretario del PCUS, aveva avvisato gli americani… però a tempo ormai scaduto.
Un’unica cosa lo rendeva perplesso. Quando era stato rovesciato il regime zarista, il popolo compatto aveva approvato quella giusta rivoluzione. Non avrebbe potuto affermare lo stesso concetto per quanto riguardava la situazione attuale. E, se era vero che per lui il popolo non contava nulla, era però altrettanto vero che non sarebbe stato facile spodestare Gorbaciov senza il consenso delle masse. Per Putin il concetto di “popolo”, di “masse popolari” era ampio e comprendeva, fra gli altri, anche i soldati e gli ufficiali di grado inferiore dell’Armata Rossa. Questa era la ragione per cui manteneva un profilo defilato.
Un’ora più tardi – negli USA erano le dieci del mattino – il segretario di Stato James Baker ebbe un lungo colloquio con il presidente Bush.
Fu un colloquio alquanto deprimente.
“Questi dannati russi!”, esclamò a un tratto George Bush. “Cosa credono di fare?”
Baker rimase in silenzio.
“Molto bene. Se Gorbaciov dovesse cadere, allora noi bombarderemo Mosca. La raderemo al suolo.”
Il segretario di Stato tossì. “E’ un fatto interno, signor presidente…”
Bush si alzò e andò alla finestra a prova di proiettili, rosso in volto per la collera e la frustrazione. Lui aveva fatto la guerra (era stato il più giovane aviatore dell’aeronautica americana) e sapeva cos’era. “Già.”, ammise. “E allora?”
James Baker parlò con calma. “Mi assicurano che Martin Yarbes è il miglior agente della CIA. E non è solo.”
Mentre il presidente degli Stati Uniti conferiva con il segretario di Stato, Boris Eltsin fissava cupamente un bicchiere vuoto. Lo riempì nuovamente di vodka e tornò con il pensiero al giorno in cui aveva ricevuto la visita del giornalista inglese e della giovane donna americana.
In quell’occasione, aveva rilasciato di buon grado un’intervista, ma si era rifiutato di credere alle parole della spia. Farneticazioni!, aveva pensato. Oppure qualche subdolo tranello messo in atto dai nemici dell’Urss. A quale scopo, lo ignorava; ma, in ogni caso, aveva dimenticato presto la faccenda.
Adesso capiva che si era sbagliato, e quello poteva diventare il più grave errore della sua vita.
Da tempo osteggiava Gorbaciov, a causa della lentezza con cui procedevano le riforme – comunque inadeguate -, ma vedeva Kryuchkov come il fumo negli occhi.
Dalla padella alla brace, si disse.
Poi diede disposizioni affinché la sua macchina fosse pronta per portarlo a Mosca.
L’apprensione di Bush era condivisa a Downing Street. Il premier britannico ascoltava attentamente Sir Colin McColl. Nel frattempo, su suo preciso ordine, il ministero degli Esteri rilasciava dichiarazioni evasive agli ambasciatori di vari Stati che caldeggiavano informazioni. Gli spifferi si erano diffusi e la fila si allungava, ansiosa ma delusa.
“C” non aveva notizie particolarmente incoraggianti. D’altro canto, sostenne, la Gran Bretagna si trovava con le mani legate, esattamente come gli alleati americani. Era impossibile agire in modo diretto, intervenendo negli affari interni di un’altra nazione. O meglio: ciò sarebbe stato possibile se la nazione in questione fosse stata africana, dell’est asiatico oppure dell’America del Sud, naturalmente con la dovuta cautela. Ma L’Unione Sovietica!
Sir Colin cercò, peraltro, di rassicurare John Major. William Weber era un elemento di prim’ordine. Avrebbe fatto tutto il possibile per evitare la catastrofe.
Major si chiese come avrebbe reagito Margaret Tatcher. La tentazione di telefonare alla lady di ferro dagli occhi azzurri era fortissima.
Ringraziò il direttore del SIS e rimase solo con i suoi pensieri.
Se per Martin Yarbes collaborare con Weber era naturale, non lo era affatto per il colonnello Lebedev.
I due erano l’uno un agente della CIA, l’altro un membro del SIS: in parole povere due cekisti al servizio dell’imperialismo. Ciò, naturalmente, valeva anche per il superiore di Yarbes, Patrick Keynes. Eppure Keynes si era dimostrato estremamente sincero, e ora Lebedev ne aveva le prove. Scrutò per un attimo i suoi compagni di viaggio. Entrambi erano taciturni. Piotr Ivanovic Lebedev non sarebbe mai diventato colonnello, né tanto meno il rezident del KGB a Londra se non fosse stato in grado di valutare gli uomini. E quei due uomini erano speciali, indipendentemente dalla loro nazionalità, dal credo politico e dagli eventuali pregiudizi sull’Unione Sovietica.
Lebedev sapeva perfettamente che la maggior parte degli agenti della prima direzione centrale adesso si trovava all’estero; soltanto pochi fedelissimi a Gorbaciov erano attualmente a Mosca. Il colonnello guardò fuori del finestrino. L’inglese e l’americano valevano almeno dieci uomini della seconda direzione centrale. E avrebbero lottato al suo fianco.
Ruppe il silenzio per rivolgere una domanda a Yarbes. “Lei è l’uomo che cercò di uccidere il tenente generale Aleksandr Sergeivic Stavrogin, vero?”
Martin rifletté, prima di rispondere. “Due volte.”, infine ammise. “La prima fu in America, dove egli si era recato per eliminare un mio collega, John Lodge. La seconda in Francia, a Cannes. E lì ci andai molto vicino. Ma Stavrogin, Matrioska, era un demonio.” Dopo un istante, soggiunse: “Devo ammettere che in un momento come questo la sua presenza sarebbe indiscutibilmente importante. Ho studiato a lungo il suo dossier: non si sarebbe mai schierato con i traditori. E aveva mille risorse.” Si perse per un istante nel ricordo di quei giorni.
Lebedev disse: “Conosce le circostanze esatte della sua morte?”
Yarbes annuì. “Fu una mia collega a sopprimerlo. Gli sparò in una stanza d’albergo.”
“Una donna eccezionale.”, commentò Lebedev.
Martin Yarbes si lasciò sfuggire una risata assolutamente priva di allegria. “Già. E sa dove si trova adesso, colonnello?” Non aspettò la risposta. “Alla Lubjanka. Sempre che sia ancora viva.”
“Allora pensi anche a lei, quando affronteremo gli uomini di Vladimir Alexandrovich Kryuchkov.”
Monica Squire fu svegliata da una ragazza che dimostrava circa ventiquattro anni e che l’apostrofò in russo. “Non va bene dormire qui.”, disse scuotendo la testa. Monica la guardò, ancora confusa. Di statura media, aveva i capelli castani e il viso dai lineamenti marcati. Le braccia, nude, erano muscolose per via del lavoro nei campi. Sorrise gentilmente. Gli occhi scuri esprimevano simpatia e curiosità. Era insolito, per usare un eufemismo, trovare una donna addormentata in quel bosco; in passato, aveva visto degli ubriachi, dei mendicanti, dei vagabondi: mai una donna, però. Si stava chiedendo quale fosse il motivo di quel comportamento bizzarro.
“Devo andare a Mosca.”, disse Monica senza una ragione precisa.
“Tu non sei russa.”, dichiarò la ragazza.
“No. Sono americana.”
La giovane la fissò con stupore. “Americana.”, ripeté. “Beh, io mi chiamo Magdalina. Parli bene la mia lingua.”
“Non abbastanza bene, evidentemente. Comunque, mi chiamo Monica.”
Sebbene sapesse che era rischioso, uno strano impulso la spinse a confidarsi con Magdalina. “Mi stanno cercando.”, disse. “Sono scappata perché volevano uccidermi. Non ho con me soldi, documenti, niente. Puoi aiutarmi?”
Magdalina non rispose subito. La osservò, pensando che quasi certamente era il KGB a cercarla. Ed era molto pericoloso mettersi contro di loro. Solo un pazzo lo avrebbe fatto.
Penserò a Squire ma non soltanto a lei, si disse Yarbes. Pronunciando mentalmente quelle parole il suo pensiero corse alla giovane ragazza dai capelli ramati che lui aveva amato. Condividevano la passione per la natura, le foreste, gli animali. All’epoca Yarbes era convinto che sarebbe diventato un guardacaccia e, se gli avessero detto che invece nel suo futuro c’era lo spionaggio, sarebbe scoppiato a ridere.
Leila era stata stuprata in un bosco. Un mese dopo si era tolta la vita.
In seguito, quando ormai era entrato a far parte della CIA, Martin aveva ucciso i quattro delinquenti che l’avevano violentata. Li aveva sorpresi all’uscita di una discoteca, mentre stavano molestando una nera.
Per alcuni versi, la personalità di Yarbes era lineare, e i suoi comportamenti conseguenti. Svolgeva il suo lavoro nel migliore dei modi, obbediva agli ordini… qualsiasi ordine. Non aveva esitato a sparare a un agente dell’FBI; aveva promesso a un traditore che, se avesse confessato, sarebbe finito in un carcere federale, tranne poi ammazzarlo. Era stato il capo di Langley in persona a impartirgli tali comandi, e lui non si era tirato indietro.
Per altri versi, talvolta si chiedeva se tutto questo avesse un senso.
Soprattutto, non aveva mai dimenticato quel bosco, e la vergognosa vigliaccheria di cui in quell’occasione aveva dato prova, non impedendo lo stupro. Non sapeva – e non lo avrebbe mai saputo – che in circostanze analoghe Matrioska si era trasformato in una belva feroce. Tuttavia sapeva che poi aveva trovato il coraggio per punire quei bastardi. Quando, però, era troppo tardi.
Da allora la sua vita era cambiata.
E in quel preciso momento aveva un solo obiettivo: far fallire il golpe.
Le lancette dell’orologio si stavano avvicinando all’ora X.
Il viatico porta a riletture di accadimenti, con varianti, generose. Purtroppo, in quei meandri prevale spesso la violenza, mia nemica….come dici tu. Sempre brava, nel dipanare meriti storici. Saluti da Sar.
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Спасибо!Статья действительно очень хорошо сделано, и впечатляет
Spasibo! Statʹya deystvitelʹno ochenʹ khorosho sdelano, i vpechatlyayet!
Слава России
Slava Rossii!
ура!
Urrà!
Александр Сергеевич Ставрогин
Aleksandr Sergeyevich Stavrogin
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Lungo capitolo, ben articolato. Yarbes è ben determinato a portare a termine l’incarico. Monica si rivela molto umana ma riuscirà a raggiungere Mosca?
Eltsin si muove. fermerà il golpe? Tanti interrogativi che per il momento non hanno risposte.
Tutto il capitolo è piacevole da leggere alternando pause descrittive ad azioni ben sviluppate.
Aspetto la prossima
Un caro abbraccio
PS questa tua nuova fatica merita un bel successo. La storia sta uscendo molto bene.
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@ SALVATORE RIZZI purtroppo il mondo è pervaso dalla violenza. E non credo che le cose possano cambiare.
Grazie, Sar, e un salutone!
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@ Александр Сергеевич Ставроги
spasibo!
Da italiana sono costretta a dire che il vostro inno batte il nostro dieci a zero!
E’ stupendo, maestoso, evocativo.
Radiosità.
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@ NEWWHITEBEAR le tue parole mi fanno un grandissimo piacere. Questa non è una storia semplice da scrivere, ma in essa riservo tutte le mie energie.
Ci sono molti interrogativi, è vero, e strade che alla fine si incroceranno.
Un grande abbraccio.
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Ogni tanto mi chiedo come fai….sì perchè questa non è una storia semplice, e a te viene così naturale da sembrare semplice….quindi i complimenti non sono mai abbastanza!
Sono felice di leggere che forse qui c’è un altro angelo (Magdalina)!
Ti abbraccio, baci
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@ MARI tesora, non sbagli su Magdalina.
Riguardo a come faccio – posto che sia sensato quello che scrivo -, ciò è dovuto a un grande impegno. Le cose facili non esistono.
Un enorme abbraccio!
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Hai detto una grande verità, le cose facili non esistono! Mi piace pensare che ci sono persone che ci fanno sembrare le cose come facili….e tu sei una di queste, una Strega…..la MIA!
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@ MARI sono commossa, Marina.
E confermo: sono una Strega. La TUA!
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Adesso, quando sappiamo che la storia non continuerà per molto, possiamo dire che hai dato vita a un’opera di valore. Gli intrecci e i complotti sono stati ben trattati e sempre in modo preciso e puntuale, una lettura viva e mai noiosa o pesante. Le informazioni politiche sono realtà verificabili intrecciate a fatti verosimili intessuti in storie umane. Umani sentimenti in cui nobiltà, volgare ambizione e meschinità non mancano per rendere l’intero romanzo avvincente. Incontri fortuiti, morte violenta e angelo salvatore si avvicendano tanto da permettere congetture su colpi di scena futuri alla fine di quasi ogni capitolo. Come accade qui per Monica che avevamo visto perduta irrimediabilmente ma che per adesso è salva, ma ci chiediamo come Magdalina potrà darle una mano?
Vedi ci leghi all’intero plot! e non mi stanco di dirti che sei bravissima!!!! 😀
Un abbraccio e buon inizio di settimana.
🙂 🙂 🙂
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Pensavo (in riferimento a Lebedev che decide di fidarsi dei due americani) che erroneamente spesso siamo portati a fidarci di persone che sembrano essere dalla nostra parte… ed a non fidarci di persone che apertamente esprimono opinioni diverse dalla nostra. In realtà… questi ultimi sicuramente sono persone oneste e con una certa univocità di pensiero. Affidabili. Tra i primi, invece, possono nascondersi dei voltagabbana, che puntualmente non perderanno l’occasione di tradirci a loro volta.
Comunque… capitolo piuttosto intricato e dai diversi risvolti storici, richiede molta attenzione (almeno per me che non li conoscevo). Ma bello.
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Tra l’altro sarebbe (è) il motore della storia…MARX! Ciao da Salvatore.
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@ CLE REVERIES ti ringrazio per il commento davvero bellissimo e per le care parole che mi hai dedicato!
Comunque, la fine è ancora lontana.
Bacioni 😛
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@ BRUM condivido il tuo pensiero e sono lieta che ti sia piaciuto questo capitolo.
Buona serata ^^
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@ SALVATORE RIZZI certamente, Sar.
Ciao!
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Ricambio e buona notte…Sar!
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ahahah “bombardare Mosca”? Meno male che Bush non era a corto di suggeritori! 😀
Puntata molto intensa e interessante, soprattutto è affascinante il punto di vista dei vari interpreti politici dell’epoca.
Certo… contro colossi come l’ex Unione Sovietica o la Cina non è consigliabile intervenire… 😉
http://www.wolfghost.com
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@ SALVATORE RIZZI dolci sogni!
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@ WOLFGHOST caro lupo, in realtà è provato che nel caso di una guerra “totale” gli Stati Uniti avrebbero annientato l’Unione Sovietica, sebbene con gravi perdite. Diverso il caso di un conflitto “convenzionale”, nel quale almeno inizialmente l’Urss avrebbe prevalso.
Grazie ^^
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Nel caso di una guerra totale dubito che si sarebbe salvata l’intera specie umana… e forse la vita sulla terra 😐
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@ WOLFGHOST ci può stare…
Ricordo una frase di Einstein che riguarda proprio questo argomento.
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Monica fugge e una donna apparentemente disponibile la soccorre, credo che Monica abbia fatto male a confidarsi con la donna dall’aspetto contadino. Il golpe sta per compiersi: è giunta l’ora.
Una puntata densa di intrecci, di riferimenti storici, il tutto curato nei particolari. Il tuo è un lavoro complesso: oltre che romanzare devi anche documentarti, sei bravissima, cara Alessandra.
Ti auguro una felice giornata.
un abbraccio
annamaria
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Puntata ricca, bella corposa, sicuramente alterna momenti di stasi ad altri intensi, come un cambio di marcia repentino. Brava. Monica è anche ‘normale’ e fatta di carne e sangue ma… sempre con un interrogativo pesante sulla sua testa, in my opinion. Alla prossima.
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@ ANNAMARIA49 in effetti, cara Isabel, questo è un lavoro molto impegnativo.
Sì: è proprio giunta l’ora.
Grazie e un buon proseguimento di giornata.
Baci ^^
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Eccomi qua. Passo, passo da te anche se non lascio commenti. E’ che mi piacciono le storie a puntate, ma preferisco i racconti brevi. Per quelli lunghi preferisco dare un giudizio dopo aver letto tutto.
Ma tu non smettere di venire da me!
ti abbraccio.
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@ UNIVERS il tuo commento mi fa molto piacere!
(Chissà quale sarà la tua opinion?)
Un caro saluto.
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@ SUZIEQ11 sta per arrivare un racconto breve 😛
Bacione*
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Sembra quasi che il meglio debba ancora venire. Mancano poche ore e ancora tutto é in movimento.
Piano piano ciascuno ha giocato la propria mano, ha scoperto le proprie carte.
Alla fine di tutto, nessuno potrà dire: non mi sino fatto nulla, perché nulla sarà come prima.
Ciascuno ha barato in una maniera o nell’altra, perché la posta é di quelle troppo ghiotte, ma nessuno é angelo o demone fino in fondo.
La Storia ha emesso il suo verdetto, lo sappiamo … ma quale sarà il verdetto per i personaggi che abbiamo incrociato?
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@ CAPEHORN ci saranno vari verdetti. A ciascuno il suo. E la clemenza, credo, verrà dimenticata…
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@ KRIS ovunque tu sia, buona Pasqua, cara!
Perché domenica, contrariamente al solito, non ci sarà la “Lubjanka”.
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Un capitolo molto bello che mi ha fatto imparare cose che non conoscevo.
Ciao da Vale
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Ho letto alcuni commenti e mi è piaciuta una tua frase. “E la clemenza, credo, verrà dimenticata.”
Mi auguro che tu stessi pensando all’odioso Pomarev!
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@ VALENTINA grazie, cara Vale!
Naturalmente sul resto non posso pronunciarmi…
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Carissima, è stato come rileggere, ripassare la storia di un periodo,
di epoca, un capitolo coinvolgente, molto complesso, scritto con grande abilità… Ora mi chiedo cosa succederà, se Magalina aiuterà Monica…
Ti lascio un grande abbraccio Alessandra e a presto!
Michelle
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@ VENTIDIPRIMAVERA io penso che Magdalina sia buona, però è chiaro che giustamente teme il KGB.
Un grande abbraccio a te, Michelle, e grazie!
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Ciao!
Ho letto subito, domenica. Anzi ho avidamente bevuto.
Poi ho spento il pc. Mi sentivo in una sorta di overdose da internet. L’ho riacceso solo ora. Ogni tanto pensavo: devo assolutamente fare almeno un saluto ad Ale.
Non è un periodo fantastico. Alcune cose non vanno come dovrebbero. Niente di insormontabile. E’ la vita. E coi delfini bisogna continuare a giocare, sempre.
Buona Pasqua anche a te e un bacio davvero speciale, specialissimo.
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@ KRIS dire che anche per me questo non è un periodo fantastico sarebbe un eufemismo… ciò che conta, comunque, è che per te le cose migliorino. Te lo auguro di tutto cuore.
Per Pasqua ci sarà un post mistico, editato venerdì, e vagamente o forse molto eretico… lo stesso di ogni anno.
I delfini ti ringraziano ^^
Ciao e un grandissimo bacio a te!
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finalmente sono riuscito a mettermi in pari … la storia è sempre molto interessante e avvincente bravura e fortuna casi della vita e complotti ben pianificati .. attendo con pazienza l’evolvere degli eventi verso il gran finale… e già che ci siamo buona pasqua!
a presto
Ciaoo
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@ POCHEPRETESE il fatto che tu segua questa storia, e che ti piaccia, mi rende molto contenta!
Ti auguro una Pasqua serena e felice.
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