Lo starets Zosima era molto più anziano di quanto potesse apparire a un osservatore superficiale. Egli stesso ignorava quanti anni aveva, dato che se sapeva dove era nato – in un piccolo paese vicino ai monti Urali – ignorava però l’anno in cui era venuto al mondo. Figlio di contadini privi della benché minima cultura, aveva lavorato a lungo nei campi finché un giorno d’estate non gli avevano ordinato di recarsi a Mosca – ricordava molto bene quel giorno, come del resto ricordava quasi tutto della propria vita, dato che era provvisto di una memoria eccezionale. Lì era stato arruolato, addestrato e spedito sul fronte occidentale.
Zosima aveva combattuto con valore, ma sembrava che fosse impossibile fermare la marea tedesca. Divisioni su divisioni di carri armati tranciavano le linee sovietiche come fossero burro. Aperto il varco, esso veniva chiuso da grandi manovre a tenaglia che intrappolavano centinaia di migliaia di soldati russi. Ciò che non era riuscito a Napoleone sarebbe riuscito a Hitler.
Non fu così, ma Zosima per molto tempo non lo seppe: ferito gravemente, trascorse un anno in un ospedale militare. Quando si fu ripreso, la luce di Dio era calata su di lui. Finita la guerra, prese i voti.
In Russia, prima e dopo il comunismo, la figura dello starets suscita una particolare suggestione. Egli incute rispetto, guarisce i malati, spesso ha visioni che lo conducono vicino alla soglia della morte, è accolto dalla massa con devozione, ed è in grado di predire il futuro. Non tutti gli starets sono buoni – un esempio negativo è rappresentato dalla figura sinistra di Rasputin -, ma ciò non toglie che qualsiasi vero credente si affiderà sempre e comunque alla loro parola. In questo, è difficile stabilire il limite fra superstizione e fede. Tali personaggi esistono da molto. Inizialmente erano diffusi in Grecia e in Egitto, solo più tardi arrivarono in Russia.
Zosima aveva compiuto miracoli, o almeno così si diceva, non aveva mai accettato il regime comunista in quanto negazione del volere del Signore, e aveva predicato ovunque lo portassero le sue robuste gambe di antico soldato e contadino. Le autorità lo tenevano d’occhio, ma nemmeno Stalin avrebbe preso in considerazione l’idea di farlo arrestare perché poi fosse deportato in Siberia o più semplicemente fucilato. E, in ogni caso, le parole dello starets non riguardavano quasi mai la situazione politica, non per mancanza di coraggio ma a causa di aspettative più elevate. Procedendo per allusioni, Zosima in genere si limitava ad annunciare un nuovo mondo e una nuova verità che presto o tardi sarebbero arrivati. Le allusioni, però, finivano qui: per il resto, lo starets si esprimeva in modo diretto e chiaro, affinché il suo messaggio fosse recepito da tutti, ed era un messaggio che andava oltre una realtà che egli considerava transitoria. Di certo, non temeva minimamente per la propria sorte. Se lo avessero ucciso, avrebbe raggiunto Gesù in paradiso. Non era un intellettuale e di conseguenza sapeva rivolgersi alla gente umile.
Da otto anni viveva a Mosca, venerato dal popolo.
In quel giorno di agosto vide uscire dalla cattedrale di San Basilio quattro persone. Distinse con chiarezza chi erano i persecutori e chi le vittime.
Si eresse in tutta la sua statura – superava il metro e novanta – e puntò un dito su Pomarev.
“Io leggo nel tuo animo!”, dichiarò con voce stentorea. “Esso è nero, macchiato da colpe e nefandezze. In nome di Dio, ti ordino di lasciare libere queste donne. In caso contrario…”
Pomarev non sapeva se essere divertito o irritato. “Togliti dai piedi, vecchio.”, replicò. “Questa è una questione di Stato che non ti riguarda.” L’irritazione prese il sopravvento quando notò che l’uomo che era con lui si stava facendo il segno della croce. Il maggiore del Gruppo Alpha tirò fuori la pistola. “Su quante divisioni può contare il Papa?”, domandò beffardo prendendo in prestito la frase da Josif Stalin. “E dove sono le tue divisioni?”
“Sono dietro di me.”, rispose con calma Zosima.
Pomarev guardò oltre il monaco e vide una moltitudine di fedeli, perlopiù donne e vecchi; ma c’erano anche degli uomini, e le loro espressioni erano dure e minacciose.
Pomarev sorrise, sprezzante. Sarebbe bastato sparare a due o tre persone, scelte a caso, perché quella folla si disperdesse in preda al panico. Erano i metodi che usava lo zar e funzionavano, avrebbero sempre funzionato. Oppure avrebbe potuto mirare al vecchio pazzo.
“Coraggio, non esitare.”, disse Zosima, come se gli avesse letto nel pensiero. “Aggiungi un nuovo peccato alla lista che ti appartiene. Io non nutro timori per la mia anima, ma in quanto a te sappi solo che prima che finisca l’estate…”
“Taci, mentecatto!”, sbottò Pomarev, perdendo per una volta la sua proverbiale, glaciale, calma. Lo starets lo innervosiva. Era abituato a vedere la gente tremare, ma quel vecchio sembrava immune alla paura. Meritava una punizione, decise.
Appoggiò la canna della pistola sotto al suo mento.
Lo starets non batté ciglio.
L’ira aveva reso Pomarev incauto.
Mentre commetteva quel gesto infame, e il suo aiutante lo guardava sbigottito, Nadiya e Monica si allontanarono rapidamente dalla cattedrale.
Negli Stati Uniti esiste una legge di cui pochi sono a conoscenza. Si chiama Comprehensive Crime Control Act. Tale legge, alquanto arbitraria, permette all’FBI di arrestare chiunque abbia ucciso un cittadino americano, in qualsiasi Paese del mondo egli si trovi. Una seconda legge, promulgata in seguito e ancora più arbitraria, dal nome Omnibus Diplomatic Security and Anti-terrorism Act, estende ai corpi speciali la facoltà di intervenire laddove siano stati effettuati atti di terrorismo ai danni degli Stati Uniti, anche senza l’approvazione del governo locale. Ciò portò fra l’altro al caso di Sigonella.
Se, poi, l’intelligence falliva, gli americani erano capaci di distruggere una fabbrica di medicinali, scambiandola per un deposito di armi, in base allo stesso principio che aveva ispirato gli autori di quelle due leggi: che tutto gli era permesso.
Mentre consumava un pasto a base di salsicce, pane nero e cetrioli, in attesa che due uomini di Sasha arrivassero con un fuoristrada, Martin Yarbes rifletteva sull’impossibilità di avvalersi del Comprehnsive Crime Control Act nei confronti del maggiore Pomarev del Gruppo Alpha. Miloslav Pomarev non era né un terrorista né un esponente della malavita, bensì un ufficiale delle forze speciali sovietiche. Però, era anche un criminale e avrebbe meritato di finire i suoi giorni in un carcere americano. Meglio ancora se fosse stato eliminato. Da Sasha era venuto a sapere molte cose sul conto del maggiore, altre le aveva appurate da sé. Il verdetto poteva essere uno solo: era inequivocabilmente colpevole. A causa sua, era stata sterminata la famiglia di Tarasov, era morta la nonna di Sasha, e Yarbes temeva che anche Monica Squire e Susan Cooper fossero state uccise.
Sasha aveva reagito con freddezza quando aveva scoperto che Agniya era stata torturata in modo disumano e non aveva attribuito colpe all’americano: era palesemente più scontento per doverlo portare in Crimea. Nel campo in cui operava non c’era molto spazio per i sentimenti.
Il viaggio per raggiungere Foros, dove era ubicata la dacia del segretario generale, sarebbe durato circa diciotto ore. Dopo aver lasciato Mosca alle due del pomeriggio, giunsero a Kharkiv, in Ucraina, poco prima di mezzanotte; in prossimità della città, Sasha aveva abbandonato la M2, scegliendo una serie di strade alternative che sembrava conoscere alla perfezione, forse perché erano legate ai suoi traffici.
Avevano mangiato dei panini durante il percorso e Sasha si era fermato soltanto per fare rifornimento di carburante. I due russi erano entrambi taciturni, Yarbes pensava a Gorbaciov. Si chiedeva se avrebbe creduto a Lebedev; Putin non aveva espresso opinioni in merito, il che era tipico, Sasha sosteneva che il colonnello non avrebbe avuto nemmeno il piacere di essere ascoltato. Yarbes era più ottimista, ma non sicuro al cento per cento.
Uscirono da Kharkiv e Sasha condusse la UAZ 469b, cioè il modello che non era destinato all’esercito, il quale non è contrassegnato da lettere, in uno spiazzo isolato, ai margini di un bosco. Spense il motore. “Passeremo la notte qui.”, disse.
Yarbes tardò ad addormentarsi e alla fine scivolò in un sonno profondo.
Alle prime luci dell’alba fu svegliato dal suono di voci concitate. Aprì gli occhi e vide cinque uomini armati di Kalashnikov. Sasha e Lebedev erano in mezzo a loro con le braccia alzate; probabilmente erano stati colti di sorpresa, mentre dormivano. Uno dei cinque gli fece cenno di scendere dalla UAZ.
Martin obbedì, alzando a sua volta le braccia.
Qualche ora più tardi, Putin apprese la notizia e annuì soddisfatto.
Aveva “aiutato” l’americano, senza tuttavia permettergli di informare Gorbaciov.
… eh, quando si dice la provvidenza, vedi? 🙂
Ci aspettavamo un miracolo per le due donne che pensavamo ormai inesorabilmente spacciate, eh!
… e poi che personalità, che personaggio, che eroe!!!
venuto su dalla storia, come quei personaggi della Russia dei grandi della letteratura ottocentesca!
Deus ex machina che ci ferma il respiro, mettendo a dura prova la boria del malvagio Pomarev e nel contempo permettere la fuga delle due donne.
…e non finisce qui….
E l’altra parte? Anch’essa fenomenale!!!
Buona domenica!!!
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….e le due donne si allontanarono rapidamente… ahhhhhh (sospiro di sollievo!)
Sarà buono questo starets? Beh, lo scopriremo, ciò che importa è che le due siano riuscite a scappare….
P.s. altre streghe sono sparite….la MIA strega non può! 😉
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Ha perfettamente ragione Cle. Sembra espirato fuori dalla taijga siberiana. Fuori dal nostro tempo, ma assolutamente contemporaneo alla grande letteratura russa e mi sembra doveroso fare omaggio alla tua passione per quella letteratura, se sei riuscita a farne un icona vibrante. Tutto può spezzare l’uomo, ma non l’Uomo e Zosima é l’Uomo, guidato da una fede sofferta e consapevole, vissuta intensamente perché accresciuta in lui in modo autentico e non per mera induzione, per puro indottrinamento. Scelta e vissuta in piena libertà e umiltà. Una figura eccellente, una pietra preziosa.
Sulla seconda parte, la nota politica é pedagogica ai pensieri di Yarbes, introducendo una riflessione su quanto é accaduto nella realtà dei nostri tempi e mostra chiaramente come certe nazioni, in virtù e forza unilateralmente espressa, possano agire quasi indisturbate per perseguire i propri scopi.
La chiusa poi risalta ancora di più, come una guerra la si possa combattere senza quasi spargere sangue.
Putin con quella mossa ha preparato il suo personale “scacco matto” che avrebbe mosso di lì a qualche anno. Sorprendendo molti, ma non di certo gli addetti ai lavori.
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@ CLE REVERIES dire che sono lusingata dal tuo commento è dire poco, specie per chi come me ha divorato tutta la letteratura russa.
Sono commossa.
Davvero.
Felice serata, darling*
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Buona serata anche a te, my dear!!
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@ CLE REVERIES lots of love * _________ *
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@ MARI lo starets è buono, tranquilla!
Non so di altre streghe (forse), ma la TUA non sparirà.
Sospiro di sollievo anche per me, perché quando scrivo mi immedesimo nelle situazioni.
Un grande abbraccio ^^
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Sospiro grande per la MIA strega….troppe volte mi sono ritrovata sola….
di una sai…(forse)…
Ok per lo starets sto tranquilla….
Baci
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@ MARI di una so (forse).
Ma io non ti lascerò mai sola!
Bacioni.
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@ CAPEHORN sei profondo come sempre. Ti ringrazio moltissimo per ciò che scrivi nella prima parte del tuo commento; riguardo alla seconda parte, noto con piacere che hai capito l’assoluta approvazione di Yarbes nei confronti di tali leggi “unilaterali”.
Su Putin concordo in pieno.
Saluti alla dottoressa Leonessa 🙂
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che ricambia con gratitudine e affetto.
🙂
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@ CAPEHORN 😀
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Una contestualizzazione storica, ineccepibile, compreso il dire del regime comunista, perchè molti confondono (confondevano) l’ex sistema sociale ivi instaurato col comunismo, tutto ancora da inverare. Saluti dal solito Sar.
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Come al solito condisci i tuoi racconti con molte informazio che poi usi con abilità per creare sorpresa e curiosità. Così l’entrata in scena di Zozimo crea un diversivo per permette la fuga delle due donne. In maniera similare Yarbes si ritrova coinvolto in qualcosa che ci lascia curiosi di conoscere come finirà.
E’ veramente gradevole e piacevole la tua scrittura che stimola la percezione visiva di quello che descrivi con le parole.
Un grande abbraccio
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@ SALVATORE RIZZI “solito” Sar, condivido il tuo pensiero sul comunismo. Un’idea notevole, tradita dagli uomini.
Ciao!
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@ NEWWHITEBEAR il mio concetto al riguardo è semplice: o si scrive seriamente questo genere di racconti oppure si lascia perdere. Per seriamente, intendo appunto informazioni attendibili, nozioni precise, etc.
Questo naturalmente costa fatica.
Se un giorno mi dovessi stancare, parlerò solo di farfalle.
Grazie, amico mio!
Un caro abbraccio ^^
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❤ baci ❤
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@ MARI 4 baci da me.
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Esattamente!!!!! Saluti sinceri.
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Cara Ale, io sono sempre meravigliata quando ti leggo e specialmente in questa veste: hai competenza spionistica e collochi sapientemente i vari momenti storici. Si capisce benissimo che ami la letteratura russa, direi che Dostoevskij è l’autore che preferisci e l’inserimento dello starets (starec) Zosima, gran personaggio in difesa del bene, ci riporta al grande classico “I Fratelli Karamazov”.
E’ un genere di lettura, questa, che non rientra fra le mie preferite, non per la qualità dello scritto che trovo eccelso, ma per il genere. Trovo, invece, la storia di Janine più nelle mie corde. Scusa cara questa mia confidenza, volevo che lo sapessi, e forse l’avevi già capito, credo che noi scrittori intuiamo anche quelle verità nascoste fra le righe: ci basta un monosillabo a volte.
Bene, continua con la stessa passione che ti contraddistingue e, nonostante questa mia sincera rivelazione, continuerò a leggere questa storia che ti costa fatica e merita di essere letta con partecipazione.
un grande abbraccio
annamaria
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@ SALVATORE RIZZI sapevo che ti avrei trovato concorde.
Cari saluti a te.
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@ ANNAMARIA49 grazie mille per la sincerità, amica mia!
In effetti, avevo già “individuato” chi preferisce questa storia e chi, invece, “I love Janine”. Alcuni avevano anche dichiarato la loro scelta, altri commentano o l’una (Kris) o l’altra (Cesare, Mistral). Lo spionaggio non piace a tutti, e c’è chi lo ritiene un genere ormai superato. Su questo non sono d’accordo: anche dopo la fine della guerra fredda, ci sono molti altri temi da trattare. Su tutti, direi la lotta al terrorismo.
Riguardo a Dostoevskij, hai perfettamente ragione. E hai dimostrato la tua vasta cultura riconoscendo immediatamente lo starets (starec) di quel grande capolavoro, uno dei quattro che Fedor scrisse (assieme a “Delitto e Castigo”, “L’idiota” e “I demoni”).
Un bacione, Isabel ^^
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Pur nella distanza telematica, non ci esime dal merito concreto. Ciao…………
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@ SALVATORE RIZZI preciso!
Ciao 🙂
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Ogni volta che Ti leggo, noto che, s’allargano sempre
di più le capacità che hai di stupire, di coinvolgere,
di meravigliare elaborando ogni capitolo che scrivi…
Anche in questo, vuoi sul racconto di Zosima, vuoi
per la conoscenza di ogni particolare….
Sei riuscita a stupirmi un altra volta.. ora speriamo che per
le due donne la situazione diventi più facile…
Complimenti Alessandra… Ti lascio un abbraccio e buon
proseguo di serata!
Michelle
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L’attendibilità e l’impatto storico in cui hai collocato questa storia non è mai disprezzabile ma è un effettivo valore aggiunto. Questa ennesima puntata lo dimostra, la suspance è determinante. Io mi schiero spesso per Yarbes, ma non si può tralasciare che l’ago della bilancia ce l’ha Pomarev, temo. Un saluto, a presto.
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Si sente forte la tua passione per la letteratura russa, brava. Ogni autore ha le sue passioni, trovo che ciò sia bellissimo e ci completi gli uni con gli altri.
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@ VENTIDIPRIMAVERA ti ringrazio infinitamente per le tue parole, Michelle!
Un bacione, chèrie*
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@ UNIVERS sono estremamente lusingata, “vecchio” amico.
Il tuo commento rafforza la mia determinazione a dare il massimo di me stessa.
Un sorriso per una bella serata ^^
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@ DOMENICA LUISE è una grande passione, in effetti.
Ed è giustissima la tua osservazione.
Grazie, e un caro saluto.
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In ritardissimo ma stavolta non per pigrizia, per lavoro.
Non era un intellettuale e di conseguenza sapeva rivolgersi alla gente umile.
Mi ha colpito questa osservazione. In linea di principio una cosa non dovrebbe escludere l’altra, anzi. Invece spesso è davvero così. Di questi tempi mi viene da pensare alla politica e alla capacità che alcuni hanno e altri no di, appunto, rivolgersi alla gente umile. Ma il ragionamento mi porta lontano, ci vorrebbe più spazio e tempo.
Un’altra cosa che mi ha colpito è l’accenno alla sceneggiatura che ti è stato fatto un po’ di tempo fa non ricordo da chi.
Magari sono fuori strada ma potrebbe essere forse che intendesse un eccesso di stravolgimenti, colpi di scena?
Per esempio mi viene da pensare che pubblicando così a puntate, per capitoli brevi, quasi quasi ogni volta sei costretta, rischi insomma di sentire la necessità di metterci dento, per forza, ogni volta qualcosa di forte, o comunque incisivo. Magari a scapito di una narrazione più piana, profonda e meditata che potrebbe forse ancora migliorare un lavoro già notevolissimo.
Chissà se intendeva questo. Probabilmente no, ma m’è venuto in mente.
Accidenti quanto ho scritto stavolta!
Non te la cavi mica con un semplice bacetto…
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@ KRIS non me la caverò con un semplice bacetto 😛
Non so esattamente cosa intendesse dire quel lettore, anche perché poi non è tornato per spiegarmi quello che evidentemente io non avevo compreso.
Ma veniamo alla tua riflessione, che è molto profonda.
C’è del vero in quanto affermi, però esistono scrittori, come Dan Brown, ad esempio, che presentano un colpo di scena a ogni pagina; non che il mio stile sia simile al suo… e nemmeno il conto in banca.
Peraltro, mi vengono in mente due cose – opposte fra loro. Come scriveva newwhitebear nella sua recensione, la parte migliore di “Lesbo è un’isola del Mar Egeo” è la seconda, molto più intimista e riflessiva della prima, più basata invece sul sesso e, appunto, sui colpi di scena. Ebbene, questa seconda parte non fu mai postata sul mio blog di Splinder, dato che l’editore me lo aveva vietato. Di contro, “Alex Alliston” è stato interamente editato sul blog… e a me sembra che funzioni.
D’altro canto, credo proprio che tu abbia ragione (mi sto ripetendo, lo so). Ma a che scopo scrivere in solitudine? Tanto non mi pubblicano 🙂
E adesso il bacetto ^^
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Azz… gli ha fatto il tranello, il fetente… 😉
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@ BRUM Putin è sempre stato molto astuto…
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Astuto Putin! 😀
Pero’ sono le note e le curiosita’ storiche a conquistarmi ancora una volta! 😉 Non sapevo che queste figure, tipo Rasputin, si chiamassero “starets”, ne’ che in qualche modi avessero una certa frequenza. Ed anche le “leggi” con validita’ (autocertificata, naturalmente :-D) transnazionali degli americani mi erano sconosciute!
Complimenti alla tua abilita’ di scrittrice e storica 😉
http://www.wolfghost.com
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@ WOLFGHOST caro lupo, gli americani sono formidabili a promulgare leggi che riguardano gli altri Stati 😛
Grazie per i complimenti!
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