Il nonno gli aveva trasmesso la passione. Quella per i rapaci notturni s’intende: gli allocchi, le civette, i barbagianni. Anche se il nonno era riuscito ad addomesticare un gufo reale solo per andarci a caccia. E Stelvio ancora se li ricordava quei giorni: era uno spettacolo osservare l’animale lavorare la preda. Il gufo si levava in ampi giri morbidi sfruttando il vento e le termiche che lo spingevano improvvise da sopra gli specchi d’acqua al sole. E poi si gettava a capo fitto verso il coniglio selvatico o il leprotto attardatosi fuori dalla tana. Era un volo pieno di silenzi ma con la rapidità della morte negli artigli aperti a ghermire la vita. Un attimo ed era tutto finito. Stelvio però preferiva guardarli, i rapaci. E se fosse riuscito a catturarne uno ne avrebbe avuto cura per sempre. È per questo che aveva costruito un riparo di legno posizionandolo a sud, come andava fatto, sui rami alti della quercia più frondosa. E aveva atteso per settimane, fino a quando quel giorno non trovò alla base del tronco un bolo di pelo e ossa. Il suo rifugio era stato colonizzato, ne era certo.
“Domattina andiamo dal Marchese.” gli comunicò lo zio arrivandogli alle spalle. Invidiava quel suo modo di camminare nel bosco, da lupo, senza fare il minimo rumore. “Martino sta male. E ho bisogno che tu mi dia una mano con le foglie del viale.”
Stelvio non disse nulla. Assentì cercando di riuscire a intravedere tra i rami il ‘suo’ strigide. Non c’era bisogno di dire nulla, del resto, non sarebbe servito. Lo zio comandava e basta e non c’era modo di contrastarlo. Tanto valeva fare come diceva lui, da subito.
Così al mattino seguente si era fatto trovare pronto alle cinque. La tenuta ‘I Geti’ del Marchese, di centottanta ettari, era a due ore di furgone da casa. Il nonno gliene aveva parlato diverse volte, quand’era piccolo, e sempre con gran rispetto. In quella foresta c’erano daini, caprioli, lepri, cinghiali, cervi. Il paradiso del cacciatore. Al nonno brillavano sempre gli occhi quando ne parlava e finalmente, ora, l’avrebbe visto. Ma aveva bisogno di un paio di stivali per il fango, così diceva lo zio, e lui non ne aveva. Frugò allora tra le cose del nonno. C’era ancora tutto nella sua stanza: i vestiti, il necessario per fare la barba, i cappelli, le scarpe, la busta per il tabacco. Ogni cosa era ben riposta, in ordine, persino senza polvere, come se avesse dovuto tornare da un momento all’altro. E invece una mattina, aveva preso il suo sovrapposto più bello ed era uscito senza più tornare. La sensazione era però che, pur dopo tanti anni, l’avrebbe visto una sera affacciarsi allo specchio della porta e chiedere, come se nulla fosse stato, cosa ci fosse per cena.
E dopo tanto cercare li trovò in fondo all’armadio: un paio di stivali neri, consumati, che a lui, che non aveva compiuto diciassette anni, stavano davvero larghi. Il nonno era infatti un omone di quasi due metri di altezza, grosso come un monumento ai caduti, una roccia d’uomo che nulla sembrava poter scalfire. Gli stivali gli servivano, e questo era tutto, e lui li prese.
Il furgone s’inerpicò per la strada sterrata sobbalzando a ogni buca. I rastrelli, la scala, le pale e ogni altro strumento da lavoro sbattevano sul pianale del furgone con gran fracasso. Lo zio se ne stette muto, per tutto il tempo: sembrava godersi quel concerto di ferraglia. Quando cominciarono ad avvicinarsi alla tenuta, tanto da poterla veder sbucare, tra il verde cupo dei lecci, come un animale curioso, cominciò a fargli un mucchio di raccomandazioni. Doveva parlare solo se gli altri gli avessero rivolto la parola, non doveva entrare nella Casa, né sputarsi nelle mani in presenza di qualcuno prima di usare il rastrello e, soprattutto, non avrebbe dovuto lamentarsi mai. Stelvio lo ascoltò per i primi cinque minuti, poi si mise a fissare alla sua destra due cavalli che correvano liberi al galoppo con il collo rigido e le froge al vento a fiutare gli odori grassi della pioggia che nella notte aveva reso scura e fredda la terra della campagna. Le luci del parco, ancora accese, consentivano una certa visibilità.
“Hai capito? Sono stato chiaro?” gli chiese alla fine lo zio mentre stavano ormai entrando nella tenuta.
“Sì sì, certo, zio.”
Appena scese dal furgone gli si parò innanzi, inaspettata, la più grossa voliera di rapaci che avesse mai visto. Vi si avvicinò come rapito. C’era una poiana codarossa, una di Harris, un falco pellegrino, un astore e… e un tenero assiolo. Che meraviglia. Non ci poteva credere di poterli vedere tutti insieme in un solo momento.
“Stelvio! Stelvio!” lo zio lo chiamava facendogli gli occhi severi. “Prendi gli attrezzi sul furgone, presto, e seguimi: non fare lo scemo come al tuo solito”.
Lui tornò indietro, in fretta, saltando sul pianale del furgone. Afferrò i rastrelli, un forcone e il secchio. Poi si fermò a guardare lo zio che, più avanti, si era messo a parlare con un signore ben vestito. Da lassù poteva vedere l’ingresso della foresta, il maneggio, le stalle e l’andirivieni della gente, ognuno con un suo compito preciso. Guardò la casa che si ergeva accanto a lui, forte e austera come un monito. Era grigia, di pietra granitica, con modanature in legno quasi nero, che ne sottolineavano l’imponenza solenne. Guardò verso le finestre al primo piano. E fu lì, che nella semioscurità, la vide. Poteva avere la sua età. Una ragazza dai lunghi capelli biondi, il viso appoggiato sul mento, lo stava osservando attraverso i vetri della finestra. Lo sguardo era triste, annoiato, ma era diretto proprio verso di lui. Stelvio provò ad abbozzare un sorriso e alzò una mano, per salutarla, ma lei non contraccambiò. Stelvio si mise subito al lavoro.
Sebbene fosse un ragazzo, era molto forte per la sua età ed era abituato alla fatica. Cominciò a levare le foglie con metodo.
A est una pallida striscia luminosa preannunciò il sorgere del sole. Qualche minuto più tardi, il cielo diventò azzurro e tutta la campagna circostante si rivestì di un morbido colore dorato. A causa della pioggia della notte precedente, si erano formate vaste pozzanghere che, però, presto asciugarono.
Un vento fresco che proveniva da occidente accarezzava le cime degli alberi e scompigliava i capelli di Stelvio.
Il ragazzo procedette con impegno per le successive due ore. Mentre adoperava il rastrello, pensava a quando avrebbe visto volare il suo rapace. Forse goffo e incerto, i primissimi tempi, poi sempre più sicuro e arrogante, come lo spirito di un predatore richiedeva. Di tanto in tanto lo zio lo controllava, ma si limitava ad annuire: il ragazzo stava facendo un buon lavoro. Man mano, Stelvio si allontanò – la tenuta era assai vasta – fino a quando lo zio scomparve alla vista.
A un tratto, il vento cessò. Adesso faceva caldo. Stelvio sostò per qualche istante e si deterse il sudore dalla fronte. Fu allora che udì una voce che gli ricordava qualcuno. “Ti stanno proprio bene quegli stivali! Sembrano fatti su misura.”
Stelvio si voltò di scatto e vide un uomo grande e grosso, con una folta barba grigia e occhi azzurri e penetranti.
Un momento dopo lo riconobbe.
“Nonno!” esclamò in preda a una viva gioia.
Aveva amato molto suo nonno, forse più dei genitori, e quando era scomparso ne aveva sentito profondamente la mancanza. Adesso appariva invecchiato, ma era sempre dritto e solido, simile a una poderosa quercia.
“Dove sei stato per tutto questo tempo?”, gli domandò.
“Oh, in vari posti.”, rispose il nonno. “Ho girato il mondo. Volevo vedere foreste più grandi, e le ho viste!” C’era una luce sognante nel suo sguardo. Rimase in silenzio per alcuni istanti, come se stesse rivivendo quei giorni e vedendo nuovamente le foreste di cui parlava.
“Ho visto una quantità di animali.”, riprese il vecchio. “Non soltanto daini, caprioli, lepri, ma anche lupi, volpi e un cervo che aveva un palco di straordinaria bellezza. Era veramente un esemplare maestoso. E, poi, ogni genere di rapace. Però, mi sei mancato, figliolo.”
Stelvio era commosso. “Anche tu, caro nonno!” Gli raccontò del suo sogno di avere un rapace e di come forse fosse riuscito a realizzarlo. Il nonno lo ascoltò con attenzione, quindi gli impartì alcuni consigli pratici, che il ragazzo memorizzò. Stelvio accennò anche a una certa Matilde, una giovane maggiore di lui di un anno. Aveva dei magnifici occhi verdi e soffici capelli biondi che le arrivavano alle spalle; purtroppo, però, non lo degnava di uno sguardo, forse a causa della differenza di età. Il nonno si sedette su una roccia che affiorava dal terreno, proprio sul limitare del bosco, tolse il cappello e lo depose con cura in un punto perfettamente asciutto. “Presto Matilde ti amerà.”, commentò dopo un momento. “Vi sposerete, avrete tre figli e sarete molto felici insieme. Lei si dimostrerà una moglie fedele e devota, e tu sarai un marito appassionato e premuroso. Vivrete a lungo insieme.”, concluse sorridendo. “Ma ora riprendi il tuo lavoro, altrimenti lo zio si arrabbia.”
Stelvio avrebbe voluto parlare ancora con il nonno, però obbedì. Continuò a sgombrare il lungo viale dalle foglie, mentre il sole saliva alto nel cielo. Ogni tanto, si lanciava un’occhiata alle spalle come per accertarsi che il vecchio fosse ancora lì. Il nonno riposava tranquillo. Il ragazzo provava una dolce sensazione di calore che non era dovuta al sole.
Doveva essere circa mezzogiorno quando lo zio lo venne a cercare. Era ora di pranzo.
“È tornato il nonno!”, lo informò Stelvio, tutto eccitato.
“Non dire sciocchezze.”, replicò lo zio. “Che ti ha dato di volta il cervello?”
“Ma guardalo, zio, è lì!” E indicò la roccia dove il nonno si era seduto.
Ma su quella roccia non c’era nessuno.
Stelvio fece girare lo sguardo. Non vi era traccia del nonno.
Lo zio lo prese sottobraccio. “E’ ora che tu lo sappia.”, disse in tono gentile. “Nonno è morto da molto tempo.”
“Ma… ma…” Stelvio scosse il capo, frastornato.
Si avviarono per tornare al furgone dove avrebbero consumato una colazione al sacco.
Stelvio camminava a testa bassa.
Non si voltò più.
Se lo avesse fatto, avrebbe visto un cappello depositato con cura su un punto perfettamente asciutto del terreno.
Più tardi, il Marchese li mandò a chiamare. Sebbene fosse un ricco nobile, era anche un uomo alla mano. Intendeva congratularsi per la solerzia con cui zio e nipote avevano svolto il lavoro di Martino. Lo zio aveva colto un mazzo di fiori. Lo porse al Marchese. “Un piccolo omaggio.”, dichiarò.
In quel mentre, sopraggiunse la figlia del Marchese.
“Questi fiori sono per me?” chiese.
Il Marchese sorrise. “Credo proprio di sì.”
Matilde fece un piccolo inchino. “Grazie!”, disse rivolta allo zio, ma il suo sguardo si fissò su Stelvio.
Lui la ricambiò ed entrambi arrossirono.
Per me è un onore immenso avere scritto questo racconto con il grande Briciolanellatte!
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E’ una bellissima favola, letta così d’un fiato a quest’ora, per me Ms Reveries che non rifiuta mai un invito a sognare, è un incanto!
Mi ci hai condotta lì, tra il verde e l’odore umido di foglie e muschi, introducendo gli uccelli rapaci che mi hanno sempre affascinata. Come una bimba ti ho seguita, ho conosciuto i personaggi che sono di favola pur rimanendo fermi nella loro realtà. Magici e reali al contempo. L’evocazione del nonno, poi, così vivo e pieno di forza e tenero come solo i nonni sanno essere. La magica profezia e la veglia a un nipote amato…. e poi… anche la “belle”! tutto da favola.
Grazie e buono notte!
🙂 forse meriti anche un bacio, e la nonna sono io 🙂
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…. la nonna che di solito racconta le favole di solito sono io, questa volta siete voi due che l’avete raccontata a me con grazia e affetto, GRAZIE!!
Baci divisi equamente in due, mi raccomando 🙂
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@ CLE REVERIES più che equamente, mia cara amica.
Grazie a te.
Lots of love 😛
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Reblogged this on Simon Sundaraj-Keun.
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Come si dice in questi casi il piacere è tutto mio 🙂
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molto bello 🙂
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Molto bello. E ben scritto. Il lieto fine l’ha scritto lui, immagino… ahahah.
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lo zio è parricida ma il racconto è bello
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bellissimo! complimenti a tutti e due!
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Il tuo dipanare, mi ha portato alla memoria, quando da piccolo, negli anni ’50, stavo dai nonni paterni, momenti bellissimi che non tornano più! Sempre scorrevole. Un saluto sentito…Sar.
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Per te:
http://italianamentescoretta.wordpress.com/premi/07_01_2013/
Motivazione:
Una scrittrice seria e preparata. Stile e professionalità
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Direi che avete fatto un ottimo lavoro. Un racconto che assomiglia a una fiaba ben strutturato e sviluppato, che lascia una gradevole sensazione in bocca.
Stelvio è ben delineato nei suoi pensieri, nelle sue emozioni, nella sua ingenuità che strappa un sorriso. La sua fantasia galoppa senza freni, le sue parole esprimono un mondo che oggi sta scomparendo.
Complimenti
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Un’altra splendida “quattro mani”!
Favola moderna.
Bacioni ad entrambi!
Giò
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Appassionato e romantico, odoroso di primavera.
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@ CLE REVERIES in verità, ti considero se mai una sorella maggiore, non una nonna.
Grazie per il bellissimo commento che mi ha riscaldato il cuore!
Un bacione a te 🙂
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@ SIMONSUNDARAJKEUN thank you, my friend ^^
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@ BRICIOLANELLATTE per me è stata un’esperienza bellissima!
Ho letto ciò che hai scritto nel tuo blog: quella è pura poesia*
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@ MICHELE grazie 😛
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di nulla, è stato un piacere scoprire questo blog 🙂
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@ MICHELE * _____________ *
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ahahhaah bel sorriso 🙂
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@ BRUM su questo non risponderò mai, nemmeno se fossi torturata da Pomarev.
Sono felice che ti sia piaciuto.
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Vabbè. Allora mando Monica, a torturarti. E poi vediamo…
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@ BRUM forse con lei parlerei…
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ahahaha…
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@ YETBUTANAME dici che lo zio è così cattivo? 🙂
In ogni caso, ti ringrazio molto, anche a nome di Briciolanellatte.
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@ NAMYLAR grazie di cuore da entrambi!
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@ SALVATORE RIZZI che bei ricordi, caro Sar.
Un saluto a te!
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@ ITALIANAMENTESCORETTA sono veramente onorata.
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@ NEWWHITEBEAR non è semplice scrivere un racconto in due, a causa delle inevitabili differenze di stile. Diverso è il discorso prosa più poesia, da me spesso utilizzato (e su Splinder ancor di più).
Perciò le tue parole mi rendono lieta, e ti ringrazio anche per conto di Briciola.
Un caro abbraccio.
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@ ROSAOSCURA naturalmente il bacione è ricambiato 😛
Grazie, Giò.
E credo proprio che anche Briciolanellatte si associ a me… in entrambe le circostanze 🙂
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@ CAPEHORN e, per una volta, con un lieto fine ^^
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You’ve gotten 102 follows on “anneheche blog”
Grazie amici miei!
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mmmmm …. mi sorge spontanea una domanda: Ma, allora, Il passo dello Stelvio è un ballo creato da “Stelvio” appunto, oppure il matrimonio antecedente i “tre figli” di Stelvio?.
Il racconto è carino, scorrevole, emozionalmnte coinvolgente in quanto tocca gli affetti dell’infanzia (che è sempre dorata e di cui, anche se disastrata, ne conserviamo un bel ricordo).
Mancherebbe, soltanto, una prefazione di Boris Pasternak, e l’apporto di “Jurij e Lara“, ma senza il nonnp. Sì, sarebbe perfetto!
PS: Nikita Chruščëv, lo ritroviamo coinvolto, anche qui, oppure nel Crepuscolo della Lubijanka, o addirittura nella Lubijanka?
Anche “Lui” contribuì a …
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@ Vi sposerete, avrete tre figli e sarete molto felici insieme
ai tempi del “Crepuscolo della Lubjanka” credo che Nikita fosse ormai deceduto.
In compenso, c’è un certo signor Pomarev…
In quanto al nome Stelvio, io lo trovo originale 😛
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On Monday January 7, 2013 you surpassed your previous record of most follows in one day for your blog anneheche blog. Nice!
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Grazie a tutti anche da parte mia. Collaborare con Alessandra è stato piacevolissimo. Ha una passione per la scrittura e un entusiasmo contagiosi. 🙂
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Bravo “Briciola“!
Fuggi, però, finché sei in tempo o ti farà scrivere un trattato sulla “Gnoseologia morfologica del cane randagio in Australia in cinquanta volumi, trenta di aggiornamento, più 114 dispense:
(Complimenti a tutt’e due!)
😎
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@ Vi sposerete, avrete tre figli e sarete molto felici insieme
il rischio, in effetti, è reale.
Grazie e radiosità!
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Oh, molto carino e romantico 🙂 Peccato che ci sono tutti quei cacciatori… 😦 Ma sono certo che Stelvio e Matilde non lo diventeranno! 😉
P.S.: parlando di rapaci e montagna… “Stelvio” è proprio il nome adatto! 😉
http://www.wolfghost.com
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@ WOLFGHOST tranquillo, caro lupo: Stelvio e Matilde amano gli animali!
Come, del resto, la sottoscritta 😛
E penso anche Briciola.
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Un semplice saluto da Salvatore……………
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@ SALVATORE RIZZI e da Ale.
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Adesso ad emozionarmi sei tu! Amare profondamente vuol dire non staccarsi mai, vuol dire sentire il calore, vuol dire sapersi vedere…..anche quando la morte divide….bellissima storia….complimenti ad entrambi!
Ti abbraccio
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@ MARI è proprio vero quello che scrivi, cara Marina: l’amore va oltre la morte.
Grazie, amica mia. E grazie dal grande Briciola.
Ti abbraccio anch’io*
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Scritto in maniera scorrevole si legge che è un piacere. Una bella favola che ha un lieto fine, con la figura del Nonno che nonostante non ci fosse più, vegliava sul nipote con tanto amore. Bello, complimenti ad entrambi, una splendida collaborazione.
Ciao, Pat
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@ PATRIZIA M. io “approdai” su Splinder nel 2006, per la precisione l’otto marzo. Per casualità, trovai quasi subito il blog di Briciolanellatte, e da allora l’ho sempre seguito. Collaborare con lui è stata per me una gioia, un’emozione, un motivo d’orgoglio.
Grazie cara Patrizia, a nome di entrambi.
E un bacio.
Anche dal Nonno ^^
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Splendida favola, dolcemente scorrevole, una storia
che mi ha preso e che ho goduto, bellissima l’impronta
del nonno e l’immagine del bosco…
Complimenti a entrambi è un racconto davvero bello!
Un abbraccio Alessandra e buon proseguo di settimana!
Michelle
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“grosso come un monumento ai caduti” rende perfettamente l’idea del nonno. Poi è anche vero che da piccoli tutto sembra più grande. Io sono rimasto deluso nell’incontrare da ‘anziano’ persone che avevo conosciuto da piccolo e che mi avevano impressionato per la loro altezza. Le ho riscoperte piccole, troppo.
Bella storia, il bosco è sempre fonte di magia ed ispirazione.
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@ VENTIDIPRIMAVERA suscitare un’emozione, piccola o grande che sia, è sempre bello!
Grazie da me e da Briciola, chèrie*
Bisous * ___________ *
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@ PANI benvenuto nel mio blog.
E’ vero ciò che dici. Quando si è bambini, tutto appare più grande. Il Nonno però era realmente una specie di orso 😛
Ti ringrazio! Il bosco per me è uno dei luoghi più magici…
E, forse, anche per Briciolanellatte.
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Già letto di là da briciola e rinnovo gaudio, piacere di leggere e complimenti alle due teste e quattro mani.
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@ UNIVERS grazie, caro ^^
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Sono golosa di favole, questa mi ha davvero deliziata
Grazie a te e Briciola
Baci baci
Mistral
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@ OMBREFLESSUOSE sono lietissima che la tua golosità sia stata soddisfatta.
Bacini e baciotti*
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Un racconto magistrale. L’ho letto con grande entusiasmo. Bravissimi tutti e due.
Vale
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@ VALENTINA un abbraccio, Vale!
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Ed ecco un’atra nonna che si è fermata a farsi raccontare una dolcissima storia! Proprio bella, la vostra collaborazione ha dato un risultato perfetto…..
I miei nipoti si sono fatti grandicelli ma ho i nipotini di una amica a cui piacciono tanto le storie…..e qui ne ho una che li farà incantare!
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@ FAUSTA68 grazie per le tue belle parole*
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Leggendo il racconto sembra quasi di ritornare ancora bambini. Ogni tanto ce n’è proprio bisogno. Grazie per l’atmofera fiabesca!
Cesare
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@ CESARE nel mondo di oggi, forse è indispensabile.
Grazie a te, amico mio!
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C’è atmosfera, presagio, sogno ed una calda umanità. Quanto vorrei un incontro simile coi miei più cari almeno in sogno, e dopo ricordarmene.
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Buongiorno, cara Ale, sono ancora con una connessione che sparisce, spero di poterti lasciare il mio pensiero. Il racconto è dolcissimo e bellissimo, mi è molto piaciuto: adoro le storie che sembrerebbero irreali, ma capita spesso che i nostri cari comunichino in tanti modi con noi. E’ una fiaba a lieto fine, una storia pregna di buoni sentimenti.
Complimenti ad entrambi gli autori.
un abbraccio
annamaria
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@ DOMENICA LUISE anch’io, mia cara!
Ti ringrazio per le tue parole e ti abbraccio.
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@ ANNAMARIA49 buon pomeriggio, amica mia.
Ti auguro di risolvere al più presto i problemi di connessione!
Grazie di cuore e un bacione grande ^^
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Bravissimi. Una collaborazione che ha portato a una bellissima fiaba, un racconto completo e avvincente e l’atmosfera è davvero perfetta! 🙂
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@ BLANCA MACKENZIE ti ringrazio molto!
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briciola non mi caga più….ero una bimbetta ;P
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@ ELISABETTAPENDOLA Briciola ha molti impegni e raramente lascia commenti nei blog.
Benvenuta, cara.
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Fluido, accattivante, elegante nel linguaggio, ricco di sentimento e di quel pizzico di magia che non guasta mai: Bravissimi!
Marirò
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@ ILI6 un sentito grazie, cara Marirò!
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Terso e teso al punto giusto. Un racconto che porta con sé, Chapeau.
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un altro bell racconto! bravi Ciao a tutte e due
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@ ARABAPERNICE ti ringrazio moltissimo ^^
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@ ZEBACHETTI grazie! Un sorriso per te.
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Bravi..davvero bravi
^^
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CICABUBU ti ringrazio molto!
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