“Sei un fenomeno!”
Glielo dicevano tutti ed era vero perché segnava cinque gol a partita. Naturale che fosse destinato al calcio, quello autentico, e infatti a diciotto anni giocava in serie C e a ventidue in B. Ma non arrivò mai in A. Aveva dei chiari limiti, tecnici, fisici, di personalità. Trascorse la carriera fra seconda e terza serie, non andando mai oltre le otto reti a stagione.
Quando compì i trentaquattro anni, aveva le caviglie in disordine e meditava di ritirarsi. Ma quell’estate si ritrovò protagonista involontario di un complicato giro di acquisti e di vendite, e finì alla Roma.
Firmò un contratto per lui più che sontuoso e naturalmente si vide tutto il campionato dalla tribuna.
Andava bene così. Da tempo ormai sapeva di non essere un fenomeno, ma solo uno dei tanti, tantissimi, ragazzi baciati dalla passione ma non dal talento, quantomeno non da “quel” talento necessario per imporsi ad alti livelli.
L’otto maggio ci fu la finale di Champions League. Zeman si ritrovò senza Totti, squalificato, Destro, Lamela, De Rossi, tutti infortunati. Marco Palestrione, il “fenomeno”, per la prima volta si accomodò in panchina. Da lì vide Xavi fare un lancio di quaranta metri, Iniesta addomesticare la palla e involarsi, Messi mettere in rete. Il Barcellona sfiorò due o tre volte il raddoppio, poi si limitò a controllare la partita senza affanni. La Roma ruminava gioco in modo inconcludente. La sorte di quella finale era già segnata: il Barcellona sarebbe tornato campione d’Europa.
Palestrione non seguiva più la partita. Sognava.
Un piccolo prato alla periferia della città. Marco era orgoglioso della sua maglietta rossa, dei calzoncini bianchi, ma soprattutto del numero nove stampato sulla schiena. Aveva già fatto tre gol e mentre ciondolava per il campo, vagamente insuperbito, incontrò lo sguardo di una ragazzina bionda. Era piccolina, magra, ma con degli occhi straordinari. Lei si accorse che lui l’aveva notata, e gli rivolse un sorriso timido. Marco ricambiò, ignorando il passaggio del mediano e perdendo la palla. Non era importante. Due minuti dopo scartò quattro avversari, portiere compreso, e depositò il pallone in rete con un tocco felpato. Poi si disinteressò completamente del gioco per guardare la biondina.
Si chiamava Sonia, abitava nel suo stesso quartiere, lavorava come commessa in un supermercato. Faceva l’amore in modo divino. La prima volta fu in spiaggia, di sera, mentre lo scirocco increspava le onde del mare, creando giochi magici illuminati dalla luna.
Si sposarono, e lei lo seguì in tutte le città dove la sua professione lo portava. Era una presenza costante, era il vero significato della sua vita: ben oltre il calcio.
Si trovava talmente assorto in quei pensieri che non si accorse che la Roma aveva pareggiato. Fu riportato alla realtà dall’entusiasmo degli altri giocatori che sedevano in panchina con lui. Finse di esultare, anche se a dire il vero non gli importava molto. Perché era arrivato a un’altra pagina della sua vita. Il giorno più brutto. Quando quell’orribile dottore gli aveva detto che non c’erano più speranze. A distanza di poche ore Sonia lo lasciò per sempre. Nel vuoto della solitudine e dell’infelicità.
Del rimpianto di un amore unico, assoluto, meraviglioso.
Una mano si posò sulla sua spalla facendolo sobbalzare. Era l’allenatore. “Mancano due minuti.”, disse. “Entra.”
Palestrione lo guardò sconcertato. “Io?”
“Sì, tu.”, rispose Zeman con calma. “Sei fresco e sai tirare bene i rigori. Andrai sul dischetto per ultimo. Non pensarci troppo, tira una gran botta e segna.” Poi si girò per richiamare l’attenzione del quarto uomo.
Palestrione fece il suo ingresso in campo un istante prima che l’arbitro fischiasse la fine. La finale si sarebbe decisa ai rigori. Lui fece qualche corsetta, giusto per scaldarsi un po’.
“Sai tirare bene i rigori.”
Lo sapeva. Non ne aveva mai sbagliato uno. Quando vedeva la palla rotolare in rete, cercava sempre lo sguardo di Sonia. Poi… poi non aveva cercato più niente. Si era sempre allenato con impegno, aveva giocato, bene o male a seconda dei casi, ma non aveva più tirato dal dischetto.
“Sei un fenomeno!” Sorrise, ma più che un sorriso il suo risultò un ghigno. Anche Sonia gli diceva che era bravo. I compagni lo chiamarono. Toccava a lui. Alzò gli occhi verso il tabellone luminoso. Gli spagnoli avevano trasformato quattro rigori su cinque, la Roma non aveva fallito i suoi. Se lui avesse segnato, la Roma avrebbe vinto la Champions League.
Raccolse il pallone e lentamente si avviò verso il dischetto.
Il pubblico tratteneva il fiato.
Come sempre, Palestrione era calmo. Depositò con cura la palla, trasse un profondo respiro e si allontanò per prendere la rincorsa. In quegli attimi non pensava che sarebbe potuto passare alla storia, lui, mediocre calciatore di provincia. Non pensava che avrebbe potuto sbagliare, sottraendo la vittoria alla sua squadra.
La prima volta fu in spiaggia, di sera, mentre lo scirocco increspava le onde del mare, creando giochi magici illuminati dalla luna. Ci furono molte altre volte, così belle da far invidia ai fiordalisi, così dolci da ricordare il profumo di una serata di maggio. “Ti amo!”, diceva lei. “Ti amo!”, rispondeva lui.
“Avremo un bambino e assomiglierà a te.”, diceva Sonia. “No, tanti bambini, e saranno come te.”, rispondeva Marco. Si stringevano e restavano abbracciati, mentre le stelle si spegnevano una ad una, mentre il vento sussurrava le sue fiabe agli alberi, e la notte avvolgeva il mondo con il suo manto intessuto di sogni. L’alba li vedeva ancora abbracciati, e il suo primo sorriso era per lei. Bevevano il caffè pregustando l’incanto di una nuova giornata. Ridevano e parlavano del futuro. Lei scherzava, prendendolo in giro per il naso troppo lungo. Lui ribatteva che esistevano delle proporzioni segrete, note soltanto ai saggi, e che un naso lungo era assai importante. Lei lo baciava. Lui le accarezzava il viso. Gli occhi di Sonia splendevano di felicità. Gli occhi di Sonia si sarebbero chiusi per sempre.
Ma non doveva pensare. Scrollò la testa, come per sgombrare la mente. Guardò il portiere avversario.
Corse verso il pallone.
Ci furono molte altre volte, così belle da far invidia ai fiordalisi.
commosso, commosso!
r.
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commosso, commosso!
r.
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L’intreccio del pallone e dell’amore, l’ho trovato intenso…peccato che non amo lo sport ed il calcio in particolare. Un saluto da sar….
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Un racconto malinconico ma intenso per l’amore che hai saputo trasfondere in Marco.
Bella questa struttura tra quotidiano fatto di sport e sentimenti fatti d’amore.
Un grande abbraccio
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Un’altra bella storia per Natale!
Non sapevo che ti intendessi anche di calcio.
Poi Palestrioni riuscì a segnare il rigore? …
Ma questo non ha importanza, forse. L’importante è certamente la storia della sua vita, il suo sogno durante l’incontro.
Cesare 🙂
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@ ITALIANAMENTESCORETTA ne sono felice!
Baci*
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@ SALVATORE RIZZI non a tutti piace il calcio. Per fortuna, direi, altrimenti saremmo tutti uguali.
Un caro saluto a te.
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@ NEWWHITEBEAR sono contenta che ti sia piaciuto questo racconto.
Un forte abbraccio ^^
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@ CESARE il finale è volutamente sospeso. Poi, come dici tu, non ha importanza, forse.
Grazie, amico mio!
Bisous.
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Sei riuscita a collegare e condensare una storia sentimentale con lo sport maledetto del calcio… peccato che Zeman mi stia cordialmente sulle scatole, a volte. Baci. Ma poi il rigore spero l’abbia segnato.
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Grande storia del sentimento, condita, per trattenere la lacrimuccia, da uno sport che è il più popolare da noi.
Bellissima
Un abbraccione
Mistral
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Ricambio….Sar……………
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Un’altra bellissima e struggente storia in un
intenso e dolce intreccio….
Un bacione cara e buon Santo Stefano!
Michelle
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@ UNIVERS beh, dato che tengo alla Roma, ho citato il suo attuale allenatore.
Il rigore?
Ciascuno può scegliere il finale che preferisce.
Baci a te.
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@ OMBREFLESSUOSE il calcio non è fatto solo dai grandi campioni e dagli ingaggi folli. Raccoglie anche storie diverse.
Grazie e due abbraccioni, Mistral**
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@ SALVATORE RIZZI felice serata, Sar.
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@ VENTIDIPRIMAVERA ti ringrazio di cuore, Michelle!
Bisous, chou * __________________ *
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Ricambio…Ale……
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affascinante commistione con un immaginario condiviso, quello del calcio alla ribalta, e l’umanità del minimale esorbitante sogno del protagonista. Brava.
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@ SALVATORE RIZZI sogni d’oro!
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@ ARABAPERNICE grazie mille*
Ti auguro una notte fatata.
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Una storia toccante come la vita a volte riserva, non sempre tutto scorre in maniera perfetta e Marco ha vissuto un amore speciale che anche se breve gli dà la forza per continuare: non tutti hanno la fortuna d’incontrare il vero amore.
Buona giornata, cara Ale.
un abbraccio
annamaria
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Sport e amore, il tutto condito da passione, grande sentimento e qualche lacrima.
Serena giornata, cara amica!
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@ ANNAMARIA49 è vero quello che dici: non tutti hanno quella fortuna, sebbene quella di Marco sia stata di breve durata.
Grazie e un bacione, cara Isabel*
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@ ROSAOSCURA questo fa parte dell’esistenza, amica mia.
Dolce notte, cara!
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Ma che brava a lasciare la suspance! 😀 Molto bello, non ricordo di averlo mai letto… è nuovo? 🙂
http://www.wolfghost.com
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@ WOLFGHOST secondo me, la suspance era d’obbligo. Grazie, caro lupo!
Nuovo… per WordPress sì 😛
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Bellissimo racconto, l’amore si può toccare….e crepi l’invidia! ahahah!
Un bacione!
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@ MARI l’invidia è una brutta pianta, a prescindere da questo racconto.
Un abbraccio!
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Bello bello bello.
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@ BRUM allora incomincio bene l’anno ^^
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E’ una storia magnifica.
Vale
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@ VALENTINA grazie, cara Vale!
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Mi sto abituando al tuo modo di vedere la vita. E poi scrivi talmente bene che riesci a rendere lieve anche la tristezza.
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@ SUZIEQ troppo buona, amica mia*
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Non sono buona, semplicemente quando una se le merita, se le merita, nel bene e nel male. Può darsi che un giorno capiti che non mi trovi d’accordo con te e bocci un tuo racconto, ma questo non toglierà niente all’affetto che provo per te. Del resto non credo ti piacerei se ti facessi saponate e basta.
Ti abbraccio forte.
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@ SUZIEQ11 sicuramente accadrà, dato che non sono infallibile.
Ma per il momento ti ringrazio tanto e ti abbraccio ancora più forte.
(E lo farò anche se tu dovessi criticare un mio post).
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