I motivi che possono indurre un agente segreto a tradire il proprio Paese sono sostanzialmente tre: l’avidità, un ricatto o le ragioni ideologiche.
L’avidità è il caso più ricorrente ed è facile da spiegare. Passare informazioni riservate a uno Stato nemico o comunque a un’altra nazione non necessariamente avversa (il Mossad israeliano è uno specialista in questo campo) porta a enormi guadagni in tempi molto brevi, soprattutto se l’agente in questione è a conoscenza di fatti rilevanti.
Il ricatto in genere è legato a una questione di sesso: inclinazioni particolari, foto compromettenti, quando non si tratta di un tranello messo in atto mediante l’uso spregiudicato di una donna attraente o di un giovane vigoroso da chi intende assicurarsi i servigi del futuro traditore.
Il terzo caso è il meno diffuso, ma il più pericoloso. Questo perché chi tradisce a causa della fede politica o dei principi, una volta scoperto, difficilmente sarà disposto a collaborare, anche se sottoposto a tortura, dato che ha già messo in conto la possibilità di perdere la vita. Ciò rende assai difficile la cosiddetta “valutazione del danno”, vale a dire un inventario delle informazioni trasmesse. In sintesi, gli agenti bruciati, la dislocazione delle postazioni missilistiche o i nuovi progetti aerospaziali, oppure le manovre diplomatiche più riservate. Sebbene tardiva, la valutazione del danno può servire almeno in parte a porre qualche rimedio, laddove sia ancora possibile. A un fanatico è sempre preferibile un uomo venale oppure una persona con dei segreti da nascondere, amanti, omosessualità, droga.
Il più celebre esponente di questa terza categoria, motivata dall’ideologia, fu senza alcun dubbio Kim Philby. Egli era una delle “cinque stelle”, assieme a Donald MacLean, Guy Burgess, Anthony Blunt, John Cairncross. Questi personaggi avevano due tratti in comune: appartenevano a famiglie ricche ed erano comunisti. Inoltre, tutti e cinque avevano studiato a Cambridge.
Philby si dimostrò la stella più fulgida, rendendosi estremamente utile al KGB, prima di trasferirsi definitivamente in Unione Sovietica. Le circostanze della sua fuga per certi versi sono sorprendenti. A Londra sospettavano già da tempo di lui, ma quando ebbero le prove definitive del suo tradimento, anziché arrestarlo, mandarono a Beirut, dove in quel momento egli si trovava, un vecchio amico, Nicholas Elliott del MI6, il quale si limitò a interrogarlo con molto garbo. Poi, incredibilmente, Elliott fissò un nuovo appuntamento, lasciandogli tutto il tempo per andare in Russia.
Americani, sovietici e israeliani avrebbero reagito in modo molto diverso.
Addirittura paradossali furono le dichiarazioni di Graham Greene, suo collega e amico, il quale in seguito disse che non avrebbe denunciato Philby in nessun caso, anche se avesse avuto la certezza che fosse colpevole.
E’ indubbio che Philby avesse un grande fascino, tuttavia in seguito diventò un alcolizzato. E’ comunque fuori questione che nessuno – prima o dopo di lui – produsse danni così ingenti alla Gran Bretagna. Philby è passato alla storia grazie al romanzo “La talpa” di John le Carrè, un ex agente segreto costretto a dimettersi proprio a causa sua. In Unione Sovietica gli fu conferito l’Ordine di Lenin.
Robert Applegate non divenne famoso come Philby, ma comunque causò seri problemi agli Stati Uniti. Fu “reclutato” a Roma, dove lavorava all’ambasciata americana in qualità di addetto culturale. Nel corso di un ricevimento conobbe Ivan Bogdanov, che ricopriva l’analoga posizione all’ambasciata sovietica. Entrambi sapevano chi era l’altro, cioè una spia. Applegate esagerò con il whisky e si lasciò andare ad alcune esternazioni che suscitarono l’interesse di Bogdanov. Applegate nutriva un vivo disprezzo per la classe politica del suo Paese. Non esisteva un vero partito riformatore: i democratici non si distinguevano dai repubblicani, se non per qualche dettaglio marginale. Alcuni senatori democratici del sud erano più a destra dei repubblicani. La legge privilegiava i ricchi, perché gli onorari degli avvocati erano altissimi. Mancava un servizio sanitario che tutelasse i ceti meno abbienti, e via dicendo.
Bogdanov lo ascoltò attentamente e in seguito fece in modo di rivederlo. I due parlarono ancora, a lungo, e un mese dopo Applegate diventò una talpa del KGB. Tornato in patria, intraprese una brillante carriera, arrivando ai vertici della CIA. Fornì una quantità di notizie, sempre più importanti man mano che saliva nella scala gerarchica. Quindici anni dopo l’incontro di Roma con Bogdanov informò Mosca che gli americani erano al corrente del complotto che si stava preparando in Unione Sovietica, e pochi giorni più tardi fu lui a smascherare Ivanna Myskina.
Le ricompense non gli interessavano, ciò nonostante accettava i dollari che il KGB generosamente gli elargiva e che lui depositava in vari conti all’estero.
Fu questo a perderlo.
La sua carriera di doppiogiochista finì il tre di agosto.
Dopo un’indagine che si era protratta per dieci mesi, Laura Jones dell’Office of Security trasmise i risultati del suo lavoro a Patrick Keynes. Alle due del pomeriggio Robert Applegate fu tratto in arresto.
Alle sei del mattino, ora locale, a Mosca il sole si era già levato nel cielo, però l’aria era ancora fresca. Susan Cooper uscì dal Radisson Slavyanskaya Hotel, ben sapendo che sarebbe stata seguita da due uomini della seconda direzione centrale del KGB. Ciò che i due russi invece non sapevano era che, mentre l’americana saliva sulla macchina di Sasha, un furgone avrebbe sbandato improvvisamente, a causa di una foratura, e sarebbe andato a sbattere contro la loro Chaika parcheggiata davanti all’albergo. Il conducente si produsse in mille scuse. Intanto, Sasha guidava veloce per raggiungere al più presto la casa “sicura”.
Susan era affamata, poiché non aveva ancora potuto consumare la sua consueta, abbondante, colazione. Perciò accolse con estrema soddisfazione il ricco piatto di salumi che un’anziana signora le servì, accompagnato da una tazza di tè bollente. Mentre mangiava avidamente, rispose a tutte le domande di Yarbes, talvolta a bocca piena. Keynes, gli disse, aveva deciso di mandare un secondo agente in Unione Sovietica. La scelta era ricaduta su Monica Squire, ma visto che la sua forma fisica lasciava a desiderare – lei stessa lo aveva appurato: e si dilungò in vari dettagli -, aveva preferito inviare una coppia. Scopo della missione era contattare Eltsin. Purtroppo Squire era stata presa in consegna dal KGB.
Yarbes assunse un’aria cupa. “Monica prigioniera! Questa è davvero una pessima notizia. Quella donna così graziosa alla Lubjanka!” Scosse il capo.
“Se ti piace il tipo.”, replicò Susan. Poi proseguì: lei era riuscita ugualmente a parlare con Eltsin. Sebbene non conoscesse il russo, all’infuori di quattro o cinque frasi, era stata aiutata da un giornalista inglese, che si esprimeva perfettamente in quella lingua. Boris Eltsin aveva acconsentito con piacere a farsi intervistare, ma non le aveva prestato molta fede. “Impossibile!”, aveva detto. “Gorbaciov è troppo potente.”
Yarbes la ascoltò con attenzione. Quindi, corrugò nuovamente la fronte.
“A quanto pare, è difficile farsi credere.”, commentò. “Io ho incontrato Putin. Secondo me, lui è al corrente di tutto quello che sta per succedere; credo però che preferisca tenere il piede in due scarpe, in modo da ricavarne in ogni caso un beneficio. E’ astuto e assetato di potere.”
Bevve un sorso di tè, riflettendo.
“Conferire con Gorbaciov è impossibile. Ma esiste un’altra strada.”
“Quale?”, domandò Susan, mentre si accingeva a divorare un piatto di aringhe affumicate. Evidentemente l’anziana signora l’aveva presa in simpatia.
Non altrettanto Yarbes, che le rivolse uno sguardo duro. “Improvvisare! Improvvisare, agente Cooper. Non te lo hanno mai insegnato? O a Langley hai imparato solo la lotta libera?”
Quello stesso giorno, Miloslav Pomarev fu promosso maggiore.
Festeggiò l’avvenimento leggendo con grande soddisfazione il rapporto relativo a Yarbes e Tarasov. I due erano riusciti a scappare, ma la moglie e il figlio dell’uomo del GRU erano stati individuati, presi e fucilati. Lui stesso aveva impartito l’ordine.
Se Tarasov lo avesse saputo, sarebbe venuto allo scoperto. Dopo aver letto il dossier che lo riguardava, Pomarev non aveva dubbi in proposito.
Benché quelli non fossero strettamenti compiti del Gruppo Alpha, Pomarev era l’anima nera di Vladimir Kryuchkov, il presidente del KGB, al quale era profondamente devoto; in cambio di tale devozione era abituato a prendersi varie libertà.
Sebbene appartenesse a un diverso settore del servizio segreto, egli viveva nel mito del più grande agente russo di tutti i tempi: Aleksandr Stavrogin, meglio noto come Matrioska. Di lui sapeva tutto: ogni impresa compiuta, ogni pericolo sfidato, ogni successo ottenuto. Nessuno era mai riuscito a eguagliarlo, ed era un’autentica infamia che fosse stato ucciso da una cekista americana.
Anche Stavrogin avrebbe preso in considerazione la forte eventualità che, appresa la notizia della morte dei suoi cari, Tarasov avrebbe cercato di vendicarsi. Ma poteva succedere che non lo venisse a sapere subito. Inoltre, quasi certamente avrebbe agito da solo. E per Pomarev lui era il pesce più piccolo.
Annotò quattro nomi sull’agenda. Monica Squire, Martin Yarbes, Susan Cooper, Leonid Tarasov. Prima del diciannove di agosto, sarebbero morti. Tuttavia per ottenere questo risultato non era sufficiente attendere e vigilare.
Pomarev trascorse il resto della giornata al telefono. Interpellò alcuni esponenti del GRU, gli agenti della seconda direzione centrale che non avrebbero mai dovuto perdere di vista l’americana che alloggiava al Radisson Slavyanskaya Hotel e che invece se l’erano fatta sfuggire sotto il naso; parlò con i loro colleghi che il giorno precedente l’avevano seguita fino alla casa di Eltsin, prese informazioni su John Wyman, il giornalista inglese. Non emerse nulla di significativo.
Poi ebbe un colpo di fortuna.
Prima di sera, si incontrò con un losco individuo. L’uomo apparteneva alla mafia cecena e come tutti i suoi connazionali detestava i russi. Però, non detestava il denaro che Pomarev gli passava in abbondanza quando aveva qualcosa di importante da comunicargli. E, oltre alle autorità costituite, alla polizia e ai servizi segreti, odiava ferocemente la malavita di Mosca.
Il ceceno gli disse dov’era andata quella mattina Susan Cooper, specificando che la casa in cui era entrata era un covo della mafia russa.
Diversamente da quanto in genere si creda, l’Organizacija non è nata in tempi recenti ma è antica quanto la mafia siciliana. Nemmeno Stalin riuscì a debellarla. Josif Stalin non era precisamente un tipo accomodante: spedì una quantità di delinquenti nei gulag, dove peraltro essi assumevano il controllo della situazione. Dopo la caduta del comunismo, la mafia russa avrebbe aumentato enormemente il proprio potere. Ciò che la differenzia dall’analoga organizzazione italiana è la mancanza di una “cupola”, il che porta a rivalità per il controllo del territorio.
Da tempo Pomarev aveva deciso che li avrebbe liquidati tutti, compreso l’informatore ceceno. La soluzione era semplice: pena di morte. Un interrogatorio fatto come si deve e una condanna esemplare, anche in mancanza di prove certe. In fondo, perfino dai nazisti si poteva imparare qualcosa.
Pomarev era un uomo ambizioso, non soltanto a livello personale, e coltivava il sogno di occupare l’Europa occidentale, quello che avrebbero dovuto fare Stalin e i suoi successori, che avevano avuto i mezzi necessari per riuscirci. Ma era anche realista. Kryuchkov, Janaev e gli altri erano molto prudenti. Troppo, forse. E, a causa di Gorbaciov, adesso gli Stati Uniti si trovavano in vantaggio.
Il ceceno si allontanò e Pomarev tornò immediatamente in ufficio.
Fingeva di ignorare che Kryuchkov, per motivi politici, non sarebbe stato soddisfatto del suo raid, soprattutto riguardo alla donna. Tarasov era un traditore e Yarbes un assassino o il complice di un assassino. Cooper invece era in possesso di documenti falsi, ma non si era macchiata di altre colpe, e il giornalista inglese… era un giornalista. In ogni caso, egli aveva la facoltà di agire come meglio credeva, dato che al momento prestabilito sarebbe stato lui, Miloslav, a guidare gli uomini del Gruppo Alpha che avrebbero occupato il parlamento.
Per questo era libero di operare come meglio preferiva.
Se Pomarev aveva una dote, era la capacità di agire con estrema prontezza. Si munì del telefono e impartì istruzioni brevi e chiare. Tre macchine. Due dovevano dirigersi verso l’abitazione che gli aveva indicato il ceceno, una al Radisson Slavyanskaya Hotel. Dodici uomini in tutto. Lui avrebbe seguito le prime due automobili. Era ovvio che l’americana non era andata lì per una gita di piacere. Nel giro di un’ora, avrebbe preso i primi tre piccioni. In quanto al quarto, che per Pomarev era il principale, per il momento era sotto controllo, alla Lubjanka.
Sessanta minuti più tardi, l’operazione ebbe inizio. Pomarev ordinò a sei degli otto agenti del Gruppo Alpha di scardinare la porta della casa e di salire al quarto piano. Gli altri due restarono di guardia, sulla strada.
Nel frattempo, la terza Chaika bloccava l’entrata dell’albergo. Scesero tutti e quattro e fecero irruzione.
Erano le nove di sera e mancavano sedici giorni al golpe.
Molto interessante la prima parte: una parentesi storica che dà valore e sfondo all’intero romanzo. Anche l’analisi dei vari personaggi crea in modo disinvolto il substrato per svolgimenti e intrighi della futura narrazione. Sembra essere piena di avventure, considerando il piano programmato nell’ultima parte, vero?
Che cosa ci sarà nel prossimo capitolo?
Basta aspettare, solo questo!
Una buona domenica
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Uno scandaglio delle cose realmente accadute, le quali hanno fatto precipitare e continuano a farlo, il mondo in un viatico negativo e complicato per i più….etc…etc. Sempre brava e discorsiva di merito. BUONA DOMENICA da Salvatore.
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Beh e mi lasci così? E mi tocca aspettare fino a domenica??? Ah già è vero, ho detto che amo l’attesa adesso non posso smentirmi…
Letto d’un fiato, devo rileggere. Non c’entra niente ma il mischiare avvenimenti e personaggi reali ad altri immaginari mi ha fatto venire in mente certi romanzi di Milan Kundera.
Buona domenica anche da me.
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@ CLE REVERIES forse proprio grazie al tuo augurio, e a quello degli altri due amici che ti hanno seguita, ho trascorso davvero un’ottima domenica! Sole e vento: sembrava di essere a Cannes 😀
Venendo al capitolo, mi fa un enorme piacere che ti sia piaciuta la prima parte. Temevo che potesse risultare noiosa, ma per fortuna così non è stato.
Ti ringrazio e ti abbraccio ^^
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@ SALVATORE RIZZI in effetti, questa, benché sia un’opera di fantasia, si svolge su un terreno reale. I fatti che poi saranno descritti accaddero veramente.
Grazie, Sar, e un caro saluto!
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@ KRIS l’attesa, forse, è la parte più intrigante della vita…
Il tuo paragone mi lusinga! Sei troppo buona, amica mia!
Un grande bacio*
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Una bella puntata con azioni e riflessioni sul mestiere di spia. E poi ci lasci in sospeso per conoscere come finirà l’operazione di Pomarev. E Monica?
L’intreccio sia fa sicuro e stimola la curiosità nel lettore. Veramente abile sei nel costruire scene e personaggi, sempre credibili, sempre di fantasia.
Un caro abbraccio.
O.T.
Sto preparando il calendario di gennaio 2013 e ti avrei riservato il 30 gennaio. Se hai tempo da un’occhiata a http://ciberspazio.wordpress.com/ che si propone come autore
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@ NEWWHITEBEAR sei sempre puntuale e attento, e di ciò ti ringrazio.
Pomarev tornerà nella prossima puntata, e con lui anche Monica.
Un caro abbraccio a te.
O.T. il 30 genaio è perfetto, dato che le giornate ormai si staranno allungando. Io detesto il buio.
Vado subito a vedere… ti lascerò un segnale…
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Ovviamente, essendo il tuo racconto aderente alla storia, il tentativo di Pomarev fallirà, presumo 😉
Davvero interessantissimo il “cappello” che hai posto in cima al post! 🙂 Non mi sono mai interessato troppo di questi temi, ma a logica trovo tutto verosimile. Almeno da questo punto di vista la guerra fredda aveva un suo fascino 😀
<>… ahahah competitiva perfino in questa situazione! 😛
http://www.wolfghost.com
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@ WOLFGHOST caro lupo, sul primo punto naturalmente taccio.
Sono felicissima che ti sia piaciuto il “cappello” 😀
Susan… eh eh eh… sai come sono le donne ^^
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ooopssss! Le parentesine si sono mangiate la citazione di Susan! 😛 Era “Se ti piace il tipo.” 😀 Però vedo che hai capito lo stesso! 😉
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@ WOLFGHOST beh, lo avevo intuito, caro lupo 😛
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…perfetta in tutto! La tua è vera arte! Complimentissimi….
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@ MARI grazie infinite!
Un bacione.
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Si fa sempre più interessante questo tuo racconto-romanzo (io lo definisco così se non ti spiace). Dettagliato in molti punti che si attorcigliano con realtà e fantasia e che arricchiscono sempre di più la storia rendendola entusiasmante e lasciando con il fiato in sospeso. Eh si, ci sai fare alla grande cara Alessandra, sei bravissima.
Chissà cosa ci riserverai nel seguito…. 🙂
Serena notte, Pat
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Uhm. Sono un pò confuso… troppi nomi stranieri tutti assieme e vicende troppo ingarbugliate per il mio piccolo cervelletto. Proverò a rileggere….
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Ricambio e concordo col tuo dire….Salvatore….
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@ PATRIZIA M. e tu sei molto gentile, cara Pat!
Buona serata ^^
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@ BRUMBRU beh, i primi due episodi finiscono lì, perciò i nomi non sono poi così importanti. Negli ultimi due, invece, si tratta di persone ormai note… Yarbes, Susan, Pomarev…
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Si, ma io sono pignolo. Non posso lasciare un capoverso così… senza averlo capito. Ahahahah.
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@ BRUM Vergine, ca va sans dire ^^
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Eccert… nous che ne parlamm affà?
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@ BRUM eh eh eh 😛
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@ SALVATORE RIZZI ne sono contenta.
Ciao!
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BUONA GIORNATA….Salvatore….
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Dimostri continuità e possibilità ulteriore di giostrare bene situazioni e personaggi per illuminare una vicenda (o le svariate vicende intrecciate) che corrono molto bene e ci legano alla curiosità di proseguire nella lettura. Pomarev è uno che punge. Un abbraccio e a presto.
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@ SALVATORE RIZZI e buona serata a te!
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@ UNIVERS Pomarev punge forte!
Sarà protagonista sino alla fine.
Come sempre, sei acuto e profondo.
Baci ^^
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Intrigante intreccio di personaggi e di situazioni
su una parentesi storica davvero notevole.
Sento odioso quel Pomarev e spero che non riesca
in tutti i suoi intenti…
E’ una puntata da rileggere con calma!
Gros bisous ma chère amie à bientôt!
Michelle
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@ VENTIDIPRIMAVERA non è una puntata semplice, infatti.
Ma se detesti Pomarev ho raggiunto uno dei miei scopi.
Grazie di cuore, chèrie ^^
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Buona serata Alessandra
Salutoni, Pat
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@ PATRIZIA M. un bacione grande, Pat!
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Un’introduzione storica eccezionale; personaggi, riferimenti, azioni tutti attinenti al momento parte integrante della storia. Gli intrecci sono ineccepibili e l’Organizacija russa simile alla mafia è il punto di forza di questa vicenda che mette sotto accusa il sistema.
Una puntata intensa, narrata con competenza e maestria.
Un abbraccio serale
annamaria
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@ ANNAMARIA49 scrivere questa storia non è semplice: ricerche, controlli, prima stesura, rilettura, seconda stesura… quando per un racconto mi occorrono invece quindici-venti minuti. A volte mi domando: ma perché ti affanni tanto? Ne vale forse la pena?
Sì.
Grazie alla lettura sincera ed attenta dei miei amici, fra i quali tu, Isabel. Senza di te non sarebbe mai nato “Alex Alliston”.
Grazie e un bacio.
Anzi due**
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complimenti per la scrittura,
giusto equilibrio tra forma e sostanza.
merce rara sulle bancarelle di quel mercatino chiamato “blogsfera”
TADS
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@ TADS benvenuto nel mio blog e grazie!
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La prima parte, con un piglio giornalistico asciutto ed esaustivo, lo reputo assolutamente congruo e funzionale al racconto. Una parentesi che meglio fa capire la complessa vita del sottobosco delle vite che si sviluppano all’ombra dei nostri occhi, anche se i sentimenti umani lo possono rendere a volte così banale, da apparire impossibile che si possa vendere o comprare una vita. Eppure sesso e potere sono sempre motori che girano al massimo della potenza.
Ora i giochi si fanno veramente interessanti. Come fare a rendersi credibili e soprattutto rendere credibile una notizia che rivoluzionerà la storia, quella con la esse maiuscola? Come fare ad armonizzare le tante “culture” che in quei giorni s’incontrano e si scontrano e ciascuna di quelle ha bene in mente il proprio piano. Tra sopravvivenza e vendetta. Tra desiderio di emergere e conquistare una fetta di potere e fare i modo che quel potere sia quello giusto.
La partita è aperta e nello scontro così “liquido” tra due mondi, uno di questi è destinato a soccombere, l’altro dovrà guardare e se possibile aiutare il nuovo mondo a nascere, crescere e svilupparsi.
E’ sempre più bello. e TADS ha completamente ragione
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@ CAPEHORN la prima parte è la mia preferita, proprio per i motivi da te addotti.
Ora arriva… il difficile 😛
Cercherò di fare del mio meglio, FARO’ del mio meglio – anche se quel meglio ai miei occhi è poco. Lo devo ai miei amici lettori e a me stessa.
Ti ringrazio di cuore, Carlo.
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Se fare del tuo meglio è proporci ogni settimana belle e piacevoli pagine di lettura, ricche d’ogni cosa … non c’è partita. 😛
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@ CAPEHORN 😀
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🙂 😛 😀
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@ CAPEHORN purtroppo non conosco quattro “faccine” ^^
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Allora siamo pari !
ahahahahahah
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l’importante è che tu rimanga fuori, SEMPRE, dai ridicoli parametri considerati “bibbia” nei corsi di scrittura, un bluff clamoroso. A cominciare dalla punteggiatura, elemento che personalizza, inoltre non è assolutamente vero che sia sbagliato iniziare un periodo con una negazione, balla spaziale… vebbè… non mi piace fare il maestrino. Piazza un “plot” per capitolo e traformali tutti in satelliti che ruotano intorno al “plot” principale.
buona serata
TADS
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@ TADS nessun pericolo: non ho mai creduto ai corsi di scrittura. Ciò che ho imparato – poco o tanto che sia – è stato grazie a infinite letture.
Il sommo Tolkien spesso iniziava le frasi con un “ma”.
Quindi, concordo con te.
Grazie per l’intervento e una felice serata, e più tardi sogni d’oro ^^
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