Il capitano Pomarev provò a inseguirli, ma proprio in quel momento la giovane bruna smise di tirare i capelli alla biondina che ne approfittò per inserire un grazioso piedino fra quelli dell’uomo del Gruppo Alpha. La sua contendente inciampò e gli finì addosso. Non pesava più di sessanta chili, però furono sufficienti per bloccarlo per qualche secondo di troppo. Al resto provvide la gigantesca rissa che non accennava a finire.
Lo sconosciuto guidò Yarbes e Tarasov attraverso un dedalo di vie e di stradine, quindi li fece entrare in una vecchia casa dall’aspetto squallido. Salirono al quarto piano e l’uomo li introdusse in un appartamento polveroso.
Yarbes lo guardò in viso. Una faccia crudele, capelli biondi, occhi privi di espressione. Una vecchia preparò del tè. L’uomo andò al telefono, compose un numero e riagganciò.
Cinque minuti dopo ricevette una chiamata. Passò il ricevitore a Yarbes.
“Una giornata movimentata, malgrado l’ora.”, disse una voce che conosceva. Martin rimase in silenzio. “Ora, mi ascolti attentamente, signor Yarbes. So che lei è ai vertici della CIA. Questo le conferisce il diritto di parlare apertamente con gli alti papaveri, i quali a loro volta possono conferire con il presidente degli Stati Uniti d’America. Gradirei che lei raccontasse ciò che è successo, in modo tale da assicurarmi la benevolenza di Bush. In futuro, potrei aver bisogno di lui.”
“Sarà fatto.”, disse Yarbes. “Nadiya non ha consegnato il messaggio, ma credo che lei lo sappia già.”
“Infatti. A tempo debito, mi occuperò di lei. In questo momento quella sciocca si sta trastullando con una sua compatriota.”
“Quale compatriota?”, domandò Yarbes, perplesso.
“Questo non è importante. Piuttosto ho due notizie per lei, poi tornerò al mio lavoro. La prima: una certa Susan Cooper è a Mosca ed è in procinto di rendere visita a un tale che molto presto sarà un cadavere. Se le riesce, la contatti e la dissuada. La sua giovane collega alloggia al Radisson Slavyanskaya Hotel. Può usare il telefono: è protetto. Seconda notizia: beva il suo tè, che per inciso è ottimo, e non faccia caso a quello che accadrà fra breve. Beh, più che una notizia è un avvertimento.”
“Non capisco.”, mormorò Yarbes.
“Tarasov.”, disse la voce. “Va eliminato. Subito.”
“Assolutamente no!”
Dall’altro capo del filo si udì una risata. “Voi americani! Siete impagabili. Lealtà, senso dell’onore, fedeltà, amicizia. Tarasov è un peso morto!”
“Non per me.”, replicò Yarbes.
“Allora faccia come crede. Però, mi stia bene a sentire: io non la aiuterò una seconda volta. Avvisi Cooper e lasci l’Unione Sovietica. Subito. Sasha la condurrà al confine con la Polonia… e poi oltre.”
Yarbes fissò il telefono. “Sasha, la finta rissa… era la mafia russa?”
“Non sono affari che la riguardano, signor Yarbes. Stia attento al maggiore Tarasov, se le sta tanto a cuore. Ieri notte sua moglie e suo figlio sono stati uccisi. A quanto mi risulta, gli ordini erano diversi, ma il capitano Miloslav Pomarev ha deciso altrimenti. Presumo che Tarasov diventerà una belva, e ciò per lei è pericoloso.”
“Posso chiederle un favore?”, disse Yarbes.
“Sentiamo.”
“Immagino che questa sia una casa sicura. Vorrei fermarmi qui per tre o quattro giorni. Pagherò per il disturbo.”
“Permesso accordato, signor Yarbes, e non mi servono i suoi soldi. Mi ripassi Sasha, per cortesia. Buona giornata.”
Yarbes consegnò la cornetta del telefono a Sasha e guardò Leonid Tarasov.
Essere un agente della CIA non significa essere un angelo.
Martin Yarbes aveva fatto eliminare un federale senza battere ciglio, perché così gli aveva ordinato il direttore dell’Agenzia. Era accaduto ai tempi della grande caccia al mitico Matrioska, la spia sovietica che Monica Squire aveva ucciso a Cannes. Nel corso degli anni, si era macchiato di varie colpe, se giudicate da una persona “normale”. Aveva torturato, simulato, dissimulato. Ma questo era il suo lavoro.
Ciò nonostante, provò un profondo senso di pena per il maggiore del GRU. E un sentimento di irritazione nei confronti di Vladimir Putin, sebbene gli avesse salvato la vita.
Un uomo ha dei doveri, pensò. E il principale di essi è trovare la forza per informare un amico che la sua famiglia non esiste più. Che la moglie e il figlio giacciono privi di vita da qualche parte. Che lui non troverà più il conforto di un abbraccio o di un sorriso.
La diplomazia non era il suo forte.
Comunicò la notizia senza tanti giri di parole.
Poi chiese alla vecchia se in quella casa c’era una bottiglia di vodka.
A quell’ora Michail Sergeevic Gorbaciov riponeva con cura un ampio fascio di documenti nella borsa. Si munì di una risma di carta che infilò in un altro scomparto e si alzò dalla scrivania.
Aveva lavorato a lungo, con grande impegno e dedizione, a quel progetto che, insieme alla glanost e alla perestrojka, costituiva il cardine del suo programma politico. Ora avrebbe completato l’opera, visionando gli ultimi dettagli, nella tranquillità della dacia che possedeva in Crimea.
Benché non ignorasse le difficoltà che ancora lo aspettavano, era soddisfatto.
Aveva mandato in pensione i lugubri vecchi dirigenti; presto avrebbe sostituito altri uomini che non apprezzava, fra cui Kryuchkov, il presidente del KGB; era riuscito a creare un equilibrio tra i riformatori guidati da Eltsin e i conservatori più moderati; e si era avvicinato notevolmente agli Stati Uniti di fatto ponendo fine alla “guerra fredda”.
In certi casi, era stato costretto a fare ricorso alla forza, non distinguendosi molto dai suoi predecessori, in questo: emblematici i casi della Lituania, dove mandò l’esercito a occupare la sede del parlamento, e la persecuzione degli armeni.
Gorbaciov aveva una personalità complessa. Sebbene fosse molto più giovane ed energico di chi lo aveva preceduto nella massima carica dell’Unione Sovietica, e sebbene avesse idee completamente diverse dalle loro, a tratti sembrava che riaffiorassero in lui i fantasmi della vecchia nomenklatura; in altre circostanze manteneva un atteggiamento ondivago, come se non fosse convinto delle riforme che lui stesso propugnava, o delle libertà che concedeva, come appunto era accaduto in Lituania.
Adesso comunque si apprestava al grande passo: dopo una trattativa di notevole complessità, si accingeva a siglare il nuovo patto federativo.
Dodici dei Paesi già facenti parte dell’Urss erano prossimi alla firma, la Federazione Russa, l’Ucraina, la Bielorussia, la Moldavia, la Georgia, l’Armenia, l’Azerbaigian, il Kazakistan, il Turkmenistan, il Kirghizistan, l’Uzbekistan ed il Tagikistan. I Paesi baltici, Lituania, Lettonia ed Estonia, avrebbero invece ottenuto l’assoluta indipendenza.
Questo gli avrebbe garantito, fra l’altro, il sostegno economico dell’America di cui aveva un estremo bisogno. E il popolo era con lui.
Mentre si affacciava alla finestra, in attesa che l’auto fosse pronta, non poteva immaginare quello che sarebbe successo prima della fine di quel mese.
Yarbes telefonò all’albergo, ma gli dissero che la signora americana era già uscita. Martin scrisse un breve messaggio in codice e lo consegnò a Sasha, chiedendogli se poteva provvedere a recapitarlo al Radisson Slavyanskaya Hotel.
Evidentemente, Putin aveva disposto che Sasha fungesse da guardia del corpo e che esaudisse i desideri dell’agente della CIA. Infilò il foglio in una busta bianca, la porse a Yarbes che scarabocchiò l’indirizzo, e uscì dall’appartamento senza dire una parola.
Sasha aveva trent’anni ed era già immensamente ricco. Doveva tutto a Vladimir Putin, che venerava più di suo padre ma meno dei soldi. Non aveva amici, all’infuori di Roman, un tipo molto sveglio che sarebbe diventato più famoso di lui. Peraltro, Sasha non amava il calcio e non si sarebbe mai sognato di acquistare la squadra che disputava le proprie partite interne nello stadio di Stamford Bridge, a Londra.
Andò a cercare Sonja, la biondina, e insieme si diressero verso l’albergo. Lei entrò da sola, si guardò attentamente intorno, non vide uomini del KGB e diede la busta al portiere. Si raccomandò che effettuasse la consegna con la massima discrezione e gli passò alcune banconote. Erano dollari ed equivalevano allo stipendio di quattro o cinque mesi. Il portiere si affrettò a metterli in tasca e le rivolse un ampio sorriso.
Sonja uscì dal Radisson Slavyanskaya Hotel. Sasha la aspettava sull’altro lato della strada.
Boris Eltsin era un ingegnere edile, nativo di Butka, un villaggio situato nei pressi dei monti Urali, all’estremo oriente della Russia europea. Entrato a far parte del PCUS nel 1961, ventiquattro anni più tardi diventò il segretario della sezione di Mosca. Incominciò allora una battaglia contro Gorbaciov, a causa dell’eccessiva lentezza con cui procedevano le riforme.
Gorbaciov lo tollerava, perché Eltsin gli serviva come contraltare dei conservatori, tuttavia dopo un violento discorso in cui fu preso aspramente di mira lo destituì.
Divenuto in seguito deputato, Boris si dimise dal PCUS e successivamente venne eletto presidente della Russia. Era un radicale, con idee più democratiche e innovative del segretario generale.
Eltsin abitava fuori Mosca, benché avesse un appartamento anche in città. La casa era protetta da una ventina di “semplici patrioti”, come li definì lui. Accolse Wyman e Cooper con un certo calore e li condusse nel suo studio. Offrì vodka ma ottenne due garbati rifiuti.
Mentre ordinava del caffè e si versava un bicchiere di Pomorskaya, trovò il tempo per sbirciare fuori della finestra. Dopodiché sorrise. “KGB.”, disse. “Allora siete due personaggi importanti!”
Susan scrollò le spalle. “Modestia a parte, sì.”, dichiarò il Bastardo.
Poi Wyman si lanciò in un pomposo discorso, che era il preludio all’intervista. La Gran Bretagna, affermò, era molto interessata alla situazione politica dell’Unione Sovietica, e assai soddisfatta per il nuovo corso politico che aveva portato alla distensione. D’altro canto, come dimenticare che assieme avevano combattuto, e vinto, contro Napoleone e Hitler?
Prima che Eltsin potesse ribattere, intervenne Susan.
Con calma, disse: “Io appartengo alla CIA.”
Una donna destinata da sempre a primeggiare nella vita e negli sport, una donna abituata a dominare, a letto, maschi e femmine, traendone una forte soddisfazione, può rimanere disorientata quando accade l’esatto opposto.
Una prima reazione è un senso di incredulità. Tuttavia se l’evento si ripropone, all’incredulità subentra l’incertezza; e in taluni casi all’incertezza il desiderio. Il pomeriggio del due agosto, un pomeriggio particolarmente caldo e afoso, Monica Squire impedì a Nadiya Nicolajevna Drosdova di prendere l’iniziativa. In modo dolce, ma fermo, la mise spalle al materasso e la possedette. Poi, mentre la russa, cominciava a godere, le fece male.
Strinse con forza i capezzoli, strappandole un grido di dolore.
Senza lasciare la presa, la guardò negli occhi e disse: “Sei solo una piccola sgualdrina. E diventerai la mia schiava.”
Nadiya impazzì.
Sconvolta dall’orgasmo più devastante della sua vita, non cercò di allontanare le mani dell’americana. Si abbandonò alla sofferenza e al piacere.
Monica non le diede tregua. Prima che la russa si riprendesse, la penetrò di nuovo. La schiaffeggiò con violenza, quindi sostituì le dita al fallo artificiale e questa volta le procurò un dolore insopportabile.
Quando smise e Nadiya si rilasciò ansimante, Monica si alzò indicandole la porta. “Vattene!”, disse. “Non mi spaventano le docce gelate e neppure un po’ di digiuno. Ho giusto bisogno di perdere qualche chilo. Vuoi picchiarmi? Accomodati. Ma con te ho chiuso.”
Sapeva che stava giocando d’azzardo e che poteva essere un gioco molto pericoloso. Ma a Langley si studia anche psicologia e, a parte questo, Squire aveva un notevole intuito. Aveva conosciuto una sola persona più dotata di lei, Aleksandr Stavrogin, Matrioska; e comunque alla fine aveva vinto.
Nell’amore esistono i “coup de foudre”; lo stesso concetto talvolta si può applicare a un rapporto di dipendenza masochistica.
Se avesse potuto scegliere, avrebbe preferito agire con maggiore calma, ma non aveva il tempo per un’estenuante partita a scacchi. In base alle informazioni di cui disponeva, era preferibile un rapido scontro a poker, e a carte scoperte. In una situazione diversa, avrebbe fissato il termine di un mese per cercare di raggiungere l’obiettivo che si era prefissato – posto che ciò fosse possibile -, ma aveva a disposizione soltanto pochi giorni, trascorsi i quali sarebbe stato inutile procedere.
E quello era solo il primo passo: non si illudeva di ricevere le chiavi della Lubjanka semplicemente per aver individuato la perversione nascosta della russa. Non c’era niente di logico o di sicuro nel suo piano, pensò sospirando. Eppure a poker spesso si vincono grandi somme proprio sfidando la logica.
Nadiya uscì dalla stanza stravolta. Trascorse il resto della giornata passando in rassegna i più efferati metodi di tortura, si gingillò con l’idea di far urlare l’americana, di strapparle le unghie, di ascoltarla compiaciuta mentre implorava pietà.
Per sfogare la collera andò in palestra e perse quattro incontri consecutivi di judo. Non era mai successo, e le sue avversarie rimasero più sorprese di lei.
Alle sette di sera, tornò nella camera di Monica.
Era pallida come uno straccio.
Squire la fissò in silenzio.
Nadiya deglutì.
“Sono la tua schiava.”, disse a bassa voce.
A causa di impegni, anticipo di un giorno.
Buona lettura 🙂
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Uno spaccato dei servizi segreti delle grandi potenze, nello specifico, il KGB, comprese le vicissitudini negative della perdita di famigliari ed eventuali amici. Ho avuto l’impressione di rivivere ciò che si seguiva al tempo. Un saluto da Sar…………
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@ SALVATORE RIZZI e questo è un grande complimento, caro!
Buona serata*
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Grande puntata tra storia e finzione. Si legge senza mai rifiatare finché non si arriva a
«“Sono la tua schiava.”, disse a bassa voce.»
Veramente bello e appassionante come ci hai sempre abituati con i tuoi romanzi.
Diversi episodi, diverse indicazioni, l’avvio di storie parallele che poi si fonderanno in un’unica grande storia ambientata in un periodo convulso della Russia.
Grazie per l’anticipazione.
Un grande abbraccio
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@ NEWWHITEBEAR la tua attenzione e i tuoi bellissimi commenti mi rendono davvero felice. Ho lavorato con il massimo impegno a questo capitolo, suddiviso appunto in vari episodi, destinati poi a collegarsi tra loro.
Grazie a te!
E un caro abbraccio ^^
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Caspita, veramente un grande episodio come avevi anticipato…
Diversi episodi che vedono coinvolti tutti i personaggi di spicco di questo racconto a puntate, ognuno alle prese con intrighi e misteri, con giochi di potere e con arrivismo. Entusiasmante, veramente entusiasmante. Si inizia a leggere e dopo poche righe non ci si può assolutamente fermare, troppo coinvolgente. Tanti tasselli che poi alla fine si congloberanno insieme e ci riserberanno chissà quali altre sorprese.
Grandissima Alessandra, complimenti.
Serena notte e buona domenica, Pat
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Ricambio il giorno dopo……………..Sar………..
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In effetti quel E se… presagiva un ribaltamento. Certo non era facile indovinarlo in questi termini. Mitica Monica! Ora vediamo un po’… Ma una che ha ammazzato Matrioska non deve certo dare dimostrazioni di carattere e di intelligenza.
Yarbes sempre più convincente.
Tu sempre più convincente! Non sono complimenti di maniera, immagino che tu l’abbia ormai capito, non vincerei la pigrizia per così poco…
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Pagina davvero coinvolgente, Alessandra…
Ros
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@ PATRIZIA M. sono più che lusingata!
Questa è una storia molto difficile da scrivere, però io ce la metto tutta (sarà italiano?)
Mi entusiasma come “Matrioska”, e credo proprio che questo sarà il mio ultimo lavoro.
Grazie, carissima amica, e felice serata ^^
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Che significa che sarà il tuo ultimo lavoro??? Urge spiegazione, grazie…
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@ PATRIZIA M. vuoi una risposta sincera e non diplomatica? Ebbene, io penso – e me ne infischio della modestia – che “Matrioska” meritasse una pubblicazione. Invece, mi chiedono tremila euro. Primo: non dispongo di tale somma; secondo, se penso che la Mondadori – la Mondadori! – pubblica Licia Troisi, vengo presa da impulsi omicidi 😛
Alessandra Pomarev! 😀
Comunque, la Lubjanka durerà ancora molto a lungo, e nel frattempo ci saranno racconti e “I love Janine”.
Grazie, e baci!
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Grazie per la risposta sincera, non vedo perché fare la modesta quando quello che scrivi merita a mio parere merita veramente. Le case editrici a quanto pare chiedono soldi per le pubblicazioni, ne avevo già sentito parlare purtroppo, ma non a tutti… come sempre ci sono le disparità in ogni ambito.
Baci a te carissima, ma non smettere di scrivere, mi raccomando, non dargliela vinta, tu continua a scrivere anche se capisco la tua delusione e la tua rabbia.
Pat
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@ PATRIZIA M. 🙂
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@ SALVATORE RIZZI good evening!
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@ KRIS l’ho capito e tu non immagini quanto mi facciano piacere i tuoi commenti!
Matrioska era unico… eppure Monica vinse (forse a causa di un impulso segreto del russo, come sostenevi tu; ma in ogni caso dimostrandosi una grande donna).
Lei è più forte di Nadiya.
Però… attenzione a Pomarev…
Un bacio, e grazie*
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@ ROSEMARY3 ti ringrazio, cara Ros.
Un abbraccio.
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Guten nacht…Ale….
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Capperi! sai cosa mi piace di tutte le tue storie? l’incredibile risvolto psicologico! solo i grandi riescono…
Un bacione!
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@ SALVATORE RIZZI spokojnoj noch, Sar.
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ahahah mitica Monica! 😀
Molto interessanti i profili dei politi russi che hanno fatto la storia recente della Russia! 😉 E’ sempre un piacere leggere i tuoi romanzi che sanno mischiare con grande perizia e ingegno storia, psicologia e, naturalmente, avventura 😉
http://www.wolfghost.com
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@ MARI sei troppo buona!
Due bacioni**
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@ WOLFGHOST ed è un piacere leggere commenti quali il tuo.
Anche per me, Monica è veramente mitica 😛
Se si vuole scrivere una storia sensata, la fantasia non è sufficiente: per questo ho svolto, e svolgo, moltissime ricerche, anche su siti russi 😀
Grazie mille, caro lupo!
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Non so se sia proprio cosi’, forse anche un romanzo inventato totalmente di sana pianta puo’ risultare interessante, ma… almeno per me, il “fondo di verita’” e’ davvero un valore aggiunto. E non da poco 😉
http://www.wolfghost.com
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@ WOLFGHOST anche secondo me è così. Io in genere mi accorgo se l’autore sta parlando di qualcosa che conosce veramente.
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Questo capitolo è veramente perfetto, a mio avviso. È frutto di genialita’ per le strategie testuali che adotti sempre nelle tue opere, trovo che nel confronto con le prime si nota la tua maturita ‘ letteraria. Sviluppare una trama cosi ingarbugliata e tenere sempre i protagonisti cosi dinamicamente e psicologicamente legati insieme senza annoiare o distogliere i lettori è veramente da grandi. Non è una sviolinata, credimi.
Qui tutto è stato strategicamente studiato per arrivare ad un finale che sicuramente sarà di grande valore. Alla base c’è uno studio accuratissimo e di una persona già molto colta e preparatissima.
Lo preferisco perchè noto che hai un gran rispetto per i tuoi lettori.
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Scusami, non ho potuto concludere, ma meglio cosi.
Aspetto il prossimo capitolo che sicuramente sarà bello come questo.
Un abbraccio e buona notte! 🙂 :-*
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Un intenso e lungo capitolo, letto con grande avidità
appassionata e affascinanta da ogni parte storica che
evidenzia un lavoro di notevole precisione nella ricerca
di ogni fatto accaduto, tessendo intorno con genialità
le vicissitudini di ogni personaggio…
Bellissimo il Tutto ma piaciuto molto la chiusa legata a
Monica e a Nadiya…
Un bacione grosso Alessandra e buon inizio di settimana!
Michelle
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Il capitolo è bello e denso d’azione. Brava.
Due considerazioni personali: Io non avrei detto nulla, della famiglia, a Tarasov. Non poteva più far nulla, ed era destinato a morire lui stesso, probabilmente. E poi poteva essere una bugia….
Secondo: non chiamerei “colpo di fulmine” un’attrazione squisitamente sessuale. Il colpo di fulmine è qualcosa di più. Qualcosa di veloce… superficiale, se vuoi, ma qualcosa di più. Secondo me, ovviamente.
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@ CLE REVERIES che dire a fronte di un simile commento? Che sono commossa, ed è vero!
Io ho un grande rispetto per i miei lettori e prima di editare un post lo leggo e lo rileggo. Se poi viene male non è certo a causa di mancanza di impegno.
Quello c’è sempre.
Ti ringrazio moltissimo e ti abbraccio ^^
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@ VENTIDIPRIMAVERA e pensa, cara Michelle, che se nutrivo qualche dubbio era proprio sulla parte finale. Invece, adesso tiro un sospiro di sollievo.
Grazie per le tue belle parole, chèrie!
Un forte abbraccio*
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@ BRUM sono lieta che questo capitolo ti sia piaciuto.
Tarasov? Potrebbe morire ma anche no…
Riguardo al colpo di fulmine, il mio era un paragone tra innamoramento e attrazione “masochistica-sessuale”. Ma forse non sono stata chiara.
Di certo, questo è un blog che gli amici “leggono” veramente. E’ una cosa che mi fa un immenso piacere!
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Ho riletto il periodo. In effetti il tuo era un paragone. E scrivi: “talvolta”. Come non detto.
Eccerto che leggiamo… non veniamo mica qui a commentare le macchie dei Dalmata… 🙂
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@ BRUM eh eh eh 😛
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Oh, quando è giusto… è giusto. Mò non ti gasare… per una volta che hai avuto ragione… 🙂
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@ BRUM no, io ridevo per la tua ultima frase ^^
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Ah, ecco. Ma c’è poco da ridere anche su quello, sai (lo sai… una battuta la devo pur fare…)? Ce ne sarebbe da dire, sulle macchie dei Dalmata…
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@ BRUM la battuta era ottima!
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😉
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Tutte le sai!!!!!!!!!!!!! ….ciao…da Sar….
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@ SALVATORE RIZZI beh, proprio tutte no 😛
Ciao!
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Mi è piaciuto molto il passo dedicato a Gorbaciov. Ho imparato delle cose che non sapevo. Sei molto brava, Alessandra.
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@ VALENTINA tutti noi siamo all’oscuro di molti fatti. Ciò dipende anche dai vari interessi.
Grazie!
E felice notte ^^
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Diversi episodi molto ben condotti che intrecciano avvenimenti storici e di spionaggio. La tua eleganza e la cura che ci metti non è cosa da poco, cara Ale, leggevo del tuo disappunto in riguardo alle case editrici, figuriamoci tremila euro per la pubblicazione di un romanzo con la R maiuscola, ma si sa vanno avanti sempre i soliti romanzieri da strapazzo. Tu non disperare: hai tutte le carte in regola, verranno tempi migliori.
Un abbraccio affettuoso
annamaria
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@ ANNAMARIA49 grazie per la stima e per l’incoraggiamento, mia cara amica!
Un bacione*
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Buonissima puntata, piena di suspence e fantasia senza disdegnare proprio il realismo di certo spionaggio e riferimenti alla storia; episodio legato a un obiettivo ben preciso… un saluto.
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@ UNIVERS ti ringrazio tantissimo, mio “vecchio” amico.
Un sorriso per te ^^
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Dunque Licia Troisi direi di affidarla alle cure di Aglaja (per l’occasione la facciamo resuscitare).
Immagino quanto sia frustrante sentirsi chiedere soldi per pubblicare il tuo lavoro. Davvero assurdo come funzionano ste cose ma si sapeva purtroppo. Io non vorrei offenderti, sia chiaro, ma sarei disponibile a contribuire, e se lo facessero anche altri… magari comprando dieci copie del libro. Perché lo meriti, come scrittrice e, anche se la conoscenza filtrata dal web è troppo parziale, secondo me lo meriti anche come donna.
Questo penso.
Un bacio!
Ps: leggo anche Janine ma non mi stimola commenti. So che mi perdoni!
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@ KRIS dire che mi hai commossa sarebbe troppo poco! Veramente troppo poco.
La tua proposta è di straordinaria generosità.
Quando ero su Splinder, dopo aver pubblicato “Lesbo è un’isola del Mar Egeo” con un discreto riscontro di vendite, non trovai un accordo con l’editore – peraltro uomo serissimo che non chiedeva alcun tipo di sovvenzione -; perciò il seguito non venne pubblicato (né scritto, se non in minima parte). Autopubblicai invece, tramite il sito dell’Espresso (a un costo molto contenuto), “Sognate con me”, una raccolta di racconti tratti dal mio blog, nessuno dei quali inedito, e ne vendetti circa sessanta copie! Per me fu un successo sbalorditivo.
I tempi, però, sono cambiati, e in tutta sincerità, senza un’adeguata diffusione (e promozione), cioè solo basandomi sul blog, penso che “Matrioska” e/o “Il crepuscolo della Lubjanka”, o i due romanzi riuniti in un unico libro come suggeriva l’amico Capehorn, non andrebbe oltre le cinque copie.
Ciò detto, mia cara amica, ti ringrazio con tutta l’anima!
Un grandissimo bacio.
(Certo che ti perdono :-P)
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Grande capitolo, non poteva certo discostarsi da quelli precedenti, ma con un valore aggiunto. La precisa ricostruzione storica degli avvenimenti, fatta non in modo scolastico, virante al pedante. Piuttosto con quella psicologia dei personaggi, che aiutano il lettore a farsene un quadro più appetibile e di più facile ricordo.
Esemplare é la conversazione tra Yarbes e il “Piccolo Czar” e sorprendente la sfrontatezza del secondo nel vaticinare l’eliminazione del suo predecessore. In un lampo poi si evoca ciò che avverrà nella Russia post comunista, coi i suoi oligarchi e su come certe fortune siano state create sotto l’ala di un partito mai del tutto defunto e di una mafia lasciata molto brada a se stessa. Conoscere il presente ascoltando la voce del passato, per capire il futuro. Vuoi mettere.
Certo é che sarà interessante assistere al viaggio che intraprenderà, se lo farà ben inteso, il pragmatismo e la follia.
Sorprendente e sconvolgente é il finale del capitolo, dove le parti s’invertono, dove la mente prende altre vie, che non sono quelle della razionalità ma, piuttosto, quelle della lucida follia. Follia d’amore? Forse. Un amore che si può giudicare malato, guardare con disgusto o forse disprezzo, ma che viene suscitato dal profondo dell’anima. Come se una strega, una moderna Baba Yaga, abbia toccato corde che si credevano ben nascoste, anche a se stessa.
I giochi sono sempre più aperti e sinceramente sono contento di avere il privilegio di leggerne lo svolgimento.
Questo alla faccia dei mediocri di ogni latitudine mentale.
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@ CAPEHORN non è certo la prima volta che mi fai dono di una recensione e non di un normale commento: te ne sono molto grata.
E sono particolarmente contenta di quanto affermi a proposito del quadro storico, dato che per vari aspetti è forse la parte più difficile da scrivere, proprio per non renderla scolastica e noiosa.
Putin fin da allora – e da prima – aveva le idee assai chiare.
In quanto al finale, trovo perfetta la citazione di Baba Yaga.
Grazie mille!
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