Fu l’estate più bella della mia vita.
A volte ci penso ancora, magari mentre sto lavorando a maglia oppure quando esco di casa e mi inoltro nel piccolo bosco che mi separa dal paese più vicino. In genere, vado a fare la spesa una volta alla settimana, perché ho una vecchia macchina con le sospensioni traballanti e le gomme lisce. La strada sterrata è in pessime condizioni, e non sarebbe prudente sfidare troppe volte la sorte. Mi reco all’emporio, scambio quattro chiacchiere con Matilde, la vecchia cassiera, e mi rifornisco di quel poco che basta per affrontare i successivi sette giorni.
Ma camminare è diverso. Mi è sempre piaciuto molto passeggiare, e anche se non ho più la forza dei miei vent’anni sono ancora dotata di una buona resistenza. Amo il profumo del bosco, le sagome degli alberi che ormai considero vecchi amici, i raggi del sole che a tratti filtrano dalla verde cupola che mi sormonta, creando un gioco di luci suggestivo e quasi magico.
Ma amavo anche il mare, sebbene da allora non ci sia più andata.
Da quell’estate, per la precisione.
La vita è strana: sarei dovuta partire con Gianna; ma suo padre fu colpito da un ictus. Rimasi a Roma per starle vicino (allora abitavo lì, poi le grandi città mi sono venute a noia); però, alla fine, fu lei a convincermi ad andare in vacanza da sola. Avevamo pagato in anticipo l’albergo, e non le sembrava giusto che io sprecassi inutilmente i miei soldi. Lavoravamo entrambe come operaie, e lo stipendio non era certo alto. A malincuore, seguii il suo consiglio, preparai la valigia e andai a Gabicce.
Incontrai Giovanni la prima sera.
Stavo mangiando un gelato, seduta al tavolo di un bar che si affacciava direttamente sull’Adriatico. Non lo notai subito. Lui prese posto accanto a me e ordinò una birra alla spina. Non ricordo quali furono le prime parole che mi disse; probabilmente rappresentavano il classico approccio di chi è in cerca di avventure: questo almeno fu il mio pensiero. E a me non interessavano le avventure. Ma poi Giovanni incominciò a parlare, e io mi persi in quelle parole.
Credo che certe cose succedano una sola volta nella vita.
A me piacevano molto le canzoni di Claudio Baglioni. Lui disse che apprezzava una certa sua vena nostalgica, ma che tuttavia aveva la casa piena di dischi americani o inglesi; erano complessi che io non avevo mai sentito nominare: Jefferson Airplane, Grateful Dead, Doors, Rolling Stones. Io leggevo a malapena qualche settimanale di pettegolezzi; mi incuriosiva conoscere la vita delle principesse e delle attrici. Giovanni mi ascoltò in silenzio, e non c’era superbia in quel silenzio. Dava la sensazione di essere interessato al mio mondo interiore, e sembrava che non gli importasse che io fossi una capra. Si accese una sigaretta, chiamò la cameriera per farci portare un altro gelato e un’altra birra, lanciò un’occhiata al mare che riposava tranquillo al chiarore lunare, quindi mi parlò di Dostoevskij. Era perfettamente consapevole del fatto che io non lo conoscevo, nemmeno di nome, ma con un linguaggio chiaro, pacato, mi raccontò una storia meravigliosa: era quella di un principe che soffriva di epilessia, e che per questa ragione veniva definito idiota, sebbene fosse un uomo sensibile e intelligente. Mi spiegò che nelle intenzioni dell’autore egli raffigurava la figura di Gesù; citò alcuni passi a memoria, ed erano talmente belli, talmente ricchi di umanità, che all’improvviso i miei occhi si colmarono di lacrime.
A Roma, in linea di massima, frequentavo una compagnia di coatti. Ero abituata a prendere a schiaffi quelli che si concedevano delle libertà che io giudicavo eccessive. “Famo a capisse!”, rispondevo a chi lodava le mie tette o sosteneva che le mie gambe gli ricordavano quelle della Carrà, e che gli sarebbe piaciuto fare un giro in giostra con me.
Giovanni non era particolarmente bello. Ma era diverso.
Ci rivedemmo la sera dopo nello stesso posto, e non ci fu bisogno di parole. Mi prese per mano, scendemmo in spiaggia e facemmo l’amore. Io non ero vergine, ma quella notte capii il vero significato di quell’espressione. Poi restammo abbracciati, ad ascoltare il rumore della risacca, a guardare le stelle, e a sussurrarci parole che non scorderò mai, neppure se dovessi campare fino a cent’anni, e Dio non voglia. Poco prima dell’alba, espressi un desiderio: avrei voluto rimanere lì per sempre, con lui, assaporare il profumo del suo corpo, avvertire i battiti del suo cuore, rannicchiata come una cucciola fra le sue braccia.
Anche Giovanni era di Roma. Finite le vacanze, continuammo a frequentarci, e tutto quello che so, quel poco che so, l’ho imparato da lui.
Era un uomo meraviglioso, capace di dolcezza infinita; era un poeta e un sognatore. Stare con lui era straordinario: significava affrontare ogni nuova giornata con il sorriso sulle labbra, e una voglia incredibile di rivederlo. In precedenza, non ero mai stata infelice; ma fu con Giovanni che compresi cosa vuol dire essere veramente felici.
Il cancro lo portò via a pochi mesi dalle nozze. Rammenterò sempre i suoi occhi sereni, la forza con cui affrontava quella battaglia disperata, e le sue ultime parole: “Ti amo, Gabriella!”
Mi sposai cinque anni dopo, a un’età che incominciava a essere avanzata. Mi sono chiesta molte volte il motivo che mi indusse ad accettare la proposta di Clemente Roccioso. Forse perché era del mio ambiente, e dentro di me sapevo che l’amore di Giovanni era stato un dono del cielo, ma che io non meritavo quel dono. Con il passare del tempo, compresi di aver commesso un terribile errore. Mio marito non era affatto un uomo clemente, e di roccioso aveva soltanto l’atteggiamento arrogante e la passione per l’alcool. Mi picchiava spesso, e dato che usava la cinghia dei pantaloni, non ho la minima idea di quanto potessero essere “rocciosi” i suoi pugni. Mi considerava la sua sguattera, non sua moglie, e non mi rivolse mai una parola gentile. Era rozzo e ignorante, sapeva parlare solo di calcio e di moto; inoltre era un attabrighe nato. Per quanto ne so, al bar fu protagonista di risse infinite, ma il più delle volte le prendeva, e rincasando si sfogava con me. Quando morì in un incidente stradale, non piansi una sola lacrima. La polizia appurò che era ubriaco fradicio.
Il mio Giovanni amava scrivere e fu per questo motivo che un giorno entrai timidamente in un negozio di computer. Naturalmente non capivo nulla di pc, non sapevo da che parte incominciare. Fu la figlia di Gianna a insegnarmi come usarlo e, anche se ancora adesso non so postare le immagini quando lascio un commento, me la cavo a sufficienza per scrivere le mie fiabe. Tutte le sere, dopo cena, mi connetto ed entro nel mio blog.
So che troverò tanti amici che mi aspettano, e che mi fanno una grande compagnia. Sapete, in tutti questi anni, sono riuscita a leggere “L’Idiota”: non è stato facile, credetemi, ma sono orgogliosa di avercela fatta. E credo che Giovanni sarebbe fiero di me.
Cari amici, scusatemi se questa sera non ho raccontato una delle mie fiabe. Sono fiabe infantili, forse un po’ sciocche, lo so, ma voi siete così buoni e mi lasciate sempre dei commenti che mi arrivano dritti al cuore.
Ma… questa sera volevo parlarvi di Giovanni e, nel mio modo sicuramente approssimativo, di una parte della mia vita.
Un bacione a tutti da nonna Gabriella 🙂
NONNA GABRIELLA
22 novembre 2012 di Alessandra Bianchi
44 Risposte
Nonna Gabriella non ha raccontato una fiaba ma ha fatto molto di più. Ha raccontato la sua vita, quella parte di vita che si è legata in maniera totale a Giovanni, portatogli via dalla malattia troppo presto, ma che è rimasto con lei sempre, attimo dopo attimo, anche negli anni difficili del matrimonio disastroso con Clemente. Mi ha fortemente emozionata questo suo raccontarsi così semplicemente, così direttamente. Grazie Nonna Gabriella!!! 🙂
Ciao, Pat
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@ PATRIZIA M. questa è una storia scritta con il cuore, che – devo dire – ha emozionato anche me, forse perché mi sono totalmente immedesimata in Nonna Gabriella.
E Nonna Gabriella ti ringrazia moltissimo, cara Pat ^^
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Si sente carissima Alessandra che è scritta con il cuore, le emozioni escono dalle parole e arrivano fortissime ^__^
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@ PATRIZIA M. ancora grazie 🙂
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Un racconto molto bello, si. Di tristezza mista a gioia. Così è la vita, d’altra parte….
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@ BRUM è esatto ciò che scrivi: questa è la vita… attimi felici e tristezza… non sempre in parti uguali.
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Molto dipende da quanto si sa apprezzare e gustare la felicità… e vincere la tristezza, però.
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@ BRUM condivido… in parte…
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Dolcissima nonna Gabriella! Ha saputo vivere le sue esperienze con verità e semplicità, prendendo tutto il bello del suo rapporto con Giovanni e resistendo con Clemente…… ora non succederebbe….
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Ero sicura l’avessi scritta tu!
Non è una storia ma una poesia, la poesia della vita che continua in ogni nostra avventura lasciando sempre un segno indelebile. A volte felice e purtroppo, altre molto amaro.
Grazie per la bellissima lettura.
Un abbraccio
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@ FAUSTA68 ora non succederebbe: molto probabilmente hai ragione, mia cara amica. I tempi sono cambiati e temo che molti giovani d’oggi non abbiano ancora capito cos’è veramente la vita.
Un caro abbraccio!
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@ CLE REVERIES e l’ho scritta io sì, mia dolce amica.
Grazie a te per le tue bellissime parole! In questo momento avverto quel calore del quale parlava Nonna Gabriella: il calore dell’amicizia, poco importa se virtuale (che sciocca parola, poi).
Lots of love ^^
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Toccante storia che va dritta al cuore. Molte nonne Gabriella perdono il vero amore della vita e sono condannate ad un matrimonio privo di sentimento. Ora nel virtuale c’è tanta consolazione e compagnia, capita sempre più spesso, del resto i tempi cambiano e a portata di un clic è anche bello poter comunicare.
Hai scritto una storia bellissima che si lascia leggere con tanto trasporto. Bravissima.
un abbraccio
annamaria
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@ ANNAMARIA49 posso affermare senza problemi di nutrire maggior affetto per te e per altre amiche, e altri amici beninteso, e di conoscervi meglio di molte persone che frequento nel “mondo reale”. Nonna Gabriella è una donna forte, semplice, ma provvista di una forte carica di umanità… e dal suo bosco scrive le sue fiabe.
Grazie mille, cara!
Un bacione.
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Una magnifica, tenera e dolorosa storia quella di Gabriela e Giovanni
la storia breve di un bellissimo amore che mi ha commosa e questa volta cara Alessandra sei riuscita a farmi scendere le lacrime…
Un abbraccio cara e buon proseguo di serata!
Michelle
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Un bel post per nulla malinconico o triste, semplicemente vero. Hai descritto con semplicità ma con altrettanto vigore le sensazioni di nonna Gabriella, che ha vissuto un Amore con la A maiuscola e un matrimonio da dimenticare.
E’ sempre un piacere leggere i tuoi post.
Un caro abbraccio
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@ VENTIDIPRIMAVERA complimento più bello non può esistere!
Ti abbraccio forte, Michelle*
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@ NEWWHITEBEAR in effetti, non tutti hanno avuto un amore come quello di Nonna Gabriella, sebbene poi il suo sia stato troppo breve. La tua è una chiave di lettura ottimistica, che sicuramente sarebbe piaciuta a lei.
Un grande abbraccio e grazie!
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Che bella, che bella fiaba! Un fiaba nella fiaba dove si vede e si sente il tuo cuore dentro quello di nonna Gabriella….c’è dolcezza, c’è verità, c’è vita…
Un bacione
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@ MARI che splendido commento, cara!
Grazie e un bacione a te*
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Non ce la faccio. Non mi vengono parole adeguate. Sciuperei tutto. Solo grazie. Grazie.
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Come sempre, e questa volta più che mai, sei entrata nel personaggio, fino ad immedesimarti in nonna Gabriella. Un racconto breve ma intenso, che mette in risalto le caratteristiche di due uomini diversi, uno gentile e romantico, l’altro violento e rozzo, dozzinale. Mi pare che il fatto sia attualissimo, trattando anche dellla violenza sulle donne, tema quanto mai scottante dei nostri giorni. Due uomini morti entrambi, ma capaci, nelle conseguenze di ciò, di diverse sensazioni in Nonna Gabriella, ed in noi che abbiamo letto.
Grande Alessandra!
Cesare
Bisous!
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Un novellare poetico in cui il sentimento è al di sopra di tutto
Adoro le nonne
Grazie, Alessandra
Bacioni
Mistral
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Quando rammendo il mondo dei miei nonni, mi viene il magone, come in questo caso tu CHE mi hai toccato le corde dei sentimenti. CIAO da TURIDDU….
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ahah bellissimo e… molto toccante! 🙂 Peccato per la morte di Giovanni, tra l’altro, essendomi sposato solo due anni fa a 44 anni con una donna piu’ giovane, avevo un po’ paura di lasciarla vedova presto (cosa a rigore ancora possibile, naturalmente! :-P) o addirittura di non arrivarci nemmeno al giorno del matrimonio 😀 Quindi mi colpisce davvero la storia di questa coppia, anche se di fantasia 🙂
In quanto a Clemente… lui no, non riesco a dispiacermi per la sua dipartita! 😉
http://www.wolfghost.com
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Stupenda e suggestiva pagina di ricordi, forse uno dei più belli della propria infanzia… mi hai sinceramente commossa…
Ros
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@ KRIS grazie a te, mia sensibile amica!
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@ CESARE credo che effettivamente il tema sia attuale: la violenza sulle donne, spesso “domestica”, è un’autentica vergogna!
Nonna Gabriella? Beh, sì, sono io 😛
Grazie, e bisous ^^
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A tale proposito ho scritto una poesia che qui pure voglio riportare, per rendere omaggio a tutte quelle donne che ne sono rimaste e ne rimangono vittime.
________________
VIOLENZA
L’uomo brutale
minaccia che incombe,
pesanti le mani
calano spesso
su volti di donne
privi di colpe.
Violenza che affronta,
di certo vigliacca,
che offende ed opprime,
negando evidenza
d’un bene richiesto
nel giusto rispetto.
Ma l’uomo è capace
pur di accarezzare,
di scorrere il volto
sereno e gentile
della sua donna,
e basta lo voglia.
Cesare Borroni
(23-11-’12)
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@ CESARE un sincero applauso!
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@ OMBREFLESSUOSE e allora la nonna ti abbraccia, cara Mistral*
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@ SALVATORE RIZZI faccio quello che posso, amico Turiddu!
Un abbraccio.
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@ WOLFGHOST suvvia, caro lupo 🙂
Tu vivrai fino a cento anni, parola di strega ^^
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@ ROSEMARY3 mi fai felice, cara.
Buona serata, Ros*
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RICAMBIO….SALUTI DA SALVATORE…..!
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@ SALVATORE RIZZI sei proprio un vero amico!
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Nice and perfect weekend with all relax , joyful happenings and a lot of fun!
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@ CLE REVERIES un grande abbraccio, amica mia!
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Giunti ad un punto della vita, a ciascuno di noi viene voglia di fare un bilancio. Di raccontarsi e osservare ciò che si é compiuto. Nonna Gabriella non fa bilanci, non guarda il passato con simpatia o rammarico. Ciò che é fatto é fatto e a dirla come Dumas, ciò che é fatto lo é stato per il bene dello stato. da questo punto é il momento di riprendere le fila della propria vita e guardare avanti. Trovare l’emozione per scrivere ancora un’altra fiaba e un’altra ancora, forse perché le migliori debbono ancora essere scritte.
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@ CAPEHORN chapeau.
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Storia che ha il sapore di una fiaba sensibile, a tratti commovente, dal retrogusto malinconico che però non guasta in questo caso. Un abbraccio.
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@ UNIVERS ti sono grata sia per il commento, sia perché mi segui da anni… tanti anni, ormai.
Un caro abbraccio.
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QUESTA NONNA CHE RIESCE A FINIRE L’IDIOTA, CHE IMPARA AD USARE IL PC E APRE UN BLOG PER SCRIVERE FIABE, CHE COLTIVA AFFETTI VIRTUALI, DOPO LA VITA CHE HA PASSATO….
UNA BELLA FIABA MODERNA! e MI PIACE QUANDO SCRIVI IN PRIMA PERSONA, MI PARE CHE TU ABBIA UNA BELLA CAPACITà DI IMMEDESIMAZIONE.
bUONANOTTE!
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@ LILLOPERCASO è un fatto curioso, questo: sebbene abbia scritto in prima persona “Lesbo è un’isola del Mar Egeo” – il mio primo libro -, non amo molto né leggere né scrivere in prima. Poi, magari, a volte lo faccio. Diciamo che seguo l’istinto.
Grazie, cara Dany!
Buona serata ^^
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