Esistono varie gradazioni di oscurità, ma quella notte sembrava che il buio fosse assoluto, anche se probabilmente non era vero. Desi indugiò per qualche minuto, poi si alzò dal letto e, camminando a piedi nudi, andò alla finestra.
Non aveva bisogno di accendere la luce, dato che conosceva la stanza a memoria. D’altra parte c’era ben poco da vedere: il letto, un vecchio comodino e un tappeto consunto. La camera era lunga e stretta. Desi aveva sistemato alcune mensole sulle pareti per poter riporre i suoi libri, un vaso di fiori e la fotografia del padre, che aveva fatto incorniciare spendendo forse più di quanto potesse permettersi.
Desi aveva ventiquattro anni, era assai graziosa, vivace, e molto intelligente. Viveva in quell’appartamento, un piccolo soggiorno con angolo cottura, un bagno, la camera da letto e uno sgabuzzino dove aveva sistemato l’armadio e impilato per terra i libri che non stavano sulle mensole, da quando aveva lasciato i suoi. Il patrigno aveva cercato di sedurla, lei si era ribellata e lo aveva respinto, ma la mamma non le aveva creduto. “Sei una sgualdrina!” Quelle parole le bruciavano ancora.
All’epoca era già maggiorenne, perciò se n’era andata. Lavorava in un negozio di dischi; lo stipendio non era granché, però sufficiente per pagare l’affitto e comprarsi da mangiare. La sua migliore amica si chiamava Isabelle. Possedeva una boutique in Rue d’Antibes e spesso le regalava dei vestiti. Desi protestava, ma Isabelle scrollava le spalle, sostenendo che erano degli scarti. In realtà, non era vero. Ogni tanto Desi sgraffignava qualche cd per sdebitarsi, quantomeno in parte.
Aprì la finestra e guardò fuori. Molto lontano, a oriente, scorse una pallida striscia di luce. Osservò la strada, sotto di lei: i lampioni cominciavano a spegnersi. Spirava una fresca brezza. Ancora nascosta dal buio, a una cinquantina di metri di distanza, c’era una piccola spiaggia. Nei mesi estivi, quando rincasava dal lavoro, Desi attraversava la strada per camminare sulla sabbia. Poi entrava nel mare e nuotava vigorosamente fino a quando la spiaggia scompariva alla vista, quindi si metteva a dorso, lasciandosi trasportare dalla corrente. Quello era il momento più bello della giornata. Nei paraggi c’erano anche un porticciolo di pescatori, un ristorantino gestito da una coppia di anziani coniugi e alcune vecchie abitazioni. La casa di Desi era a est di Cannes; un promontorio la separava dalla città.
Preparò il caffé, forte e senza zucchero, e tornò alla finestra per berlo. Guardò davanti a sé: il mare era scuro, tuttavia al largo brillavano delle luci. Una nave, pensò Desi. Suo padre, Antonio, era italiano, di Palermo; la madre invece era francese. Antonio l’aveva conosciuta al porto vecchio: era un marinaio. A quanto si diceva, la mamma, Mirelle, in gioventù era stata molto bella, sebbene poi fosse invecchiata precocemente. Desi aveva preso da lei, almeno stando alle foto che aveva visto. Dopo il matrimonio, Antonio si era trasferito a Cannes, la città di Mirelle. Era morto quando Desi aveva cinque anni. Non si era mai saputo con esattezza cos’era successo; secondo la versione ufficiale, era scivolato sul ponte della nave durante una tempesta, picchiando la testa. Ma circolavano anche voci diverse: che fosse deceduto in seguito a una rissa. Ciò nonostante, Desi amava le navi.
A volte sognava a occhi aperti. Le sarebbe piaciuto essere un maschio, imbarcarsi su un peschereggio diretto verso mari esotici, svegliarsi al mattino assaporando l’odore della salsedine, visitare paesi remoti e suggestivi; oppure salire a bordo di una nave da crociera ma non come cameriera, questo non le sarebbe interessato: avrebbe voluto fare il marinaio, iniziando dal livello più basso, mozzo, per poi guadagnarsi il rispetto del comandante.
Si staccò dalla finestra e andò in bagno a lavarsi. Indossò dei pantaloncini corti, un top, scarpe da ginnastica, e scese in cantina. Prese la bicicletta e pedalò fino a Cannes che distava circa quattro chilometri da casa sua. Mangiò un croissant in compagnia di Isabelle, passeggiò per un po’ sulla Croisette, sbirciando le vetrine dei lussuosi negozi e, quando fu l’ora, si recò al lavoro. Il negozio era situato in fondo a Rue d’Antibes, nelle immediate vicinanze del porto vecchio. Da lì, in due minuti, si arrivava alla Croisette; per lei che amava il mare era un’ubicazione perfetta.
Era l’anno di Miley Cyrus e di altre cantanti simili, però Desi preferiva un altro genere di musica. Mise nel lettore uno dei primi cd dei Metallica (dopo l’album “nero”, a suo giudizio, si erano appassiti) e pulì da cima a fondo il locale. Il proprietario non si faceva vedere quasi mai, ma ciò non le impediva di lavorare coscienziosamente. Le piacevano anche le canzoni francesi, benché spesso fossero troppo tristi. Conosceva pochi artisti italiani: tra questi il suo prediletto era Vasco Rossi. Dopo i Metallica, inserì nel lettore il suo ultimo disco.
Desi si divertiva a cambiare tutti i giorni la vetrina: non era un compito strettamente necessario, ma pensava che in questo modo sarebbe riuscita ad attrarre più clienti, e comunque lei amava le novità e non sopportava la routine. Era il motivo per cui aveva lasciato Bernard, un ragazzo bello ma monotono, che sembrava desiderare che tutte le giornate fossero uguali. Desi lo aveva sopportato per sei mesi e alla fine, seppure dispiaciuta, aveva rotto la relazione. Quando gli aveva spiegato perché aveva preso quella decisione, lui era caduto dalle nuvole; per Bernard era normale andare in discoteca al sabato sera, al cinema la domenica e cenare sempre nello stesso posto. Per Desi, invece, era inconcepibile.
Quel suo modo di intendere la vita probabilmente aveva salvato il negozio. La commessa che l’aveva preceduta si limitava a eseguire gli ordini e, dato che il proprietario latitava e che lei non prendeva iniziative, man mano il catalogo si era assottigliato, riducendosi unicamente ai dischi nuovi e a qualche vecchio classico. La gente entrava e spesso non trovava quello che cercava. Desi aveva convinto il padrone a sborsare una grossa cifra per acquistare le discografie complete di tutti i principali gruppi e cantanti, e non appena gli affari erano migliorati aveva aggiunto alcune preziose rarità fatte venire appositamente dall’America. Non si era limitata solo a quello. Aveva diviso gli artisti per settori, in modo che fossero facilmente rintracciabili. Aveva creato una sezione dedicata al jazz e, ogni settimana, esponeva la classifica dei dieci cd più venduti. Grazie alle sue iniziative adesso era il negozio più rifornito di Cannes e le vendite si erano quadruplicate, anche se lo stipendio era rimasto quello di prima.
All’una andò a pranzo con Isabelle. Lei indossava una gonna lunga, vagamente gitana, e calzava sandali aperti. Erano molto diverse tra loro. Isabelle era alsaziana, perciò per metà tedesca; il suo aspetto confermava quelle origini: alta, bionda, con gli occhi azzurri. Più che bella era appariscente. Desi era piccola e minuta, anche lei bionda, con lineamenti più fini. Isabelle generalmente non si truccava, Desi riservava particolare cura agli occhi, talvolta eccedendo con il mascara.
Presero moules avec frittes e due birre. Mentre mangiavano chiacchierando allegramente, nel locale entrò un uomo vestito da motociclista. Si tolse il casco e si guardò attorno in cerca di un tavolo libero. L’unico posto disponibile era vicino alle due donne. L’uomo si sedette, prese il menù e gli diede una rapida scorsa. Poi lo depose con un’aria vagamente imbarazzata. Desi pensò che fosse uno straniero e che non sapesse leggere il francese; la sua supposizione fu confermata quando arrivò la cameriera. Infatti l’uomo indicò il loro piatto, però ordinò il vino in francese, quindi lo parlava, sebbene con un forte accento italiano.
Fu questo ad attrarla.
Desi non era mai stata in Italia, ma ricordava ancora quando suo padre le diceva qualche parola nella sua lingua; una sera le aveva addirittura raccontato una fiaba e Desi per sommi capi era riuscita a capirla. Gli italiani la affascinavano: erano simpatici e cordiali, e poi la lora terra era quella di papà. Lei stessa aveva sangue siciliano nelle vene.
L’uomo si accorse che lo stava osservando e le sorrise timidamente. Dimostrava circa trentacinque anni, non era né bello né brutto; in ogni caso, per qualche ragione aveva un aspetto interessante. Più volte sembrò sul punto di rivolgerle la parola, ma gli mancò il coraggio per farlo, forse a causa di Isabelle, fredda e imperiosa, che non lo degnava di uno sguardo e che anzi pareva infastidita dalla sua presenza.
Desi, però, voleva conoscerlo. Fu quindi lei a rompere il ghiaccio, presentandosi e chiedendogli se era in ferie e da quale regione italiana proveniva. “Mi chiamo Agia.”, disse lui. Desi si domandò se quello fosse il nome o il cognome. Agia era pugliese ed era venuto a Cannes in moto per trascorrere una vacanza di una quindicina di giorni. Desi visualizzò mentalmente la carta geografica dell’Italia: la Puglia era a sud, come la Sicilia.
Nel giro di pochi minuti avevano fatto amicizia. Una volta superato l’imbarazzo iniziale, Agia in realtà non era affatto timido. Ma, sebbene Desi lo trovasse piacevole e spiritoso, si rese conto che Isabelle era esclusa dalla conversazione e guardava accigliata il mare; perciò chiese il conto, salutò l’italiano e uscì dal ristorante a braccetto con l’amica. Percorsero a piedi tutta la Croisette fino al porto nuovo. Era una magnifica giornata di sole, allietata dal Mistral. Il clima ideale: caldo ma non umido. Mangiarono un gelato, quindi tornarono indietro e Desi andò ad aprire il negozio.
Erano circa le quattro del pomeriggio quando entrò Agia.
Desi lo fissò sorpresa. L’aveva seguita oppure si trattava di una semplice coincidenza? Probabilmente era valida la seconda ipotesi, perché Agia voleva acquistare qualche cd francese. Le spiegò i suoi gusti musicali e Desi lo aiutò a scegliere tre o quattro album.
Poi lui la invitò a cena.
Non c’era niente di male in quella proposta e Desi fu tentata di accettare, poi però si disse che molto probabilmente l’invito non si estendeva solamente alla cena. Aveva sentito dire che gli italiani erano sempre in cerca di avventure e, per quanto fosse una ragazza libera e aperta, non voleva andare a letto con il primo venuto. Agia intuì ciò che le stava passando per la mente. “Un invito a cena.”, disse. “Senza secondi fini. Non conosco nessuno qui e tu mi sei simpatica, ma se non ti va non intendo insistere.”
Desi lo guardò negli occhi e non vi trovò traccia di malizia. “Pourquoi pas?”, acconsentì. “Ci vediamo alle nove davanti all’hotel Carlton.”
Agia annuì. “So dov’è. Il mio albergo è lì vicino.”
Quando chiuse il negozio, Desi inforcò la bicicletta, andò a casa, si fece una doccia, aprì l’armadio e passò in rassegna i vestiti, anche se sapeva già che non avrebbe trovato niente di nuovo. Alla fine scelse una minigonna e scarpe con i tacchi. Infilò le scarpe in una borsa a tracolla, rimontò sulla bici e tornò a Cannes. Alle nove in punto era davanti al Carlton. Agia era già lì. Anche lui si era cambiato: indossava dei jeans, una camicia azzurra e una giacca blu. Quell’insieme gli donava, pensò Desi. Quella sera scoprì che Agia non era soltanto arguto e divertente ma anche colto e profondo. Parlarono di molte cose e al momento del dolce Desi capì che le piaceva. Tuttavia esitava. Si sarebbe fermato a Cannes per due settimane e poi sarebbe tornato in Italia; a lei non interessavano le avventure e non vedeva un futuro con lui: non che sognasse il matrimonio, però nemmeno una relazione di quindici giorni. Cionondimeno, quando uscirono dal ristorante, fu lei a prendere l’iniziativa e a baciarlo. Agia ricambiò il bacio, ma con una certa freddezza. Desi si sentì ferita. “Grazie per la bella serata.”, disse staccandosi da lui. Gli voltò le spalle e si avviò per recuperare la bicicletta. Lui rimase immobile a guardarla andar via.
Trascorsero quattro giorni. Desi aveva smesso di pensare ad Agia. Chiaramente lei aveva equivocato. Lui l’aveva invitata a cena perché era solo in una città che non conosceva, provava della simpatia per lei, ma non altro. Desi aveva dato per scontato ciò che invece non lo era affatto. Forse Agia aveva una ragazza in Puglia che lo aspettava. Ma allora perché era andato in vacanza senza la fidanzata? Probabilmente perché le loro ferie non coincidevano. Comunque fosse, lei non gli piaceva; era inutile girarci troppo intorno.
Quando lo vide entrare nel negozio, lo guardò perplessa. Non era uno stupido e non poteva non aver colto il senso di quello che era accaduto dopo la cena: lei lo aveva baciato, lui non aveva manifestato entusiasmo e lei se n’era andata dopo averlo ringraziato in modo molto formale. Non c’era motivo di frequentarsi ancora. Se desiderava comprare altri dischi, avrebbe potuto scegliere un altro negozio, pensò acidamente.
“Domani è domenica.”, disse Agia. “Ti andrebbe di fare un giro in moto con me?”
Desi non rispose subito. Sulle labbra le era affiorato immediatamente un “no”, però non era una ragazza impulsiva e si impose di riflettere prima di rifiutare. Non era giusto biasimare Agia se desiderava la sua amicizia. Non era attratto fisicamente da lei, tuttavia questo non escludeva che potessero continuare a vedersi. Era l’esatto opposto di quello che aveva pensato in precedenza, ma nella vita è lecito cambiare idea. Le previsioni davano bel tempo e andare in moto le era sempre piaciuto. “Va bene.”, disse. “Puoi passare a prendermi a casa? Ora ti spiego dove abito.”
LA STORIA DI DESI 1 DI 2
28 settembre 2012 di Alessandra Bianchi
46 Risposte
Questo racconto è dedicato a uno dei miei più cari amici (Splinder e WordPress), al quale auguro tanta felicità.
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Secondo me il francese non solo non lo sapeva leggere… non lo sapeva nemmeno parlare. No…dico… così, a lume di naso…
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Mi piace…bello una nuova storia, ma solo due puntate?
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Un inizio molto interessante, già si pregusta il mistero che circonda Agia, il perché del suo comportamento così, diciamo, strano rispetto a quello che si aspettava Desi. Desi, una ragazza dalla vita non certo facile, ma nello stesso tempo forte e sicura di se per come la vedo io.
Mi piace, l’ho letto con molto piacere e ovviamente attendo il seguito 🙂
Ciao, buona giornata
Patrizia
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Eccomi. Inizi alla grande, non manca nulla (per me). Ill mare, il mistral, la musica (a proposito vorrei che ci fosse anche cd dei Muse e The Cure, tanto per gradire), una bella ragazza, una location da sogno e la suspense che incorona questo primo episodio.
Aspetto…
Baci
Mistral
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Si RESPIRA ARIA PARIGINA, EPPOI, ANCHE …HO INTRAVISTO ELEMENTI, CHE MI HANNO RIPORTATO ALLA MENTE, QUANDO ANNI ADDIETRO, PURE IO, AVEVO GLI ARMADI PIENI DI LIBRI DA SISTEMARE. In seguito, dietro spinta, anche di mia moglie, ho costruito mensole in tutte le stanze, e vi ho riposto i libri, in modo più consono. Sempre brava, dimenticavo: s’evince, pure, il collegamento con l’Italia, anche dal punto di vista che i cugini, hanno verso di noi…molto tenue…però! Ciao…da Sar….
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Un bell’inizio, i primi approcci …
Tutto lascia pregustare un bel seguito!
Cesare
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..da un po’ non passavo da queste parti…
mi è sembrata l’ora….
ti abbraccio forte… sempre ottima la tua scrittura.
m.
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Azz, sta riscuotendo successo. Se decidi di ampliarlo agia ti chiederà i diritti, secondo me…. Sempre a lume di naso, eh?
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Sei sempre bravissima nello scrivere, soprattutto se le storie le ambienti a Cannes. Una bella storia e in particolare sai dosare le parole per descrivere le sensazioni dei tuoi personaggi.
Desi è una protagonista in senso positivo dolce, calma, riflessiva ma tremendamente femminile.
Aspetto la seconda parte.
Un grande abbraccio
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@ BRUMBRU se lo dice lei, le credo sulla parola…
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@ ELENA grazie, amica mia!
Sì: questo racconto è previsto in due (lunghe) puntate.
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@ PATRIZIA M. hai saputo inquadrare assai bene Desi. Nella prossima puntata capiremo il motivo del comportamento di Agia. Ti ringrazio e ti auguro una felice serata ^^
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Buona serata a te Alessandra 🙂
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@ OMBREFLESSUOSE riguardo alla musica, prometto che ti accontenterò in un’altra occasione. Il Mistral… quello da me c’è molto spesso 😛
Grazie e un bacione * __________________ *
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@ SALVATORE RIZZI i cugini d’oltralpe non sempre ci amano. Da bambina mi azzuffai con una francesina, perché aveva offeso l’Italia.
Mi piacciono i tuoi ricordi legati ai miei racconti.
Ciao!
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@ CESARE grazie.
Un sorriso per te ^^
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@ BIONDOGRANO l’abbraccio è più che ricambiato, mia bella amica.
Ti ringrazio!
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@ BRUMBRU i diritti? Eh eh eh 😛
Però, ci sono anche delle inesattezze: ad esempio, Agia “sa” andare in barca 🙂
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@ NEWWHITEBEAR credo che ormai lo abbiano capito tutti: Cannes è la mia seconda patria! E amo molto ambientare lì le mie storie, o parte di esse come in “Matrioska”.
Ti ringrazio e ricambio il grande abbraccio.
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Per domani 30 settembre pubblica blu, la new entry che si è svegliato dal letargo. Quindi se vuoi non postare nulla, c’è chi ti sostituisce.
Ciao e buon pomeriggio
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@ NEWWHITEBEAR d’accordo.
Buon pomeriggio a te!
(Sono curiosa di leggere blu).
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Anch’io. E’ un uomo e si chiama Paolo
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@ NEWWHITEBEAR dal nome pensavo fosse una donna…
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Anch’io. Convinzione suffragata dalla visita al suo blog.
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@ NEWWHITEBEAR 😛
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Ah l’amour, l’amour!
Vediamo come andrà a finire…
Un abbraccio e fai uno splendido we
:):-*
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un racconto in cui trovo Alessandra: Cannes, l’amore per la musica, Mistral, il mare…. ci sei tutta tutta ed è molto bello.
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@ CLE REVERIES cosa sarebbe la vita senza l’amore?
Presto sapremo come andrà a finire.
Un bacio e un sorriso*
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@ FANTASIA972 i miei temi preferiti 🙂
Grazie, cara!
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Scrivi molto bene , il raccoto promette “piacere”
Aspetto il seguito
Felice sera
Sentimental
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@ SENTIMENTAL ti ringrazio molto!
Il seguito arriverà presto.
Un caro saluto ^^
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Pure io ho avuto tale sensazione, andando lì….ciao…
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In Desi – quintessenza della femminilità – hai collocato in petto un po’ del tuo cuore? T’immagino un po’ così, ammirando sempre la fluente musicalità della tua prosa.
Buonadomenica
grazia
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@ SALVATORE RIZZI lo immaginavo. Probabilmente una delle cause è legata alla seconda guerra mondiale, quando li attaccammo dopo che erano già stati sconfitti dai tedeschi.
Buona domenica!
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@ GRAZIAGARDENIA è vero, c’è molto di me in Desi.
Grazie per le tue belle parole e l’augurio di una magnifica domenica!
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guardare avanti per vedere se c’è un futuro è una cosa idiota secondo me. E anche non farlo lo è. Qualsiasi cosa facciamo, è idiota. Ma aspetto la seconda parte. Sono felice quando scrivi racconti, Ale.
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@ INTESOMALE a grandi linee, condivido il tuo pensiero.
Mi fa un grande piacere che tu sia felice.
La seconda parte non tarderà.
Buon pomeriggio ^^
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Ah, sa andare in barca (a vela, intendevi… tutti sanno salire su una barca a motore, ahahaha) ? Sarà nato in una città di mare…
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Deja Vu… o qualcosa che ho letto? 😉
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@ BRUMBRU è giusta l’osservazione che fai riguardo alla differenza fra barche a motore e barche a vela.
Confermo: è nato in una città di mare.
(Poi il racconto ha le sue esigenze).
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@ BLANCA MACKENZIE che ottima memoria, Blanquita!
(Erano i tempi di Splinder).
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Molto bene, molto ben scritto… le tue storie in riviera francese hanno sempre quella marcia in più… bacioni.
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@ UNIVERS forse perché la amo molto!
Grazie e bacioni a te ^^
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Sono in ritardo carissima sulla lettura dei Tuoi racconti,
piano piano cerco di recuperare, anche se sono di nuovo in
partenza, questa volta per Parigi.
Un altro bellissimo racconto nell’atmosfera da me preferita
Cannes e le brezze du Mistral…
Come mi piace perdermi nei particolari di ogni Tuo romanzo!
Michelle
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@ VENTIDIPRIMAVERA salutami Parigi, chèrie!
Come sempre, ti ringrazio e ti abbraccio, cara Michelle.
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