Matrioska tornò in camera e preparò la valigia. Il passaporto di Delpech non gli serviva più. All’alba sarebbe salito su un potente motoscafo che lo avrebbe condotto in Liguria. Per gli italiani il documento “quasi perfetto” che Delpech gli aveva portato in America era più che sufficiente.
Si spogliò e si concesse un lungo sonnellino.
Si svegliò a tardo pomeriggio. Si rasò e fece una doccia. Eliminò la tintura grigia dai capelli, si passò una crema speciale sul viso e sulle mani, e gettò le lenti a contatto. Indossò una giacca nuova e una camicia pulita. Era elegante, anche se un inglese avrebbe storto il naso vedendo il colletto della camicia spuntare dalla giacca, alla russa.
Quella sarebbe stata la sera del commiato, e quella notte avrebbe fatto l’amore per l’ultima volta con Elke Shurer.
Decise che l’Auberge Provencale valeva una seconda visita.
Il vento era cambiato: il Mistral aveva sostituito lo scirocco, ma l’aria era ancora tiepida, e il cielo punteggiato di stelle.
Consumarono una cena deliziosa, accompagnata dall’eccellente Beaujolais (sempre un solo bicchiere per Aleksandr).
Dopo essere tornati al Martinez, Matrioska procurò quattro orgasmi all’appassionata Elke, quindi si assopì.
Lei si alzò dal letto e lo baciò in punta di piedi. “Buona fortuna, tenente generale Aleksandr Sergeivic Stavrogin.”, gli sussurrò; quindi scalza raggiunse la sua camera. Non era il tipo di donna da addii patetici.
Mentre Matrioska dormiva e Monica avvilita preparava la valigia (da molte ore ormai aveva capito che le cose erano andate storte, e una breve visita al Martinez le era valsa da conferma), Yarbes aspettava cupamente che tutte le formalità venissero espletate e che lo imbarcassero sul primo volo diretto negli Stati Uniti.
Nelle ultime ore si erano susseguite diverse telefonate.
Hanault con il suo cipiglio più severo aveva informato gli americani che avrebbe trattenuto il prigioniero per “un tempo adeguato”.
Alla fine, lo aveva chiamato il direttore della CIA in persona. L’uomo di Langley era troppo esperto e acuto per lasciarsi andare in escandescenze. Aveva messo le cose su un piano amichevole, ricordando allo scorbutico interlocutore gli stretti legami che da sempre univano le due grandi nazioni (in realtà non sopportava i francesi), ed era ricorso anche a velate minacce, tanto velate che un funzionario meno accorto di Hanault con ogni probabilità non le avrebbe nemmeno colte. Aveva accennato a una possibile telefonata personale del presidente degli Stati Uniti. Qui bluffava, ma l’altro non poteva saperlo, sebbene lo intuisse.
Nauseato, Hanault decise di finire quella farsa. Yarbes sarebbe stato rispedito subito in America.
Ma c’era un altro problema. “E la donna?”
“Quale donna?”
“Quella che lo ha accompagnato: tale Monica Squire.”
Seguì un attimo di silenzio.
“Ah. Non è una dei nostri. E’… uhm… l’amante di Yarbes.”
“La mando a prendere.”
“Sarebbe meglio di no. Soffre di cuore, potrebbe spaventarsi. Senta, ci penseremo noi. Domani sarà fuori dalla Francia.”
Il disgusto di Hanault crebbe. Ma, in fondo, che differenza faceva?
“D’accordo.”, disse.
Il direttore della CIA ringraziò e riappese.
Ordinò una caraffa di caffè nero e forte. Malgrado in America fosse notte fonda, non era solo: oltre alle guardie, si erano trattenuti la segretaria e l’assistente personale.
Dunque Yarbes non era stato avvertito in tempo e aveva fallito. Era chiaro che il piano era stato studiato male. L’errore principale, da cui dipendeva tutto il resto, stava a monte: Yarbes non avrebbe dovuto mettersi in contatto con lo SDECE. Matrioska poteva essere rintracciato in altri modi. Monica Squire era a Cannes, probabilmente in procinto di tornare negli Stati Uniti. Il direttore della CIA considerò la questione. Monica non aveva un’arma con sé. Tuttavia, a Cannes c’era anche un’altra persona.
Valeva la pena di rischiare?
Il direttore si alzò e andò alla finestra. Il buio regnava assoluto. La notte era fredda e silenziosa. Mise sui due piatti della bilancia la vita di Squire e la morte del russo. Una donna debole che aveva tradito Lodge per viltà e il più micidiale killer che avesse mai conosciuto. La bilancia si inclinò da un lato.
Il capo di Langley fissò il telefono, poi premette il pulsante dell’interfono e ordinò alla segretaria di comporre un certo numero.
Quando squillò il telefono, Elke Shurer era già a letto.
La donna sollevò il ricevitore, ascoltò in silenzio, disse qualcosa e riagganciò. Sebbene fosse sorpresa, non perse tempo in riflessioni inutili. Si alzò, indossò un paio di jeans che le lasciavano scoperti i polpacci e un morbido maglione di lana che l’avrebbe riparata dal freddo, calzò scarpe nere da ginnastica, quindi uscì dalla stanza. Anche vestita così faceva colpo: il portiere di notte se la mangiò con gli occhi. Elke gli chiese di chiamare un taxi. Aspettava una visita, disse. Forse avrebbe tardato a rientrare; in tal caso, l’uomo era pregato di lasciar salire in camera sua l’ospite che attendeva. Il portiere stava per obiettare, ma si affrettò ad annuire non appena vide le banconote. Sparirono in una tasca della giacca. Elke gli rivolse un sorriso smagliante.
Era una notte limpida.
Elke aspettò la macchina fuori dall’albergo, fumando una sigaretta. Quando arrivò il taxi prese posto sul sedile posteriore e indicò la sua destinazione. Una volta arrivati, pagò la corsa: non sarebbe tornata al Martinez. Il garage faceva servizio notturno, avrebbe saldato il conto e sarebbe partita per l’Italia.
Suonò a un citofono. Non fu semplice convincere la donna ad aprirle; ma Elke era paziente e sapeva spiegarsi molto bene. Parlava un inglese perfetto, oltre al russo, all’arabo, al francese e ad altre quattro o cinque lingue. Per la sua professione era un fattore indispensabile.
L’americana non le fece una grossa impressione. Elke era una bellezza statuaria: rispetto a lei, l’altra sembrava una ragazzina fragile. Era molto pallida e visibilmente tesa. Si era messa dei calzoncini corti e una canotta. La invitò a sedersi su un divano, accanto al quale era pronta una valigia. Elke la studiò per un momento. Non le dava una possibilità su cento, ma non era pagata per fare valutazioni. Ripeté ciò che aveva già detto al citofono, poi le porse una pistola, la informò che sarebbe ripartita entro due ore e uscì dal Palais des Dunes.
Elke Shurer lavorava per la Stasi, per il KGB, per il Mossad, per la CIA e per alcune organizzazioni private. Era rischioso: esistevano due precedenti. Riguardavano un russo e una francese. L’uomo era precipitato da un elicottero, la donna aveva finito i suoi giorni nella stanza di uno squallido albergo algerino. Però, era anche un lavoro molto remunerativo. Il suo patrimonio personale, equamente depositato in varie banche sicure, ammontava a cinque milioni di dollari. Questo senza aver mai ucciso una persona. Elke detestava la violenza. Quando le veniva assegnato un incarico, poneva un’unica condizione: che non le chiedessero di sporcarsi le mani. La pistola era solamente uno strumento di difesa.
In realtà con la CIA aveva chiuso da tempo, perché non si fidavano di lei; dopo una sola missione, l’avevano liquidata. Tuttavia non avevano preso provvedimenti, in considerazione del fatto che almeno fino a quel giorno non aveva mai cospirato apertamente contro gli Stati Uniti e che comunque aveva portato a termine con successo quella sola missione. Si limitavano a controllarla, ormai sapevano che faceva il triplo (o quadruplo) gioco e che era mossa soltanto dall’avidità. Con discrezione seguivano i suoi movimenti, specialmente quando all’orizzonte si profilava una crisi.
Ad alcuni funzionari sfuggiva il motivo di questo interesse. Un’opinione diffusa lo attribuiva alla paranoia del capo. Da tempo, ai vertici dell’Agenzia, circolava una battuta: se il “vecchio” avesse potuto, avrebbe indagato anche su se stesso, e non era escluso che ci avesse provato, magari con successo.
Ma non l’avrebbero più cercata. In nessun caso. E per nessuna ragione.
O quasi.
Non sapevano più a chi rivolgersi, pensò cinicamente la tedesca.
Lo stesso cinismo di cui avevano dato prova in innumerevoli occasioni gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, considerò fra sé. Mentre infuriava la guerra tra Iran e Irak, tanto per fare un esempio recente, gli Stati Uniti appoggiavano indirettamente l’Iran, e direttamente l’Iraq; l’Unione Sovietica, dal canto suo, si comportava esattamente nello stesso modo, aiutando direttamente l’Irak e indirettamente l’Iran per tramite della Siria. In confronto a loro, Elke si considerava una dilettante.
Mentre Elke Shurer a bordo della sua Mercedes percorreva rombando la Croisette per un ultimo saluto a Cannes, Monica Squire finiva di vestirsi e Michelle Anglade ripartiva per Parigi dopo aver trascorso buona parte della giornata dormendo nella camera di Yarbes, a Langley il direttore della CIA si predisponeva all’attesa.
Aveva gettato sul tavolo la sua ultima carta.
La storia si complica e il finale non è dietro l’angolo. Sei una maestra nel confondere le acque e nel creare suspence. Come andrà a finire? Riusciranno i nostri eroi a liquidare matrioska? Ai post(eri) l’ardua sentenza.
Un grande abbraccio
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L’INTRIGO, L’AMORE, E TUTTE LE VARIE SITUAZIONI, SVILUPPANO UN VERO TRILLER….SAR….CIAO….
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@ NEWWHITEBEAR ti ringrazio!
Purtroppo, però, siamo proprio vicini all’epilogo. (“Per fortuna”, dirà magari qualcuno :-P)
Un caro abbraccio.
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@ SALVATORE RIZZI grazie, caro Sar.
Ciao ^^
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Finalmente mi arriveranno i tuoi post via mail!!!
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Accipicchia, si fa sempre più coinvolgente. Quando sarà finito ho idea che me lo leggerò con calma dalla prima puntata, non mi accontento di aver usato il riassunto che così gentilmente hai proposto 🙂
Ciaoooo
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@ ELENA amica mia, spero proprio di non deluderti!
Buona serata ^^
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@ PATRIZIA M. mancano solo tre puntate, Pat.
Mi fa molto piacere ciò che scrivi 😛
Ciaoooo ^^
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Molto… molto bello. Particolarmente bello. E sono certo lo sarà anche il prossimo. Chissà se Monica ce la farà…
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Buongiorno, cara Ale, ogni volta che ti leggo mi stupisco sempre più della tua grande capacità narrativa, del fatto che armonizzi luoghi, situazioni e personaggi così ben descritti nelle loro emozioni. La storia volge al termine e come in un film ci si interroga sull’epilogo, ma questo lo saprò nell’ultima puntata.
Complimenti!
buon inizio settimana
un bacio
annamaria
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eheheh il massimo che rischia Matrioska al suo arrivo in Italia con il motoscafo e’ che gli piombi addosso la guardia di finanza per un accertamento fiscale 😛
Elke e’ ormai entrata a pieno diritto tra i personaggi principali della storia 🙂 Interessante la visione generale sui servizi segreti dei vari stati che fornisci con la “scusa” del romanzo, soprattutto conoscendo l’attenzione con cui ti documenti prima di scrivere su un determinato argomento 😉
Un salutone 🙂
http://www.wolfghost.com
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@ BRUM mi rendi molto contenta!
Per il prossimo incrocio le dita…
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@ ANNAMARIA49 buon pomeriggio, cara. Ti ringrazio veramente di cuore per le belle parole che mi dedichi.
Un grande abbraccio*
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@ WOLFGHOST forte la tua battuta 🙂
Sì, Elke è importante: in un senso o nell’altro rappresenta uno strumento del destino.
Grazie per la stima, caro lupo, e un salutone a te ^^
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Addirittura “uno strumento del destino”? Interessante definizione… vedremo 😉
http://www.wolfghost.com
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@ WOLFGHOST mi è venuta così 🙂
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Ricambio i saluti…..
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Interpreto il Monica pensiero: beh ma questa ipertrofica troiona come diavolo si permette di sottovalutarmi? Io le mollo uno sberlone… E poi può averlo scopato quanto vuole, dimenando le sue tettone e il suo culo, può avergli fatto tutti i giochini che avrà imparato nella sua lunga e variegata,,, chiamaola pure carriera… tanto lui sceglierebbe sempre me!
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@ SALVATORE RIZZI felice notte!
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@ KRIS sei fantastica 😛
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Di ritorno da una mini vacanza ho fatto una scorpacciata dei tuoi post. Sei sempre più brava e leggerti è un autentico diletto
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Molto coinvolgente, la curiosità è crescente, e non ha mai smesso
di meravigliarsi sull’epilogo dei fatt.. i e di Noi lettori che sai tenere
sulla corda; sento che si avvicina la fine di questo bellissimo
romanzo e mi chiedo quale sarà la trama finale…
Ti lascio un bacione cara e una dolcissima notte!
Michelle
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Mi ha colpito la frase:Per gli italiani….era più che sufficiente”,
Verissimo, cara Alessandra. Siamo proprio, per alcuni versi, un po’ o tanto
superficilai.
Per il resto mi appassioni sempre e di più
Ottimo giorno
Mistral
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…l’epilogo si allontana e anche la fine sarà sicuramente diversa da come la si immagina, mi aspetto un repentino colpo si scena che sicuramente non deluderà le nostre aspettative!
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C’é da chiedersi a questo punto se sarà il bianco, che muove e vince in tre mosse, oppure sarà il nero.
Spaskij o Fischer? Poi é veramente sulla Croisette o in Riviera, che si sta sviluppando lo scontro finale oppure, anche questa volta la ragion di stato é quella che metterà la parola definitiva.
Da un’intrigo all’altro siamo alla resa finale e il jolly deve ancora uscire allo scoperto.
Perdersi le ultime puntate é un delitto, quindi meglio legarsi alla sedia, anche con la tensione fuori scala.
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@ URIEL grazie mille!
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@ VENTIDIPRIMAVERA tre puntate, cara Michelle, e poi sapremo tutto.
Grazie, chèrie.
Bisous * ____________ *
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@ OMBREFLESSUOSE purtroppo è vero ciò che dici (e che io sottintendo nel capitolo). Abbiamo, però, altre qualità.
Ti ringrazio e ti auguro una magnifica serata!
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@ NUNZIADAQUALE spero proprio di non deluderti!
Fra tre capitoli lo sapremo…
Felice serata 🙂
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@ CAPEHORN manca poco, pochissimo: tre capitoli, tre post, che metteranno fine a una storia cui ho dato tutta me stessa.
Chi vincerà?
Questo lo scopriremo solo nell’ultimo episodio.
Grazie per la costante attenzione, Carlo ^^
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Matrioska non sarà facile da annientare, dal punto di vista letterario… forse tiri per le lunghe la coda finale delle vidende intrecciate ma è pur sempre una tua scelta narrativa abbastanza sensata, avrai le tue ragioni. La scrittura scorrevole mai ti manca. Baci.
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@ UNIVERS la fine è vicinissima…
Bacioni.
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