Il direttore della CIA osservava la vegetazione spolverata di bianco che circondava il fiume Potomac. Era una mattina molto fredda, però il cielo era limpido e il vento teneva lontane le nubi.
In un primo momento avrebbe desiderato avere Matrioska vivo, e questi erano stati gli ordini che all’inizio aveva impartito a Yarbes. Poi aveva cambiato idea, sostanzialmente per tre motivi. Il principale era che adesso il russo si trovava in Francia e sarebbe occorso uno sforzo notevole per catturarlo – uomini e mezzi – con il rischio concreto, anzi la certezza, che lo SDECE sarebbe venuto a saperlo. Sarebbero seguite veementi proteste ufficiali che sarebbero arrivate sulla scrivania del presidente degli Stati Uniti. Il secondo motivo consisteva nel fatto che difficilmente Matrioska avrebbe parlato. Il terzo, infine, era ancora una volta un problema di immagine: tutto il mondo avrebbe saputo che un agente del KGB era entrato indisturbato negli Stati Uniti dove aveva ucciso il numero uno della CIA. L’Agenzia poi si era vendicata, ma nella migliore delle ipotesi il risultato sarebbe stato un risicato uno a uno. E in caso di fallimento, la struttura che lui dirigeva sarebbe stata coperta dal ridicolo.
No. Era decisamente meglio che morisse. Il KGB avrebbe comunque recepito il messaggio, il prestigio della CIA sarebbe rimasto intatto e il killer sovietico avrebbe avuto la sorte che meritava.
Il direttore conosceva bene Yarbes.
Dopo Lodge, era il migliore.
Non aveva paura di niente e non lo avrebbe deluso.
Quando era ragazzo Martin Yarbes non vedeva nel suo futuro né un lavoro da hacker – all’epoca non sapeva neppure cosa significasse -, né la prospettiva di diventare un agente segreto.
Non desiderava nemmeno divenire un astronauta, un musicista rock o un giocatore di football.
Aveva altri sogni.
Voleva vivere nei boschi, a stretto contatto con la natura.
Conosceva e amava tutti gli alberi della foresta che copriva una vasta estensione territoriale verso ovest e i cui margini distavano poco più di cento metri da casa sua. Lì trascorreva gran parte del tempo libero. Esaminava attentamente i sentieri e le piccole piste che conducevano nel folto del bosco, a caccia di indizi che gli rivelassero la presenza dei tanti animaletti che popolavano la foresta.
Annusava con piacere l’aria che sapeva di buono, paragonandola a quella sgradevole delle grandi città. Si era anche costruito un piccolo rifugio accanto a un ruscello gorgogliante e nei mesi freddi accendeva un fuoco, stando bene attento a non causare danni.
Una volta terminati gli studi, sarebbe diventato guardacaccia; e poco importava che suo padre, un capitano dell’esercito degli Stati Uniti, disapprovasse tale scelta, dato che avrebbe preferito che il figlio seguisse le sue orme.
Quando si mise con Leila, una ragazza dai capelli rossi e dalle lunghe gambe slanciate, Martin aveva sedici anni, lei diciassette.
Leila condivideva la stessa passione.
Un giorno di fine estate, mentre in pantaloncini corti entrambi osservavano affascinati le nuove sorprendenti tonalità della vegetazione, all’improvviso si trovarono circondati da quattro giovani dall’aria aggressiva. Yarbes non li aveva mai visti prima, e infatti erano arrivati con un pick-up da un paese vicino. Erano ubriachi: si erano già scolati due cassette di birre.
E il sole illuminava le gambe di Leila.
Yarbes non poteva sapere – né mai l’avrebbe saputo – che in una circostanza analoga, ma in una terra molto lontana da lì, Matrioska si era trasformato in una belva feroce, rivelando la sua vera natura.
Yarbes reagì in un modo diverso.
Paralizzato dalla paura, non intervenne e trovò la presenza di spirito per correre a cercare aiuto soltanto dopo che Leila era stata già violentata due volte.
Però, era troppo tardi.
Leila si uccise un mese dopo.
Yarbes cadde in un profondo stato depressivo, dal quale sarebbe riemerso molto tempo dopo, quando, entrato a far parte della CIA, uccise a mani nude il suo primo uomo, dimostrando a se stesso di non essere un vigliacco.
Ma per sempre disprezzò i deboli e i codardi, Nicole Parker, Monica Squire, e chiunque gli ricordasse l’infamia di cui si era macchiato.
I quattro bastardi avevano scontato lievi condanne, perché erano incensurati. Poi avevano ricominciato a scorazzare per l’America, questa volta a bordo di potenti moto. Una notte, all’uscita di una discoteca, mentre molestavano una bella ragazza nera e il suo compagno, avevano avuto sfortuna: Yarbes li stava aspettando. Si era messo un passamontagna nero, giubbotto e pantaloni dello stesso colore. Non aveva perso tempo in chiacchiere. Li aveva freddati con quattro colpi di pistola.
Visto il precedente, Yarbes risultava il maggiore indiziato; ma Thompson e altri due colleghi della CIA avevano dichiarato che si erano trattenuti in ufficio a giocare a carte con lui fino alle tre del mattino, vale a dire due ore dopo il quadruplice omicidio, aggiungendo che il dannato Yarbes gli aveva spillato una quantità di dollari.
Adesso, a distanza di anni, Yarbes guardava le onde del Mediterraneo infrangersi sulla spiaggia. Soffiava un vento teso. Al largo scorse una nave da guerra americana. Il suo pensiero andò a John Lodge, a Thompson, a tutte le persone che Matrioska aveva ucciso.
Anche lui avrebbe pagato, come quei quattro delinquenti.
A differenza di Lodge, il russo non gli incuteva alcun timore reverenziale.
Vladimir Putin aveva mire molto elevate, che andavano oltre i massimi
vertici della Prima Direzione Centrale del KGB. Aveva anche la consapevolezza che con il tempo, la pazienza e l’intelligenza avrebbe trasformato tali mire in realtà. Intuiva che l’Unione Sovietica aveva imboccato il viale del declino e che prima o poi il comunismo sarebbe caduto. Gli ultimi segretari del partito erano mummie incartapecorite, la macchina burocratica era di una lentezza esasperante. Ciò che era successo in Afghanistan rappresentava una macchia indelebile per quella che un tempo era stata l’invincibile Armata Rossa. L’America era più avanti, e molti, troppi, agenti negli ultimi anni si erano venduti alla CIA. Un tempo, di norma, accadeva l’incontrario, ed erano gli inglesi e gli yankee che cambiavano campo. L’edificio cominciava a scricchiolare sinistramente. Benché contrariato, Putin vedeva in questo l’inizio della strada che lo avrebbe portato al Cremlino. Sapeva aspettare, consapevole che un giorno sarebbe arrivata la sua grande occasione.
In attesa di quelli che riteneva cambiamenti ineluttabili, era però deciso a dare una sterzata al clima sonnolento che scorgeva intorno a sé.
Uno dei primi provvedimenti che prese riguardava Dmitriy. Quell’uomo era diventato l’ombra di se stesso. Trascorreva le giornate a tracannare vodka, chiuso in ufficio: un giorno Putin aveva aperto la porta con la sua chiave speciale e lo aveva sorpreso nascosto sotto la scrivania. Gli aveva lanciato un’occhiata gelida, senza tuttavia rimproverarlo. Fu in quel momento che decise di liquidarlo. Matrioska lo avrebbe sostituito. Aleksandr non era più giovanissimo e grazie all’esperienza maturata sul campo e alle sue straordinarie doti si sarebbe reso estremamente utile nel nuovo incarico, a Yazyenevo, la sede della Prima Direzione Centrale del Kgb. Non era più tempo di missioni.
Per una forma di cortesia, Putin invitò Dmitry a cena. In passato, gli aveva reso buoni servigi, era un uomo fedele e quasi sempre sincero, e, sebbene meritasse di essere cacciato, Vladimir non intendeva farlo in maniera brutale (come avrebbe fatto con altri). In fondo, erano amici di vecchia data.
Scelse uno dei migliori ristoranti di Mosca, La caccia dello Zar, nel sobborgo di Zhukovka. Dopo gli antipasti ordinarono uno squisito cervo, servito con una salsa di panna e marmellata di mirtilli.
Malgrado la bontà del cibo, Dmitry mangiò pochissimo, in compenso continuò a riempirsi il bicchiere. Putin ordinò una seconda bottiglia di vino della Crimea. Gli parlò con gentilezza, evitando toni duri e recriminazioni per il suo comportamento. Gli disse che avrebbe avuto una buona pensione, una dacia in mezzo ai boschi e tutta la vodka che era in grado di bere. Se Dmitry colse l’allusione, non lo diede a vedere.
“Chi prenderà il mio posto?”, domandò dopo essersi asciugato la bocca.
“Aleksandr Sergeivic Stavrogin.”
Dmitry annuì. “L’ho creato io.”, commentò.
Putin rimase in silenzio.
“Va bene.”, disse Dmitry. “Però attenzione, compagno: Matrioska è una macchina. Una macchina programmata per uccidere. E’ privo di sentimenti, di emozioni, non conosce la paura… né l’empatia. Non sarà amato dai suoi sottoposti.”
“E’ esattamente quello che desidero.”, dichiarò Vladimir Putin.
Capitolo di transizione che servono sempre per traghettare la storia da un comparto all’altro.
Nel primo pezzo si comincia a conoscere Yarbes, il nuovo cacciatore.
Nel secondo storia e fantasia si mescolano perfettamente.
Si legge bene e fluidamente e si aspettano le mosse.
Un grande abbrccio
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Non solo é un capitolo transitorio, assolutamente congruo, ma anche molto significativo.
Serve ad inquadrare il nuovo cacciatore, che ha analogie con Matrioska.
Se Lodge aveva nella “triplice”, tipicamente eroica, Dio,Patria e Famiglia, i pilastri del prorpio agire, per Yarbes l’amore per la natura e i suoi segreti e quel senso di vendetta, ma soddisfatto fino in fondo sono i motori delle sue azioni.
Matrioska ha il mare e la sua grandezza. Yarbes la foresta e il rispetto che sa incutere.
Ambedue hanno in comune una solitudine, che può diventare un pozzo di disperazione.
Significativa, lucida e giustamente completa l’analisi storica del momento. L’ascesa di Putin nell’Apparato prima del KGB e poi , storia attuale, nel potere politico del’ex-URSS. Con un accenno significativo nel mostrare come proprio nella dissoluzione dell’antica Russia e nello sgretolamento dei suoi apparati forti: Armata Rossa e KGB emergano nuovi uomini, che del vecchio stile si sono imbibiti, ma che sanno affrontare con nuovi mezzi le occasioni e le situazioni che mano mano si stanno evolvendo. A volte un passo avanti a quelle.
Stile, passione, eleganza anche in questa puntata.
Al diavolo il caldo.
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@ NEWWHITEBEAR beh, allora c’è ancora qualcuno a cui piace “Matrioska” 😛
Giustamente è un capitolo di transizione, peraltro indispensabile, anche in vista degli accadimenti futuri.
Storia e fantasia… vero, ma senza mai andare oltre il lecito, nel senso che la dimensione storica è reale.
Grazie e un caro abbraccio!
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@ CAPEHORN ti soffermi su due argomenti.
Vediamo: Yarbes è più cinico di Lodge, e in un certo senso sì: è vicino a Matrioska. Esegue gli ordini, senza mai porli in discussione. Sa essere spietato, efficiente e duro. E non si innamorerà mai di Monica Squire, dato che ciò non è ammesso – posto che gli interessi, poi. A differenza di Aleksandr, cova un antico dolore.
Putin ha realizzato tutti i suoi progetti, e come osservi, pur facendo parte del KGB, è sopravvissuto a esso (come ben pochi) fino a diventare ciò che sappiamo.
Ti ringrazio, Carlo!
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Tu hai una capacità, indiscutibile, non disperderla!!!!!!!!!!!!!!??????????? Ciao…………………
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@ SALVATORE RIZZI ma grazie!!!!
Ciao.
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mmmh… chissà se Aleksandr ci arriverà a quell’incarico da “scrivania” 🙂
Capitolo molto intenso e con diverse facce, quella che ho preferito io è – ma probabilmente l’immagini – la storia personale di Yarbes, con impliciti risvolti psicologici. Davvero interessante come i due avversari abbiano reagito in modo diametralmente opposto ad un evento simile per arrivare comunque ad un medesimo risultato (mi riferisco al loro incarico). Anche se tra i due ci sono oggettivamente tante differenze…
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Ummm devo assolutamente trovare il tempo di leggerlo, leggere questa parte mi ha stuzzicata ancora di più. 🙂
Ciao, buona domenica
Pat
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Perfetti i riferimenti storici all’interno della storia. Ben delineata come sempre!
P.s: Scusami Alessandra per la mia maleducata “invasione” nel post precedente…
Dolce notte
Giò
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Un caro saluto…..
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@ WOLFGHOST un’analisi perfetta. Onestamente non saprei cosa aggiungere al tuo commento, se non un sentito grazie 🙂
Si percepisce chiaramente l’attenzione che riservi a questa storia, e ciò mi fa davvero piacere.
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Bé, è una storia che “prende” e questo è merito tuo 🙂 Devo dirti la verità: all’inizio questo romanzo non mi convinceva troppo, trovavo l’argomento “spionaggio”… banale. Invece sei riuscita via via a renderlo sempre più coinvolgente, grazie alla perfetta caraterizzazione che sei riuscita a dare ai vari personaggi, e… ora (da parecchio anzi) è un piacere leggerlo! 😉
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@ WOLFGHOST in un certo senso la mia è stata una sfida: non avrei mai pensato di scrivere di spionaggio. Tuttavia, come ho già scritto in altri commenti, avevo in mente la figura del russo. Solo quella, però. Da qui a una storia il passo era molto lungo. Poi… è scattata una molla. Sono felice che tu abbia cambiato idea, e mi auguro che il finale – ormai prossimo – ti piaccia ^^
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@ PATRIZIA M. se vuoi – come sai – c’è il riassunto.
Grazie, e baci ^^
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@ ROSAOSCURA hai fatto benissimo a salutare l’egregio Vice Ammiraglio Gennadij Lyachin 😛
Ti ringrazio per le tue parole, Giò.
Un abbraccio*
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@ SALVATORE RIZZI ricambio, caro Sar ^^
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I fatti sono narrati con cura. Dall’analisi qui letta, ho la conferma che le intenzioni mie e del ministro della Difesa erano ottime: Gorbaciov andava fermato perché stava distruggendo la nostra Patria. E proprio in nome di uomini come Aleksandr era necessario che riportassimo le cose al punto giusto. La conferma di quanto affermo è sotto gli occhi di tutti. In Russia oggi dilagano mafia e corruzione a ogni livello.
Mi dispiace soltanto di leggere di vodka e di scrivanie.
Fu lì infatti che io mi rifugiai dopo che quell’imbecille di Eltsin sabotò la nostra gloriosa azione.
Che la nostra amata Patria possa risorgere al più presto!
Vladimir Kryuchkov
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Bentornata al posto di manovra! 🙂
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@ Vladimir Kryuchkov
Sarebbe un discorso molto lungo e forse – forse – lei non ha tutti i torti.
Per quanto riguarda “quella” scrivania mi sembra di ricordare che lei fu trovato “sotto”.
Auguro anch’io ogni bene alla sua Patria!
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@ URIEL grazie mille, amico mio ^^
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Buona serata ed oltre….Salvatore….
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@ SALVATORE RIZZI tu sei uno dei pochi amici veri che ho.
Felice serata a te… e non parlerò di sogni…
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Ciao Alessandra, mi piace molto queto capitolo, ci hai fatto conoscere con bravura e sapienza i Primi Passi dei tuoi personaggi
Non immaginavo minimamente l’amore per la natura di Yarbes e la motivazione
di diventare un agente della CIA (adesso mi piace molto di più).
Ti seguo, ti seguo e ti seguo
Baci bacini
Mistral
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@ OMBREFLESSUOSE sono contenta che questo capitolo ti sia piaciuto. Yarbes… vedi come gli uomini possono cambiare?
Grazie!
(Coraggio: ormai manca poco :-P).
Baci bacioni*
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Splendida e interessante narazione che si intreccia
con un avversario che potrebbe risultare temibile
per Matrioska… ognuno con le proprie passioni e
senza paura…
Per ora aspetto per seguirti….
un abbraccio
Michelle
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ops errate corrige *narrazione
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@ VENTIDIPRIMAVERA ti ringrazio moltissimo, cara Michelle!
Il confronto fra Yarbes e Matrioska non tarderà.
Bisous, chèrie * ____________ *
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Narrativa fluida, semplice, gioiosamente efficace nel tuo inento. Il nemico di Matrioska secondo me non può spuntarla, per quante ‘qualità’ possa avere. Baci e spero ci ripensi riguardo la tua decisione sul futuro del blog.
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@ UNIVERS naturalmente non posso fare anticipazioni.
Ci ho ripensato, sì, accettando un compromesso. La maggior parte dei miei lettori vuole racconti singoli, e non storie a puntate. E così sia (se ci riuscirò, beninteso).
Grazie e baci a te!
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Uhm. Mi pare che Yarbes sottovaluti Matrioska…. Vedremo cosa accadrà…
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@ BRUM è possibile che tu abbia ragione… ma anche no 😛
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ahaha. Fetente. Vabbè, aspetto….
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@ BRUM eh eh eh ^^
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ciao … risalgo
ottimo il passaggio su yabers e sul suo passato …. così abbiamo quasi due “eroi” speculari. ….
risalgo risalgo
ciao ciao
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@ POCHEPRETESE buona “risalita”, amico mio!
In effetti, per certi versi Yarbes e Aleksandr sono quasi speculari: convengo con te.
Ciao e grazie.
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