LA GIUSTIZIA
Jack the Ripper rise e gli voltò le spalle. Si allontanò alla ricerca del cocchiere, mentre Carrick lo fissava immobile.
In quel momento, nel buio della notte, ripensò a sua madre. Non l’aveva mai perdonata e il rancore che provava per lei si era esteso a tutte le prostitute. Comunque, non poteva accettare che l’uomo che le aveva torturate in maniera così efferata la passasse liscia e continuasse a condurre la propria vita come se niente fosse accaduto. Tu di’ che non sono morte, pensò parafrasando Shakespeare, dillo e avrai il diritto di proseguire il tuo cammino. Ma esse morte sono.
Dove stava scritto che la legge era l’unica depositaria della giustizia, e che un giudice, magari corrotto, ne fosse il suo solo rappresentante? Esisteva una giustizia superiore, non già quella dei cieli, ma quella che rispondeva alla morale. E la legge morale stava più in alto dei giudici e degli avvocati, delle prove e dei verdetti; talvolta essa era presente nell’aula di un tribunale: ma esistevano casi in cui veniva ignorata, per via di inganni o di giochi di potere. Tuttavia era a questa che Carrick doveva rispondere.
Come un giorno gli aveva detto Bellatrix Harrows, nel corso della sua vita egli non aveva esitato a ricorrere al ricatto, a mentire e a corrompere in cambio di denaro; però ciò rientrava soltanto in minima parte nel concetto di giustizia superiore. Erano piccoli fatti marginali, simili a granelli di sabbia nel deserto.
I delitti di Jack the Ripper appartenevano invece al lato più oscuro della malvagità umana, rappresentavano una delle pagine più sinistre e spaventose della storia degli ultimi cento anni.
E il verdetto poteva essere uno solo.
“Primo Lord dell’Ammiragliato!”, lo richiamò.
Quello si girò verso di lui.
“In nome della giustizia, io vi condanno a morte.”
Poi Carrick premé il grilletto.
L’INGIUSTIZIA
Melanie si era ammalata ed era stata licenziata.
Helen andò a chiedere spiegazioni. Il capo reparto le disse che la sua amica era troppo fragile e perciò inadatta a quel lavoro. Helen avrebbe voluto ribattere che, se le operaie fossero state trattate in modo più umano, anche Melanie avrebbe potuto fare la sua parte. Liverpool era stata investita da un freddo glaciale e la fabbrica non era riscaldata; i turni di lavoro erano massacranti e non veniva mai concesso un minuto di riposo. Ma sapeva che sarebbe stato fiato sprecato. Si fece dare la paga maturata fino a quel giorno e dichiarò che non sarebbe più tornata.
“Te ne pentirai!”, disse l’uomo.
Helen alzò le spalle e lasciò il tetro edificio.
La fronte di Melanie scottava; la giovane era scossa continuamente da brividi, aveva sete e male alle ossa. Helen non si illudeva. Non aveva i soldi per pagare un dottore e non era in grado di curare la sua amica; ciò nonostante non poteva lasciarla sola. Le preparò un the tiepido, poi le passò un fazzoletto bagnato sulla fronte. Si sedette sul letto e le prese una mano. Più di questo non poteva fare.
Verso mezzanotte, Melanie incominciò a delirare. Era tutta sudata e tremava sempre di più. Helen mise a bollire dell’altro the, e le deterse ancora la fronte. Le ore passarono lente, mentre fuori l’aria si faceva ancora più gelida. Quando fu mattino, Melanie aprì gli occhi. Sembrava nuovamente consapevole: guardò Helen e le sorrise. “Sei tanto cara!”, le disse. “Sei la mia unica amica.” Poi voltò la testa sul cuscino e rimase immobile.
Helen scoppiò in lacrime. Voleva bene a Melanie: era una ragazza dolce e intelligente. Pensò con rabbia ai privilegi dei ricchi. Abitavano in case lussuose, circondati da servitori pronti a esaudire ogni minimo capriccio; mangiavano cibi raffinati, bevevano birra forte, cognac e porto. Possedevano carrozze e cavalli. E spesso avevano una seconda casa per trascorrervi le vacanze. I poveri non avevano nulla di tutto ciò, e questo forse era normale: ma non era normale che venissero sfruttati, sottopagati e costretti a lavorare dall’alba fino a sera inoltrata. Se Melanie avesse potuto svolgere i propri compiti in un ambiente caldo, con orari più decenti; se avesse potuto nutrirsi meglio e indossare abiti più pesanti; se avesse avuto scarpe adeguate e un minimo di comprensione da parte dei superiori; se si fossero verificate queste condizioni, non sarebbe morta.
Helen le baciò il viso, poi andò alla finestra. Era un giorno cupo, privo di luce. Pioveva e il vento soffiava con forza dal mare. Helen ripensò ad Alex Alliston, a come la sua vita sarebbe potuta essere diversa, al calore e all’amore che non avrebbe mai conosciuto. Si girò in direzione di Melanie, e ricominciò a piangere ricordando le sue ultime parole: “Sei tanto cara! Sei la mia unica amica.”
“Anche tu!”, mormorò. La osservò a lungo, mentre l’angoscia la sommergeva, simile alla gelida tramontana che si stava abbattendo sulla città.
LA GUERRA
Igor aveva le gambe fracassate.
Non sapeva dove si trovasse la Germania e ignorava il motivo di quella guerra. Quando lo avevano reclutato, era stato sottoposto a un breve addestramento; dopodiché lo avevano spedito nella Russia europea.
Igor era siberiano. Lavorava nei campi e amava ciò che faceva. D’estate gli piaceva alzarsi presto, mentre a oriente il cielo iniziava a rischiararsi; gli piaceva l’odore della terra; gli piaceva rincasare stanco ma soddisfatto al calar del sole. Durante l’inverno era molto più dura, a causa del freddo, ma ci era abituato. Igor amava Sonja e aveva progettato di sposarla, quando fosse tornato a casa.
Non sapeva nulla di strategia militare. Gli avevano detto che a dicembre i tedeschi erano stati fermati su tutta la linea del vastissimo fronte che si estendeva da Leningrado a Rostov. Al pari dei generali tedeschi, anche gli ufficiali russi avevano discusso fra loro sulle conseguenze dell’ordine di Hitler di resistere a ogni costo, esprimendo opinioni divergenti; secondo alcuni aveva fatto bene, per altri invece era stata una decisione folle che aveva finito per avvantaggiarli. Joseph Stalin, comunque, aveva preso esempio da lui, vietando categoricamente le ritirate in qualsiasi circostanza. Erano cose che Igor non avrebbe potuto comprendere, e d’altra parte i soldati erano tenuti sempre all’oscuro delle grandi questioni strategiche, adesso come ai tempi dello zar.
Con l’arrivo della primavera il vento era mutato di nuovo. I tedeschi avevano sferrato una potente offensiva a sud riportando una serie di schiaccianti vittorie, fino ad arrivare a Stalingrado con la sesta armata di Paulus. Poi Stalin aveva inviato nuove ingenti truppe e i russi avevano sfondato il fianco sinistro dell’esercito tedesco. A causa delle perdite subite durante l’inverno – circa un terzo degli effettivi -, Hitler era stato costretto a ricorrere ad alcune divisioni italiane, ungheresi e romene, il cui spirito combattivo era dubbio, e le aveva collocate proprio su quel lato dello schieramento. Tali divisioni erano prive di forze corazzate e di artiglieria pesante. In ogni caso, i russi avevano circondato la sesta armata, offrendo un’onorevole resa al nemico. Il contingente di Igor faceva parte di quei rinforzi. Se i tedeschi si fossero arresi, egli avrebbe avuto ancora la gambe integre. Ma ciò non era avvenuto.
La battaglia era stata durissima. Si era combattuto strada per strada, con incredibile tenacia da entrambe le parti. Alla fine, la sesta armata era stata completamente annientata. C’era un clima di euforia: la guerra poteva essere vinta. L’Unione Sovietica aveva più uomini, più carri armati, più cannoni; era il più grande popolo del mondo, sostenevano gli ufficiali. Igor era stato sfortunato: lo avevano colpito alle gambe proprio mentre la battaglia stava per concludersi.
Spostò lo sguardo sul soldato disteso accanto a lui. Aveva perso l’elmetto. Era biondo, con gli occhi azzurri come il cielo e la carnagione chiara. Dimostrava circa la sua età: Igor aveva vent’anni; li aveva compiuti tre giorni prima.
“Wasser!”, mormorò il tedesco. Igor non capiva quella lingua, parlava a malapena il russo, dato che a casa ci si esprimeva in un dialetto locale; tuttavia comprese che quel ragazzo aveva sete. Stringendo i denti per il dolore, strisciò verso di lui e gli porse la borraccia. Il tedesco bevve avidamente. “Danke!”, disse. Poi lasciò cadere la borraccia e fissò gli occhi sul cielo. Quindi, rimase immobile.
Igor lo guardò a lungo. Chissà se anche lui aveva una ragazza che lo aspettava.
L’AMORE
Sei anni dopo decise di comprarsi un bel vestito per festeggiare la promozione a contabile. Ora aveva un buon stipendio e una linda cameretta tutta per sé.
Entrò in un negozio di King’s Road e osservò disorientato la merce esposta. C’era una tale varietà di abiti che non riusciva a decidersi. Una ragazza arrivò in suo soccorso. “Mi chiamo Helen.”, disse con un sorriso gentile. “Se posso aiutarti…”
Alex la guardò. Sebbene non fosse graziosa, Helen era molto attraente. Aveva folti riccioli scuri e un sorriso malizioso. Era piuttosto alta e ben formata, ma era più giovane di lui. Tuttavia era decisamente più esperta. Gli porse un abito di buona fattura, che non era troppo costoso: in base a una semplice occhiata era in grado di valutare i mezzi economici dei clienti. Alex si cambiò, indossando i nuovi capi, e pagò la somma dovuta. Avrebbe voluto invitarla a fare una passeggiata, ma non era mai stato con una ragazza e non sapeva come comportarsi. Rassegnato, si avviò verso l’uscita del negozio. Era l’ora di pausa: sarebbe andato da solo a Trafalgar Square. Lei parve leggergli nel pensiero. Malgrado la differenza di età – almeno sette anni, pensava Alex – era più disinvolta e sicura di lui. “Adesso chiudo.”, disse. “Ti andrebbe di fare due passi con me?” Alex arrossì. Non si fidava della sua voce, perciò si limitò ad annuire.
Per un po’ camminarono in silenzio.
Helen gli posò una mano sul braccio.
“Raccontami qualcosa.”, gli disse.
Alex avrebbe voluto parlarle della sua vita: era sicuro che lei lo avrebbe ascoltato con attenzione. Però, non era un argomento interessante. “Mi piace leggere.”, disse. “E inventare storie.”
“Inventare storie?”
Alex sorrise, vagamente imbarazzato. “Già. Ad esempio, la storia della principessa Helen. C’era una volta un drago cattivo…” Aveva una fantasia incredibile e in pochi minuti lei pendeva dalle sue labbra, completamente avvinta. Lui narrò di battaglie, di rapimenti e d’amore, perché alla fine la principessa veniva salvata da un coraggioso cavaliere che si chiamava Alex.
Quando tornarono al negozio, Helen si alzò sulla punta dei piedi per baciargli una guancia. Poi corse dentro, lasciandolo felice e senza fiato.
“Alex Alliston” è facilmente reperibile su ibs.it, su www.deastore.com, su www.libreriauniversitaria.it o, tramite ordinazione, presso la vostra libreria di fiducia.
Peraltro, con un minimo di pazienza, troverete su Google molte altre possibilità, con sconti e spedizioni gratuite: sarà sufficiente digitare il titolo del libro.
Uno dei passi più belli, quello di Carrick. Pone una questione etica irrisolta… e dalle diverse sfaccettature, molte delle quali condivisibili, pur se contrastanti. Apre teoricamente un dibattito. Ma è il lettore a scegliere la sua strada, la sua etica. Ed ha i suoi buoni motivi.
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il tuo commento mi spaventa a morte.
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Sembra molto interessante e anche particolare, sicuramente ben scritto visto che è tuo e gli assaggi che ci doni lo dimostrano
Bravissima e.. in bocca al lupo per il tuo libro 🙂
Pat
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@ BRUMBRU quel passo piace anche a me e concordo sul dilemma etico. Però, mi astengo dall’ (improbabile) dibattito 😛 Io l’ho scritto, e non spetta a me giudicare.
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@ INTESOMALE perché?
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per il tema che tocca, perché sono vivo, perché è un mercoledì inutile di una vita stupida che però rimane necessaria perché io comprenda di essere vivo. E sono cose queste che la morale non deve toccare.
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@ INTESOMALE io spero che oggi ci sia qualcosa di bello per entrambi.
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huh, un augurio generico, o devo essere curioso?
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@ INTESOMALE devi essere curioso.
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@ PATRIZIA M. grazie, cara Pat!
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Fai bene a ricordare alcuni passi del bellissimo e coinvolgente romanzo Alex Alliston.
un abbraccio
annamaria
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@ ANNAMARIA49 ti ringrazio, amica mia ^^
Un bacione.
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SEI SEMPRE CAPACE DI COINVOLGERMI…non aggiungo altro. Un caro saluto.
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@ SALVATORE RIZZI grazie e un salutone a te!
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Ciao. Come vanno le vendite?
E’ sempre bello leggere la tua scrittura fluida e scorrevole.
Un abbraccio
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come al solito ti faccio i miei complimenti 🙂
baci
(avrei una domanda da farti, se non disturbo posso mandarti una e mail?)
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@ NEWWHITEBEAR non ho ancora dati, amico mio.
Grazie!
E un abbraccio a te.
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@ NICOLEWRITER certo che puoi, cara!
Ti ringrazio e ricambio i baci ^^
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SALUTISSIMI……………………!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
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@ SAR anche a te!!!!
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…scrittura scorrevolissima e piacevole. Complimenti!
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@ NUNZIADAQUALE grazie, bravissima scrittrice!
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Buon mattino Alessandra, il passo sulla Giustizia, “coinvolge “anche me.
Ognuno è libero di soppesare la propria moralità (tu sei stata maestra nel
lasciare il lettore il proprio pensiero a riguardo), e agire di conseguenza.
Brava come sempre e più.
Baci baci
Mistral
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Un libro da non lasciarsi perdere…
Assolutamente da leggere!!
Un bacione cara e dolce sia la Tua giornata!
Michelle
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@ OMBREFLESSUOSE buon pomeriggio, Mistral.
Sono contenta che tu abbia approvato la mia scelta. D’altro canto, da sempre sostengo che, una volta pubblicato, uno scritto non appartiene più all’autore bensì a chi lo legge.
Bacissimi ^^
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@ VENTIDIPRIMAVERA grazie di cuore, Michelle*
Bisous, chou!
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Mi hai fatto un tiro mancino dicendomi che Matrioska n.ro 36 era in linea. Invece ho visto un ooops … non c’è.
Aspetto la pubblicazione.
Un abbraccio
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@ NEWWHITEBEAR chiedo scusa!
Credevo che oggi fosse domenica 😛
Un abbraccio a te ^^
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Eravamo avanti di un giorno. Così ti godi due domeniche: quella di ieri quella di oggi. Però passo all’incasso, anzi alla lettura.
Un abbraccio
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@ NEWWHITEBEAR ben tornato e buona lettura!
Un abbraccio, sperando che il nuovo capitolo ti piaccia.
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Non male rileggere questi tuoi ormai celebri ‘sentieri’ letterari. Bacioni.
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@ UNIVERS sono contenta che tu abbia gradito.
Kiss*
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